Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi

(Baltimora, 16 maggio 1929) è una
poetessa, saggista, insegnante e femminista statunitense.
Ancora giovane, la Rich dimostrò ovvio talento, scrivendo poesie fin da bambina sotto la guida paterna. Quando si
laureò dal Radcliffe College il suo primo volume, Un mutamento di mondo (A Change of World, 1951) venne scelto da W.
H. Auden per lo Yale Younger Poets Prize. Questo, insieme al secondo volume, Tagliatori di diamanti (The Diamond
Cutters, 1955), esprime un senso di alienazione e di perdita causati “dagli stratagemmi maschilisti del Modernismo”,
però ambedue i volumi contengono poesie indicatrici di tematiche future. “Preavvisi di burrasca” (”Storm Warnings”, da
Un mutamento di mondo, parla di persone “che abitano in zone turbate” e anticipa cambiamenti non specifici ma
inquietanti:
QUANDO NOI MORTI CI DESTIAMO
Lo stretto legame esistente tra revisione critico-letteraria e strategia parodica si può desumere dalla lettura di un saggio
illuminante di Adrienne Rich, Quando noi morti ci destiamo: la scrittura come re-visione: «La re-visione» - scrive la Rich -
è «l’atto di guardarsi indietro, di vedere con occhi nuovi, di affrontare un vecchio testo con una nuova disponibilità
critica»: in quanto ri-lettura e ri-scrittura di un testo pre-esistente, la parodia riflette tale atteggiamento, operando
un’analisi del modello che permette di smantellarlo e poi ricostruirlo da un’ottica nuova. La Rich poi precisa: «il nostro
2
compito non è di superare una tradizione ma di romperla», in altre parole si tratta di vivisezionare il testo originale,
aprirlo al suo interno per innestarvi nuovi elementi e dare origine così ad un testo nuovo, con l’ossatura del modello
originario ma contenuti e messaggi che ne rivoluzionano il significato. Naturalmente la revisione coinvolge anche il livello
del linguaggio, delle strutture superficiali, senza che venga mai meno il rapporto intertestuale con l’originale. Ne sono un
esempio paradigmatico le favole in The Bloody Chamber (1979) di Angela Carter, in cui si riconosce immediatamente il
modello dei Grimm o di Perrault, ma, attraverso la parodia, quel modello viene rivisitato e riproposto in vesti diverse che
trasmettono significati nuovi.
Infine, Adrienne Rich sottolinea uno scopo della revisione femminista che è proprio anche della scrittura parodica di
determinate autrici, ovvero l’esigenza di liberare il personaggio femminile dalla prigionia di certi cliché fossilizzanti e ruoli
stereotipati come quelli della Belle Dame Sans Merci o femme fatale e della donna angelo. Per esempio, nelle fiabe dei
Grimm la donna inesorabilmente appartiene all’una o all’altra categoria perchè così voleva la società Biedermeier del
1800; nelle riscritture in prosa di Angela Carter o in versi di Stevie Smith e Liz Lochhead la storia sottesa dalla favola
tradizionale viene ri-contestualizzata per essere adattata alle nuove esigenze sociali della donna, per divenire
l’espressione di un altro punto di vista, lontano dalla mitizzazione dell’immagine femminile tipica della cultura patriarcale.
7
Natalia Levi nasce a Palermo il 14 luglio1916 da famiglia ebraica di origine
triestina. Il padre, Giuseppe Levi, professore universitario, e i suoi tre fratelli
verranno imprigionati e processati per antifascismo. Trascorre a Torino l'infanzia
e l'adolescenza in uno stato di profonda emarginazione, che la induce a trovare
una fonte di evasione proprio nella scrittura. Così Natalia, compagna di strada di Cesare Pavese negli anni '30, inizia
assai presto a scrivere, e a diciotto anni pubblica il suo primo racconto, I bambini, sulla rivista «Solaria».
Nel 1938 sposa Leone Ginzburg (col cui cognome firmerà in seguito tutte le sue opere), docente universitario di
letteratura russa e collaboratore di Giulio Einaudi nella casa editrice fondata nel 1933. Dal '40 al '43 vive in un paesino
dell'Abruzzo, dove il marito, dirigente della cospirazione antifascista clandestina, è stato mandato al confino. Qui scrive il
suo primo romanzo La strada che va in città, pubblicato nel 1942, con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte, a causa
delle leggi razziali.
Dopo la morte del marito — ucciso nel carcere di Regina Coeli dai fascisti nel febbraio del '44, pochi mesi prima
dell'arrivo degli alleati a Roma — ritorna a Torino, dove riprende a lavorare per la casa editrice Einaudi, presso la quale
segue peraltro i primi passi di Italo Calvino. Nel 1947 il suo secondo romanzo, È stato così, vince il premio "Tempo".
Nel '50 sposa l'illustre critico e studioso di letteratura inglese, Gabriele Baldini, docente di letteratura inglese e direttore
dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra. Quindi inizia per Natalia Ginzburg il periodo di più ricca fioritura letteraria. Nel
1952 pubblica Tutti i nostri ieri; e nel 1957 al volume di racconti, Valentino, viene assegnato il premio Viareggio. Durante
un soggiorno a Londra, dove il marito dirige L'Istituto Italiano di Cultura di Belgrave Square, scrive Le voci della sera
(1961). Nel '62 esce la raccolta di saggi Le piccole virtù; e nel '63 vince il premio Strega con Lessico famigliare. Nel '69
rimane nuovamente vedova.
Negli anni Settanta, non solo vengono pubblicate le raccolte di saggi Mai devi domandarmi ('70) e Vita immaginaria ('74),
il romanzo Caro Michele ('73) e il racconto Famiglia ('77); ma escono anche due raccolte di commedie teatrali (alcune
delle quali di notevole successo scenico e filmico), Ti ho sposato per allegria e altre commedie ('70), e Paese di mare e
altre commedie ('73).
Nel 1983 viene eletta al Parlamento, come indipendente nelle liste del Pci. Sempre nello stesso anno grande successo
ottiene la ricostruzione storica su La famiglia Manzoni; a cui nel 1984 segue l'ultima sua opera romanzesca, il romanzo
epistolare La città e la casa. Muore a Roma tra il 6 e il 7 ottobre 1991.
LESSICO FAMIGLIARE
Lessico famigliare è la storia di una famiglia ebrea, quella della stessa scrittrice, che si svolge a Torino fra gli anni Trenta
e Cinquanta. Natalia, l’ultima dei cinque figli Levi, è la voce narrante. Con assoluto rispetto della verità, e, per certi versi,
mantenendo l’incanto della fanciullezza, l’autrice non solo ripercorre con la memoria le vicende dei suoi cari, ma ne fissa
per sempre anche il linguaggio (che, come sappiamo, è unico per ogni nucleo famigliare), i motti, le abitudini radicate.
Ne è protagonista il padre Giuseppe: la casa riecheggia sia delle sue urla che delle sue risate. Egli è tenero e dispotico
al tempo stesso: non tollera, a tavola, che s’intinga il pane nel sugo (gesti chiamati potacci o sbrodeghezzi); e mal
sopporta i modi goffi e impacciati, da lui inesorabilmente definiti negrigure. «Il divertimento che il diavolo dà ai suoi figli»,
secondo la madre Lidia, sono le gite in montagna che il marito "infligge" a tutta la famiglia. Queste sono precedute dai
preparativi estenuanti, e innumerevoli sono i divieti, talvolta davvero risibili, imposti ai figli. Ad entrare e uscire dal
“palcoscenico” di Lessico famigliare sono personaggi del mondo industriale, intellettuale e politico della Torino tra le due
8
guerre, come Vittorio Foa, Adriano Olivetti, Filippo Turati, descritto come un «grande orso», Carlo Levi, Margherita
Sarfatti, Felice Balbo, Giulio Einaudi ed Anna Kuliscioff.
Tentare anche solo un breve riassunto del Lessico non è semplice: è una storia che ruota su se stessa, proponendo, a
brevi intervalli, lo stesso frasario, che a mano a mano conquista il lettore, col risultato di diventargli, alla fine, per
l’appunto, famigliare. Natalia annota, apparentemente con un certo distacco, le liti tra fratelli, i primi amori della sorella
Paola, le leziosaggini della madre Lidia. Con lo stile chiaro, scorrevole, apparentemente ingenuo che la contraddistingue,
ci narra la storia della sua famiglia, con un'eccellente caratterizzazione dei suoi familiari, degli amici, delle conoscenze,
dei parenti.
Il Lessico, però, non può considerarsi una semplice autobiografia, come scrive la stessa Ginzburg nell’Avvertenza. È
anche una grande lezione letteraria. Rimane forte nella memoria, malgrado il disperdersi della propria famiglia a causa
della guerra, delle morti, della lontananza, il linguaggio che fa scattare il ricordo: “Quando ci incontriamo, possiamo
essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle
frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia”.
Il tema della memoria è quello che piú caratterizza la narrativa di Natalia Ginzburg. E Lessico famigliare coincide con il
pieno recupero della memoria: è basato infatti sull'evocazione del passato, del passato di Natalia ma soprattutto di quello
di tutte le persone (familiari, amici) che agiscono intorno alla scrittrice.
Esso è però solo "in parte" il libro della sua infanzia e della sua giovinezza, perché chiunque di noi, pensando ad un
avvenimento passato non lo ricorderà mai in tutte le sue sfaccettature, ma "solo in parte". Così Natalia non ricorda tutti i
fatti che caratterizzano la sua vita.
Non è solo a questo, però, che la scrittrice si riferiva quando pronunciava quelle parole. Se infatti la memoria può
restituire il passato, essa però ne trattiene con sé un pezzo, e questo ci impedisce di assaporare quella felicità di
possedere un'altra volta ciò per cui proviamo grande nostalgia. I ricordi si presentano alla memoria attraverso le parole,
parole e frasi che costituiscono un preciso gergo familiare, attraverso il quale vive il cuore del passato. In questo senso,
si percepisce una certo rapporto con la "Recherche" di Proust: quest'opera viene sovente citata nel testo, ed è
apprezzata dalla stessa scrittrice (che solo pochi anni prima della pubblicazione di questo romanzo stava appunto
lavorando alla traduzione in italiano della "Recherche"); lo stile narrativo, incentrato su vicende familiari che delineano, a
poco a poco, una veduta d'insieme della storia e delle vite narrate, ha qualche punto di contatto con l'opera dell'autore
francese.
L'occhio femminile, attento a dispensare il giusto rilievo alla figura e al lessico materni (un elemento persistente lungo
l'opera dell'autrice), non limita la sua osservazione al microcosmo familiare, ma fa della propria esperienza il prisma che
rimanda una serie di immagini e sententiae sulla vita e sugli altri volte a preservare il contingente, mettendolo in salvo in
una memoria condivisibile con i lettori.aratteristica tematica particolare dell'opera 9
ò
VITA
Oggetto di culto postumo per gli studiosi di letteratura americana, poetessa e musa emblematica di una stagione
letteraria cruciale, morta suicida nel 1963 a soli trentuno anni, Sylvia Plath è assurta a simbolo delle rivendicazioni
femministe del Novecento ed è stata una delle voci più potenti e limpide della letteratura del secolo scorso.
Sylvia Plath nasce il 27 ottobre 1932 a Jamaica Plain, un sobborgo di Boston. Il padre Otto Emil Plath, figlio di genitori
tedeschi, si trasferì in America a sedici anni per diventare in seguito uno stimato entomologo; la madre, Aurelia Schober,
apparteneva ad una famiglia austriaca emigrata nel Massachusetts, abituata in casa a parlare solo tedesco.
La carriera scolastica di Sylvia è assolutamente brillante e grazie ai suoi scritti, consegue molti premi. Uno di questi la
conduce a New-York ospite di un'importante rivista del tempo. La frenetica metropoli però ha su di lei effetti devastanti e
mina il suo già fragile equilibrio psichico. Non è difficile trovare nella sensibilità della poetessa gli effetti negativi
dell'impatto con la mondanità newyorkese: in quelle frequentazioni avvertiva il peso dell'ipocrisia della middle-class
americana, spesso adagiata su di un facile atteggiamento progressista, e il rientro a casa era sempre accompagnato da
gravi crisi. In quegli anni già si parla per Sylvia di cure psichiatriche, primi ricoveri in manicomio, tentati suicidi e
elettroshock.