La discriminazione, a cui la donna è sottoposta nel mondo, ha raggiunto il culmine. Ciò la rende inferiore a livello economico, culturale e persino sociale. È stata emarginata fino alla fine dell'Ottocento ma ancora oggi non la si può definire una vicenda conclusa. In una società così evoluta come la nostra, tale situazione è inaccettabile. La storia dell'umanità è stata un susseguirsi di torti e usurpazioni da parte degli uomini a danno del mondo femminile. Le è sempre stata negata la libertà. In molti paesi in via di sviluppo, salvo rare eccezioni, le donne sono ben lontane non solo dall'aver raggiunto la parità con l'altro sesso, ma anche dal vedere loro riconosciuti i più elementari diritti di esseri umani. Ancor più traumatica è la violenza che rovina la vita di tante di loro. Anche in contesti meno disagiati si può notare il trattamento che le è riservato. Sin da bambina la sua posizione all'interno della famiglia è in genere subordinata a quella dei fratelli. Il sesso femminile è considerato debole. Quali possono essere le cause di questa situazione che risale indietro nei secoli?
1. STORIA: il diritto della donna e della cittadina
In Francia, nonostante la rivoluzione di cui fu portatore, l’illuminismo non riuscì a sradicare i tradizionali pregiudizi sulle donne e sulla loro funzione nella società, relegandole a ruoli come moglie e madre. La Dichiarazione del 1789, del resto, riconosceva il diritto degli individui alla libertà (di opinione, di scelta, di integrità della persona e dei beni), senza fare riferimento alle donne.
Di questo ne tennero conto molte donne che vissero in quell’epoca e che facendosi avanti, sperimentarono per la prima volta la partecipazione diretta alla vita politica durante la rivoluzione francese.
In disaccordo con le leggi che escludevano le donne dalla vita politica e soprattutto dal diritto di voto, vengono ricordati essenzialmente due testi. Il primo è “dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” del settembre 1791, scritta da Olympe de Gouges in cui si afferma che la tirannide esercitata sulle donne sia all’origine di ogni inuguaglianza e la rivoluzione non abbia fatto altro che cambiare loro padrone: la Dichiarazione del 1789, fingendo di parlare a tutta la comunità, coniuga i diritti al maschile.
Una citazione tratta dal preambolo della dichiarazione enuncia: “Uomo, sai essere giusto? E' una donna che te lo domanda: non vorrai toglierle questo diritto. Dimmi, chi ti ha dato il sovrano potere di opprimere il mio sesso? La tua forza? Le tue capacità? […] Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo di lumi e di sagacia, nell'ignoranza più crassa, vuole comandare su un sesso che ha tutte le facoltà intellettuali […]”.
Il secondo testo è “rivendicazione dei diritti delle donne” del 1792, Mary Wollstonecraft rivendicava il diritto delle donne alla propria libertà e indipendenza, a partire dall’educazione dalla formazione culturale, basandosi sui principi illuministici. Dichiarava “esse devono chinarsi solo all’autorità della ragione”.
1.1. Ottocento e presa di coscienza
Già Napoleone blocca i tentativi di liberazione delle donne con il Codice Civile (1804), restituendo grande valore alla figura del pater familias. La storia del pensiero però ha oramai fatto il suo corso e le rivendicazioni delle donne cominciano a prendere forma poco alla volta. Con il nome di emancipazioniste vengono definite le donne che nell’Ottocento hanno militato per ottenere diritti e libertà: uguale accesso allo studio, alle professioni, all’amministrazione dei beni, ai diritti politici, sia attivi che passivi, concessi fino a quel momento ai soli cittadini maschi. Prima negli Stati Uniti e in Francia, poi anche negli altri stati europei, sorgono centinaia di associazioni femministe, con programmi diversi. Molte sono legate alle nuove idee politiche, socialista e liberale. In Inghilterra nascono le principali associazioni liberali: la National Society for Women’s Suffrage, in cui militano le suffragiste, note con il dispregiativo “suffragette”, sotto la presidenza di Lydia Becker, che si batte per il diritto di voto, e la Ladies’ National Assotiation di Josephine Butler, contro lo sfruttamento sessuale delle donne. Queste associazioni si propongono di modificare le leggi contro gli abusi e l’arbitrarietà del diritto, pur senza mettere in discussione l’intero assetto sociale. Nel 1868 venne fondato e diretto, da Susan Anthony, il giornale “The revolution”. Questa donna fu una delle principali attiviste per l’abolizione della schiavitù, per la parità tra i sessi, e la difesa dei diritti delle donne.
Nonostante tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento la mobilitazione per l’emancipazione si faccia più ampia, il diritto di voto non viene concesso né nella legislazione del 1882, né in quella del 1912 (bisognerà infatti attendere il 1945).
1.2. Regolamentazione della prostituzione
Il diritto al voto non è stata l’unica battaglia che hanno dovuto affrontare e che sono riuscite a vincere dopo anni di sacrifici e determinazione. Altra questione spinosa è quella della prostituzione.
La regolamentazione della prostituzione, fin dai primi momenti della sua istituzione, suscitò numerose reazioni di dissenso e un notevole contributo all'opposizione era rappresentato da molte donne socialmente impegnate per l'affermazione dell'emancipazione femminile.
Gli aspetti maggiormente attaccati della regolamentazione erano inerenti alla dignità della donna, totalmente demolita nel momento in cui questa veniva registrata come prostituta nelle liste di polizia; si accusava lo Stato di avallare la prostituzione con la giustificazione, vana, della sua necessità come "male minore" mentre in realtà era un ulteriore modo per sottoporre un gruppo di donne ad una forma di schiavitù; inoltre anche la causa di tutela della salute pubblica era sconfessata da scarsi risultati, aggiungendo, oltretutto, che i controlli sanitari riguardavano solo le donne prostitute mentre si esoneravano i clienti.
Tra le italiane più attive nella lotta alla prostituzione regolamentata, vi fu, senza dubbio, Anna Maria Mozzoni; vivamente impegnata nel movimento di emancipazione femminile, seguì la causa abolizionista in modo fermo e deciso, sostenendo che una delle cause principali della prostituzione fosse l'inopportuna condizione lavorativa e sociale che voleva la donna in una posizione arretrata rispetto all'uomo e per questo più soggetta alla necessità economica.
2. DIRITTO: disegno di legge sulla regolamentazione della prostituzione
Il tema della prostituzione è stato valutato e rivalutato e si è arrivati a presentare un disegno di legge al Senato per regolamentarla. Tra le fautrici del progetto stranamente figurano quasi tutte donne. Il modello del progetto italiano si avvicina molto a quello tedesco e olandese. Il provvedimento prevede la regolarizzazione della prostituzione negli appartamenti privati, ma anche poter ospitare persone dedite a quest'attività. Questo consentirebbe agli Organi preposti maggiori controlli e debellare il fenomeno dello sfruttamento. Le senatrici coinvolte nel progetto specificano che non si tratta di riaprire le case chiuse ma riconoscere il diritto a chi sceglie, liberamente e senza costrizioni, questa professione.
La questione ha anche un lato burocratico in quanto si prevede un'iscrizione alla Camera di Commercio e possedere un certificato medico che attesti l'idoneità fisica e psicologica. Naturalmente dopo l'iscrizione e relativa certificazione i sex worker dovranno aprire la Partita IVA con conseguente versamento delle tasse dovute.
3. ITALIANO: donna non più schiava
Se in quell’ambito la donna veniva vista come schiava, Giovanni Verga le attribuisce un volto nuovo nel romanzo “La lupa” che vede come protagonista una donna determinata, padrona di sé e conscia delle proprie azioni, tanto da essere descritta come adescatrice di uomini.
La donna in questione non ha nessun timore dei giudizi altrui ma, anzi, lo incute.
L'atteggiamento provocatorio e disinvolto della Lupa si inserisce in questo clima come elemento di rottura rispetto alla corrente concezione del femminile. La donna aveva, infatti, da poco raggiunto l’obiettivo del diritto al voto ma veniva sempre vista sotto un ruolo di sostanziale sottomissione all'uomo, anche se non più cieca.
3.1. La lupa
La novella inizia con la descrizione della protagonista, le cui caratteristiche fisiche (alta, magra, pallida, con due occhi grandi) richiamano i tratti della strega nell'immaginario popolare. Agli occhi del paese le colpe della madre ricadono sulla figlia: come la Lupa è isolata, perché il suo comportamento minaccia l'unità della famiglia, così, pur avendo una ricca dote, è esclusa dall'inserimento sociale e da un matrimonio normale (nessuno l'avrebbe tolta in moglie). Dopo la presentazione della protagonista e dell'ambiente, è introdotto Nanni, un giovane lavoratore cui la donna si dichiara con violenza e passionalità.
All'inizio il giovane si dimostra grettamente interessato agli aspetti economici di Maricchia; allora la Lupa, si serve della figlia e la costringe alle nozze. Ma la sicurezza di Nanni comincia a vacillare ed il giovane, come soggiogato, non riesce ad opporsi alla tentazione della suocera. Il proverbio popolare (tra le quindici e l'imbrunire le donne oneste non si fanno vedere in giro) è utilizzato dal narratore come preludio agli eventi che seguiranno e contribuisce a descrivere il clima di una Sicilia arcaica e patriarcale. L'espressione proverbiale contiene l'annuncio dell'incesto che sta per compiersi e l'implicito giudizio di condanna. L'attrazione erotica diventa per Nanni un incantesimo infernale nel contrasto tra desiderio e volontà, fino alla tragica conclusione: la Lupa, ferma nel suo proposito di dominio sul genero, preferisce morire piuttosto che vivere senza di lui. Quando tornerà dal giovane, avanzando con atteggiamento di sfida, non conoscerà pentimenti e si offrirà alla morte con la coerenza e la forza di un'eroina. Nanni, al suo cospetto, balbetta, è esitante, incerto, pallido e stralunato, perdente nonostante tutto.
3.2. Giovanni Verga
L’autore di questa novella, nacque a Catania nel 1840, fu il massimo esponente del verismo. La sua prima formazione romantico-risorgimentale si svolse a Catania, dove abbandonando gli studi giuridici, decise di dedicarsi esclusivamente alla letteratura. In seguito alla scoperta del naturalismo francese matura la sua svolta decisiva verso il verismo che sarà segnato dai racconti e dai romanzi di ambiente siciliano (Vita dei campi, 1880; I Malavoglia, 1881; Novelle rusticane, 1883; Mastro don Gesualdo, 1889). Lo scrittore crede nel progresso ma si interessa ai vinti e ai deboli; la sua è una visione della vita tragicamente pessimistica che si pone in antitesi con l'ottimismo imperante nei suoi tempi. Il linguaggio verghiano è innovatore: dà spazio al linguaggio dialettale.
3.3. La poetica
Verga, a differenza di altri scrittori, si ispira al canone dell’impersonalità (per altro comune ai veristi), che egli intende innanzi tutto come "schietta ed evidente manifestazione dell’osservazione coscienziosa". Verga vuole indagare nel misterioso processo dei sentimenti umani presentando il fatto nudo e schietto. L’obiettivo è quello di giungere a un romanzo in cui l’affinità di ogni sua parte sarà completa, in cui il processo della creazione rimarrà un mistero, la mano dell’artista rimarrà invisibile e "l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé". Verga vuole rappresentare la lotta per la vita ripercorrendo la scala sociale, dai livelli più bassi a quelli più elevati e questo per estendere l’indagine, che si era in genere limitata ai ceti popolari, alle classi più alte. Verga cerca di realizzare l’eclissi dell’autore delegando la funzione narrante a un narratore che è perfettamente inserito nell’ambiente rappresentato. Assume così, un aspetto camaleontico evidente soprattutto nei Malavoglia. L’autore utilizza anche la tecnica del discorso indiretto libero tutte le volte che ne sente il bisogno.
3.4. La concezione della vita
Il Verga ebbe una concezione dolorosa e tragica della vita. Pensava che tutti gli uomini fossero condannati non solo all’infelicità e al dolore, ma ad una condizione di immobilismo nell’ambiente familiare, sociale ed economico in cui sono venuti a trovarsi nascendo. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non trova la felicità sognata, ma va incontro a sofferenze maggiori.
Con questa visione un po’ pietrificata della società il Verga non crede nella possibilità di un qualsiasi cambiamento o riscatto per cambiare il proprio destino.
4. MATEMATICA
Per secoli le donne che potevano avere accesso all'istruzione erano quelle rinchiuse nei conventi. Forse per questo le donne che sono emerse nel passato erano soprattutto umaniste, pittrici, scrittrici, poetesse, ma molto più raramente scienziate. Infatti chi ha attitudini artistiche o letterarie può emergere anche senza una preparazione specifica, mentre le scienze, e in particolare le cosiddette scienze "dure" come matematica e fisica richiedono una preparazione di base, senza la quale è quasi impossibile progredire. Solo quelle poche favorite dall'avere un padre, un fratello o un marito scienziato disposto a condividere le proprie cognizioni, potevano farsi una cultura scientifica.
4.1. Donne dedite alla matematica
Di questo ne parla un divulgatore scientifico Simon Singh, nel suo trattato del 1997 “l’ultimo teorema di Fermat”. Lo scrittore accenna alle donne come discriminate e dissuase dallo studiare la matematica. La prima donna di cui è nota la dedizione alla matematica fu Teano, vissuta nel VI secolo a.C., allieva e moglie di Pitagora, a sua volta noto come “filosofo femminista”: egli, infatti, favorì le donne studiose. Nel IV secolo a.C. Ipazia, figlia del matematico Teone, divenne famosa per essere la più brava risolutrice di problemi. Il suo amore per la matematica, però, le costò caro quando diventò capo di una scuola platonica di Alessandria d'Egitto frequentata da molti giovani. Un giorno, Ipazia fu strappata dal suo carro, denudata, trascinata in chiesa e bestialmente massacrata da un gruppo di fanatici cristiani; le vennero strappate le carni dalle ossa con conchiglie acuminate e le sue membra vennero date alle fiamme.
Queste discriminazioni continuarono anche nel ventesimo secolo: un esempio è la matematica Emmy Noether, definita da Einstein “il più importante genio creativo della matematica prodotto fino ad oggi da quando l’istruzione superiore è stata aperta alle donne”, impossibilitata, però, ad esercitare libera docenza presso l’Università di Gottinga.
4.2. Teorema di Fermat sui massimi e minimi
Per avvalersi dell’accenno a Pierre Fermat se ne può esporre un suo importante teorema sull’analisi matematica. Il teorema fornisce un metodo per la ricerca dei punti di massimo e minimo di una funzione differenziabile, mostrando che la derivata prima della funzione si annulla sul punto stazionario. In tal modo, utilizzando il teorema di Fermat, il problema della ricerca dei punti estremi di una funzione è ridotto alla risoluzione di un'equazione. (cercare la formula che qui non mi fa scrivere)
5. CHIMICA
Le donne, escluse dalle università, escluse dall'educazione scientifica, sono emerse là dove potevano emergere. Così è sorto il pregiudizio secondo cui le donne sarebbero più adatte alle materie letterarie e linguistiche che non a quelle scientifiche. Le stesse ragazze crescono in mezzo a questi pregiudizi e se ne lasciano influenzare, e scelgono le facoltà umanistiche anche contro le loro naturali inclinazioni, contribuendo così a rafforzare i pregiudizi stessi.
Malgrado le difficoltà incontrate, non sono poche le scienziate che hanno portato importanti contributi allo sviluppo della scienza.
Molto conosciuta è Marie Curie, vincitrice di un premio Nobel in due aree distinte: fisica e chimica.
Fu scopritrice, assieme al marito Pierre, del radio e del polonio.
CONCLUSIONI
Gli stati hanno promulgato leggi a favore dei diritti delle donne. Ma le leggi non possono cambiare il cuore, dove sono radicate l'ingiustizia e il pregiudizio. La maggior parte delle normative sono inadeguate a fermare le violenze. Per contribuire alla soluzione del problema bisogna fare in modo che gli attuali valori sociali e culturali cambino in meglio. Solo così, nelle future generazioni, si rimarginerà la piaga della discriminazione femminile.