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MALE MORALE SENZA TEMPO
INTRODUZIONE
La corruzione è sempre stata un problema con cui qualsiasi società, in ogni tempo, ha dovuto confrontarsi. Al giorno d’oggi inoltre i danni della corruzione si fanno sentire sotto l’aspetto sia propriamente economico sia culturale, nella “percezione” che i cittadini hanno dei meccanismi che regolano l’economia e il mondo del lavoro, nella fiducia fra cittadini e istituzioni.
L'interesse su quest’argomento mi è venuto sentendo parlare nei giornali di tutti i grandi scandali e casi di corruzione che hanno colpito il nostro paese ultimamente: sia per quanto riguarda l'Expo, sia per quanto riguarda la politica.
In questo percorso ho cercato di capire quale impatto abbia avuto la corruzione sull'opinione pubblica e sulla scena politica nella storia. Per indagare queste spinose tematiche ho analizzato due casi, tra loro separati cronologicamente da un tempo molto lungo, ma indubbiamente di simile importanza per la loro epoca :il processo a Gaio Verre del 70 a.c. di Cicerone e il processo di Mani Pulite del 1992. Entrambi questi eventi giudiziari, infatti, oltre a essere la conseguenza di lampanti casi di corruzione, hanno avuto importanti risvolti storico-politici e hanno suscitato un notevole interesse nell'opinione pubblica del loro tempo.
In sintesi, la domanda cui ho cercato di rispondere è stata: quali danni ha provocato e quali conseguenze ha avuto? Sono serviti a qualcosa questi due processi?
IL CASO DI MANI PULITE
Lo scandalo denominato tangentopoli ebbe origine il 17 febbraio 1992. Tale data corrisponde al giorno in cui l’imprenditore Magni, titolare di un’impresa di pulizie, stanco di pagare tangenti per far lavorare la sua impresa, denuncia il fatto al procuratore Antonio Di Pietro. Il destinatario delle tangenti era il presidente dell’ospizio Pio Alberto Trivulzio, Mario Chiesa che, grazie agli accordi tra Magni e gli organi di polizia, fu colto in flagranza di reato. Per l’accaduto Mario Chiesa fu arrestato con l’accusa di concussione e dopo poco tempo di reclusione al carcere San Vittore, iniziò a confessare, allargando “a ventaglio” l’inchiesta nei confronti d’imprenditori e politici. Il perche Chiesa confessò immediatamente è probabilmente da collegare alle dichiarazioni che fece il capo del PSI Bettino Craxi che lo denigrò completamente e pubblicamente, definendolo un “mariuolo isolato” e negando il sistema di tangenti.
Questa confessione fu la prima di una lunga serie di confessioni che portarono allo scoppio di uno scandalo senza precedenti: ogni persona indagata o comunque coinvolta, per paura di finire a San Vittore, a sua volta, confessava, coinvolgendo nuove persone e portando a una caduta a domino di numerosi esponenti politici e d’imprenditori. Erano proprio questi ultimi, stanchi di pagare, a vuotare il sacco sapendo che, se avessero collaborato, dopo poco sarebbero tornati alla vita quotidiana (al contrario dei politici che andavano in contro a dure conseguenze).
Alla fine quindi si creò una reazione a catena che nel giro di pochi mesi permise a Di Pietro di arrivare al suo unico vero obiettivo: il capo del partito socialista Craxi. Lui provò a difendersi pronunciando un famoso discorso al parlamento nel quale denunciava pubblicamente il finanziamento illecito dei partiti, non solo del suo ma di “tutti i partiti, specie quelli che contano su apparati grandi medi o piccoli, giornali e attività propagandistiche promozionali e associative”.
L’intenzione era proprio quella di sminuire gli accaduti affermando che ciò per cui molte persone erano accusate, era una procedura frequente, alla quale nessuno si era sottratto. Per questo, a suo dire, non era giusto condannare e considerare i fatti come comportamenti criminali, in quanto, se così fosse stato, allora tutto il sistema politico sarebbe da considerare un sistema criminale. Dicendo questo, chiedeva in un qual modo di “insabbiare” il caso, altrimenti, prima o poi, tutti i membri di parlamento e governo, avrebbero avuto una pena da pagare. Ma nonostante ciò nel dicembre del 1992 Craxi fu raggiunto da un avviso di garanzia e nel giro di poco tempo fu costretto a dimettersi. Sarà processato alcuni anni dopo e costretto a fuggire come latitante a Hammamet in Tunisia, dove morirà il 19 gennaio del 2000.
Un’importanza cruciale nello sviluppo di Mani Pulite lo assume l’opinione pubblica. Infatti, essa dopo l'iniziale smarrimento, si schierò in massa dalla parte dei PM: la giustificazione stessa della legge sul finanziamento pubblico ai partiti veniva percepita come priva di senso, visto che per anni era stata spiegata con le necessità di sostentamento della politica ed ora, si scopriva che ciò non aveva fatto venir meno la corruzione.
Nacquero comitati e movimenti spontanei, furono organizzate fiaccolate di solidarietà con il pool, sui muri comparvero scritte come "W Di Pietro", "Di Pietro non mollare", "Di Pietro facci sognare" e "Di Pietro tieni duro!". Si diffusero persino slogan come "Tangente, tangente. E i diritti della gente?" o "Milano ladrona, Di Pietro non perdona!", o anche "Colombo, Di Pietro: non tornate indietro!"; vennero distribuiti orologi rappresentanti "l'ora legale". Nei sondaggi dell'epoca, la popolarità di Di Pietro e del pool raggiunse la percentuale record dell'80%, la cosiddetta "soglia dell'eroe". Un fattore che aiutò la popolarità del personaggio furono anche i suoi modi di fare, molto duri, quasi da “sbirro” e il suo linguaggio molto popolare. Il grande coinvolgimento emotivo che il processo ebbe sull’opinione pubblica si nota anche in alcuni eventi pubblici, il più importante è quello che avvenne il 30 aprile del 1993; infatti, in quella data venne negata l’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi e questo provocò durissime reazioni : quando lui uscì dall’albergo nel quale era alloggiato, una folla, che si era radunata lì fuori, incomincio a lanciargli monete e a sventolare banconote urlando: “ Bettino vuoi anche queste?” oppure “ Bettino, Bettino il carcere è vicino”.
Questo mostra anche quanto era forte il sentimento di indignazione nei confronti di una politica che aveva “tradito” i cittadini.
Questo clima quasi da gogna pubblica e da tribunale popolare portò però anche a gravi conseguenze : tra il 1992 e il 1994 vi furono numerosi suicidi, se ne contarono addirittura trentuno. Molti personaggi famosi non ressero al vortice che gli si stava creando attorno; la pubblica opinione li aveva già condannati ancor prima che la sentenza fosse stata emessa, insultando e svergognando i coinvolti. Tale colpa va attribuita anche ai giornali che, come spesso accade, “gonfiavano”le notizie rendendole ancor più clamorose. Nel '92-'94 i giornali, i giornalisti, gli intellettuali, quasi tutti compromessi col vecchio regime, nel tentativo di riposizionarsi facevano a gara per blandire, lisciare, molcire Di Pietro. In Italia fu assunto come simbolo, quasi un eroe senza macchia mitologico, alcuni addirittura lo proponevano come presidente della Repubblica.
Anche all’estero lui era osannato: il Newsweek (rivista americana) del 29 febbraio 1993 titolava : «La grande pulizia: lo scandalo che sconvolge l’Italia» In copertina, la faccia di Antonio Di Pietro.
La forte scarica emotiva fu però breve e nel giro di pochi anni la forte indignazione scomparve.
Anche a livello politico il processo ebbe ampi travolgimenti; il caso di Tangentopoli infatti contribuì alla fine della Prima Repubblica.
Agli inizi degli anni Novanta infatti il crollo del comunismo, successivo alla caduta del muro di Berlino aveva portato in Italia allo scioglimento del PCI e si era quindi spezzato quel bipolarismo che aveva caratterizzato la politica fino a quei giorni : il PCI in opposizione e la Democrazia Cristiana al governo. La democrazia italiana infatti era una democrazia “bloccata” perché non c’era una vera e propria alternanza di partiti al governo. Il partito principale d’opposizione, il PCI era portatore di un sistema economico-sociale alternativo e di una totalmente diversa politica estera.
L’impossibilità di un alternanza ha privato gli Italiani del potere di scegliere la classe dirigente, cioè della possibilità di negare il consenso ai politici che non corrispondevano alle attese dei cittadini. Di conseguenza, a fine anni Ottanta, i cittadini si sentivano generalmente oppressi dai partiti, che anzi erano ormai degenerati e avevano assunto uno strapotere in qualsiasi settore pubblico, che è definito Partitocrazia.
La bufera di Tangentopoli che mise finalmente in chiaro tutti i problemi della partitocrazia italiana travolse i principali partiti tradizionali come la DC, il PSI, il PLI, il PRI che scomparvero dalla scena politica. Si formarono partiti completamente nuovi anche di estrazione popolare.
I più importanti furono probabilmente le leghe come la Lega Nord che proponeva idee estreme di riorganizzazione dello stato in senso federale; la lega in breve tempo divenne una delle più importanti forze politiche del Nord.
Il caso però più clamoroso, che segna l’inizio della nuova stagione politica e la nascita della seconda repubblica fu la vittoria elettorale di un partito nato dal nulla nel 1994: Forza Italia guidata da Silvio Berlusconi. Evento fondamentale avviene nel 1993 quando viene introdotta la nuova legge elettorale che cambia il sistema elettorale da proporzionale a maggioritario.
Nonostante però la nascita della seconda repubblica abbiamo notato, anche con gli eventi degli ultimi tempi, come la corruzione sia un fatto ancora presente in ogni settore della politica.
IL PROCESSO A VERRE
L’azione che Cicerone si assunse contro Verre costituì una causa di diritto penale discussa a Roma nel 70 a.c. dinanzi al tribunale delle concussioni ( de pecuniis repetundis). La concussione era definita come estorsione e indebita appropriazione di beni, commessa nell'esercizio dei pubblici poteri a danno dei provinciali, anche senza arricchimento dell'autore. La denominazione latina si riferisce al fatto che i popoli delle province potevano esigere delle somme dagli ex-governanti se questi o i loro figli avevano commesso degli illeciti patrimoniali durante il periodo in cui erano stati in carica.
Verre era accusato di concussione e il reato a lui ascritto era stato consumato in Sicilia dal 73 al 71 durante il triennio in cui egli fu governatore in quella provincia. Verre rimase in carica un anno in più del dovuto a causa della guerra servile che in quegli anni imperversava in Campania. In Sicilia Verre trovò un terreno fertile, grazie al grande potere di cui si trovò a disporre, su cui assecondare la sua sfrenata avidità di denaro, lusso e piaceri.
Terminato il suo mandato, nel gennaio del 70 a.C. le città siciliane, ad eccezione di Messina e di Siracusa, presentarono l'accusa di concussione (de repetundis) contro Verre. Il loro obiettivo era la restituzione delle somme illegalmente percepite dal governatore. I siciliani si costituirono parte civile. Per sostenere l'accusa i siciliani si rivolsero a Cicerone, da loro ben conosciuto e stimato in quanto era stato questore in Sicilia nel 75, ed aveva lasciato un ottimo ricordo del suo comportamento. Da una parte quindi si trovano a fronteggiarsi l’homo novus Cicerone ( che per la prima volta nella sua carriera farà da accusatore) e un uomo della «casta» senatoria, avido e corrotto. Ma Verre, dalla sua, aveva un' indomabile energia, che si esprime in un' attività corruttiva senza freni, alimentata da un fiume di denaro. Mentre il processo era alle porte, ogni tentativo venne esperito da lui e dai suoi amici per neutralizzarlo.
Dapprima un personaggio di scarso peso, Quinto Cecilio Nigro, si candida contro Cicerone a sostenere il ruolo di accusatore: con un uomo simile la difesa di Verre, assunta dal principe del foro Quinto Ortensio Ortalo, avrebbe avuto gioco facile. Cicerone se ne liberò con un discorso tenuto nel gennaio del 70 davanti al tribunale ( la in Quintum Caecilium divinatio), che vale come piano dell' accusa e come giustificazione del ruolo assunto: le nefandezze dell' imputato sono richiamate per sommi capi e quasi date per provate, l' inconsistenza di Quinto Cecilio esibita senza pietà, la propria solidità di oratore e la propria onestà fatte valere. Lo stile è austero e grave, ma non manca qualche concessione ai giochi di parole (come quello su Verre-verro).
Subito dopo i sostenitori dell' imputato manovrarono per dilazionare i tempi del processo. Cicerone aveva cinquanta giorni per la sua inchiesta in Sicilia (fino ad aprile), ma il processo inizierà ad agosto, scavalcato da un altro procedimento. Gli amici di Verre intanto occuparono ruoli-chiave e minacciavano di far valere la loro influenza.
Infatti nel frattempo, nell’estate del 70, prima che il processo iniziasse, furono eletti consoli due amici, molto influenti di Verre : il suo difensore Quinto Ortensio Ortalo e il suo successore nel governo della Sicilia Quinto Cecilio Metello. L’intento di Verre era chiaro: innalzare alle più alte cariche per l’anno seguente i propri amici e protrarre il dibattito, ormai improrogabile, fino a gennaio.
Ma nonostante tutti gli sforzi il processo iniziò il 5 agosto. L’aspettazione era vivissima e il foro gremito di folla.
Cicerone, per accelerare lo svolgimento del dibattito e sconvolgere i piani degli avversari, decise di rinunciare a una trattazione ampia e pronunciò una breve arringa: l’actio prima. Subito dopo, per nove giorni di fila, l’accusatore fece sfilare senza interruzione davanti al tribunale più di un centinaio di testimoni. Il suo successo fu immediato e schiacciante. Verre si diede prima malato e poi se ne andò in esilio, portando con sé molte ricchezze. Il resto delle Verrinae (la cosiddetta actio secunda) sarà diffuso in seguito da Cicerone, come risarcimento di una requisitoria completa mai veramente pronunciata in aula.
Anche il processo a Verre ebbe un grande impatto a livello di opinione pubblica. Ci viene raccontato che il pubblico partecipò con passioni alle fasi del dibattito: ad alcuni episodi commoventi tutti avevano le lacrime agli occhi, alla rievocazione delle efferate crudeltà di Verre tutti prorompevano in esclamazioni di sdegno; e una volta il presidente dovette sospendere l’udienza per evitare che la folla si scagliasse sull’imputato a linciarlo. Della grande importanza che il processo riveste sull’opinione pubblica ce lo testimonia anche Cicerone stesso che nell’exordium dell’actio prima dice :” L’occasione più fortemente desiderata, o giudici, la sola veramente adatta a sedare l’ antipatia verso la vostra classe e il discredito per l’istituto giudiziario, vi è data in un momento critico per lo Stato, non da consiglio umano, ma quasi dal volere divino. Da lungo tempo ormai s’è diffusa, non solo tra noi, ma anche fra gli altri popoli, l’opinione, dannosa per la repubblica e pericolosa a voi che, con l’attuale sistema giudiziario, un uomo ricco può, per quanto colpevole, sottrarsi alla giustizia […]Ho portato dinanzi a voi un uomo, che vi offre la possibilità di ridare alla giustizia la perduta stima, di riconciliarvi col popolo romano, di dare soddisfazione ai popoli stranieri; “ e ancora “ Se voi lo giudicherete con rigore e secondo coscienza, resterà saldo quel prestigio che è vostro compito preservare; se invece le sue ingenti ricchezze riusciranno a spuntarla sul rispetto della legge e sulla verità, raggiungerò almeno lo scopo di provare che ai giudici non è mancato un accusato, né a questo un accusatore, ma è mancato piuttosto alla repubblica il suo tribunale.”
Cicerone quindi riconosce l’importanza che questo processo rivestiva nella percezione del popolo nei confronti della giustizia. Ma i motivi di fondo che spingevano cicerone a ergersi come paladino di questo processo erano prettamente di stampo politico. Infatti, prima del processo a Verre, solo ai senatori era consentito fare da giudici e per questo avevano il più totale controllo dei tribunali. Questo venne sancito nel 81 da Silla con la Lex Cornelia de provinciis,. I cavalieri erano quindi estromessi dai processi per concussione. In questa ottica di lotta di potere tra nobili senatori, ormai in declino, e la nuova classe dirigente dei cavalieri, si poneva la figura di Cicerone. La sua condotta risulta evidente: appoggiare la politica di Pompeo in favore dell’ordine equestre senza tuttavia rompere i ponti con la nobiltà. Egli infatti era ignorato dalla nobiltà senatoria che odiava gli homines novi che come lui cercavano di farsi strada con le sole proprie forze; ma allo stesso tempo apparteneva egli stesso al senato da ormai 5 anni, e comprendeva che non era possibile realizzare le sue ambizioni schierandosi apertamente contro di essi. Con grande abilità tattica volle allora dividerli distinguendo fra di essi gli onesti dagli improbi; e contro questi non si scaglio personalmente ma come portavoce della pubblica opinione.
Che Cicerone fosse mosso da ragione di stampo politico lo si capisce anche dal fatto che, pochi mesi dopo, si prestò a difendere l’ex-governatore della Gallia Marco Fonetio accusato, come Verre, di de repetundis e accusato dalla stessa provincia della Gallia. Ma Fonteio era un amico di Pompeo e aveva combattuto con lui in Spagna ed era appoggiato da tutti i cavalieri che lo rivendicavano come capo. Quindi, difendendolo, perseguiva gli stessi obbiettivi del processo a Verre: sostenere la politica di Pompeo e favorire l’ordine equestre a cui si sentiva sempre più legato.
Il processo quindi servì a Pompeo che poco tempo dopo introdusse, con la Lex Aurelia iudiciaria , la nuova riforma giudiziaria; servì all’ordine equestre che riconquistando la supremazia nei tribunali ottenne ogni libertà d’azione nello sfruttamento delle provincie; servì al senato che si salvò almeno una partecipazione ai tribunali; servì infine anche a Cicerone che fu scagliato in primo piano sulla scena politica: nel 69 a.C. venne eletto alla carica di edile curule (all'età di 37 anni), nel 66 a.C. diventò pretore con una elezione all'unanimità (a 40 anni). L’unico scopo a cui non fu utile fu proprio un miglioramento delle condizioni dei provinciali.
Proprio la condizione delle provincie era, infatti, pessima. Per capire quali danni abbia portato allo stato, l’amministrazione di un uomo “che è stato il grassatore del pubblico erario, l’oppressore dell’Asia Minore e della Panfilia, predone della giustizia da lui amministrata come pretore urbano, peste e rovina della provincia siciliana.” vi propongo alcuni dati:
Sotto il regime di Verre:
• La sola decima (la decima parte del reddito che l'agricoltore doveva all'erario come imposta) raggiunse il 50% del raccolto.
• Il complesso dei tributi salì fino al 75%
• Ci fu una diserzione del 60%
• Furono depredate innumerevoli opere d’arte ( esempio la statua di Ercole ad Agrigento)4
• Furono incarcerati e uccisi moltissimi cittadini romani senza processo
Questo quadro di desolazione ci viene confermato anche da Cicerone che nella in Quintum Caecilium Divinatio dice :”le provincie sono vittime di saccheggi, vessazioni e totale distruzione, gli alleati e i tributari del popolo romano sono rovinati: nella loro sventura ormai non sperano più di salvarsi, ma cercano solo un conforto alla loro fine”.
Alla luce di quanto analizzato, si nota come la corruzione sia un problema ancora tremendamente presente e che nonostante si sia provato a fermarla, essa non ha fatto altro che essere semplicemente rallentata. È per questo che la corruzione è un male morale che appartiene a ogni uomo.
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