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Sintesi
Latino: Quintiliano;

Filosofia: Karl Marx (il materialismo storico);

Italiano: Giovanni Verga (ciclo dei vinti);

Storia dell'Arte: Art Nouveau, Gustave Klimt;

Inglese: Charles Dickens (Hard Times);

Geografia Astronomica: i terremoti;

Storia: I Roaring Twenties, la grande crisi del '29.
Estratto del documento

LICEO SCIENTIFICO STATALE “ROSARIO LIVATINO”

NAPOLI

ESAME DI MATURITA’ - ANNO SCOLASTICO 2011/2012

Lavoro di approfondimento per l’esame di maturità:

IL DIO DENARO

di Nappo Geremia

Classe V C

INTRODUZIONE

Non solo l’arte ha sempre accolto aspetti diversi del mondo dell’economia, in

quanto causa di dinamiche sociali, ma anche scrittori e filosofi hanno dato spazio,

nella loro produzione, a considerazioni riguardo alla natura del denaro. Il denaro

rientra in speculazioni più o meno sistematiche già da Socrate, e con lo scandalo

della sofistica si fa ancora più evidente.

In economia le diverse scuole di pensiero sono espressione di culture, gli agenti

economici vivono e prendono

decisioni all'interno di un

ambiente culturale e la cultura

ha un ruolo importante sul corso

della storia economica. Ma è

anche vero il contrario: le

relazioni e i processi culturali

esistono all'interno di un

ambiente economico e possono

essere interpretati in termini

economici. Esiste dunque una

profonda relazione tra economia

e cultura che si fonda sul

concetto di valore: le due

nozioni parallele di valore

economico e valore culturale

diventano così i principi

sottostanti l'integrazione di due

campi di studio apparentemente

distanti. Nella società di massa

la logica economica è diventata

la mentalità che orienta i rapporti sociali, uniforma il senso comune, emargina la

Ultima scena del Paradiso di Dante rivisitata in chiave

contemporanea

morale e ogni forma di solidarietà.

Compito del mio lavoro di approfondimento è dimostrare come, già dall’antichità

ma soprattutto in età contemporanea, il denaro muove il mondo. Credo sia triste,

per non dire “tragico”, che molti aspetti della cultura siano vittima di una così

grande influenza del Dio Denaro, soffocando una creazione più libera e genuina,

indirizzata a valori più semplici e, per questo, autentici. La lotta di

Quando il denaro Quintiliano

corrompe la contro la

cultura corruzione

dell'eloquenza

Quando il denaro

influenza le forze Il materialismo

motrici della storico di Marx

storia Il mito del

denaro e del

Quando il denaro successo nel

penetra le menti ciclo de "I Vinti"

di Verga

Quando il denaro L'Art Nouveau e

IL DIO DENARO si fa arte e Gustave Klimt

viceversa

Quando il denaro La critica di

crea divisioni Dickens

irreparabili all'educazione

Quando il denaro

origina tragedie e I Terremoti

viceversa I Roaring

Quando il denaro Twenties la

e

manca e spiana la grande crisi del

strada alla guerra '29

Quando il denaro corrompe la cultura

1.

LA LOTTA DI QUINTILIANO CONTRO LA CORRUZIONE DELL’ELOQUENZA

Non è difficile trovare nell’antichità un caso eclatante di corruzione. Fin dalle

strutture sociali più antiche, alcune pratiche ricattatorie o nepotistiche hanno

sempre avuto largo uso e sono entrate di diritto nel costume di un popolo. Non si

esime da questo triste primato il popolo romano, di cui numerosissimi autori

hanno declamato l’ignavia e l’asservimento, nonché l’attaccamento ai beni

materiali. I Romani non potevano contare su altro che sull’educazione, unica via

di salvezza ed elevazione secondo Marco Fabio Quintiliano, nato in Spanga nel 35

d.C., avvocato e primo insegnante finanziato dallo Stato per iniziativa di

Vespasiano, che va ricordato per la sua opera di denuncia e, al tempo stesso, di

impegno diretto: l’Institutio Oratoria. Questa è un trattato didascalico in dodici

libri, dedicato a Vitorio Marcello, personaggio eminente alla corte di Domiziano, in

cui l’autore delinea la formazione dell’oratore a partire dall’infanzia e tratta di

tutti i problemi e gli argomenti riguardanti la

retorica e l’oratoria. Come Cicerone, egli considera

la retorica una scienza che non si limita a fornire

competenze tecniche, ma mira a formare il

cittadino e l’uomo moralmente esemplare.

Quintiliano affronta il problema del rapporto tra

retorica e filosofia: polemizza l’ambizione dei

filosofi di riservare a sé l’educazione dei giovani e

afferma che la filosofia non è altro che una delle

tante scienze che contribuiscono alla cultura

enciclopedica dell’oratore. Ben poco ciceroniana è

l’ostilità di Quintiliano verso i filosofi

contemporanei, sui quali egli esprime giudizi

molto severi, ed è da inquadrare nell’appoggio

alla politica degli imperatori flavi, specialmente di

Domiziano, promotore di ben due espulsioni

consecutive di filosofi da Roma. Il I libro contiene

svariati precetti pedagogici, la convinzione che si

debbano assecondare le inclinazioni dei fanciulli,

evitare le punizioni corporali e che la scuola

Marco Fabio Quintiliano (35/95) pubblica sia nettamente superiore a quella

privata, poiché suscita nei piccoli l'attitudine alla vita sociale e crea competizione

e amicizie. Nel II libro è discusso lo studio della grammatica e gli autori e gli

esercizi da proporre ai principianti. Dal III al XI libro troviamo le cinque parti

l’inventio,

fondamentali della retorica ovvero il reperimento degli argomenti, la

dispositio, elocutio,

l’ordine da assegnare agli argomenti all’interno del discorso, l’

memoria,

lo stile oratorio e l’utilizzo di figure retoriche, la l’insieme delle tecniche

actio,

per memorizzare ciò che si deve dire, l’ dizione e gesti; i tre generi di

deliberativo, epidittico, giudiziario; docére,

discorsi: i tre compiti dell’oratore:

movére, delectare. Nel XII libro l’autore delinea infine la figura del perfetto

oratore, le cui doti fondamentali sono l’onestà e l’incorruttibilità, con

“vir bonus dicendi peritus”,

l’espressione ciceroniana cioè colui che è libero dai

vizi e sa anteporre sempre il bene pubblico a quello privato, preoccupandosi

dell’utilità comune, e che sa essere un fedele collaboratore del principe: una

figura, quindi, che deve essere nota per la sua integrità.

In sintesi nell’lnstitutio

oratoria Quintiliano, citando

numerose fonti greche e

latine, indica le cause della

decadenza dell’oratoria in

fattori tecnici, come la

carenza di buoni insegnanti e

l’eccessivo spazio dato nella

scuola ad argomenti fittizi e

lontani dalla vita reale (le

Controversiae Suasoriae),

e le

capaci di rimbecillire la

gioventù, e morali, la

degenerazione dei costumi, e

individua in Cicerone il

culmine dell’oratoria romana

e il modello insuperato, a cui

si deve far ritorno, mentre

fortemente negativo è il

giudizio espresso su Seneca,

visto come il principale

esempio del corrotto stile

moderno, il cui difetto

principale consiste nella

mancanza del senso della

misura, dovuta alla ricerca

sfrenata del consenso da

Institutio Oratoria

parte del pubblico. Vi è inoltre in Quintiliano l’assoluta mancanza di prospettiva

storica, che lo induce a riproporre modelli di eloquenza dell’età repubblicana

come se fossero ancora attuali e nulla fosse cambiato dai tempi di Cicerone. Per

quanto riguarda lo stile vi è un abbondante uso di figure retoriche, le differenze

rispetto a Cicerone si notano nella sintassi meno ampia e più variata e nella

ricerca di una maggiore incisività.

Quando il denaro influenza le forze motrici della storia

2.

IL MATERIALISMO STORICO DI MARX

Per meglio contestualizzare alcune prove fondamentali della mia tesi, si fa ora un

gran salto temporale. Arriviamo all’età contemporanea che, a mio parere,

supporta la mia tesi con avvenimenti e ideologie che non possono sottrarsi

all’interpretazione economica. Fondamentale, senza ombra di dubbio, è la

speculazione di Karl Marx, che si pone come un’analisi globale della società e

della storia. “Per la critica dell'economia politica” (1859) “Salario,

Nella prefazione a e in

prezzo e profitto” (1865) Marx espone la sua lettura in chiave materialistica della

storia, questo poiché, secondo il filosofo, gli ordinamenti statali e i vincoli legali

non possono essere spiegati soltanto con lo

sviluppo generale dello spirito umano, ma

bisogna piuttosto risalire alle condizioni

materiali di vita e di produzione. In sostanza

nella produzione gli uomini costruiscono un

insieme di relazioni che sono la vera struttura

della società. La storia, per chi la sappia

ideologie

guardare con occhi sgombri da (cioè

falsi sistemi di pensiero), non è che

l'evoluzione di queste strutture economiche.

Marx distingue in pratica mezzi di produzione e

rapporti di produzione. I mezzi di produzione

sono le forze produttive, ossia i lavoratori e

tutto l’appararo di conoscenze scientifiche e

tecnologiche che muovono il mondo del lavoro.

l rapporti di produzione sono i rapporti

giuridici, quelli che regolano la proprietà delle

forze produttive e la distribuzione di ciò che

Karl Marx (1818/1883) viene prodotto. Insieme originano i modi di

produzione ed ogni epoca storica è caratterizzata da un particolare modo di

produzione: è questa quindi quella che Marx chiama la vera struttura della storia.

Tutto il resto (diritto, religione, cultura, arte ecc.) non sono altro che

sovrastrutture. L'economia è il vero motore della storia, tutto parte da essa.

Questo é anche un materialismo dialettico, poiché la storia è mossa dalla

dialettica bisogno-soddisfacimento del bisogno, e riconosce ad Hegel il merito di

aver riconosciuto che la dialettica è la legge stessa della storia, tuttavia Marx

rovescia la dialettica hegeliana in quanto ritiene che il primo momento di questo

processo è il momento reale, che nella dialettica hegeliana è invece il secondo. La

storía è sempre storia del conflitto di classe, poiché si crea un conflitto tra le forze

di produzione e rapporti di produzione dove le forze di produzione non

riconoscono più i rapporti di produzione, portando al superamento di quella

determinata epoca storica.

Quando il denaro penetra le menti

3.

IL MITO DEL DENARO E DEL SUCCESSO NEL CICLO DE “I VINTI” DI VERGA

Non molti anni dopo la pubblicazione delle opere di Marx a sostegno della mia

tesi, anche nella letteratura nostrana si affaccia la componente economica.

Giovanni Verga vive in un’Italia che deve fare i conti con i gravi problemi

economici e politici della neonata nazione. Ciò si riversa prima nel suo pensiero

ma, ancor più esplicitamente, nell’intenzione di scrivere il celeberrimo ciclo de “I

Vinti”. Nella prefazione a “I Malavoglia”, primo

romanzo del ciclo, chiarisce il movente della

narrazione ed i presupposti ideologici, culturali

ed artistici che lo spingono a questo tipo di

creazione. Non risulta difficile cogliere che lo

scopo del narratore è quello di far conoscere

le condizioni sociali di un’intera comunità,

studiando appunto come, in determinati

socio-economici,

contesti la vita dei singoli e

dei gruppi sociali sia rigidamente condizionata

dal mito del denaro e del successo. Verga ci

presenta tipici casi di vita, che nella

prefazione all'Amante di Gramigna (una delle

novelle di “Vita dei campi”) aveva definito

documento umano. Egli intende studiare

come, in un'epoca di generale progresso, in

cui il miraggio del benessere è più pressante,

agisca una dirompente aspirazione al

cambiamento. I Malavoglia, piccola famiglia di

pescatori, in rovina economica dopo il

Giovanni Verga (1840/1893) naufragio della loro barca, incarnano appunto

la prima forma di lotta per il miglioramento. Ma la loro finisce per essere

unicamente lotta per la sopravvivenza e per i bisogni materiali (la casa, il cibo...)

in quanto il dissesto economico della famiglia li impegna strenuamente nella

semplice conservazione di quanto resta o al massimo nel riscatto di quanto

perduto. Un caso emblematico per la mia tesi è il funerale di Bastianazzo, morto

nel naufragio: il paese partecipa con una forma di solidarietà più formale che

spontanea; la loro attenzione, anzi vera e propria critica, è tutta concentrata sulla

disgrazia economica piuttosto che umana. Il dolore immenso della famiglia viene

filtrato dalla logica affaristica dei compaesani: la reale etica del paese è

economica. Il denaro, forse complice il progresso, ha del tutto invaso le loro

menti. E ciò non esclude neanche gli altri ceti.

Una volta soddisfatti i bisogni materiali la ricerca diviene avidità di ricchezze e si

incarnerà in una figura borghese: "Mastro-don Gesualdo". Poi diventerà vanità

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