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Metodologia della ricerca: Motivazione
Letteratura: Leopardi
INDICE
PREMESSA ..................................................................................................................................... 5-8
1. CURIOSITÀ ................................................................................................................................ 9-11
1.1. Studio etimologico del termine
1.2. Sviluppo degli studi sulla curiosità
1.3. Berlyne e la svolta cognitiva
2. MOTIVAZIONE ........................................................................................................................ 12-14
2.1 Che cos’è la motivazione?
2.2 Sviluppo degli studi sulla motivazione
3. CURIOSITÀ AL CENTRO DEL PROCESSO DI CONOSCENZA ...................................................... 15-17
3.1. Comportamenti esplorativi
3.2. Motivazione scolastica
3.3. Capacità di ricerca
4. ANALISI DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA ........................................................................... 18-22
4.1. La società reprime la curiosità
4.2. Il ruolo riparatore della scuola
5. APPROCCI EDUCATIVI ............................................................................................................ 23-26
5.1. Monaldo e Giacomo Leopardi
5.2. Metodi alternativi alle lezioni cattedratiche
CONCLUSIONE ............................................................................................................................ 27-30
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................31
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PREMESSA
La curiosità è ciò che da sempre ha motivato l’uomo a progredire, bisognoso di
conoscere e gestire ciò che lo circondava. Infatti, se il cavernicolo non fosse stato
curioso di scoprire cosa stava al di fuori della propria caverna oggi vivremmo ancora
in quello stato primitivo in cui l’individuo si trovava agli albori dell’esistenza. Se i
Babilonesi non fossero stati incuriositi dal cerchio, oggi non esisterebbero le ruote
e tutti i sistemi rotanti. Se i Fenici non avessero inventato un alfabeto, non
esisterebbe un codice linguistico con cui comunicare e se gli Arabi non avessero
elaborato un primo sistema numerico i nostri scambi sarebbero ancora basati sul
baratto.
Se Pitagora non fosse stato mosso dalla curiosità del ricercare non avremmo avuto
lo sviluppo del pensiero geometrico ed Euclide non avrebbe mai scritto gli “elementi”
a cui lo studio dell’aritmetica e della geometria ha fatto riferimento fino alla
scoperta delle geometrie non euclidee.
Se Galileo, spinto dalla curiosità, non avesse osservato il cielo penseremmo ancora
che il Sole giri intorno alla Terra e saremmo fermi al pensiero tomistico. Se Einstein
mosso da curiosità non avesse continuato le sue ricerche non avremmo quella che
oggi è definita “fisica moderna” e saremmo fermi alla “fisica newtoniana”.
La spinta propulsiva di molti pensatori ha condotto all’attuale lettura della realtà.
Partendo dalle origini del mondo e del pensiero umano possiamo dire che la curiosità
ha portato alla nascita della Filosofia, che a sua volta ha decretato la nascita delle
scienze a noi oggi conosciute. La Filosofia non è altro che la storia del pensiero
umano, e della sua evoluzione. L’uomo ha iniziato a filosofare poiché mosso da
curiosità, da sete di conoscenza, e ha continuato a farlo creando con le sue capacità
cognitive il mondo in cui viviamo oggi. A sua volta questa disciplina ha alimentato la
ricerca operata dalle altre. È dal pensiero dell’uomo che nascono le scienze e dal suo
amore per il sapere. La curiosità è quindi il motore che fece muovere l’uomo
permettendogli di sviluppare le sue doti. Teetéto
<<Il filosofare non ha altro inizio se non la meraviglia.>> dice Socrate nel
platonico; altresì Aristotele ha sostenuto che:
«Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della
meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più
semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre
maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e
degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi
prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo
che anche colui che ama il mito è, in un certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è
costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini
hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercarono il
conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica.>>
Metafisica,
(Aristotele, I 2, 982b, Milano 2003)
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Ciò che spinge gli animali alla scoperta è senza dubbio la curiosità dell’esplorare.
L’uomo possiede un’anima razionale, che lo induce a tendere naturalmente alla
meraviglia ’entelechia
conoscenza. La lo conduce all la massima attuazione della
propria essenza. In questo la curiosità umana si differenzia da quella animale.
<<[...] La specificità dell’uomo consiste nella razionalità, egli tenderà, come a proprio
fine, a realizzarsi pienamente come essere razionale […]>>
Gli uomini fin dall’antichità avevano percepito che esisteva una dimensione interiore
capace di sospingerli e motivarli alla scoperta. Lo testimoniano il mito di Ulisse che
sfida le intemperie dell’oceano per affrontare nuove avventure, le affermazioni
della filosofia Antica, il fatto che in ogni epoca si possano trovare autori che lo
attestino. Seneca nel suo pensiero stoico affermava:
<<Navigano certuni e sopportano le fatiche di un viaggio lontanissimo per la sola
ricompensa di conoscere qualche cosa di nascosto e di remoto. Questa aspirazione
raduna masse agli spettacoli, questa costringe a cercare cavando ciò che è stato
chiuso e nascosto, ad indagare su ciò che è appartato, a svolgere i rotoli dei fatti
antichi, ad ascoltare i racconti sui costumi di genti barbariche. La natura ci ha dato
un carattere curioso e, consapevole della propria sapienza tecnica e della propria
bellezza, ha generato noi come spettatori di spettacoli tanto grandi, perché
perderebbe il frutto di sé, se fatti tanto grandi, tanto luminosi, con tanta cura
elaborati, tanto brillanti e non per un solo aspetto belli, li mostrasse ad un deserto.
A ché tu sappia come la natura ha voluto si assistesse al suo spettacolo, non solo
fosse vista, guarda che posto ha dato a noi: ci ha messi nella parte centrale di sé e
ci ha dato la possibilità di guardare intorno tutte le cose; e non solo ha fatto dritto
l’uomo, ma volendo, come penso, renderlo adatto anche alla contemplazione, affinché
fosse in grado di accompagnare le stelle che scivolano da oriente ad occidente e di
girare intorno il suo volto unitamente al tutto, gli ha fatto la testa volta verso l’alto
e l’ha posta su di un collo flessibile; poi, conducendo il corso di sei costellazioni
durante il giorno di sei durante la notte, ogni sua parte ha dispiegato affinché, con
queste visioni che aveva offerto ai suoi occhi, provocasse il desiderio anche di
altre.>> De Otio, )
(Seneca, Roma 2002
Nel periodo medioevale alcuni autori condannano la curiosità poiché sentita come
pericolo, come stimolo capace di portare l’uomo ad interrogarsi sul senso di ciò che
lo circondava, compreso il mondo spirituale del modello cristiano che si afferma
sempre più. Venendo condannata ogni forma di libero pensiero che si distacca dalla
visione clericale del mondo, si viene quindi a reprimere ciò da cui questo pericolo può
generarsi.
<<Ora si può distinguere più chiaramente quale sia la parte del piacere, e quella della
curiosità nell'azione dei sensi. Il piacere cerca la bellezza, l’armonia, la fragranza, il
sapore, la levigatezza; la curiosità invece ricerca anche sensazioni opposte a queste,
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per saggiarle; non per affrontare un fastidio, ma per la bramosia di sperimentare e
conoscere. Cos’ha di piacevole la visione di un cadavere dilaniato, che ti fa
inorridire? Eppure, non appena se ne trova uno in terra, tutti accorrono ad
affliggersi, a impallidire, e temono addirittura di rivederlo in sogno, quasi fossero
costretti a vederlo da svegli, o fossero indotti dalla promessa di uno spettacolo
ameno. La stessa cosa accade per gli altri sensi, ma sarebbe lunga la rassegna. Da
questa perversione della curiosità derivano le esibizioni di ogni stravaganza negli
spettacoli, le sortite per esplorare le opere della natura fuori di noi, la cui
conoscenza è per nulla utile, e in cui gli uomini non cercano null’altro che il
conoscere; e ancora le indagini per mezzo delle arti magiche, col medesimo fine di
una scienza perversa; e ancora, nella stessa religione, l’atto di tentare Dio, quando
gli si chiedono segni e prodigi, desiderati non per trarne qualche beneficio, ma
soltanto per farne esperienza.>> (Agostino, Le Confessioni, Milano, 1982)
Al termine di quest’epoca e con l’avvento del Rinascimento l’uomo riacquista quella
posizione di centralità che gli era stata sottratta e recupera la propria dimensione
soggettiva potendosi permettere di tornare a essere curioso. La Chiesa cerca
comunque di limitare il pensiero umano, continuando a opporvisi, testimoni indiscussi
Giordano Bruno e poi Galileo Galilei, i quali mossi da curiosità fecero affermazioni
scomode che andarono a intaccare il complesso sistema di nozioni che la Chiesa
impartiva dogmaticamente facendo riferimento al sistema tomistico e
“Ipse dixit”.
all’affermazione dell’
Solo successivamente nel periodo dell’Illuminismo, la situazione culturale che venne
a crearsi consentì all’uomo di dare libero sfogo al proprio animo. È in quest’epoca
che si realizzano le principali scoperte in grado di dare una svolta economica e
sociale all’Europa ed è in quest’epoca che filosofi e pensatori riescono a trovare un
proprio spazio per diffondere “liberamente” il loro pensiero.
La curiosità dell’uomo si spinge su questioni sempre più misteriose e inafferrabili
fino a giungere al Romanticismo, dove il sentimento di ricerca muove l’individuo a tal
punto da soffrire morbosamente per l’impossibilità di conoscere ciò che va al di là
dell’esperibile.
La ricerca è continuata in tutti i campi, ma il problema che più angoscia gli individui
con il trascorrere del tempo è la ricerca del senso della vita stessa. La curiosità
quindi è sempre esistita, è un qualcosa d’insito nell’uomo che in seguito agli studi
svolti dalla psicologia è stata definita come motivazione intrinseca principale. L’uomo
conosce perché spinto a farlo.
« La curiosità […] non si prende cura di vedere per comprendere ciò che vede, per
solamente
“essere per” esso, ma si prende cura di vedere. Essa cerca il nuovo
esclusivamente come trampolino verso un altro nuovo. Ciò che preme a questo tipo di
visione non è la comprensione o il rapporto genuino con la verità, ma unicamente le
possibilità derivanti dall’abbandono al mondo. La curiosità è perciò caratterizzata da
incapacità di soffermarsi
una tipica su ciò che si presenta. Essa rifugge dalla
contemplazione serena, dominata com’è dall’irrequietezza e dall’eccitazione che la
spingono verso la novità e il cambiamento. In questa agitazione permanente la
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curiosità cerca di continuo la propria distrazione in possibilità sempre nuove. La
curiosità non ha nulla a che fare con la considerazione dell’ente pieno di meraviglia,
thaumazein;
con il non la interessa lo stupore davanti a ciò che non si comprende,
perché essa cerca, sì, di sapere, ma unicamente per poter aver saputo. I due
incapacità di soffermarsi
momenti costitutivi della curiosità, l’ sul mondo ambientale
distrazione
e la in possibilità sempre nuove, fondano quel terzo carattere essenziale
di questo fenomeno a cui diamo il nome di irrequietezza. La curiosità è dovunque e in
nessun luogo. Questa modalità dell’essere-nel-mondo svela un nuovo modo di essere
dell’Esserci quotidiano nel quale esso si sradica costantemente».
Essere e tempo
(M. Heidegger, , Milano, 2008)