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Sintesi
Italiano.Antologia - Globalizzazione
Tecnologia - Crisi Economica 2008 (Mercato azionario)
Storia - La Grande Depressione
Geografia - Giappone
Scienze - La Struttura della Terra
Inglese - The Industrial Revolution
Arte - Realismo
Italiano.Letteratura - Giovanni Verga
Francese - Le Naturalisme
Musica - Jazz
Estratto del documento

inquinamento, compagnie

multinazionali, fame e povertà,

migrazioni, capitalismo,

ingiustizia.

Chi ha paura della

Globalizzazione individua nei

processi economici una sorta di

complotto messo in atto, in un

famigerato crescendo, dalle

multinazionali, più gli Stati Uniti

più il G8 più il Fondo Monetario

Internazionale più la Banca Mondiale più, appunto, il WTO (World

Trade Organisation, l’Organizzazione Mondiale del Commercio).

Conclude poi dicendo che se prima, all’epoca del Rinascimento,

gli attori principali erano i singoli Stati Nazionali, adesso lo

sviluppo è dato da multinazionali ed

imprese.

Possiamo quindi pensare che questa

tesi è una tesi che sostiene la

globalizzazione come la causa di caos

ed incertezze, caratterizzato

dall’assenza di una guida politica in

cui forze economiche amorali fanno

ciò che vogliono. Parliamo quindi di

un “nuovo disordine mondiale”.

Seconda tesi Nella seconda tesi

l’autore non prende posizione, se non dando una definizione più

11

neutra della globalizzazione,

individuando gli aspetti positivi e

negativi senza però sottolinearne la

categoria d’appartenenza.

Inizia con un’introduzione dicendo che

per globalizzazione s’intende un

insieme di fenomeni che portano

all’uniformità delle condizioni

economiche, degli stili di vita e delle

idee, basandosi soprattutto

sull’immagine occidentale.

Altro risultato della globalizzazione è un abbattimento di barriere

materiali e immateriali.

Lascia comunque un’idea molto vaga su ciò che pensa l’autore

della globalizzazione, dando solo una definizione del fenomeno.

Terza tesi

Per la prima volta la globalizzazione viene considerata un

fenomeno antico. La globalizzazione è iniziata con i

movimenti degli uomini, fin

dall’inizio della loro storia, ossia

con i viaggi e le migrazioni dei

popoli che si spostavano per cerare

condizioni di vita migliori, lavoro o per conquistare nuove terre. A

partire dal 1500 i viaggi e le migrazioni europee hanno assunto

scala mondiale con la scoperta dell’America e dell’Oceania e il

colonialismo in Africa ed in Asia e la conseguente deportazione

12

degli schiavi, a cui si aggiunsero, nel 1800 alle migrazioni di

massa dei poveri d’Europa verso il continente americano. Nel

corso del 1900 dopo la battuta d’arresto della Prima guerra

mondiale, una nuova ondata di spostamenti, aggravata dalla fuga

dei rifugiati politica e degli ebrei. A metà secolo forte

immigrazione verso l’Europa e verso il sogno americano, nella

speranza di una rinascita economica che viene poi però bloccata

dalla crisi petrolifera, che porterà ad immigrazione da tutto il

mondo e verso tutto il mondo.

Quindi per questa tesi ogni epoca storica ha visto grandi

spostamenti di popoli e ciò ha aperto le varie culture fra loro,

facendo sì che si conoscessero e si ponessero le basi per la

formazione di un nuovo concetto di cittadinanza sociale.

13

A mio parere la globalizzazione è attualmente un fattore negativo,

o almeno rispetto a come viene presentata adesso: multinazionali

che ci sfruttano. In più anche la nota positiva che potrebbe

contenere, ovvero la conoscenza fra culture nonché l’abbattimento

delle barriere che le dividevano, ha

portato solo alla nascita di

discriminazioni sociali che difficilmente

possono essere superate, mentre in altre

culture usi e costumi si stanno

dimenticando, in una società in cui il

“bello”, “alla moda” etc. è il modello

occidentale. La globalizzazione è stata

anche un fattore chiave della crisi

economica: è a causa di essa se la crisi ha colpito il mondo intero,

senza limitarsi ai soli confini statunitensi.

Il punto di partenza del fenomeno

nasce negli anni ’90 con la crisi e

il termine dei maggiori regimi

socialisti e del loro paese guida,

l’Unione delle Repubbliche

Socialiste Sovietiche.

Negli stessi anni si attua una

rapida diffusione delle nuove

tecnologie televisive che

avvicinano il mondo intorno ad un

unico schermo luminoso, gestito politicamente dalle potenze che lo

utilizzano per creare una società uniformata al modello che

permette ad esse il mantenimento del potere capitalistico ed

occidentale. 14

La globalizzazione è il fattore che ha permesso ad investitori di

ogni nazionalità di sedersi comodamente su una poltrona e

comprare azioni di tutto il mondo.

Cosa che ha fatto la loro fortuna, prima e la loro sfortuna poi,

perché proprio a causa delle possibilità internazionali che si

presentavano la caduta della Lehman Brothers nel settembre del

2008 ha causato la crisi economica che dal 2008 imperversa in

tutto il mondo, nessuno escluso.

TECNOLOGIA

CRISI ECONOMICA 2008-2013

Le principali cause della Crisi economica sono cinque:

- alti prezzi delle materie prime (petrolio in primis),

- una crisi alimentare mondiale,

- un'elevata inflazione globale,

- la minaccia di una recessione in tutto il mondo

- una crisi creditizia con conseguente crollo di fiducia dei

mercati borsistici

Perché la banca concedeva

prestiti a coloro che non

potevano restituirli, nella

maggior parte dei casi. La

stessa banca non teneva i

prestiti ma li impacchettava

per poi rivenderli dentro

15

obbligazioni.

Queste obbligazioni non venivano

acquistate per investimento, ma per

essere impacchettate con altre

azioni e rivendute dalle grandi

banche di affari a enti

previdenziali, enti locali.

Quando poi i mutui non vengono più

rimborsati le aziende perdono la cosiddetta fiducia che avevano

nelle banche. Viene a mancare la linfa vitale del mercato: la

fiducia. S’instaura invece una “cultura del sospetto” dove tutti

vendevano le proprie azioni per paura

che esse in realtà siano malate ma

nessuno le comprava per lo stesso

motivo.

Settembre 2008: Lehman Brothers

cade, senza finanziamenti è fallita.

Di conseguenza i vari Stati

iniziano a cercare di salvare le

banche, così i problemi delle

banche diventano i problemi dello stato.

Ecco come si è passati dalla banche agli stati, che hanno

incrementato il loro debito pubblico.

Ad esempio l’ Irlanda non aveva debito pubblico, ma aveva le

banche inguaiate. Le ha nazionalizzate e il problema è

passato allo stato che ha dovuto farsi salvare.

La crisi è sia in America che Europa, ma si sposta più in

Europa, perché in questa fragilità collettiva è lei la più

fragile. Ha un’unica valuta collettiva (l’euro) con

politiche diverse con paesi contrastati che non usano le

16

stesse armi degli USA. Quando la Grecia annuncia nel

maggio 2010 che aveva truccato i conti, si scoprono al

mondo tutte le contraddizioni che l’euro si portava

dietro da anni. STORIA

LA GRANDE DEPRESSIONE

Una crisi molto simile a quella di oggi è sicuramente la crisi del 1929

che colpì gli Stati Uniti, proprio perché anch’essa trova le basi in un

smoderata voglia di soldi e nel mercato azionario del sistema

capitalistico statunitense. 17

Dopo la Grande Guerra (Prima Guerra

Mondiale) gli Stati Uniti prosperano,

erano infatti usciti dalla prima guerra

mondiale come i veri vincitori.

L’impegno militare ed economico nel

conflitto, decisamente pesante, era

stato ben sostenuto grazie alle grandi

risorse ce disponeva il paese.

Nei dieci anni successivi l’economia

statunitense visse un periodo di grande sviluppo: l’industria produceva

sempre prodotti di grande qualità e l’agricoltura esportava in tutto il

mondo; forti prestiti internazionali erano concessi dagli Stati Uniti ai

principali Paesi europei. Le automobili, gli elettrodomestici

(frigorifero, lavatrici, cucine), le radio diventarono beni di consumo di

massa.

Anche il volto delle grandi città americane cambiò, assumendo il

tipico aspetto di oggi: grattacieli (come quelli di Manhattan a New

York), superstrade, ferrovie, metropolitane (ferrovie sotterranee o

sopraelevate).

I primi segni di crisi nell’economia statunitense stavano dietro

l’apparente prosperità, dove si

nascondevano gravi problemi:

il contrasto fra le grandi città

industrializzate e le cittadelle di

provincia e quello tra le

immense ricchezze di pochi e il

basso reddito della

maggioranza.

18

Il governo federale, inoltre, non interveniva per controllare le società

o le grandi banche che investivano i propri soldi in Borsa.

Queste ottenevano capitali dai piccoli risparmiatori promettendo loro

alti guadagni.

Così per un po’ i prezzi delle azioni vendute e comprate alla Borsa di

New York salirono continuamente e anche chi aveva messo da parte

modeste cifre spesso, frutto del lavoro di lunghi anni, vedeva il suo

piccolo gruzzolo moltiplicarsi. Si avviò così la speculazione: tutti

compravano azioni col proprio denaro o con denaro chiesto in prestito

alle banche nella speranza di riuscire a rivenderle a un prezzo più alto.

La produzione, intanto, cresceva senza sosta e così i prezzi delle

azioni. Sembrava che lo sviluppo dell’economia statunitense non

dovesse avere fine. Ma l’aumento della produzione era avvenuto al di

fuori di ogni controllo e troppe merci giacevano invendute nei

magazzini: alcune aziende incominciarono ad entrare in crisi.

I prezzi delle azioni smisero di salire. Le banche, impaurite,

cominciarono a richiedere indietro il denaro che avevano prestato agli

speculatori ed alle industrie, ma questi soldi non erano disponibili: si

trovavano bloccate in azioni o in merci invendute in attesa di

compratori.

Si diffuse la paura di non riuscire a riavere i soldi che era stato speso o

prestato. Gente comune e grandi

finanziatori smisero di comprare

azioni e cercarono invece di

rivenderle per tornare in possesso

dei loro capitali. M tutti

vendevano e nessuno comprava:

il 24 ottobre del 1929 le azioni

19

della Borsa di New York ebbero un vero e proprio crollo che proseguì

nei giorni successivi.

Enormi capitali e piccoli risparmi di una vita andarono in fumo;

milioni di famiglie si trovarono improvvisamente impoverite e senza

soldi e interruppero tutti i loro acquisti,

eccetto che dei beni di prima necessità.

Le industrie si trovarono in poco tempo

cariche di debiti con le banche, con

magazzini pieni di prodotti che nessuno

voleva e con macchinari ormai utili solo a

produrre merci che non trovavano

compratori.

Allora fermarono i macchinari e

licenziarono gli operai. Mentre molte

azione e molte banche fallivano aumentò drammaticamente il numero

di disoccupati. Così al grande crollo della Borsa seguì un crollo

dell’intera economie a stelle e strisce.

Nel 1932 la situazione era disastrosa: - Il numero di disoccupati aveva

raggiunto i 12 milioni;

- Più di 5.000 banche erano

fallite;

- 32.000 aziende commerciali

avevano chiuso;

- Il reddito nazionale era calato

da 80 milioni a 40 milioni di

dollari.

Nel frattempo la crisi economica si

era estesa all’Europa e al resto del

mondo. Tutti coloro che commerciavano con gli Stati Uniti avevano di

20

colpo perduto una clientela di

dimensioni colossali e quelle che

avevano ricevuto prestiti dalle banche

statunitensi se lo sentivano richiedere.

Francia, Inghilterra, Italia e Germania

che stavano faticosamente riprendendosi

dalla Grande Guerra, furono investite da

nuove difficoltà economiche, che

portarono al fallimento di aziende e

banche e ad una crescente

disoccupazione. Per risolvere la crisi

intervenne allora Franklin Delano Roosevelt(presidente USA dal 1932

al '45), nuovo presidente degli Stati Uniti appena eletto.

Si rivelò col passare degli anni una carta vincente per gli USA.

Egli avviò il metodo del New Deal coll’intento di ridurre la crisi.

Il New Deal (in italiano Nuovo Patto) venne introdotto negli Stati

Uniti da Roosevelt per affrontare la crisi economica del '29, che

raggiunse il suo apice nel '32.

Questa politica si ispira al Keynesianesimo: per J.Maynard Keynes

("Teoria generale dell'impiego", 1936) lo stato dovrebbe garantire il

full employment intervenendo e

stimolando il sistema capitalistico.

Tale teoria non deve essere tuttavia

paragonata alle dottrine economiche

dirigiste dei regimi totalitari, in

quanto lo stato per Keynes non

pianifica l'economia paralizzandola,

ma la favorisce e la stimola.

Il New Deal si basava principalmente

21

su questi punti:

1) riduzione delle ore di lavoro (i salari sarebbero stati minori, ma

sarebbero aumentati i posti di lavoro);

2) controllo federale sulle banche per evitare speculazioni finanziarie

e quindi un nuovo crollo delle borse;

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