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Arte: Edgar Degas (Lezione di ballo), Henri Matisse (La danza);
Italiano: Giovanni Verga (Eva);
Fisica: le pirouettese, il movimento angolare, la rotazione;
Storia: storia della danza moderna;
Latino: Apuleio (Le metamorfosi);
Inglese: Emily Dickinson (The dance).
la grande rivoluzione artistica della danza moderna
.......................................................................... 17
La danza ne “Le Metamorfosi”......................................................................................................23
Emily Dickinson and the dance
.......................................................................................................... 25
First Quatrain: “I cannot dance upon my Toes”:......................................................................26
4
I
NTRODUZIONE
La danza è sempre stata uno dei miei più grandi interessi: ho iniziato a frequentare lezioni di
danza moderna all’età di sei anni e ho portato avanti questa mia passione fino a tre anni fa quando
sfortunatamente ho dovuto smettere per un problema al ginocchio. Il periodo in cui ho frequentato
effettivamente corsi di danza è durato quindi circa nove anni: la mia tecnica è andata migliorando
con il tempo e con lei cresceva di anno in anno la consapevolezza di quanto fosse importante per
me ballare. Se da una parte la danza mi sembrava il momento in cui il mio corpo raggiungeva la
massima armonia e il massimo equilibro, dall’altra era il mezzo con il quale riuscivo a scaricare le
mie tensioni, a rendere chiare e nitide le mie emozioni, a sprigionare quel qualcosa dentro di me
che non sempre le parole riuscivano ad esprimere. Nonostante abbia dovuto interrompere
temporaneamente i miei studi di danza, essa è ormai per me qualcosa di irrinunciabile, fa parte
della mia vita: non passa giorno in cui io non dedichi almeno un po’ di tempo per inventarmi e
provare qualche passo di danza. Ho voluto cogliere l’occasione offerta dalla tesina per
approfondire la mia conoscenza su questa disciplina: ho così scoperto la sua storia e i
cambiamenti rilevanti dalla danza classica alla danza moderna e l’ho affrontata sia da un punto di
vista più pratico (analizzando la tecnica delle pirouettes e dei giri) sia da un punto di vista più
“emotivo”, osservando ad esempio quell’armonia della danza di cui parla Nietzche ne “La nascita
della tragedia” e che traspare dal famoso quadro “La danza” di Matisse. Nel ballo coesistono
quindi la disciplina di regole molto precise e la possibilità di dare grande spazio alla creatività. Il
romanzo di uno scrittore, il quadro di un pittore, la poesia di una poetessa, il pensiero di un
filosofo, il cammino dell’ uomo verso la civiltà nascono sempre dall’ equilibrio tra regole e
fantasia.
“La prima volta che ho danzato è stato nell’utero di mia madre”. Così scrisse Isadora Duncan,
una delle madri della modern dance nella sua autobiografia, senza distaccarsi troppo dalla realtà,
visto che recenti studi affermano che il bambino, all’interno dell’utero materno, si muove
seguendo il ritmo scandito dal battito cardiaco della madre. Ma non servono studi scientifici per
capire che la danza è un qualcosa di istintivo, che scorre nelle vene di ogni essere umano dalle sue
origini fino ai giorni nostri, da prima di nascere fino alla morte. 5
NIETZSCHE E LA DANZA
“Solo nella danza io so parlare i simboli delle cose più alte.”
“Tra Dio e il mondo, la danza “
!
“Potrei credere solo a un Dio che sapesse danzare.”
Una parte importante della filosofia di Nietzsche ne “La nascita della
tragedia” è la teoria dell’esistenza di uno spirito apollineo e di uno spirito
dionisiaco. L’uomo in tutti questi secoli ha represso lo spirito dionisiaco
perché simbolo degli istinti e delle passioni senza rendersi conto che dire Friedrich Nietzsche, 1844-
1900
di no ad esso significava dire no alla vita. E’ proprio in questa parte del
pensiero niciano che la danza assume grande importanza.
Nell’antica Grecia i culti in onore di Dioniso erano accompagnati da danze estatiche in cui l’uomo
si univa al dio, come succedeva alle menadi, le donne possedute dagli dei che correvano a danzare
nei boschi. In queste situazioni l’uomo possedeva un’“eccedenza di sentimento” che esprimeva
tramite il pensiero o attraverso l’armonico connubio tra il gesto (la danza) e il suono (la musica) che
diventavano pura volontà e accrescevano il piacere dell’esistere. E’ quindi dalla “concezione
dionisiaca” della danza che Nietzsche formula il suo pensiero su di essa senza però dimenticare la
componente apollinea, in quanto è grazie alla compresenza dei due spiriti che l’uomo acquisisce
quel “di più di forza” che gli permette di danzare. Il filosofo tedesco ammette infatti di credere
solamente in un dio che sappia danzare e che le Verità non vanno scritte con la testa ma attraverso il
passo danzante di Dioniso (“...verità fatte con i nostri piedi, verità che si possono danzare.”).
Il pensiero di Nietzsche era sicuramente innovativo in quanto prima di lui tutto ciò che era vero e
divino si trovava fuori dall’uomo e l’unica parte importante dell’essere umano era l’anima. Il corpo
era quasi demonizzato, qualcosa di negativo ed era proprio per questo che, soprattutto per quanto
riguarda la religione cristiana, tutto ciò che riguardava il corpo e le sue movenze come la danza era
considerato impuro e diabolico. Con Nietzsche ciò non avviene più, si ha il superamento del
dualismo corpo-anima (“...ma il risvegliato e il sapiente dice: corpo io sono in tutto e per tutto e
anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del
corpo.”) proprio attraverso la danza, in quanto mentre l’uomo balla
queste due parti si uniscono, diventano un tutt’uno che dona
all’uomo la capacità di andare oltre, di diventare l’uomo
dell’oltre.
E quindi solo colui che danza può elevarsi fino a Dio, sciogliersi in
quel flusso della vita da cui si era separato abbandonando Dioniso, esprimere contemporaneamente
6
l’appartenenza al cielo e alla terra e perciò afferrare pienamente il mondo (“Vi scongiuro, o
fratelli, siate fedeli alla terra”).
Proprio seguendo la filosofia di Nietzsche sembra essersi sviluppata la danza moderna di Isadora
Duncan prima e Martha Graham poi: la danza si libera dai “dogmi” del balletto classico e dalle
scarpette da punta (che servivano alla danzatrice per allontanarsi dalla terra) riacquistando la fedeltà
alla terra di cui parlava il filosofo per diventare espressione dell’anima .
Culti dionisiaci 7
Q :
UADRI A CONFRONTO
“L ” D “L ” M
A LEZIONE DI BALLO DI EGAS E A DANZA DI ATISSE
Edgar Degas, La lezione di ballo, 1873-75. Musée D’Orsay, Parigi
L’opera “La lezione di ballo”( uno dei primi quadri che Degas dedicò alle danzatrici e dipinto a
cavallo della prima esposizione impressionista nello studio di Nadar del 1974) mostra un gruppo di
giovani ballerine mentre partecipano alla lezione del loro anziano maestro: una ragazza sta
provando dei passi di danza sotto l’occhio vigile dell’ insegnante, mentre le altre aspettano il
proprio turno. Le danzatrici sono disposte a semicerchio all’interno di uno spazio progressivamente
scorciato ( il taglio è infatti fotografico, alcune figure sembrano fuoriuscire dall’inquadratura) e le
linee di fuga sono accentuate dalle congiunture del parquet. I gesti delle ballerine sono ben osservati
e l’atmosfera è rilassata( del resto egli voleva dipingere i suoi personaggi “come se li si guardasse
dal buco della serratura”): quella di spalle sul pianoforte si gratta la schiena, quella con il ventaglio
si sta facendo aria, una si accomoda l’orecchino, l’altra l’acconciatura, una ride, una parla con la
compagna. La luce del dipinto è morbida e chiara: il tono neutro del parquet e delle pareti dà
all’insieme un senso di quieto realismo. L’opera non è del tutto impressionista: Degas non rifiuta
il disegno ( si veda la figura del maestro) né l’uso del bianco e del nero ( si notino i tutù e i
nastrini al collo delle ballerine). 8
Il dipinto di Matisse del 1909-1910
ritrae cinque figure femminili
semplici che si tengono per mano e
procedono a girotondo, delineate
da una pennellata molto marcata
e linee curve. Per questo dipinto
prese spunto da una sua opera
precedente, “La gioia di vivere”:
essa raffigurava una spiaggia con
in fondo sei danzatrici che
giravano intorno. Nella danza le
figure sono 5 e sono messe più in
evidenza, sono più grandi. L’opera
è dipinta essenzialmente con colori
Henri Matisse, La danza, 1909-1910. Museum of Modern Art, New York primari ed è assente il chiaro scuro.
Si tratta di campiture piatte e bidimensionali di colore, anche se l’accensione cromatica è forte. I
colori usati sono solamente tre: il blu, il rosso e il verde permettono di percepire immediatamente la
composizione distinguendone nettamente ogni elemento e creano una spazialità ideale, non certo
imitativa del reale. Diversamente da Degas, qui l’artista non descrive un fatto ma il prorompere
inarrestabile della vita, l’eterno movimento sebbene lo renda con grande precisione. Matisse
sogna un’arte equilibrata, pura, tranquilla.
Le due opere sono entrambe molto precise e i colori usati dai due pittori sono molto diversi. Matisse
apparteneva allo Fauvismo che segnò la prima vera rottura con l’Impressionismo. Il movimento
sosteneva l’utilizzo di un colore interiore delle cose in relazione all’idea che l’arte non dovesse
essere una semplice imitazione del reale, ma avesse una propria funzione creatrice. I fauvisti
dipingevano in relazione al proprio sentire, non all’impressione. Se nell’opera di Degas si denota il
disegno prospettico del pavimento, il dipinto di Matisse appare puramente bidimensionale.
Entrambi i pittori si dedicarono allo studio sulla danza; Degas aveva composto numerose tele sulle
ballerine in quanto erano una serie che riusciva a vendere bene. Esse gli
ispirarono anche diverse sculture alle quali si dedicò con lo stesso rigore e
disciplina riservati per la pittura. A questo proposito esemplare è la scultura
“Piccola danzatrice di quattordici anni”: il bronzetto rappresenta una figura
stante nella tipica postura di attesa delle ballerine. La figura dell'adolescente
che si mette in posa per sostenere un passo di danza può essere vista come la
ragazzina che trepidante entra nel mondo adulto, alludendo ai tanti problemi e
pericoli che esso porta con sé. Degas non cerca di creare l'illusione di un
corpo perfetto, quanto di un corpo malato, minato da una peste interiore e
dalla corruzione del vizio, che immancabilmente traspare anche nel corpo:
“…Raffigura dunque una donna morta interiormente, lancia un giudizio
senza appello e un monito moralistico attraverso quel corpo così malato…". I
Edgar Degas, Piccola critici non si lasciarono trarre in inganno: l'opera fu violentemente accusata
danzatrice di per il modo bestiale in cui veniva presentata la ragazzina sul cui viso "tutti i
quattordici anni, 1921- vizi imprimevano le loro detestabili promesse, segno di un'indole
1931. Musée d’Orsay,
Parigi. particolarmente dissoluta". 9
G V : “E ”
IOVANNI ERGA IL ROMANZO VA
La vicenda del romanzo narra di un giovane siciliano, Enrico Lanti, giunto a Firenze per cercare
fortuna come artista. Qui conosce una ballerina di varietà bella e fascinosa, Eva, e se ne innamora.
Essa guadagna col suo lavoro di ballerina il lusso che è indispensabile cornice al suo fascino. La
donna, sincera e matura, sa bene che la sua attrazione è legata alla seduzione del palcoscenico, agli
artifici dello sfarzo e dello spettacolo teatrale e vorrebbe intrecciare con lui solo una storia breve e
senza impegni. Lanti però crede ancora all’ideale romantico dell’amore eterno e la convince a
lasciare il teatro e a vivere con lui in miseria in una soffitta. Lungi dagli splendori tra cui Enrico l'ha
conosciuta, Eva s'accorge presto d'aver perduto ogni fascino per l'amante, e allora lo lascia: i
bisogni materiali della vita quotidiana sopraffanno l’amore e la vanità dell’idealismo romantico.
Lanti riesce a trovare la sua strada e raggiunge il successo artistico solo adeguandosi al gusto falso e
volgare del pubblico. Quando incontra nuovamente Eva, vorrebbe indurla a riprendere la relazione