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Sintesi

La xenofobia italiana di oggi dimentica che l'Italia è stata terra di emigranti. Caratteri dell'emigrazione italiana in America, discriminazione e razzismo, ma anche partecipazione al melting-pot culturale. La narrativa di J. Fante.

Materie trattate: Storia, letteratura, filosofia.

Estratto del documento

periodo 1906-1910 furono complessivamente 3.256.000, e nel

periodo 1911-1915 ne partirono altri 2.743.000).

Emigrazione italiana per regione 1876-1900, 1901-1915 1

0F

Piemonte 709.076 13,5 831.088 9,5

Lombardia 519.100 9,9 823.695 9,4

Veneto 940.711 17,9 882.082 10,1

Friuli V.G. 847.072 16,1 560.721 6,4

Liguria 117.941 2,2 105.215 1,2

Emilia 220.745 4,2 469.430 5,4

Toscana 290.111 5,5 473.045 5.4

Umbria 8.866 0,15 155.674 1,8

Marche 70.050 1,3 320.107 3,7

Lazio 15.830 0,3 189.225 2,2

Abruzzo 109.038 2,1 486.518 5,5

Molise 136.355 2,6 171.680 2,0

Campania 520.791 9,9 955.188 10,9

Puglia 50.282 1,0 332.615 3,8

Basilicata 191.433 3,6 194.260 2,2

Calabria 275.926 5,2 603.105 6,9

Sicilia 226.449 4,3 1.126.513 12,8

Totale espatri 5.257.911 100,0 8.769.749 100,0

Lo scoppio della guerra europea, nel 1914, interruppe il

movimento migratorio, ma al termine del conflitto con la crisi

della produzione bellica, la corrente migratoria riprese il suo

moto, tanto che nel 1920 emigrarono 614.611 italiani, e dal

Rielaborazione dati Istat in G. ROSOLI, 1978.

Un secolo di emigrazione italiana 1876-1976,Roma,

1 3

1921 al 1930 il totale fu di 2.577.000. (In dieci anni l'Italia

perse una popolazione superiore a quella dell'intero Lazio -

2.385.000 ab.).

Nel 1927 gli Italiani all'estero erano già 9.163.367, così divisi:

7.674.583 in America; 1.267.841 in Europa; 188.702 in Africa;

27.567 in Australia e Oceania; 9.674 in Asia. Il numero

maggiore si registra negli Stati Uniti d'America con la cifra di

3.706.000 di italiani. Nella sola città di New York vivevano

1.070.355 nostri connazionali.

Il motivo della scelta delle Americhe come meta privilegiata dei

nostri emigranti sta nel fatto che gli Stati Uniti erano nel pieno

dell'avvio del loro sviluppo capitalistico; le navi portavano

merci in Europa e ritornavano cariche di emigranti. I costi delle

navi per l'America erano perciò spesso inferiori a quelli dei

treni per il Nord Europa.

Dal 1931 le cose mutarono aspetto: sia perché gli Stati Uniti

limitarono il numero degli stranieri ammessi, sia perché il

Governo Fascista frenò e disciplinò il movimento migratorio.

Dopo la seconda guerra mondiale, dal 1946 fino al 1971,

l'emigrazione è nuovamente ripresa con ritmo assai intenso

con 1.128.000 di emigranti nel periodo 1946-1950; 1.366.000

nel periodo 1951-1955; 1.739.000 nel periodo 1956-1960;

1.556.000 nel periodo 1961-1965; e di 1.076.000 dal 1966 al

1970. Si calcola che in 25 anni siano emigrati ben 5.737.000

italiani. 4

Le cause dell’emigrazione

Le motivazioni di questo fenomeno nel corso degli anni sono

state di vario genere. Dalle condizioni arretrate delle

campagne italiane, alla crisi agraria che portò alla

proletarizzazione di una grande massa di persone,

all’aggravarsi delle imposte. Inoltre alcuni fatti determinarono

le condizioni favorenti l’esodo, per esempio il terremoto del

1908 e in maggior misura le guerre.

Sono state messe in evidenza anche le caratteristiche peculiari

dello sviluppo del capitalismo italiano, che, a differenza di altri

paesi, fu connotato al suo esordio da una bassissima

utilizzazione della forza lavoro disponibile. La ragione di ciò

sembra stare nel fatto che il capitalismo in Italia conservò al

suo interno elementi ereditati da forme economiche precedenti

(latifondo, rendita fondiaria urbana e rurale, parassitismo

amministrativo) e lo sviluppo industriale, privilegiò

l’esportazione in paesi più ricchi dei beni di consumo prodotti,

mantenendo limitato il mercato interno e l’occupazione

calibrata ad esso. L’emigrazione all’estero della forza lavoro

eccedente è stata interpretata come un modo per controllare

le tensioni sociali. 2

1F

Tutto questo senza dimenticare il sempre più profondo divario

che si andava realizzando tra nord e sud. Infatti vediamo che

le quote di emigrazione per regione, a partire dal periodo del

protezionismo, vedono un incremento continuo delle aree

meridionali del paese, mentre al nord si assiste ad una sempre

T. ISENBURG in Storia d’Italia, vol.6, pag. 731, Torino 1980

L’emigrazione,

2 5

maggiore urbanizzazione verso la pianura padana a scapito

delle aree montuose e della bassa montagna .

3

2F

Sembra quasi una contraddizione, ma il fenomeno migratorio

italiano, nella sua rilevanza, è stato anche un aspetto

favorente l’industrializzazione italiana, quasi una sorta di

“arma segreta”.

Infatti: “i risparmi inviati in patria da migliaia e migliaia di

italiani costretti a cercarsi altrove un pezzo di pane,

contribuirono in maniera tutt’altro che marginale all’equilibrio

dei conti con l’estero” : nel periodo tra il 1901 e il 1913, le

4

3F

rimesse degli emigranti in Argentina e negli Stati Uniti

registrarono un gettito attivo di 12.291 milioni contro un deficit

commerciale di 10.230 milioni.

Inoltre gli italiani all’estero costituivano un buon filo conduttore

per il commercio di esportazione oltremare e spesso pagavano

anche le imposte fondiarie in patria, dimostrando un notevole

attaccamento alle proprie radici .

5

4F

Le tappe dell’emigrazione

Imbarcarsi su una nave in quel periodo era proprio come fare

un salto nel buio. La povera gente che si allontanava dalle

proprie case, infatti, non aveva assolutamente idea di quale

fosse il proprio destino. La maggior parte usava i propri ultimi

risparmi per il biglietto navale e non aveva che vaghe

informazioni di ciò che avrebbe trovato in America.

V. CASTELNUOVO, in Storia d’Italia, vol 4*, pag.146, Torino 1980

La storia economica,

3 Ibidem, pag. 149

4 Ibidem,

5 6

In Italia la prima legge sull’emigrazione fu emanata nel 1901,

prima di questa data, e in parte anche dopo, gli emigranti

erano preda degli “accaparratori”. Questi speculatori facevano

un’intensa propaganda con magnifiche promesse di viaggio,

alloggio e lavoro per fornire manodopera a imprenditori

transoceanici, dietro un compenso di “un tanto a testa” .

6

5F

Spesso erano invitati a firmare i “contratti in bianco” che

mettevano la loro persona e il loro lavoro nelle mani di un

padrone qualunque.

A questo proposito è interessante vedere la relazione

“L’immigrazione italiana negli Stati Uniti dell’America del Nord

dal 1820 al 1910” di G. Di Palma di Castiglione pubblicata nel

Bollettino dell’emigrazione del 1913, dove si rileva che:

- “più dei quattro quinti dei nostri immigranti negli Stati Uniti

sono caratterizzati quali meridionali, (…) le autorità americane

comprendono in questa in questa categoria tutti gli italiani che

non sono nati nei compartimenti del Piemonte, della Lombardia

e del Veneto.

- gli analfabeti al di sopra dei quattordici anni, solo nel 1909

superano il 50% del totale

- Il maggior numero di emigranti si indirizza verso gli stati di

New York e della Pennsilvania, poi anche verso l’Illinois, l’Ohio,

il Michigan e il Missouri progressivamente più bisognosi di

manodopera.” 7

6F

ISTITUTO DI STORIA ECONOMICA E SOCIALE DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO (a cura),

6 pag. 17, Brescia 1979, da S. JACINI, in Atti della giunta

L’Emigrazione, Relazione finale sui risulatati dell’inchiesta,

per l’inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, Roma 1884

ibidem, pag. 37

7 7

Erano inizialmente artigiani e muratori, poi soprattutto

contadini che andavano a costituire manodopera non

trie

specializzata nelle fattorie, nelle miniere e nelle indus

americane, e si dovevano adattare ad un lavoro che non era il

loro d’origine.

Ma i disagi iniziavano prima. Nelle città portuali lo Stato

italiano allestiva delle Case degli Emigranti, dove alloggiare le

persone in attesa dell’imbarco, dove si fornivano pasti e si

cercava di curare le malattie leggere per permettere la

partenza, ma il quadro che risulta dalle relazioni dell’epoca è di

grande squallore .

8

7F

La legge del 1901 già citata si preoccupava di stabilire le

norme per il viaggio sui piroscafi: ogni emigrante deve

disporre di mc. 2,75 di spazio sottocoperta e di mq. 0,45 in

coperta, ma anche se a noi sembra già una situazione difficile,

la realtà era poi un’altra perché: “il primo difetto della nostra

legge è che ammette a bordo una massa troppo grande di

persone (…). Quando i piroscafi sono al completo si assiste al

doloroso spettacolo dei passeggeri che da mane a sera si

serrano uno sull’altro e si urtano a vicenda, privati della facoltà

di muoversi senza recar disturbo agli altri (…)Anche

sottocoperta i passeggeri hanno poco spazio a loro

disposizione e molti medici di marina rilevano un difetto di

ventilazione. Una forte percentuale di emigranti va incontro a

morte improvvisa a bordo per sincope cardiaca.

ibidem, pag. 46

8 8

Sotto coperta senza respirare

Emigranti ammassati in sala Ammonticchiati come giumenti

macchine. Scrisse la "Domenica" che Nel disegno di Beltrame sulla "Domenica" del

ogni tanto salivano "sopra coperta per Corriere dell'8-12-1901, la partenza da

respirare, lividi, tremanti di freddo, Genova di contadini che De Amicis descrisse

con la testa ravvolta nei fazzoletti da "ammonticchiati come giumenti"

con la giacca rovesciata per non

naso,

sciuparla, sorreggendosi schiena Fonte: "La Domenica del Corriere"

contro schiena per riscaldarsi e farsi

coraggio"

Il letto dell’emigrante è composto di quattro aste verticali che

sono collegate tra loro da una specie di grata orizzontale di

ferro (…), la cuccetta è completata da un materasso sottile che

a volte viene cambiato tra un viaggio e l’altro, più spesso no.

Le cuccette sono messe su due ordini sovrapposti l’uno

sull’altro e nei dormitori non v’è un cantuccio libero in cui gli

emigranti possano soffermare o mettersi a sedere. Una vita

9

simile, specialmente quando il numero degli imbarcati oscilla

tra i 1500 e 2000 è degna piuttosto di bruti che di uomini.” 9

8F

Durante questi viaggi, come si può capire, ci si ammalava

spesso di malattie infettive, soprattutto tubercolosi, morbillo e

gastroenterite, a causa della quale moriva un’alta percentuale

di bambini imbarcati.

I bambini: una strage

Nella foto di Jacoob Riis del 1895, una mamma italiana a New York.

Spiega Augusta Molinari ne "La storia dell'emigrazione italiana" edita da Donzelli, che il

viaggio nel nuovo mondo si concludeva spesso per i piu piccoli in una strage <Sono

soprattutto le epidemie di morbillo e varicella a provocare decessi di massa. La

mancanza di cure appropriate, il degrado ambientale dei dormitori, spesso

l'incompetenza del personale medico, facevano assumere a quella che era una normale

patologia infantile il carattere di una pericolosa epidemia. I giornali sanitari di bordo

registrano, nei primi anni del Novecento, alti tassi di morbilità e di mortalità infantile per

epidemie di morbillo e di varicella. Sul piroscafo "Bologna" in rotta verso l'Argentina,

scoppia nel febbraio 1909 un'epidemia di morbillo. Ne restano contagiati duecento

bambini e una ventina di adulti. Dei bambini molti sono neonati che non sopravvivono

alla malattia. Su di un totale di cinquanta decessi, venti sono di neonati e quindici di

bambini>.

All’arrivo nel porto di New York, gli emigranti sostavano a Ellis

Island, << A New York gli emigranti, attraccata la nave al

molo, non potevano sbarcare. Venivano condotti a Ellis Island

ibidem, pag. 52, da F. FOSSATARO, in Bollettino

Il servizio igienico e sanitario sui piroscafi da emigranti,

9

dell’emigrazione, 1909 10

per subire l’esame medico e rispondere alle domande degli

ispettori americani. Nelle camere di attesa di Ellis Island

aspettavano pazientemente il loro turno e venivano sottoposti

sia a una doccia sia alla visita sanitaria, la quale dava

particolare rilievo all’ispezione degli occhi per l’eventualità che

fossero affetti da tracoma infettivo. Se risultati sani, venivano

trasportati alla Battery, nei locali del Barge Office. Solo allora

erano liberi, ma dovevano fare attenzione ai sedicenti agenti di

alberghi e di locande, ai facchini che si offrivano di trasportare

i loro bagagli, alle guide, ai cambiavalute, a coloro che

qualificandosi “paesani” e avvocati promettevano di far uscire

un eventuale parente da Ellis Island. (…) Sensali, falsi

impresari e speculatori d’ogni genere erano stabilmente in

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