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Sintesi
Introduzione Donne, protagoniste della storia tesina


Questa tesina non è altro che una carrellata di alcune donne che sono riuscite a distinguersi nel proprio campo lavorativo; che esso riguardi, ad esempio la sfera umanistica, scientifica, sportiva o cinematografica, non ha
alcuna importanza. Il mio scopo, all'interno della mia tesina di maturità, non è quello di esaltare queste
donne in quanto tali, ma in quanto grandi scienziati, grandi artisti, grandi sportivi; grandi personaggi capaci di affermarsi nel nostro mondo che “sesso” non possiede, al contrario di quanto alcuni hanno insistito ad affermare nel corso della storia.
Ritengo, inoltre, che sia importante considerare la donna non solo come oggetto (e con questo intendo “oggetto d’indagine o fonte d’interesse” da parte di artisti), ma è fondamentale porre l’attenzione nei confronti della donna in quanto soggetto e protagonista al pari dell’uomo della storia.

Collegamenti

Donne, protagoniste della storia tesina


Italiano - Grazia Deledda.
Inglese - Virginia Woolf.
Latino - La passione di Perpetua e Felicita.
Storia - Movimenti femministi.
Filosofia - Hannah Arendt.
Storia dell'arte - Frida.
Fisica e Chimica - Marie Curie.
Biologia - Rosalind Franklin e Barbara McClintock.
Altro - Federica Pellegrini, Valentina Vezzali, Coco Chanel e Meryl Streep.
Estratto del documento

aventi età superiore ai trent’anni; nel 1928, il suffragio fu esteso a tutte le

donne inglesi.

Il movimento delle suffragette si sviluppò in forme simili a quello inglese

in vari paesi. Il primo paese che riconobbe il suffragio universale femminile

fu la Nuova Zelanda nel 1893. Negli Stati Uniti, ciò fu possibile nel 1920,

grazie al movimento statunitense guidato da Alice Paul. In Italia, nel 1919

le donne italiane ottennero l’emancipazione giuridica e nel 1946, in occasione

delle prime elezioni amministrative postbelliche, le donne italiane furono per

la prima volta chiamate alle urne.

3 Donne della Letteratura

3.1 Grazia Deledda

Grazia Deledda è la prima e unica scrittrice italiana ad aver ricevuto il premio

Nobel per la Letteratura.

Nasce a Nuoro nel 1871. Come tutte le donne appartenenti a famiglie

poco agiate, frequenta sino alla scuola elementare. Tuttavia, ciò non le im-

pedisce di proseguire gli studi con costanza, principalmente d’autodidatta.

Le condizioni economiche della famiglia sono difficili e favoriscono il ripiega-

mento interiore della ragazza che è indotta ad estraniarsi da una realtà poco

gratificante e a vivere una sognante adolescenza. Emergono i primi segni di

una vocazione letteraria, che vede fruttare primi scritti.

Nel 1892 muore il padre e per Grazia è l’inizio di una maturazione graduale

di cui è testimone l’infittirsi dell’attività letteraria. Dopo il matrimonio e il

trasferimento a Roma, Grazia trascorre anni felici, sia nell’ambito familiare,

sia lavorativo. Di fatto, la pubblicazione dei suoi romanzi consolida la sua

fama come stimata scrittrice d’inizio secolo. Tra le sue opere maggiori si

ricordi Elias Portolu (1903), Canne al vento (1913), Marianna Sirca (1915)

e La madre (1920).

La sua narrativa ottiene una notorietà sempre più vasta tanto che, com’è

stato già detto, il 10 Dicembre del 1926 le viene conferito il premio Nobel

per la Letteratura. Muore a Roma nel 1936.

L’importanza dei romanzi della Deledda sta nel fatto che essi rappresen-

tano l’anello di congiunzione tra i romanzi veristi e quelli decadenti.

Del romanzo verista mantiene l’ambientazione esclusivamente locale e in

parte gli aspetti formali. Di questi, in particolare, ritroviamo l’evidente re-

gressione dell’autore, ma non la sua totale impersonalità. Per quanto riguar-

da, invece, l’ambientazione, Grazia descrive gli aspri e selvaggi paesaggi della

Sardegna, isola alla quale è molta legata, ma il tono nostalgico che traspare

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dalle sue parole fa sì che tali descrizioni risultino ben diverse da quelle veriste.

Nei suoi romanzi, infatti, è evidente una forte componente autobiografica,

elemento assente nei romanzi veristi. I personaggi principali fanno i conti

con una società che frena il desiderio d’evasione, di libertà e d’affermazione.

L’amore dovrebbe rappresentare una via d’uscita: talvolta lo è; più spesso è

fonte di dolore e di morte, poichè la passione e l’eros sono sempre soffocati

da un sentimento religioso del peccato. Dietro questi temi, dunque, sono

evidenti aspetti della vita della scrittrice.

Grazia Deledda ha il merito di aver saputo registrare con lucidità drammi

che, in realtà, non sono solo quelli dell’isola nativa, ma sono quelli dell’uomo

moderno, alle prese con la sua solitudine e la drammatica incapacità di co-

municare. C’è da dire, tuttavia, che un grande limite della Deledda è quello

di non riuscire a scavare fino in fondo, in profondità, nella psicologia dei suoi

personaggi, benchè il notevole passo in avanti.

Dunque, in ultima analisi, Grazia Deledda supera decisamente il Verismo,

ma non riesce ad approdare in maniera completa al Decadentismo.

I temi e le caratteristiche sopra espressi sono chiaramente riscontrabili

dall’analisi di quello che è considerato il suo capolavoro, il romanzo breve La

madre. Il protagonista è Paulo, un giovane sacerdote e unica figura religiosa

del paesino in cui svolge il suo lavoro. Egli vive con la madre che gli fa

da perpetua. Il romanzo si apre con la scoperta da parte della donna della

relazione clandestina tra il figlio e una donna del posto di nome Agnese.

La madre, dopo vari tentennamenti, decide di affrontare il figlio riguardo il

peccato che sta commettendo. Paulo, da un lato innamorato di Agnese a

punto tale da averle promesso di scappare insieme, dall’altro consumato dal

dolore per il peccato commesso, decide di assecondare la madre e lasciare

l’amata. Benchè gli sforzi, Paulo sarà nuovamente tentato e una notte si

recherà da Agnese. I due provano un forte sentimento l’uno per l’altra, ma

nonostante ciò Paulo decide finalmente di stroncare la relazione. Tuttavia,

Agnese lo minaccia di dire tutto alla comunità l’indomani mattina a messa.

Paulo, terrorizzato all’idea di essere smascherato davanti a quel paesino che

lo crede un santo (il paese è convinto che Paulo abbia fatto un miracolo,

liberando una bambina dal diavolo che si era impossessato di lei), si confida

con la madre, che nel frattempo vive un forte dramma interiore. Ella, infatti,

si chiede spesso se sia giusto che il suo Paulo non possa vivere quest’amore.

Il giorno dopo, il sacerdote celebra la messa come ogni giorno, benchè la

vista di Agnese lo metta in una forte agitazione. Anche la madre assiste

alla funzione. Al termine di essa, Agnese pare voler mettere in atto la sua

vendetta, ma si ritira all’ultimo momento. Quando il pericolo sembra ormai

scampato, viene trovata la madre di Paulo senza vita.

E’ evidente, dunque, che il romanzo presenti i temi deleddiani sopra citati:

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il tema religioso (“Dio che sta in ogni luogo, in cielo e in terra e in tutte le

cose”), quello amoroso a cui è legato il tema del dolore e della morte.

Sul piano formale, si noti la regressione dell’autrice (“La madre aveva già

chiuso la porta di strada con due spraghe incrociate, per impedire al diavolo

che nelle notti di vento gira in cerca di anime”), ma di certo non la sua

impersonalità. Grazia Deledda partecipa nella storia e lo fa cogliendo le

emozioni e gli stati d’animo dei suoi personaggi.

3.2 Virginia Woolf

Virginia Woolf is one of the most important modernist writers. She was born

in 1882. She grew up in a literary and intellectual atmosphere. She spent

her summer at St Ives, Cornwall and the sea remained central to her art, as

a symbol. For Virginia, water represented two things: on the one hand, it

represented what’s harmonious, feminine; on the other hand, represented the

possibility of the resolution of conflict in death.

She started to write after her father’s death. Virginia became a member of

Bloomsbury Group, which included the avant-garde of early 20th century

London. She challenged Victorian values which were founded on an ideal of

morality and respectability and questioned the conventional values of sexual

and personal relations.

Her first novel is The Voyage Out which still followed a traditional pat-

tern. Then, she wrote Mrs. Dalloway in which she experimented a new

narrative technique, followed by To the Lighthouse and Orlando. Virginia

Woolf was interested in giving voice to the complex inner world of feeling

and memory. The events, that traditionally made up a story, were no longer

important for her; what mattered was the impression they made on the

characters who experienced them. Subjective reality came to be identified

with the “stream of consciousness”, as James Joyce, but differently from him,

Woolf never lets her characters’ thoughts flow without control and main-

tains logical and grammatical organisation. Similar to Joyce’s epiphanies are

Woolf’s “moments of being”, that are moments of insight.

Today, I want to talk about how Virginia Woolf’s work has become a

feminist classics: it is A Room of One’s Own. This work is based on the

lectures the writer gave at a women’s college at Cambridge University in

1928. The title derives from Woolf’s conception that “a woman must have

money and a room of her own if she is to write fiction”. In this work, she

defined the question of women and fiction as being three connected questions:

1. women and that they are like; 2. women and the fiction they write;

3. women and what is written about them. In particular, she explores the

differences between women as objects of representation and women as authors

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of representation. The main obstacles she saw included economic dependence

on men, entrapment in marriage and the age-old prejudices embodied in

academic institutions. Woolf’s point was that it was necessary to change the

forms of literature because most literature had been “made by men out of

their own needs and for their own uses”.

3.3 La passione di Perpetua e Felicita

Considerando gli sviluppi riguardo la condizione femminile, avvenuti nel XX

secolo, è normale che le donne cominciarono ad essere apprezzate come scrit-

trici principalmente in questi anni (vedi appunto la Deledda e la Woolf). Di

fatto, più indietro si va nel tempo, più è raro trovare testimonianze di donne

scrittrici. Nella letteratura latina, ad esempio, unica testimonianza di donna

scrittrice riguarda l’autrice della Passione di Perpetua e Felicita.

Le passiones, in generale, sono quelle opere che, insieme agli Acta, rappre-

sentano le testimonianze riguardo i martìri avvenuti durante le persecuzioni

ai danni dei cristiani. Sono veri e propri racconti tramite i quali è possibile

ricostruire l’atmosfera dei processi.

Nella Passione di Perpetua e Felicita, viene descritto in maniera dialogica

il martirio di queste due donne. La giovinetta Perpetua, di nobile famiglia,

e la sua schiava Felicita furono condannate nel 203 d.C. a Cartagine durante

il regno di Settimio Severo.

L’elemento particolare di questa Passio è costituito dal fatto che Perpetua

abbia messo per iscritto, in carcere, in condizioni precarie, la sua esperien-

za, prendendo annotazioni fino al giorno prima della morte e chiudendo col

desiderio che qualcuno scriva la conclusione della vicenda. Di fatto, la parte

scritta da Perpetua è essenzialmente quella centrale, mentre una piccola in-

troduzione e la parte conclusiva sono state scritte da un anonimo scrittore,

molto probabilmente testimone dei fatti.

È interessante osservare che Perpetua dia la parola e descriva le azioni

riferendosi esclusivamente a persone maschili. È solo fugace il cenno alla

madre a cui si rivolge per raccomandare la salute del figlio. Dunque, i suoi

interlocutori, vivi o morti, sono tutti maschi; tuttavia, sussistono nel racconto

solo in funzione del rapporto che hanno con Perpetua. In questo confron-

to con l’altro sesso, nell’ultima visione avuta in carcere, Perpetua si vedrà

trasformata in maschio durante l’estrema lotta col demonio, finalmente alla

pari con l’universo maschile, ma senza perdere l’identità femminile dell’io

narrante. 6

4 Donne della Filosofia

4.1 Hannah Arendt

In un secolo segnato dalla forte presenza di regimi totalitari, quale il Novecen-

to, è normale che molti filosofi abbiano posto al centro del proprio interesse

il Totalitarismo. Una di questi è Hannah Arendt.

Il suo interesse per questo tema è strettamente collegato alle sue esperien-

ze di vita. Di origine ebraica, è costretta nel 1933 a lasciare la Germania e a

trasferirsi in Francia. Dopo l’invasione tedesca (e conseguente occupazione)

della Francia durante la seconda guerra mondiale, e la successiva deportazione

degli ebrei verso i campi di concentramento, Hannah Arendt deve emigrare

anche da qui per trasferirsi negli Stati Uniti. Nasce, così, in lei l’esigenza di

schierarsi contro i regimi totalitari, in particolare il Nazismo e lo Stalinismo,

e di ricercare l’origine del loro rapido sviluppo.

Hannah Arendt sostiene che, alla base del totalitarismo, vi è soprattutto la

società di massa, la “massificazione” degli individui. Il totalitarismo, infatti,

è effetto di una passività dell’uomo e delle sue facoltà. Questo ha prodotto

la “banalità del male”. Gli uomini si sono trasformati in autentici agenti del

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