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Storia: il voto alle donne, femminismo e rivoluzione sessuale
Italiano: Khaled Hosseini (Mille splendidi soli)
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
Un pensiero di riguardo va agli uomini, che dovranno fare uno sforzo di
comprensione in più, ma sono convinta che se guarderanno negli occhi della
propria mamma, della propria compagna o magari negli occhi della propria
figlia, troveranno la Donna di cui sto per parlare.
I ruoli femminili
Oggigiorno la donna si ritrova a dover convivere con la consapevolezza di un
futuro incerto che le impedisce di essere tutto ciò che vuole poiché mantenere
una famiglia e un lavoro allo stesso tempo è difficile.
Le prospettive che le si pongono davanti sembrano tutte costringerla a
scegliere tra famiglia e lavoro. Sarà
possibile riuscire a conciliare le due cose?
Inoltre deve reggere un immagine non sua,
data dai mass-media che mandano ogni
giorno immagini di ragazze perfette, felici e
spensierate che sembrano avere un unico
problema nella vita: l’apparenza.
Tutto questo stress indotto dalla società porta la donna di oggi ad allontanarsi,
talvolta quasi a rifiutare il suo ruolo di madre e amministratrice di famiglia.
Nonostante tutto la donna lotta e deve ancora lottare per eguagliare l’uomo.
Talvolta questo processo provoca quasi una perdita d’identità, poiché la donna
sembra dimenticarsi che è ben diversa dall’uomo e che è questa diversità la
sua forza.
Come se non bastasse la donna sembra
essersi anche scordata di tutte le lotte fatte
per ottenere un degno riconoscimento nella
società del suo ruolo. 4
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
La donna occidentale
Analizzando il percorso della donna occidentale ci si aspetterebbe un risultato
ben diverso da quello attuale e invece si ha una visione di una regressione
della figura femminile del ventesimo secolo che sembra portare a un’inversione
dei ruoli e addirittura a innescare un sistema di difesa da parte dell’uomo che si
sente sempre più minacciato da una figura di donna che non riconosce più.
Come deve essere la donna del nuovo millennio? La madre premurosa e
dedicata alla casa o la perfetta lavoratrice indipendente?
Forse la donna del nuovo millennio deve conquistare la possibilità di essere
entrambe le cose.
Insomma la donna può essere finalmente se stessa, in una società che non la
porti a negare la propria natura, che non imponga un bivio tra famiglia e
carriera, ma che le dia la possibilità di percorrere le
due strade in parallelo.
La famiglia è importante per la società e come tale
va tutelata e non esasperata, le donne che hanno
figli devono sentirsi libere di lavorare senza sensi di
colpa, sentirsi libere di amare i propri figli e di
andare al lavoro e fare entrambe le cose bene.
Tutto ciò non è un utopia ma si tratta di
rivoluzionare le tradizioni e la cultura del nostro paese. La famiglia italiana è
gestita ancora dalla donna. Sicuramente la donna, come madre, ha il dovere di
stare vicino ai figli durante i primi anni di vita ma dall'altra poche aziende 5
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
danno la possibilità e gli spazi per tenere i bambini vicini, creando così un clima
di serenità per la madre e per l'ambiente lavorativo.
Non dobbiamo arrenderci agli
stereotipi vecchi e alle vecchie
concezioni di famiglia, lasciando
anche che la politica faccia un
welfare dove siano agevolate e
stimolate sia le donne/mamme a
lavorare, che le aziende ad
assumere donne con prole, ma
dobbiamo insistere e partecipare
attivamente alla politica, stimolare
le istituzioni a valorizzare il ruolo della donna nel lavoro.
Donne a confronto
Nella classifica annuale del World Economic Forum ( fondazione senza fini di
lucro divenuta celebre per l’organizzazione dell’annuale incontro di Davos, che
riunisce i maggiori dirigenti politici ed economici internazionali, intellettuali e
giornalisti selezionati, al fine di discutere le
questioni più urgenti che il mondo si trova ad
affrontare) sul gender gap, le disparità tra
donne e uomini, l’Italia è scesa al 74esimo
posto su 134 Paesi, dal 72esimo occupato
nel 2009, penultima in Europa e distantissima
big
da tutti i occidentali. Per strutturare
questa ricerca sono stati presi in considerazione diversi parametri, quali:
la partecipazione economica e la parità di remunerazione tra i due sessi;
le opportunità di accesso a tutti i tipi di lavoro;
la rappresentatività nelle strutture decisionali dei paesi; 6
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
l’accesso all’educazione e l’assistenza alla salute e alla maternità.
La classifica è stata compilata calcolando i dati forniti da statistiche nazionali,
organizzazioni mondiali (tra le quali l’Onu) e ricerche compiute dallo stesso
WEF.
A pesare sulla posizione italiana sono principalmente le diseguaglianze
economiche (il reddito medio da lavoro di una donna è la metà di quello di un
uomo) e la scarsa presenza ai vertici della politica.
Lo studio, che misura il divario nell’accesso a opportunità e risorse
economiche, culturali, sanitarie e politiche di ciascun Paese e non il loro livello
assoluto, conferma al primo posto l’Islanda con un punteggio di 0,8496 (dove
1 rappresenta la completa parità tra i sessi), seguita da Norvegia, Finlandia e
Svezia, che sono anche ai primissimi posti per la competitività.
A spingere l’Italia nelle retrovie è soprattutto l’indicatore «partecipazione e
opportunità nell’economia» (che la precipita in media al 96esimo posto), a
causa delle diseguaglianze rispetto agli uomini nei salari (116esimo posto), nel
reddito da lavoro (91esimo) e nella partecipazione alla forza lavoro (88esimo).
Solo il 52% delle donne fa parte della popolazione attiva contro il 75% degli
uomini.
Importanti anche le differenze salariali: le donne italiane guadagnano in
media il 50% degli uomini, poco più di 20 mila euro di media, contro i circa
40 mila degli uomini.
Ma stupisce davvero che paesi appena entrati nell’Unione Europea (quali
Lettonia, Lituania ed Estonia) se la cavino molto meglio di noi, o che le donne
italiane possano avere più difficoltà ad essere pagate quanto un uomo rispetto
alle loro colleghe argentine, sudafricane o malesi.
“Italia e Grecia hanno la
Le parole dello stesso WEF non lasciano dubbi:
situazione peggiore in Europa, con indici che riflettono i bassi livelli 7
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
di partecipazione politica delle donne agli organi decisionali e le scarse
possibilità di carriera in campo professionale”.
Ma il dato peggiore, che maggiormente penalizza l’Italia nel report 2010, arriva
dall’accesso e dalle opportunità delle donne nel mondo del lavoro. L’Italia è
addirittura 97esima. La differenza più rilevante è la percentuale di occupati,
74% per gli uomini e solo 52% per le donne. Ma a ben guardare, da quanto
emerge dal documento, l’Italia viene promossa a pieni voti per quanto
riguarda l’accesso delle donne all’educazione (49esima posizione),
raggiungendo il primato mondiale per quanto riguarda l’istruzione
superiore. Le ragazze diplomate sono il 79% del totale e superano di gran
lunga i ragazzi, fermi al 56%. Le studentesse che arrivano alla laurea sono il
60% del totale dei laureati e vantano, rispetto ai colleghi maschi, un punteggio
maggiore (106 contro 104) e un minor tempo per concludere gli studi (età
media delle laureate 26,8 anni contro 27,5).
Questo dato però, che appare positivo se preso in modo assoluto, è in evidente
disaccordo con quanto detto in precedenza, ovvero al fatto evidente che le
donne guadagnano effettivamente molto meno degli uomini.
La classifica stilata dal WEF copre l il 93% della popolazione mondiale,
assegnando ai Paesi nordeuropei il podio delle pari opportunità.
Al primo posto si piazza l’Islanda (quarta nel 2008), davanti a Norvegia
,Finlandia, e Svezia. Seguono Nuova Zelanda, Sudafrica, Danimarca e Irlanda.
Sono dati che per alcuni possono forse essere nuovi o sorprendenti, per altri
tristemente famosi.
Il voto alle donne 8
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
Ritornando a percorrere i passi che hanno portato all’ emancipazione della
donna notiamo che l'Italia inizia solo nel 1946 a muoversi verso questa
direzione .
Nell’ elenco che segue è riportato l’anno in cui, nei diversi paesi , il suffragio
universale è stato riconosciuto ai cittadini
di sesso femminile.
• 1893 Nuova Zelanda (alle donne europee)
• 1902 Australia
• 1906 Finlandia
• 1913 Norvegia
• 1915 Danimarca e Islanda
• 1917 Russia
• 1918 Canada
• 1919 Austria, Germania, Olanda, Polonia, Lussemburgo
• 1920 Stati Uniti, Cecoslovacchia
• 1921 Svezia
• 1922 Burma (l’attuale Birmania)
• 1928 Gran Bretagna, Irlanda, Equador
• 1930 Sud Africa (donne bianche)
• 1931-1939 Cuba, Costarica, Pakistan,Turchia, Uruguay, Spagna,
Portogallo, Bolivia, Thailandia, Filippine
• 1940-1944 Mongolia, Panama, Repubblica Domenicana
• 1946 Italia
• 1946 Francia,
Brasile, Romania,
Albania, El Salvador
• 1947 Argentina,
Bulgaria, Venezuela
• 1948 Belgio, Corea,
Israele 9
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
• 1949 Indonesia, Grecia, Cile, Siria, Cina (solo le militanti della
rivoluzione)
• 1950 Nicaragua, India
• 1953 Messico
• 1956 Egitto
• 1959 Tunisia, Rep. di San Marino
• 1965 Afghanistan revocato sotto il regime talebano (1996-2001)
• 1967-1970 Yemen
• 1980 Iraq
• 1984 Liechtenstein
• 1999 Kuwait
<Donna è bello> il femminismo e la rivoluzione
sessuale
La lotta per il diritto al voto, cioè per diventare cittadine a tutti gli effetti
cominciò con la rivoluzione Rivoluzione francese, quando si formo il primo
gruppo “femminista” che rivendicava l’ugualianza tra i due sessi. Il
movimento,allora assai ristretto, subi una spietata repressione,tanto che la sua
leader Olympe de Gouges, venne condannata a morte, divenne cosi il simbolo
di tutte le donne che non avrebbero accettato un ruolo subalterno. Tuttavia , il
tema dei diritti politici della donna divenne scottante solo nelle seconda metà
dell’ Ottocento con il movimento delle
“sufragette”.
Le donne furono attive soprattutto negli Stati Uniti
e in gran Bretagna.
Con gli anni Settanta nasce
un nuovo movimento
femminista, che, raggiunta
la parità sulle questioni
fondamentali si batte per
un obbiettivo nuovo: la 10
La donna del XXI secolo: una pesante eredità e un futuro incerto
liberalizzazione della donna. Questa nuova prospettiva fu talmente dirompente,
che con il termine “femminismo” ci si riferisce di solito a questo solo periodo.
Le femministe, da una parte ribadivano l’essenza della femminilità come
qualcosa di specifico e di profondamente diverso dalla
mascolinità (lo slogan era «Donna è bello»), dall’altra cercavano e
promuovevano nuovi valori mirati a trasformare il modo di pensare e la società.
Dalla fine degli anni Sessanta e soprattutto nei Settanta, invece, l’analisi della
condizione femminile si concentrò sul privato: la famiglia, la sessualità, la
maternità e la condivisione della gestione domestica. Per la prima volta
ricorreva il termine “maschilista” per indicare la società strutturata su tempi ed
esigenze maschili, dove i valori femminili non avevano alcuno spazio.
Il femminismo, insomma, si pone in modo più radicale rispetto alla politica fino
ad allora seguita con le battaglie per la parità fra uomini e donne. Le donne
italiane avevano conquistato i diritti civili elementari: potevano laurearsi e
svolgere professioni fino a poco tempo prima aperte solo agli uomini; tuttavia
nel privato la loro condizione restava per molti aspetti
simile a quella delle loro nonne. Restava ,per esempio,
in vigore il delitto d’onore (ribattezzato “divorzio
all’italiana”), abrogato solo nel 1981, che prevedeva
pene irrisorie per chi uccidesse la coniuge, la figlia o la
sorella adultere. I contraccettivi erano vietati. Il
tradimento da parte della moglie era valutato e punito
assai più gravemente di quello compiuto dal marito,
l’aborto era illegale, il divorzio impossibile, le madri
non avevano sui figli diritti pari ai padri, la violenza