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Storia - Guerra Fredda
Economia politica - Accordi di Bretton Woods
Economia aziendale - Attuale crisi economica
Statistica - Rapporti statistici e tasso d'inflazione
Inglese - Banks
Informatica - Home banking
Diritto - Governo
La crisi dell’io
E come possiamo intenderci se nelle parole che io dico metto il senso e il valore delle cose che
sono dentro me,
mentre chi le ascolta, inevitabilmente, le assume col senso e il valore che hanno per sé del
mondo che egli ha dentro?
L
a cultura dell'Ottocento era saldamente ancorata a una concezione forte
dell'io, inteso come sostanza razionale e unitaria. Tale concezione si era
formata gradualmente nel corso dell'epoca moderna, ma, nel XIX secolo,
aveva compiuto un salto di qualità; mai come in questo secolo, infatti, il
pensiero umano aveva considerato tanto potente la soggettività razionale,
attribuendole - almeno in linea di principio - una pressoché assoluta capacità di
dominio sulla propria coscienza, sul proprio corpo e sul mondo naturale.
Nel Novecento però qualcosa sembra andare storto e il vaso di Pandora a lungo
tenuto sotto controllo con difficoltà finalmente esplode: come un fiume in
piena, la coscienza di essere soltanto una minuscola pedina di una
insignificante partita a scacchi travolge anche chi, fino a quel momento, aveva
fatto della sicurezza di sé l’unico bastone su cui poggiarsi.
Il delicato meccanismo della razionalità umana improvvisamente si inceppa e il
Novecento diventa teatro di due catastrofiche guerre mondiali, della
Rivoluzione russa e della successiva guerra civile, della prima grande crisi
economica di livello mondiale, di conflitti sociali violenti che spesso sfociarono
in tentativi insurrezionali falliti o repressi, genocidi tecnologicamente pianificati,
regimi dittatoriali e totalitari dimisi che facevano della violenza sistematica uno
strumento quotidiano di governo. Gli effetti distruttivi di questi cruenti
fenomeni storici toccarono livelli mai prima raggiunti in così poco tempo, sia in
termini di vite umane sia in termini di beni materiali.
In questo contesto storico il mito ottocentesco di un io razionale capace di
esercitare un controllo sugli istinti attraverso la morale e la politica, e sulle
forze della natura grazie alla scienza e alla tecnica, si frantumò
definitivamente.
In ambito filosofico l'espressione più diretta e consapevole della crisi della
civiltà occidentale fu l'esistenzialismo. Al suo interno fu Jean Paul Sartre (1905-
«l'io non è un
1980) a teorizzare nel modo più radicale la crisi dell'io. Per Sartre
abitante della coscienza», in quanto l'io proprio è un elemento del mondo tanto
quanto l'io di un altro uomo. Ciò significa che l'io non è sostanza o
autocoscienza, e non è neppure un ente dotato di contenuti conoscitivi propri e
di un'attività intuitiva interna, ma è costantemente teso a superare l'opacità
del mondo esterno, che si pone come dato insuperabile e ineliminabile. Sartre
connota tale completa apertura della coscienza come "nulla", in quanto
assenza di una determinazione data e tensione verso il superamento
dell'oggetto. Sul piano pratico ciò significa che l'io, a differenza degli altri enti
mondani, è assolutamente libero, aperto a ogni possibilità. L'angoscia diviene
pertanto il sentimento costitutivo dell'io, in quanto esprime al contempo la
coscienza del suo nulla e della sua libertà incondizionata. Ma proprio perché
fondata sul nulla, la libertà umana è destinata a sfociare nel fallimento. L'io
progetta sì di farsi Dio, cioè di diventare fondamento di se stesso e del mondo,
ma ciò è impossibile, perché l'io dipende dal mondo, ed è solo possibilità di
4
negare il mondo, trascendendolo, ma non di produrlo. Dunque, conclude Sartre,
«è la stessa cosa, in fondo, ubriacarsi in solitudine o condurre i popoli», tutte le
imprese umane sono equivalenti e l'uomo è solo «una passione inutile».
In letteratura tutto ciò si concretizza nella figura dell’antieroe, nuovo,
sfortunato e patetico protagonista, vittima degli eventi e delle sue stesse
illusioni. L’intellettuale novecentesco ha perso il suo ruolo di vate, come
qualsiasi altro uomo è costretto a strisciare nel fango della sua esistenza, a
subire lo scorrere del tempo senza poterne afferrare la trama e a soccombere
sotto l’irrazionalità, invocando quasi la follia pur di sfuggire ad una realtà fatta
di ipocrisie e falsità.
E’ durante le due Grandi Guerre che l’uomo perde definitivamente il lume della
ragione e la passione che dovrebbe muoverlo si trasforma invece in ferocia,
pura e cruda.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale gli orrori dei lager sono la viva e
innegabile testimonianza di cosa un semplice uomo sia in grado di scatenare,
se assecondato e lasciato libero di agire in virtù della sua follia. Ma soprattutto,
il Nazismo e le sue conseguenze appaiono come il simbolo di un nuovo modo di
fare politica, basato sulla propaganda e capace di far leva sulle debolezze della
collettività.
Ennesima conferma della pericolosità di un pensiero collettivo erroneamente
dirottato è quanto accade subito dopo la Guerra: USA e URSS, uniche potenze
ancora in piedi nonostante i costi del conflitto, si contengono il dominio
dell’intero pianeta.
Se oggi uno scenario apocalittico in cui due soli Paesi minacciano di scontrarsi
a suon di armi nucleari sembra la trama di un film o di un videogioco, nella
seconda metà del Novecento il terrore che la bomba atomica potesse essere
sganciata sulle proprie teste era all’ordine del giorno per gli europei tanto che
per i russi e gli americani.
Per oltre un ventennio Russia e Stati Uniti ebbero cura di instaurare nelle
popolazioni una vera e propria politica del terrore, alimentata da una forma di
propaganda addirittura inquietante nella sua genialità e da un clima di tensione
tale da scatenare veri e propri episodi d’impronta medioevale: servizi di
spionaggio, “cacce alle streghe”, persecuzioni di gruppi etnici o singoli individui
ritenuti sospetti.
Ancora una volta l’uomo, in preda ad una vera e propria crisi e ad una forte
tensione psicologica, stava dimostrando la sua debolezza e l’effimerità dei suoi
buoni propositi.
E’ importante sottolineare che, se questa cosiddetta Guerra Fredda riuscì ad
avere luogo, fu forse anche per merito dei piani economici varati dai governi
delle due potenze in lotta, che permisero ai loro Paesi di rialzarsi dopo le
enormi perdite economiche ed umane dello scontro mondiale.
COMECON Piano Marshall
Il e il rappresentano l’importanza di strategie
economiche ben studiate e capaci di badare non solo alle sorti dello Stato ma
anche a quelle dei cittadini stessi.
L’America, del resto, non era nuova a questo genere di situazioni: già nel 1929
era riuscita a riprendersi dal crollo borsistico del “giovedì nero”, con il
cosiddetto New Deal. Nel 1944 aveva poi riconfermato la propria egemonia
economica durante gli accordi di Bretton Woods, convincendo l’intera
Europa ad adeguare il proprio sistema di cambi monetari esclusivamente in
base al valore del dollaro, accettando quindi quest’ultimo come moneta più
forte. 5
In questo XXI secolo dilaniato da una nuova crisi economica, l’eco delle
misure adottate dal governo americano si fa sempre più prepotente. In Italia, la
caduta di partiti politici ritenuti storici e le condizioni economiche e di lavoro
sempre più incerte della classe sociale hanno portato ad una rivoluzione totale
dello stile di vita italiano, ormai incentrato sul risparmio e il lavoro precario.
Anche il sistema politico stesso ne ha risentito, al punto di dover affidare le
sorti del Paese ad un nuovo Governo, definito “tecnico”.
La fiducia nel sistema politico italiano, da parte degli stessi cittadini, è ormai
bassissima quanto inesistente, l’economia stenta a rialzarsi e le imprese di
qualsiasi dimensione spesso non trovano altra soluzione che chiudere i
battenti; come se non bastasse, molti imprenditori sul lastrico scelgono la via
del suicidio davanti alla mole di debiti da pagare (per quanto le statistiche
rivelino che il tasso di suicidi sia forse aumentato soltanto nelle notizie dei
media, ma non nell’effettiva realtà dei fatti). In uno Stivale nuovamente in crisi,
c’è chi propone soluzioni al limite del ridicolo e che potrebbero far slittare verso
l’alto il tasso di inflazione e chi, accettando scuole di pensiero più
“complottistiche”, sembra additare le banche come uniche colpevoli.
Proprio l’importanza di quest’ultime è invece indiscutibile: in un presente
storico dominato da un’economia vacillante, è necessario un controllo capillare
dell’emissione di carta moneta. Inoltre le nuove tecnologie hanno permesso di
sviluppare il cosiddetto sistema di “home banking”, utile per gestire il proprio
conto comodamente da casa propria, rendendo la banca più accessibile per
tutti.
Al di là di tutto, a distanza di un secolo l’uomo non sembra essere capace di
rialzarsi da questa crisi che lo ha oppresso, tanto da perdere ogni punto di
riferimento anche nel mondo del lavoro e dell’economia.
1984”
Che sia questa la tanto profetizzata fine del mondo? “ di George Orwell e
“Il seme inquieto” di Anthony Burgess descrivono un essere umano ormai
ridotto ad un automa, incapace di esprimere le proprie emozioni, vittima della
propria angoscia al punto di essere stato facilmente sottomesso al volere di
qualcuno ben più furbo di lui: l’attuale stato delle cose dimostra che dalla
fantascienza all’attualità il passo è molto breve.
6
LETTERATURA: STORIA: La ECONOMIA
Guerra fredda POLITICA:
Gli scrittori della Gli accordi di
crisi Bretton Woods
La crisi dell’io
STATISTICA: ECONOMIA INGLESE:
I rapporti AZIENDALE: Banks
statistici e il L’attuale crisi
economica
tasso DIRITTO: INFORMATICA:
Il Governo I servizi bancari
online
7
Il Novecento
Letterario
Il poeta è sempre più
piccolo e più debole
della media degli
uomini. Per questo
sente più
intensamente, con più
forza degli altri la
pesantezza della sua
presenza nel mondo.
Sommario - Franz Kafka
Il Novecento letterario pag. 6
Franz Kafka pag. 7
James Joyce pag. 11
La crisi in Italia pag. 13
Luigi Pirandello pag. 13
Italo Svevo pag. 16
Il Novecento letterario
8
La nascita del romanzo moderno va ricondotta ad una serie di importanti
trasformazioni che all'inizio del secolo hanno investito l'economia, la società, il
pensiero scientifico e filosofico e, fra queste, un posto particolare può essere
riservato all'avvento del cinema, nel quale l'uomo moderno (e in particolare
l'intellettuale) trova un nuovo mezzo per esprimere se stesso in maniera
spontanea e per descrivere i suoi sogni e le sue esperienze personali. Il
cinematografo è anche il modo per sottolineare la nuova concezione del tempo,
Henri Bergson,
formulata da poiché gli istanti non si susseguono tutti uno
uguale all'altro, ma si dilatano o si restringono a seconda della volontà del
soggetto. Inoltre attraverso la macchina da presa è possibile percepire le
diversità dei punti di vista che, a mano a mano, si possono assumere
comunicando così una visione del mondo (e anche delle stesse persone) che
non è più lineare, ordinata e uguale per tutti.
Contemporaneamente, gli sviluppi della scienza mettono in crisi l'immagine
tradizionale di un mondo in cui i fenomeni possano essere spiegati secondo un
preciso ed univoco rapporto di causa
ed effetto.
Su un altro versante gli studi della psicoanalisi portano alla scoperta
dell'inconscio ovvero di quella parte dell'Io che si colloca al di sotto del piano
della coscienza e che influenza in modo decisivo il suo comportamento.
CARATTERISTICHE DEL ROMANZO
NOVECENTESCO leitmotiv
Nel primo Novecento il tema della crisi dell'io è il dei grandi romanzi
dall’Ulisse Processo
europei: (1922) di James Joyce (1882-1941) al (1924) di
La coscienza di Zeno
Franz Kafka (1883-1924), da (1923) di Italo Svevo (1861-
all'Uomo senza qualità
1928) (1930) di Robert Musil (1880-1942). L'eroe del
romanzo ottocentesco si trasforma in antieroe, l'inetto, l'escluso, l'uomo senza
qualità, e, parallelamente, viene attuata una rivoluzione nella forma
stream of
romanzesca: il narratore onnisciente viene sostituito dallo
consciousness ("flusso di coscienza"), dalla mera registrazione dei mutevoli
stati dell'io, che disarticola in tal modo la continuità spaziotemporale della
narrazione.