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Italiano: donna vampiro per G. D'Annunzio;
Inglese: Christabel (Coleridge);
Arte: E. Munch (La donna vampiro);
Storia: Elizabeth Bathory.
secoli le sono stati attribuiti una vasta gamma di nomi “poteri” e
forme. Mormos , lamiae, empuse, striges sono demoni o donne
vampiro, della mitologia greco-romana, capaci di “transumare” in
leggiadre giovani donne che con la seduzione sono in grado di
attirare le loro prede per berne il sangue e divorarle. Queste sono
le creature che, se trascendono la figura della donna vampiro, ne
sono sicuramente l’origine. Attraverso un’analisi della
caratteristiche peculiari di queste “vampire ante litteram”, appare
evidente il legame tra i soggetti vampireschi femminili e l’atto
sessuale, infatti “Empusa” e “Lamia” riunivano in loro le
caratteristiche del “vampiro” e della succube poiché adescavano
giovani uomini nei loro letti per berne il sangue e i fluidi vitali e allo
stesso modo le “Striges” erano donne vampiro che, con la loro
sensualità catturavano gli uomini nell’antica Roma. Si potrebbe
parlare di “ Afrodite
vampira”, commistione tra
amore e carnalità più
crudele. Tuttavia è bene
precisare che la donna
vampiro è una figura
universale, presente non
solo nella mitologia greca-
latina, ma anche nella
cultura babilonese, in cui
abbiamo “LAMASHTU” che
attira gli uomini per
succhiarne il sangue e
sottrae il feto dal grembo
delle madri, e LILITH , il
primo vampiro donna della
tradizione; In india abbiamo
la kedipe, demone femminile
il cui nome significa
“prostituta”, che beve il
sangue dalle estremità
maschili. Con il passare dei
secoli le donne vampiro sono
aumentate a dismisura arrivando all’anglosassone MARA da cui
deriva il termine night mare e alle italiche SURBILES capaci di
introdursi nelle case altrui sotto forma di fumo per succhiare il
sangue ai neonati durante la notte. Tuttavia nel medioevo la figura
della donna vampiro è stata assorbita da quella più generale di
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strega; ora, la donna vampiro oltre ad attrarre uomini con il proprio
corpo per succhiarne i fluidi, è anche in grado di fare magie.
Nonostante ciò, le inquietanti creature ematofaghe del mito sono
ben lontane dall’essere scomparse dalla trazione popolare: la loro
presenza, seppur mutata nel tempo, è ravvisabile in ogni angolo
della terra: si è passati dall’incorporeo al corporeo, dal demone
donna alla donna vampiro/strega, dotata di una fisicità umana ed è
mutata anche la concezione del vampiro: mentre il vampiro
inizialmente veniva considerato come una creatura non “vivo”, il cui
effetto era focalizzato sulla privazione di sangue come emblema
della morte, in epoca più moderna il concetto viene rovesciato:
depredare la vittima dei suoi fluidi vitali significa mantenersi in vita,
rendersi immortali. Il vampiro , rispetto alla donna vampiro, è una
creatura che risulta quasi banale , monocorde nella sue
caratteristiche di nobiltà decadente, fascino e paura, mentre la
donna, appunto, assume aspetti diversificati anche nella
letteratura: adolescente languida o dark lady, può essere la vittima,
la serva o la protagonista svincolandosi dal personaggio maschile.
La donna vampiro è rimasta nei secoli circondata da una tensione
carnale, divenendo il simbolo del doppio, incarnazione di Eros e
Thanatos e dell’aspetto più perturbante e trasgressivo della
femminilità. Nella realtà contemporanea le donne vampire hanno
perso quell’aurea di ambiguità e mistero, anche se la sessualità è
ancora il tema dominante, un caso è costituito dalle “vampire” della
scrittrice Anne Rice, che vivono nella quotidianità in cui tutto è
codificato o dalla vampira del film “under world” il cui unico tratto
distintivo sono i canini allungati. Questa regolamentazione della
figura vampiresca sembra un tentativo di riportare nei ranghi
qualcosa che esula dalla razionalità umana e di esorcizzare gli
aspetti perturbanti della personalità femminile. in realtà i vampiri
sopravvivono nelle aree d’ombra che la società non può accettare,
ma che attirano il nostro lato oscuro.
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Much: La Donna Vampiro
“ il morso, l’assoggettamento totale della creatura
Immortale sull’umano, il prevalere della seduzione
E della lussuria sulla razionalità …
L’incombente senso di morte che aleggia
Su tutta l’umanità “ ( cit. anonima)
la figura della donna vampiro non lasciò indifferenti nemmeno i
pittori. Edward Munch (1863-1944) nel 1893-1894 dipinse “il
vampiro” quadro raffigurante una donna nell’atto di aggredire un
giovane uomo con l’intento di berne il sangue. La bellezza perversa
e maledetta e la forza
distruttrice della donna
vampiro viene
raffigurata nel dipinto, in
una coppia di amanti, un
uomo e una donna, 8
ambientati in un luogo chiuso, probabilmente una stanza, stretti in
un abbraccio fatale. L’uomo sembra rifugiarsi, cercare un riparo
nell’abbraccio confortante della compagna, nei suoi lunghi capelli
rossi che lo ricoprono e avvolgono. Tuttavia l’immagine ha il sapore
di una resa, una sottomissione, come se nonostante la grande
intimità del gesto, non ci fosse amore, ma solo la triste incapacità
dell’uomo a rapportarsi con la figura forte e fiera della donna
vampiro che lo depaupera di tutte le sue forze. Nel dipinto non si
riesce a scorgere il volto dell’uomo a causa dell’abbraccio
soffocante della donna, probabilmente perché Munch puntava a
sottolineare la sottomissione dell’uomo alla creatura femminile., ella
lo cattura, lo imprigiona con il suo braccio destro, il tutto rimanda
all’immagine della morte, ripresa dai capelli della donna, rossi e
fluenti, che rievocano il sangue. Il pittore per conferire maggior
importanza alla figura della donna vampiro, la colpisce con una luce
frontale , volta a mettere in risalto il suo incarnato spettrale rispetto
a quello dell’uomo, mentre, per accentuare la sua sensualità e
l’aspetto passionale/erotico, la rappresenta nella sua nudità carnale.
Lo sfondo inoltre segue il profilo della figura femminile e sottolinea
l’idea di soffocamento e oppressione causato dalla donna vampiro.
Tutto il dipinto è incentrato sull’emblema della donna come
distruzione, la donna nemica e seduttrice che trova la sua completa
realizzazione nell’annientamento dell’uomo: il suo abbraccio non gli
lascia via di salvezza, sembra inghiottirlo in un incubo erotico.
Munch vede la donna come l’epicentro di uno sconvolgente mistero
sessuale, di cui avverte tutta la profondità e le molteplici
stratificazioni , senza però poterlo analizzare perché mancante dei
giusti strumenti psicoanalitici. Nasce così l’identificazione tra la
donna e l’immagine mostruosa del vampiro: l’uomo è preso da un
senso di consunzione ed esce infranto e disfatto dall’incontro con la
donna.
Apuleio: Lamiae 9 “Non esita a uccidere
se ha bisogno di sangue caldo
che fuoriesca a fiotti da una gola recisa,
e se le funebri mense richiedono visceri palpitanti;
così con uno squarcio nel ventre,
estrae i feti da porre sulle are ardenti
e non per la via che la natura richiede” ( ct. Luciano )
Questa fusione nella donna di un aspetto femminile, sensuale
caratterizzato da una bellezza sovrumana, e di quello mostruoso del
vampiro è un tema che è sempre stato caro agli scrittori greci e
latini, ma è in Apuleio ( II secolo d.C) che viene evidenziato «quel
viluppo tra erotismo e sangue, che caratterizza la donna vampiro o
Lamia ( come egli stesso ci dice ), unitamente al riemergere del
motivo stregonesco. Nel primo libro dell’”Asino d’oro”, il
protagonista Aristomene si accinge a narrare a Lucio, che non ha
ancora subito la metamorfosi, un evento alquanto inquietante di cui
è stato testimone: costui una notte, si ritrovò coinvolto nella
vendetta di due maghe ai danni di un suo amico Socrate, che era
stato l’amante e aveva successivamente abbandonato una delle
due donne, Meroe. La scena si svolge di notte, Aristomene spia di
sottecchi l’amico Socrate, ormai addormentato, quando vede
avvicinarglisi due donne di matura età aventi una lanterna, una
spugna e una spada sguainata che si accingono ad effettuare un
rituale :
Et, capite Socratis in alterum dimoto latus, e, voltato dall’altra
parte il capo di Socrate
per iugulum sinistrum capulo tenus gladium gli immerge fino all’elsa
tutta la spada nel lato
totum ei demergit, et sanguinis eruptionem sinistro del collo e,
postogli sotto un piccolo
utriculo admoto excipit diligenter, ut nulla otre, vi accoglie con cura
l’eruzione del sangue
stilla compareret usquam. Haec ego meis si che non se ne vedeva
in nessun punto
oculis aspexi. Neppure una stilla. Con gli occhi miei
vidi tutto ciò.
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Intanto l’altra donna, tampona con
una spugna la ferita pronunciando
delle formule magiche che faranno
svenire il malcapitato. L’episodio
non si conclude nella stessa notte,
infatti, la mattina seguente sul collo
di Socrate non vi è traccia del taglio,
ed egli stesso afferma di aver
“sognato” di essere sgozzato.
L’azione di queste Lamiae, si
maschera da visione onirica anche
se si rivela in ogni caso fatale per
Socrate. Nell’opera di Apuleio non
compare quindi la figura della Donna
vampiro come siamo soliti
conoscerla, ma quella della Lamiae ,
come un demone ( in questo caso
potremmo definirla con il termine
più generale di “strega”) dalla
fisicità femminile che priva gli
uomini dei propri fluidi vitali, ma al
contempo è in grado di mettere in atto
veri e propri rituali magici. Secondo il
mito originale , Lamia,era la
bellissima regina della Libia, figlia di
Belo. Presto Lamia fece invaghire di se
Zeus scatenando così l’ira di Era, che
si vendicò uccidendo i figli che il suo
consorte aveva avuto la Lamia.
Distrutta dal dolore e in preda alla
furia vendicativa Lamia iniziò a
divorare i bambini delle altre madri, di
cui succhiava il sangue. Il suo
comportamento innaturale fece in
modo che la sua bellezza originaria si
corrompesse, trasformandola in un
essere di orribile aspetto, capace di
mutare forma e apparire attraente per
sedurre gli uomini, allo scopo di berne
il sangue. Per questo motivo si parla di
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Lamia come un vampiro ante litteram, il mito alla base del
vampirismo.
D’annunzio: La Femme Fatale
Oh, quanto soffro a questi tuoi tormenti!
Amore in nodi l’uno e l’altra ha stretti;
le lacrime si mischiano al godere;
cupida sugge dai labbri diletti le fiamme:
l’un nell’altro ha il piacere ( cit. Filostrato)
Nella letteratura dei primi anni del
1900, la figura della donna vampiro
ha subito una notevole
trasformazione, passando dall’essere
figura mitologica dotata di poteri che
seduceva e depredava gli uomini del
sangue ad allegoria di uno
sconvolgente mistero sessuale. La
donna “vampiro” è l’incarnazione
della sensualità, degli aspetti più
trasgressivi della femminilità che a
contatto con l’uomo lo distruggono
depauperandolo delle energie vitali e
della volontà di potenza. Tutto ciò è
ravvisabile in D’Annunzio( 1863-
1938), massimo esponente del
decadentismo italiano, in cui la
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nuova sensibilità dell’uomo, in risposta agli eventi storici-politici, da
origine ad un nuovo personaggio femminile, un’eroina che si nutre
dell’uomo, del suo amore e del suo corpo. Mentre l’uomo , per il
poeta, è debole, fragile, la donna, lussuriosa, fiera, vittoriosa,
perversa e crudele, lo domina depauperandolo dell’energia, ed
esercita sull’uomo un fascino sinistro a cui lui non può sfuggire e
che lo porta inevitabilmente alla follia o alla propria distruzione. La
donna nemica, che si oppone all’uomo debole, incarna un
complesso e profondo conflitto per cui viene paragonata ad un
mostro, una sorta di vampiro dai tratti di una bellezza sovrumana,
un conflitto che è dato dalla lotta tra la volontà di potenza e
l’affermarsi dell’uomo e il senso d’impotenza che egli vive in questo
periodo storico. Nel Piacere ( romanzo del 1888) la donna vampiro è
impersonata da Elena Muti, che emana un fascino perverso e
seducente, personificazione della mangiatrice di uomini ,
emancipata, seduttrice, pronta a tutto per lei stessa, dalla fisicità
prorompente, è la donna che sottomette inevitabilmente l’uomo al
proprio volere.
“ chi era ella mai? Era uno spirito senza equilibrio in un corpo