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Sintesi

Collegamenti
Donne e ricerca scientifica, tesina



Filosofia- John Stuart Mill
Inglese- Virginia Woolf
Biologia- Rita Levi Montalcini (NGF)
Storia- Seconda guerra mondiale
Estratto del documento

Paola, figlie di Adamo Levi, ingegnere

elettrotecnico e matematico e della

pittrice Adele Montalcini. Entrambi i

genitori erano persone molto colte e

riuscirono a trasmettere alle loro figlie

l’apprezzamento per la ricerca

intellettuale; infatti a Rita venne

tramandato l’amore per la scienza del

padre, mentre alla sorella le qualità

artistiche della madre.

La Montalcini visse un’infanzia e

un’adolescenza in un ambiente sereno, anche se dominato da una concezione

vittoriana dei ruoli maschili e femminili, di cui il padre ne era forte

sostenitore ,in quanto era convinto che una carriera professionale avrebbe

interferito con i doveri di una moglie e di una madre. Naturalmente Rita non

era d’accordo, infatti in un’intervista del 2012 , dichiarò: “In silenzio mi sono

3

scontrata..mai apertamente..non avrei osato mai contraddire mio padre..in

silenzio lo contestavo dicendogli non faro mai quello che è capitato a mia

madre di essere totalmente sotto la guida del compagno e quindi, a tre o

quattro anni, non ricordo io non mi sposerò e non avrò mai figli (…).”

Contrariamente ai voleri del padre, nel 1930, si iscrisse alla Facoltà di

medicina dell’Università di Torino. Successivamente all’età di vent’anni entrò

nella scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi, dove cominciò i suoi studi sul

sistema nervoso, che poi avrebbe proseguito per tutto il corso della vita.

Successivamente la Montalcini si laureò in Medicina e Chirurgia con 110 e

lode e proseguì la sua specializzazione in neurologia e psichiatria; in questo

3 L’intervista di Roberto Olla a Rita Levi Montalcini, per TG1 storie “Rita Levi Montalcini

Addio” in cui racconta parte della sua Vita. L’intervista è stata pubblicata il 30/dic/2012 sul

Sito You-Tube:

https://www.youtube.com/watch?v=8UtH179hhDM 18

periodo la dottoressa era incerta se proseguire la carriera medica o portare

avanti le ricerche neurologiche insieme al suo maestro Giuseppe Levi. La

promulgazione delle leggi razziali nel 1938 da parte del governo fascista,

costrinse la Montalcini e il professore Levi a trasferirsi in Belgio, nella città di

Bruxelles, dove continuarono i loro studi sul sistema nervoso.

Nel 1940, la Montalcini tornò a Torino, dove all’interno della sua camera

allestì un laboratorio domestico insieme a Levi, per continuare le loro

ricerche ispirate ad un articolo del professore Viktor Hamburger relativo

all’estirpazione degli arti negli embrioni di pulcini. L’obiettivo dei due

ricercatori era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici e di quelli

ambientali, nella differenziazione dei centri nervosi. È proprio all’interno di

questo laboratorio che Rita Levi Montalcini e Giuseppe Levi scoprirono la

morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo.

A causa dei bombardamenti della città, i due scienziati e la famiglia della

Montalcini furono costretti ad abbandonare Torino e a rifugiarsi nelle

campagne dell’astigiano, dove venne ricostruito il mini laboratorio.

Successivamente, a causa dell’inizio delle deportazioni nei campi di

sterminio, la famiglia Montalcini fu ospitata a Firenze dalla famiglia Mori, di

cui la figlia Paola ne era amica. I Levi-Montalcini rimasero a Firenze fino alla

liberazione della città, avvenuta nel 1944; durante questo periodo la

Montalcini divenne medico presso il Quartier Generale angolo-americano ed

il suo compito era quello di trattare le malattie infettive dei rifugiati di

guerra. Qui si accorse che quel lavoro non era adatto a lei, in quanto non

riusciva ad avere un distacco professionale dal dolore dei pazienti: “Era in

corso un’epidemia di tifo, i malati morivano a decine. Facevo di tutto, il medico,

l’infermiera, la portantina. Giorno e notte. E’ stato molto duro e ho avuto la

fortuna di non ammalarmi."

Nel 1947 il biologo Viktor Hamburger, al quale la Montalcini si era ispirata

per molti suoi studi, la invitò a prendere la cattedra di docente nel corso di

Neurobiologia alla Washington University. Qui la scienziata continuò i suoi

studi relativi allo sviluppo dei meccanismi di formazione del sistema nervoso

dei vertebrati. Inserendo in embrioni di pollo frammenti di speciali tumori,

19

poté osservare il formarsi di una struttura a “gomitolo”di fibre nervose,

deducendone l’ipotesi di un fattore chimico, liberato dal tessuto ospite e

attivo sullo sviluppo dei neuroni. Negli anni successivi, la Montalcini delineò

l’idea di un agente promotore della crescita nervosa e poco dopo dimostrò

biologicamente l’esistenza di un “ fattore di accrescimento” delle fibre

nervose, il cosiddetto “nerve growth factor” (NGF), e nel 1959, in

collaborazione con il biochimico Stanley Cohen, arrivò all’isolamento e

all’identificazione di questa sostanza. Per circa trent’anni continuò le ricerche

sull’NGF e sul suo meccanismo d’azione, per le quali nel 1986 ottenne il

Premio Nobel per la Medicina, insieme al suo studente Stanley Cohen. Nella

motivazione del Premio Nobel si legge: “La scoperta dell’NGF all’inizio degli

anni cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa

estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non

avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli

organi e tessuti dell’organismo.”

Nel 1987 ricevette il riconoscimento di National Medal of Science,

l’onorificenza più importante del mondo scientifico statunitense. Negli anni

successivi la Montalcini ha lavorato presso l’istituto di neurobiologia del CNR

italiano con la qualifica di “superesperto”.

La scienziata fu anche molto attiva in campagne di interesse politico e sociale,

così, nel 1992 istituì in memoria del padre, con la sorella gemella Paola, la

Fondazione Rita Levi-Montalcini, rivolta alla formazione dei giovani , nonché

al conferimento di borse di studio universitarie a giovani studentesse

africane, con l’obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgessero

un ruolo importante nella vita scientifica e sociale del proprio paese.

Successivamente nel 2001, è stata nominata Senatrice a Vita “per aver

illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale.”

Rita Levi Montalcini morirà il 30 Dicembre del 2012, all’età di 103 anni, nella

sua abitazione romana. 20

Il fattore di crescita NGF

Rita Levi Montalcini ebbe l’intuizione di impiantare in un embrione di pollo di tre

giorni un tumore di origine connettivale,

definito come Sacroma 180. Dopo cinque

giorni dall’impianto la scienziata osservò che

l’addensamento di cellule nervose vicino al

tumore si era sviluppato notevolmente.

Identici risultati furono ottenuti impiantando il

Sacroma 17 nella membrana dell’uovo di

pollo, che poteva alimentare sia lo sviluppo del tessuto nervoso normale che

quello neoplastico (tumorale). Queste osservazioni fecero ipotizzare che il tumore

chimico capace di indurre la crescita di un

fosse in grado di rilasciare un fattore

addensamento di cellule nervose , la produzione e la ramificazione delle fibre

nervose. Grazie a questi esperimenti la Montalcini poté affermare, per la

prima volta, che la differenziazione delle cellule non era guidata

esclusivamente dal programma genetico, ma anche dall’esistenza di fattori

secreti da cellule in grado di stimolare ed indirizzare la crescita delle cellule

nervose.

Per verificare se l’NGF fosse un acido nucleico ed una proteina, Cohen e la

Montalcini trattarono le cellule tumorali con veleno di serpente, contente

enzimi capaci di degradare gli acidi nucleici. Aggiungendo il veleno alle

cellule tumorali, si notò come esso continuava a svilupparsi, ciò significava

che non erano gli acidi nucleici a provocare l’accrescimento, ma le proteine

presenti nel materiale.

Nel 1959 i due scienziati scoprirono che le ghiandole salivari di topo erano

un’eccellente fonte per la purificazione dell’NGF, visto che ne contengono

un’elevata quantità. L’anno successivo capirono anche il ruolo del fattore NGF

nel normale sviluppo embriologico del sistema nervoso. Infatti, iniettando un

antisiero specifico contro l’NGF in cavie ai primi giorni di vita provò ,che

l’inattivazione di questa molecola proteica determinava, un’atrofia

21

dell’addensamento nervoso simpatico. Quest’ultimo esperimento dimostrò

che NGF costituisce un fattore fondamentale nel normale sviluppo del

sistema nervoso. Infatti questa molecola si lega a proteine che sono presenti

con funzione di recettori sulla membrana delle cellule nervose: quando le

tocca, i neuroni dell’embrione vengono stimolati e si sviluppano meglio,

aumentando la velocità di crescita delle proprie strutture.

La ricerca su l’NGF ha indicato nuove frontiere della ricerca delle neuro

scienze. Nel nostro secolo nuovi studi hanno dimostrato che il fattore NGF

non solo ha un’importanza fondamentale nella crescita e nella

differenziazione delle cellule, ma anche che la sua attività non si limita ai

neuroni del sistema simpatico ma si estende alle cellule del sistema nervoso

centrale, parte di quello immunitario e alle cellule coinvolte nelle funzioni

neuroendocrine. Infatti l’NGF:

- fa aumentare la produzione di cellule destinate alla difesa

dell’organismo;

- rende più robuste le difese immunitarie, producendo sostanze

tossiche per i microrganismi;

- contribuisce a formare la memoria immunitaria

Molti esperimenti hanno dimostrato che il fattore di crescita nervoso può

prevenire il danneggiamento delle cellule nervose adulte, per esempio nel

caso di ingresso di sostanze tossiche nell’organismo. Inoltre esso evita che i

neuroni muoiano, se viene temporaneamente a mancare il flusso sanguigno

nel tessuto nervoso, come può accadere con un breve arresto cardiaco.

Queste scoperte permettono di ipotizzare un possibile uso dell’NGF per

curare malattie molto gravi in cui il sistema nervoso centrale viene

danneggiato, come per esempio il morbo di Alzheimer e il morbo di

Parkinson. 22

Genere, laurea e scelte professionali: dati a confronto

Nella cultura italiana è presente il pregiudizio di vedere le lauree tecnico-

scientifiche come un qualcosa da collegare al genere maschile.

Analizzando i dati forniti dall’Istat durante gli anni accademici che vanno dal

4

2007 al 2011 sintetizzati nella tabelle n° 1, si osserva che il totale delle

studentesse laureate in materie scientifiche nel 2

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