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Sintesi
Storia: Pulizie etniche del secondo dopoguerra (questione della popolazione çam)

Inglese: "Refugee Blues" di Auden

Italiano: "Girovago" di Ungaretti

Latino: "Consolatio ad Helviam matrem" di Seneca
Estratto del documento

E’ nel secondo dopoguerra che ha luogo una silenziosa ma profonda rivoluzione

dei diritti umani. Il peso degli orrori della guerra, la scoperta delle dimensioni

dell’olocausto e insieme la speranza di poter costruire un diverso futuro

producono un grande cambiamento nella concezione del diritto, che trasforma

progressivamente la cultura giuridica e le stesse istituzioni internazionali.

Questa nuova cultura dei diritti è fondata sull’idea che gli esseri umani

debbano essere dotati di alcune prerogative essenziali inviolabili e universali,

che uno stato non possa avere il diritto di sterminare una parte dei suoi

cittadini, che dunque la sovranità statale non possa più essere assoluta: i diritti

inalienabili degli individui vengono affrancati dal monopolio dell’ordine giuridico

da parte dello Stato-nazione. Nel secondo dopoguerra si diffondono sempre più

due ideali : in primis l’eguaglianza di tutti gli esseri umani intesa come ciò che

essi hanno diritto di esigere dalla società e dagli altri, ovvero che non si può

distinguere, in tema di diritti fondamentali, tra cittadino e straniero, tra uomo e

donna, tra bianco e nero, tra cristiano ed ebreo, tra musulmano e non

musulmano, tra credente e non credente. In secondo luogo, la dignità della

persona umana, che significa, come già scriveva Kant, che l’uomo non può

essere trattato dall’uomo come semplice mezzo, ma deve essere trattato

sempre anche come un fine, fosse pure il più malvagio degli uomini, perché il

rispetto che gli è dovuto in quanto uomo non gli può essere tolto neanche se

con i suoi atti se ne rende indegno. Sulla base di queste concezioni si riuscì

allora a rifondare il diritto internazionale, imperniato sull’Organizzazione delle

Nazioni Unite, che è stata istituita il 26 giugno 1945 e la cui Assemblea ha

approvato la Dichiarazione Universale dei diritti umani, firmata a Parigi il 10

dicembre 1948. Tuttavia le vicende storiche successive , dapprima la divisione

del mondo in due blocchi contrapposti, quindi il mutamento della politica

statunitense, hanno portato ad un indebolimento delle due organizzazioni. A

partire dai Tribunali militari internazionali di Norimberga e di Tokyo, contro i

criminali di guerra tedeschi e giapponesi, si è fatta strada l’idea che la

sovranità statale non potesse estendersi fino a garantire a dittatori sanguinari

l’impunità anche nei confronti di crimini

contro l’umanità: di qui la faticosa

costruzione di un diritto penale

internazionale, che ha consentito l’istituzione

della Corte Penale Internazionale. Uno dei

numerosi casi di crimini contro l’umanità è

rappresentata dalla vicenda della Ciamuria in

Albania. Ciamuria è un termine usato oggi

per lo più dagli albanesi per indicare la

regione costiera dell'Epiro nell'Albania

e nella Grecia settentrionale

meridionale .

Le radici di questo popolo sono ravvisabili già

al tempo dell’impero romano, con il

passaggio poi a quello ottomano. Già alla fine

di quest’ultimo tra Grecia ed Albania iniziarono diverbi

inerenti a quale stato dovesse essere annessa questa

regione. Infine, a seguito delle Guerre balcaniche,

l'Epiro fu diviso nel 1913 con il trattato di Londra e la

regione passò sotto il controllo del Regno di Grecia,

mentre solo una piccola parte viene integrata nel

nuovo Stato indipendente di Albania. Tra il 1944-1945

la popolazione della Ciamuria fu protagonista di una

delle più sanguinose pulizie etniche che

caratterizzarono i Balcani. Dopo il ritiro tedesco dalla

Grecia, tra l’estate e l’inizio dell’autunno 1944, l’Epiro

viene occupato dalle truppe del generale Napoleon Zervas, comandante locale

della destra monarchica. Nel 1944 le truppe di Zervas entrarono nella città di

Paramythià e, per vendicare un attacco da parte di un gruppo di antifascisti del

quale nella storiografia greca venne accusata l’intera popolaziona

çam, secondo le stime dell’Associazione Çamëria a Tirana circa 2.771 Albanesi

musulmani della Çamëria furono uccisi nei massacri. Un derivato della

questione çam è l’esistenza, ancora oggi, di uno stato di guerra tra Grecia e

Albania, proclamato all’indomani dell’invasione italiana in Grecia e mai

ufficialmente revocato dal parlamento greco. Verso l’inizio degli anni ’50, a

livello internazionale, la questione çam fu considerata chiusa. Ai rifugiati çam

residenti in Albania fu conferita in modo obbligatorio la cittadinanza albanese,

mentre altrettanto obbligatoriamente lo stato greco revocò loro in massa la

cittadinanza greca, a causa del loro “collaborazionismo”. Negli anni 1953-1954

il governo greco decretò la confisca senza risarcimento dei beni dei çam, in

quanto proprietà abbandonate. Già nel 1940 il governo greco aveva decretato

lo stato di guerra contro Italia e Albania (all’epoca annessa all’Italia come parte

del “Regno d’Italia e d’Albania”), mettendo sotto sequestro conservativo le

proprietà dei cittadini di questi paesi nel territorio greco. Anche se nel 2008,

l’Albania è diventata membro a pieno titolo della NATO , il decreto dello stato di

guerra non è stato revocato. Tale decreto è l’ostacolo principale per la

restituzione delle proprietà ai legittimi proprietari çam o ai loro eredi e per il

rientro nel paese d’origine di chi volesse scegliere tale opzione.. Per la

popolazione albanese la tragedia della Çamëria rappresenta tuttora un

argomento di grande valenza soprattutto emotiva, il suo mancato

riconoscimento e il conseguente risarcimento sono un peso che grava sui

rapporti, attualmente molto buoni, ma comunque tuttora lungi dall’essere

rilassati e franchi da ogni tensione.. “Refugee Blues”,

The failure of identification is recognizable in Auden’s

published in autumn of 1939,where he describes the suffering of a Jewish

couple compelled to escape from Hitler’s Germany. The country of welcome

shows itself totally hostile toward them. Auden is one of the first writers that

destroyed the idea of the “ American dream”, pointing out the indifference and

the fears of a country that decides to close itself in its egoism. Terrible would

be the consequences of this reaction: the Holocaust. “If we let them in, they

will steal our daily bread”: this is the fear that the foreign guest represented a

threat for their own welfare or could somehow create an undesired competition

about the access to the services, to the rights, to work. The main theme is the

abuse of human rights experienced not only by German Jews but by other Jews

and by refugees anywhere. This poem is also an attempt to evoke intimately

the feeling of homelessness, hopelessness and desolation of all refugees: there

is the necessity to create this feelings in the reader .The form of the poem is

based on the rhythm as well as the themes of “blues”, a form of jazz in which

sorrow is expressed by the repetition of a strongly rhythmical line backed up

“blues notes”. The structure of the poem put in evidence the contrast between

the cold reaction of those who should welcome the strangers and the agony of

the couple that remain united in the search for a place to stay and for a little

warmth.

All’interno di Girovago di Ungaretti i

temi principali sono il nomadismo e lo

sradicamento. Se nella poesia In

memoria, scritta nel 1916, Ungaretti

credeva saldamente nelle proprie

radici, in Girovago, scritta due anni

dopo, questa convinzione viene meno,

anche in ragione della difficile

situazione in cui il poeta-soldato si è

venuto a trovare: la partenza per il fronte franco-tedesco in vista dell’offensiva

finale. Ungaretti si sente un nomade incapace di trovare un luogo dove

“accasarsi”, vive un forte disagio di adattamento, al punto di sentirsi ovunque

uno straniero. In realtà, come chiariscono le ultime strofe, il disagio è più

esistenziale che storico, infatti il paese innocente che il poeta cerca si situa al

di fuori di epoche storiche, che risultano tra l’altro troppo vissute, ma in un solo

/ minuto di vita / iniziale, quindi prima della possibilità stessa di consumare la

vita. Riaffiora, quindi, il tema dell’origine immacolata, non guastata dal vissuto

storico e personale. Ciò che il poeta cerca è in definitiva l’eden perduto.

«Girovago. Questa poesia composta in Francia dov’ero stato trasferito con il

mio reggimento, insiste sull’emozione che provo quando ho coscienza di non

appartenere a un particolare luogo o tempo. Indica anche un altro dei miei

temi, quello dell’innocenza, della quale l’uomo invano cerca traccia in sé o

negli altri sulla terra.» Vita d’un uomo

(da pagina 526).

“Tutto il mondo è una strada” diceva Seneca

nella sua Medea. Confini e limiti hanno ferma

dimora sulla terra da tempi immemori, come anche il bisogno di superarli e

scoprire cosa c’è al di là di essi. All’inizio della sua carriera politica, Seneca si

trova a dover affrontare l’ostilità dell’imperatore Claudio, il quale decide di

mandarlo in esilio in Corsica per circa 9 anni (41-49). L’unico motivo di

preoccupazione del filosofo è consolare la madre, ovviamente preoccupata per

Consolatio ad Helviam Matrem.

la sorte del figlio. A questo fine è volta la Come

sottolinea Traina, nella tradizione del genere letterario della Consolatio, che

fonda le sue radici in Cicerone (De luctu minuendo), “non trovavo esempi di chi

avesse consolato i suoi mentre era lui l’oggetto del loro pianto”. L’intero scritto

Commutatio loci

è in particolare volto ad esorcizzare il male dell’esilio. è

l’espressione che Seneca utilizza per designare la tendenza dell’animo umano

a cambiare sede e a muoversi. Il suo carattere inquieto è espressione del

desiderio di conoscenza di cose nuove ed ignote. Non manca per Seneca il

carattere migratorio dei popoli nella storia. La visione cosmopolitica che viene

proposta concerne una visione dell’individuo al di là dell’ ethnos a cui

appartiene e che arriva a definire il mondo intero come Patria, in quanto

ovunque vada l’uomo si porta sempre con sé le sue virtutes personali. “Mundus

hic, […] et animus conteplator admiratorque mundi, pars eius

magnificentissima, propria nobis et perpetua et tam diu nobiscum mansura

sunt quam diu ipsi manebimus” (“Il mondo, e l’animo contemplatore e

ammiratore di quello, la parte più splendida di esso, sono cose che

appartengono a noi, perpetue, e che rimarranno con noi tanto a lungo quanto

noi stessi rimarremo”)

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