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Sintesi
Letteratura - Svevo, Pirandello, Kafka, Joyce (in lingua inglese)

Storia - Guerra Fredda

Economia politica - Accordi di Bretton Woods

Economia aziendale - Attuale crisi economica

Statistica - Rapporti statistici e tasso d'inflazione

Inglese - Banks

Informatica - Home banking

Diritto - Governo
Estratto del documento

La crisi dell’io

E come possiamo intenderci se nelle parole che io dico metto il senso e il valore delle cose che

sono dentro me,

mentre chi le ascolta, inevitabilmente, le assume col senso e il valore che hanno per sé del

mondo che egli ha dentro?

L

a cultura dell'Ottocento era saldamente ancorata a una concezione forte

dell'io, inteso come sostanza razionale e unitaria. Tale concezione si era

formata gradualmente nel corso dell'epoca moderna, ma, nel XIX secolo,

aveva compiuto un salto di qualità; mai come in questo secolo, infatti, il

pensiero umano aveva considerato tanto potente la soggettività razionale,

attribuendole - almeno in linea di principio - una pressoché assoluta capacità di

dominio sulla propria coscienza, sul proprio corpo e sul mondo naturale.

Nel Novecento però qualcosa sembra andare storto e il vaso di Pandora a lungo

tenuto sotto controllo con difficoltà finalmente esplode: come un fiume in

piena, la coscienza di essere soltanto una minuscola pedina di una

insignificante partita a scacchi travolge anche chi, fino a quel momento, aveva

fatto della sicurezza di sé l’unico bastone su cui poggiarsi.

Il delicato meccanismo della razionalità umana improvvisamente si inceppa e il

Novecento diventa teatro di due catastrofiche guerre mondiali, della

Rivoluzione russa e della successiva guerra civile, della prima grande crisi

economica di livello mondiale, di conflitti sociali violenti che spesso sfociarono

in tentativi insurrezionali falliti o repressi, genocidi tecnologicamente pianificati,

regimi dittatoriali e totalitari dimisi che facevano della violenza sistematica uno

strumento quotidiano di governo. Gli effetti distruttivi di questi cruenti

fenomeni storici toccarono livelli mai prima raggiunti in così poco tempo, sia in

termini di vite umane sia in termini di beni materiali.

In questo contesto storico il mito ottocentesco di un io razionale capace di

esercitare un controllo sugli istinti attraverso la morale e la politica, e sulle

forze della natura grazie alla scienza e alla tecnica, si frantumò

definitivamente.

In ambito filosofico l'espressione più diretta e consapevole della crisi della

civiltà occidentale fu l'esistenzialismo. Al suo interno fu Jean Paul Sartre (1905-

«l'io non è un

1980) a teorizzare nel modo più radicale la crisi dell'io. Per Sartre

abitante della coscienza», in quanto l'io proprio è un elemento del mondo tanto

quanto l'io di un altro uomo. Ciò significa che l'io non è sostanza o

autocoscienza, e non è neppure un ente dotato di contenuti conoscitivi propri e

di un'attività intuitiva interna, ma è costantemente teso a superare l'opacità

del mondo esterno, che si pone come dato insuperabile e ineliminabile. Sartre

connota tale completa apertura della coscienza come "nulla", in quanto

assenza di una determinazione data e tensione verso il superamento

dell'oggetto. Sul piano pratico ciò significa che l'io, a differenza degli altri enti

mondani, è assolutamente libero, aperto a ogni possibilità. L'angoscia diviene

pertanto il sentimento costitutivo dell'io, in quanto esprime al contempo la

coscienza del suo nulla e della sua libertà incondizionata. Ma proprio perché

fondata sul nulla, la libertà umana è destinata a sfociare nel fallimento. L'io

progetta sì di farsi Dio, cioè di diventare fondamento di se stesso e del mondo,

ma ciò è impossibile, perché l'io dipende dal mondo, ed è solo possibilità di

4

negare il mondo, trascendendolo, ma non di produrlo. Dunque, conclude Sartre,

«è la stessa cosa, in fondo, ubriacarsi in solitudine o condurre i popoli», tutte le

imprese umane sono equivalenti e l'uomo è solo «una passione inutile».

In letteratura tutto ciò si concretizza nella figura dell’antieroe, nuovo,

sfortunato e patetico protagonista, vittima degli eventi e delle sue stesse

illusioni. L’intellettuale novecentesco ha perso il suo ruolo di vate, come

qualsiasi altro uomo è costretto a strisciare nel fango della sua esistenza, a

subire lo scorrere del tempo senza poterne afferrare la trama e a soccombere

sotto l’irrazionalità, invocando quasi la follia pur di sfuggire ad una realtà fatta

di ipocrisie e falsità.

E’ durante le due Grandi Guerre che l’uomo perde definitivamente il lume della

ragione e la passione che dovrebbe muoverlo si trasforma invece in ferocia,

pura e cruda.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale gli orrori dei lager sono la viva e

innegabile testimonianza di cosa un semplice uomo sia in grado di scatenare,

se assecondato e lasciato libero di agire in virtù della sua follia. Ma soprattutto,

il Nazismo e le sue conseguenze appaiono come il simbolo di un nuovo modo di

fare politica, basato sulla propaganda e capace di far leva sulle debolezze della

collettività.

Ennesima conferma della pericolosità di un pensiero collettivo erroneamente

dirottato è quanto accade subito dopo la Guerra: USA e URSS, uniche potenze

ancora in piedi nonostante i costi del conflitto, si contengono il dominio

dell’intero pianeta.

Se oggi uno scenario apocalittico in cui due soli Paesi minacciano di scontrarsi

a suon di armi nucleari sembra la trama di un film o di un videogioco, nella

seconda metà del Novecento il terrore che la bomba atomica potesse essere

sganciata sulle proprie teste era all’ordine del giorno per gli europei tanto che

per i russi e gli americani.

Per oltre un ventennio Russia e Stati Uniti ebbero cura di instaurare nelle

popolazioni una vera e propria politica del terrore, alimentata da una forma di

propaganda addirittura inquietante nella sua genialità e da un clima di tensione

tale da scatenare veri e propri episodi d’impronta medioevale: servizi di

spionaggio, “cacce alle streghe”, persecuzioni di gruppi etnici o singoli individui

ritenuti sospetti.

Ancora una volta l’uomo, in preda ad una vera e propria crisi e ad una forte

tensione psicologica, stava dimostrando la sua debolezza e l’effimerità dei suoi

buoni propositi.

E’ importante sottolineare che, se questa cosiddetta Guerra Fredda riuscì ad

avere luogo, fu forse anche per merito dei piani economici varati dai governi

delle due potenze in lotta, che permisero ai loro Paesi di rialzarsi dopo le

enormi perdite economiche ed umane dello scontro mondiale.

COMECON Piano Marshall

Il e il rappresentano l’importanza di strategie

economiche ben studiate e capaci di badare non solo alle sorti dello Stato ma

anche a quelle dei cittadini stessi.

L’America, del resto, non era nuova a questo genere di situazioni: già nel 1929

era riuscita a riprendersi dal crollo borsistico del “giovedì nero”, con il

cosiddetto New Deal. Nel 1944 aveva poi riconfermato la propria egemonia

economica durante gli accordi di Bretton Woods, convincendo l’intera

Europa ad adeguare il proprio sistema di cambi monetari esclusivamente in

base al valore del dollaro, accettando quindi quest’ultimo come moneta più

forte. 5

In questo XXI secolo dilaniato da una nuova crisi economica, l’eco delle

misure adottate dal governo americano si fa sempre più prepotente. In Italia, la

caduta di partiti politici ritenuti storici e le condizioni economiche e di lavoro

sempre più incerte della classe sociale hanno portato ad una rivoluzione totale

dello stile di vita italiano, ormai incentrato sul risparmio e il lavoro precario.

Anche il sistema politico stesso ne ha risentito, al punto di dover affidare le

sorti del Paese ad un nuovo Governo, definito “tecnico”.

La fiducia nel sistema politico italiano, da parte degli stessi cittadini, è ormai

bassissima quanto inesistente, l’economia stenta a rialzarsi e le imprese di

qualsiasi dimensione spesso non trovano altra soluzione che chiudere i

battenti; come se non bastasse, molti imprenditori sul lastrico scelgono la via

del suicidio davanti alla mole di debiti da pagare (per quanto le statistiche

rivelino che il tasso di suicidi sia forse aumentato soltanto nelle notizie dei

media, ma non nell’effettiva realtà dei fatti). In uno Stivale nuovamente in crisi,

c’è chi propone soluzioni al limite del ridicolo e che potrebbero far slittare verso

l’alto il tasso di inflazione e chi, accettando scuole di pensiero più

“complottistiche”, sembra additare le banche come uniche colpevoli.

Proprio l’importanza di quest’ultime è invece indiscutibile: in un presente

storico dominato da un’economia vacillante, è necessario un controllo capillare

dell’emissione di carta moneta. Inoltre le nuove tecnologie hanno permesso di

sviluppare il cosiddetto sistema di “home banking”, utile per gestire il proprio

conto comodamente da casa propria, rendendo la banca più accessibile per

tutti.

Al di là di tutto, a distanza di un secolo l’uomo non sembra essere capace di

rialzarsi da questa crisi che lo ha oppresso, tanto da perdere ogni punto di

riferimento anche nel mondo del lavoro e dell’economia.

1984”

Che sia questa la tanto profetizzata fine del mondo? “ di George Orwell e

“Il seme inquieto” di Anthony Burgess descrivono un essere umano ormai

ridotto ad un automa, incapace di esprimere le proprie emozioni, vittima della

propria angoscia al punto di essere stato facilmente sottomesso al volere di

qualcuno ben più furbo di lui: l’attuale stato delle cose dimostra che dalla

fantascienza all’attualità il passo è molto breve.

6

LETTERATURA: STORIA: La ECONOMIA

Guerra fredda POLITICA:

Gli scrittori della Gli accordi di

crisi Bretton Woods

La crisi dell’io

STATISTICA: ECONOMIA INGLESE:

I rapporti AZIENDALE: Banks

statistici e il L’attuale crisi

economica

tasso DIRITTO: INFORMATICA:

Il Governo I servizi bancari

online

7

Il Novecento

Letterario

Il poeta è sempre più

piccolo e più debole

della media degli

uomini. Per questo

sente più

intensamente, con più

forza degli altri la

pesantezza della sua

presenza nel mondo.

Sommario - Franz Kafka

Il Novecento letterario pag. 6

Franz Kafka pag. 7

James Joyce pag. 11

La crisi in Italia pag. 13

Luigi Pirandello pag. 13

Italo Svevo pag. 16

Il Novecento letterario

8

La nascita del romanzo moderno va ricondotta ad una serie di importanti

trasformazioni che all'inizio del secolo hanno investito l'economia, la società, il

pensiero scientifico e filosofico e, fra queste, un posto particolare può essere

riservato all'avvento del cinema, nel quale l'uomo moderno (e in particolare

l'intellettuale) trova un nuovo mezzo per esprimere se stesso in maniera

spontanea e per descrivere i suoi sogni e le sue esperienze personali. Il

cinematografo è anche il modo per sottolineare la nuova concezione del tempo,

Henri Bergson,

formulata da poiché gli istanti non si susseguono tutti uno

uguale all'altro, ma si dilatano o si restringono a seconda della volontà del

soggetto. Inoltre attraverso la macchina da presa è possibile percepire le

diversità dei punti di vista che, a mano a mano, si possono assumere

comunicando così una visione del mondo (e anche delle stesse persone) che

non è più lineare, ordinata e uguale per tutti.

Contemporaneamente, gli sviluppi della scienza mettono in crisi l'immagine

tradizionale di un mondo in cui i fenomeni possano essere spiegati secondo un

preciso ed univoco rapporto di causa

ed effetto.

Su un altro versante gli studi della psicoanalisi portano alla scoperta

dell'inconscio ovvero di quella parte dell'Io che si colloca al di sotto del piano

della coscienza e che influenza in modo decisivo il suo comportamento.

CARATTERISTICHE DEL ROMANZO

NOVECENTESCO leitmotiv

Nel primo Novecento il tema della crisi dell'io è il dei grandi romanzi

dall’Ulisse Processo

europei: (1922) di James Joyce (1882-1941) al (1924) di

La coscienza di Zeno

Franz Kafka (1883-1924), da (1923) di Italo Svevo (1861-

all'Uomo senza qualità

1928) (1930) di Robert Musil (1880-1942). L'eroe del

romanzo ottocentesco si trasforma in antieroe, l'inetto, l'escluso, l'uomo senza

qualità, e, parallelamente, viene attuata una rivoluzione nella forma

stream of

romanzesca: il narratore onnisciente viene sostituito dallo

consciousness ("flusso di coscienza"), dalla mera registrazione dei mutevoli

stati dell'io, che disarticola in tal modo la continuità spaziotemporale della

narrazione.

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