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Sintesi
Introduzione Tesina sulla Distruzione Creatrice


La seguente tesina di maturità scientifica descrive il tema della distruzione creatrice. Partendo dall'analisi della crisi economica globale attuale, la tesina permette di effettuare dei collegamenti con le seguenti tematiche: la crisi del 1929 in Storia, in Italiano le Avanguardie e Pirandello, in Filosofia Karl Marx, in Latino l'Eta di Traiano, in Fisica il principio di conservazione dell'energia, in Geografia astronomica la morte e la nascita di una stella e infine in Inglese l'età vittoriana e Oscar Wilde.


Collegamenti

Tesina sulla Distruzione Creatrice


Storia - La crisi del 1929.
Italiano - Avanguardie e Pirandello.
Filosofia - Marx.
Latino - L'Età di Traiano.
Fisica - Il principio di Conservazione dell'energia.
Geografia astronomica - La morte e la nascita di una stella.
Inglese - L'età vittoriana e Wilde.
Estratto del documento

La Distruzione Creatrice

1. Superare la crisi del 2013 e accenni storici sulle sue origini

1.1 Il crollo dei mutui sub-prime

Dopo il terremoto finanziario che ha investito gli Stati Uniti, a causa della crisi dei mutui sub-prime,

e che si è propagato in tutto il mondo, anche in Italia si avvertono oggi forti segnali di crisi

economica. Non si tratta di un fatto nuovo. Sono alcuni decenni che il nostro Paese attraversa una

congiuntura economica difficile, principalmente a causa dell'ingente debito pubblico accumulato a

partire dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. E, tuttavia, attualmente la situazione sembra

essersi aggravata. Precarietà, licenziamenti, cassa integrazione, disoccupazione, famiglie in

difficoltà costituiscono ormai esperienza quotidiana per milioni di italiani.

La crisi è iniziata approssimativamente nella seconda metà del 2006, quando cominciò a sgonfiarsi

la bolla immobiliare statunitense e, contemporaneamente, molti possessori di mutui subprime

divennero insolventi a causa del rialzo dei tassi di interesse.

La crisi diventa palpabile nel febbraio-marzo 2007 e nel settembre-ottobre 2008, bimestre in cui

scompaiono le banche d'affari più note.

All'esplosione della crisi dei mutui subprime, ha fatto seguito la decisione di alcune banche di

"congelare" le quote dei propri fondi di investimento, sospendendone la compravendita per

impedirne un deprezzamento. In altri casi, i creditori hanno

dichiarato le loro insolvenze e vi sono stati casi di

fallimento, che hanno portato ad un calo dei titoli in Borsa

generalizzato nei vari settori. Questo è riconducibile al

ruolo del sistema creditizio per l'intera economia, al fatto

che in varie Borse i titoli bancari sono quelli a massima

capitalizzazione e più scambiati giornalmente, per cui un

loro calo pesa molto sull'indice complessivo di Borsa, al

fatto che l'insolvenza del creditore si ripercuote su tutti i

suoi debitori, con la difficoltà di rinnovare prestiti in

scadenza a tassi agevolati e a concedere dilazioni di 15 settembre 2007: file di risparmiatori davanti ad

pagamento, a molte industrie che hanno un debito che è un una sede della Northern Rock per ritirare i propri

depositi

multiplo del loro capitale sociale.

1.2 Ma, perché nasce la crisi economica?

Si parla di crisi finanziaria quando si forma un “gap tecnologico” tra il software e l'hardware,

ovvero l'uno, rappresentante il motore produttore di ricchezze, non è più compatibile con il

progresso evolutivo dell'altro, della società.

Il software è il “sapere e saper fare” che funge da trampolino di lancio per una ripresa finanziaria.

La società olistica, complessa e articolata del post-moderno è paragonabile, come suggerisce Piero

Angela, ad un ecosistema artificiale, fatto di produttori e consumatori, del quale non si ha una reale

consapevolezza e che può essere visto come l'insieme nel quale ritroviamo il software e l'hardware

all'impresa con la catena sociale-economica che collega ogni settore a quello precedente e al

successivo.

Per poter uscire da questa situazione bisogna, perciò, investire in quei settori che possano

permettere una rinascita economica.

E proprio per questo, la crisi economica, che sta mettendo in ginocchio l'Italia, nel quadro globale di

uno sviluppo senza occupazione, potrebbe costituire un'opportunità per rifondare la nostra

economia.

Sebbene proprio gli economisti rivelano ancora una volta che la loro disciplina è un'arte più che una

scienza esatta, proprio ad un economista, Joseph Schumpeter, dobbiamo il

concetto di “distruzione creatrice”. Secondo lo studioso tedesco l'economia

procede per crisi che vedono morire le imprese meno competitive ed

obsolete e trionfare le aziende competitive e innovative.

Secondo la visione di alcuni marxisti, le crisi economiche che si manifestano

periodicamente sono la logica e ineluttabile conseguenza del modo in cui è

organizzato e funziona il sistema capitalistico, affermatosi in Europa e poi

nel resto del mondo a partire dal XVIII secolo.

In effetti la crisi economica, che tormenta il mondo intero da sei anni e che

accenna qua e là a qualche miglioramento che dovrebbe farci sperare in una

prossima risoluzione definitiva, ha richiamato l'attenzione di tutti gli studiosi

Joseph Schumpeter dei due Continenti ed ha destato la preoccupazione di tutti gli uomini di

governo; se ne sono ricercate le cause, se n'é fatta l'analisi economica e politica, si è confrontata con

le crisi di altri tempi, se ne sono suggeriti i rimedi.

Il fenomeno è stato deplorato da alcuni sensi di disperazione e con la visione dolorosa che possa

prolungarsi per tutto il secolo; un vecchio agricoltore italiano, che fu pure un uomo politico, non ha

esitato ad affermare che anche le crisi sono provvidenziali, perché "esse sono lo scotto che l'umanità

deve pagare per progredire", ed ha aggiunto, da buon coltivatore, che, "come le arature estirpano la

gramigna e tutte le erbacce che infestano le colture redditizie, le crisi eliminano in buona parte i

parassiti, i faccendieri, gli inerti, gli arrivisti, i fanfaroni, affinché la buona sementa possa poi

germogliare feconda, e possa l'umanità, migliorata, procedere oltre, sul cammino segnato da Dio".

Esaminando la suddetta crisi e rifacendosi alle sue origini bisogna parlare dell'Ottobre 1929 quando

scoppiò la clamorosa perturbazione della Borsa di New York, che

sconvolse tutta la vita della grande repubblica e si diffuse nel mondo

intero. Essa portò immediatamente a chiusura di banche, a fallimenti

disastrosi di grosse industrie, a milioni di disoccupati, a marce di

affamati.

La Confederazione americana aveva adottato, nell'immediato

dopoguerra, una politica monetaria che doveva portarla fatalmente

alla crisi: assorbì ingenti quantità d'oro e, invece di utilizzare questa

merce preziosa in imprese produttive e in opere di rendimento, la

distribuì largamente in operazioni di prestito senza richiedere quelle

garanzie che costituiscono la base di sicurezza dell'economia

creditizia. Si ebbe, così, quella inflazione del credito che voleva avere

l'aspetto formale di una esuberante prosperità economica, e che era in

aperto contrasto con la politica monetaria deflazionistica esercitata

Crollo di Wall Street! sul mercato internazionale.

Che ne derivo? I prezzi all'ingrosso delle materie prime discesero sensibilmente, perché gli Stati

Uniti erano divenuti i dominatori del mercato mondiale, o tali si ritenevano, e tutti i paesi erano

legati al sistema monetario nord-americano del gold exchange standard; i prezzi al minuto sul

mercato interno, a causa della inflazione creditizia che metteva il denaro a disposizione di tutti,

erano saliti notevolmente. Si registravano alti profitti, alti dividendi, alti salari e, nella illusione che

questa condizione economica dovesse permanere, non si sentiva il peso dell'alto costo della vita.

Scoppiata la crisi di borsa, le banche americane, che sono gli organi del credito, si trovarono con le

casse piene di titoli, che erano stati loro consegnati in cambio dell'oro; le società industriali e

commerciali ebbero un arresto nel movimento degli affari, e le loro azioni diminuivano di valore; i

crediti concessi all'estero in misura insolita, specialmente in Germania, si erano congelati. E fu il

tracollo di imprese industriali e di banche.

Anche nella proprietà immobiliare urbana e rustica, si ebbero i sintomi gravi della crisi. Nelle città

si era diffuso il facile e comodo sistema di acquistare a credito la casa di abitazione, il quartiere di

ritrovo, il fabbricato per l'esercizio del commercio; in campagna si comprava la fattoria a credito; e

le banche, le società di assicurazione, altri istituti sovvenzionatori accendevano ipoteche sui

fabbricati e sulle fattorie. La crisi generò il malessere dovunque: stipendi e salari ridotti o cessati,

guadagni venuti meno, i prezzi delle derrate agricole avviliti resero tutti i debitori morosi, e le

banche furono costrette alle esecuzioni immobiliari.

In tutte le classi sociali si ebbe la distruzione di patrimoni, milioni di lavoratori furono gettati sul

lastrico. In quell'immenso mercato si era sognata la vetta del benessere e si precipitò nel baratro del

disordine economico.

Le prime conseguenze si riscontrarono nel movimento commerciale d'esportazione. Gli Stati Uniti

erano divenuti fornitori dei mercati di tutto il mondo; tutta questa esportazione si contrasse subito,

anche perché la Confederazione Americana credette di poter risolvere la crisi adottando un

provvedimento che si è concretato in un grossolano errore: elevò con le tariffe proibitive, una

muraglia doganale quasi insormontabile per porre un freno all'importazione delle merci, e questo

provocò una legittima reazione nei vari paesi importatori delle merci americane. La riduzione della

esportazione, per un paese che ha un eccesso di produzione, diventa una stasi della produzione, e la

crisi, che si credeva di poter attenuare, si aggrava, trascinando nella marea limacciosa le correnti più

torbide di tutti gli altri paesi.

La tragica crisi, che travaglia tutta quanta l'umanità, per quanto si possa considerare sui generis,

presenta qualche carattere di somiglianza con le crisi anteriori. E' stato dimostrato che, da quasi un

secolo e mezzo, le grandi crisi si ripetono a periodi regolari di tempo, oscillanti intorno al decennio.

Jevons disegnò questa serie di crisi scoppiate nel secolo scorso: 1815, 1825, 1836, 1847, 1857,

1866, 1874; e noi possiamo completare la serie con queste altre: 1883-85, 1890-92, 1900.01. 1907-

08, 1914, 1920.21, 1929.... Come si vede, la crisi attuale è un anello di una grande catena: assume

una forma titanica di spessore, ma è una fase di un ciclo.

Non è superfluo accennare ad un confronto con la crisi del 1920-21. La guerra aveva arrestato gli

scambi e creato dei monopoli di approvvigionamenti; il brusco ritorno all'economia di pace

rovesciava questa forzata costituzione dei mercati isolati, e si ebbe la crisi che culminò nel 1921. A

questi fattori economici dobbiamo aggiungere la depressione fisica e psichica degli individui, il

disordine degli spiriti, che noi ritroviamo nel periodo finale della guerra e all'indomani

dell'armistizio in tutte le categorie sociali: è un malessere comune, generato dalle fatiche, dalle

privazioni, dalle sofferenze dell'immane conflitto, aggravato dal fatto di una alimentazione

insufficiente e da cattive condizioni igieniche generali. Dopo la guerra, nei paesi più profondamente

provati è stata accompagnata da fenomeni specifici: nella classe operaia si rileva un disgusto del

lavoro, la ripugnanza a chiudersi dentro una officina, la diffidenza verso il padrone, la brama quasi

irrequieta di spendere tutto il salario; nella classe industriale e commerciale si afferma un bisogno

sempre più acuto, quasi furioso, di guadagnare molto denaro, di speculare, d'interporsi come

intermediari lautamente retribuiti fra il produttore e il consumatore, esagerando l'altezza dei prezzi

senza misura né pudore.

Le origini della Grande Crisi sono riscontrabili, perciò, nel periodo del primo dopoguerra e da

questo è andata evolvendosi alternando riprese e cadute.

La guerra spaventosa del 1914-1918 ha veramente sconvolto il mondo intero, modificandone la

struttura economica; l'Europa ne è stata particolarmente colpita per una immane distruzione di

ricchezza: molte industrie hanno dovuto mutare l'attività per la quale si erano sviluppate allo scopo

di provvedere il materiale richiesto dalla guerra; il sistema monetario ha subito la fatale

sregolatezza, obbedendo alla legge disordinata dell'inflazione e contribuendo a moltiplicare i debito

pubblici di tutti gli Stati.

Da Adam Smith in poi tutti gli economisti si sono occupati di questo rapporto fra la guerra e la

depressione economica. E' stato, però, anche osservato che subito dopo le guerre si manifesta

sempre una forte attività per riparare il materiale, ma qualche anno più tardi questa attività subisce

un rilassamento.

Ecco perché dopo la guerra mondiale del 1914-18 si è avuta una crisi parziale nel 1920-21, un

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