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Sintesi
Filosofia: Johann Gottlieb Fichte Fichte; Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Greco: Marco Aurelio (il Prometeo incatenato)

Italiano: Luigi Pirandello

Storia: l'animo risorgimentale

Latino: Seneca
Estratto del documento

ripiegavano le loro teorie sul proprio io o sulle “leggi del cuore”. In realtà Hegel tende

ad analizzare attraverso un processo esclusivamente dialettico, triadico e circolare la

realizzazione dell’assoluto nella realtà, considerando ,alla base di tutto, la crisi del

finito e la sua necessaria risoluzione nell’infinito. I tre momenti dell’assoluto sono

quindi: idea-natura-spirito. Il ciclo ha come fase iniziale la tesi in cui l’idea pura esiste

in sé stessa a prescindere dalla sua realizzazione nella Natura e nello Spirito. Il

momento della tesi è un momento definito ASTRATTO o INTELLETTUALE in quanto di

ferma alle determinazioni rigide e isolate della realtà considerando per intelletto, un

modo di pensare statico e astratto. La seconda fase è l’antitesi (filosofia della natura)

in cui si presenta l’alienazione dell’idea nelle realtà spazio-temporali del mondo.

Viene considerato un momento NEGATIVO RAZIONALE in quanto nega le

determinazioni astratte dell’intelletto, mettendole in rapporto con le determinazioni

opposte. La filosofia Hegeliana si basa proprio su questo passaggio: la lotta tra tesi

antitesi è necessaria affinché l’idea si realizzi come Assoluto. Già Spinoza aveva

omnis determinatio est negatio

anticipato considerando il processo dialettico

necessario all’autodeterminazione e affermando quindi la teoria di Hegel secondo

la quale grazie a questa negazione della negazione stessa vi è una riaffermazione

AUFHEBUNG

vera e propria detta che esprime al meglio l’idea di un “superamento”

che è, al tempo stesso un togliere (conseguentemente alla dialettica) e un

conservare(antitesi della lotta,negazione della negazione). Anche nel filosofo di

Stuttgart quindi l’affermazione di sé è fondamentale, con l’unica differenza però che

conoscenza e superamento avvengono immediatamente l’uno dopo l’altro in quanto

parte dello stesso momento dialettico. L’aspetto più particolare e interessante di

questa filosofia è sicuramente la conservazione della lotta iniziale tra tesi e antitesi

che nella vita umana rispecchia il contrasto tra passato e futuro al principio del

processo auto conoscitivo.

Non c’è un metodo preciso o un particolare atteggiamento d assumere nei riguardi

del mondo: secondo Nietzsche la piena conoscenza della propria identità segna il

passaggio dall’uomo all’oltre –uomo. Ma come è possibile avere piena padronanza di

ciò che si è? E’ necessario secondo il filosofo di Lipsia rompere completamente con il

passato. Ciò che porta l’uomo alla piena affermazione di sé è ,secondo Nietzsche, il

coraggio, è l’atto di assoluta temerarietà di rompere con ciò che ci ha formati e

guardare alla vita come un continuo non-senso e viverla con uno spirito libero e

“inventarla aldilà del bene e del male”.Nel momento in cui la rottura è avvenuta

l’uomo non deve far altro che obbedire a sé stesso per non farsi comandare e

plasmare dalla realtà , non essere quindi schiavo di essa. Alla base del superamento

umano Nietzsche pone la volontà di potenza che si identifica con la vita stessa che

come scrive in “Così parlò Zarathustra” “Vedi” mi disse” io sono quella che sempre

deve superare sé stessa”.E’ perciò un continuo superamento di sé possibile solo

tramite l’accettazione dell’ “eterno ritorno” e del “divenire”. Per il filosofo è un atto

eroico possibile unicamente una volta distaccatisi dai valori- menzogne.

Greco

La conoscenza si sé stessi è un pensiero, un obiettivo fisso di chi vuole e desidera

vivere al meglio. Nell’età imperiale greca compare un autentico romano che con i

suoi aforismi,pensieri scritti “eis auton” si concentra , conseguentemente al suo

incarico, su un’ analisi approfondita della vita dell’uomo esponendo concetti quali:

“per essere felici è necessario bastare a sé stessi, è necessario comprendere di quale

essere che governa il mondo si sia emanazione” denunciando la trasformazione

continua del mondo e degli oggetti esterni e concentrandosi sul valore della vita che

aumenta in relazione alla quantità di metriotes e razionalità presenti in noi. Ci parla

di un animo puro e sereno che solo può superare la realtà e avvicinarsi alla liberta

esclusivamente nella solitudine e nell’alienazione.

“E’ ormai tempo che tu finalmente capisca di quale universo sei

parte, di quale essere che governa il mondo sei emanazione,e che

hai un limite di tempo prestabilito che svanirà, se tu non lo utilizzi

per la tua serenità, e anche tu svanirai , e non ti sarà più possibile

approfittarne un’altra volta.”

“Osserva quindi come hai iniziato, e qualunque cosa tu faccia, falla

così, con la volontà di essere buono nel senso specifico in cui

s’intende che un uomo è buono. Osserva questa regola in ogni tua

azione.”

Di certo il pensiero dell’imperatore si rifà alla filosofia stoica che vede in Marco Aurelio,

Epitteto, Seneca i maggiori esponenti. Lo stoicismo si diffonde ad Atene insieme a:

epicureismo, cinismo e scetticismo. La diffusione di queste particolari correnti è

dovuta al crollo delle “poleis” e alla conseguente sensazione da parte dell’uomo di

dispersione e disagio. Il problema principale fu il fatto che mancando le vere e proprie

comunità greche che fino ad allora avevano rassicurato l’uomo, cosmopolitismo e

individualismo coincisero perfettamente. Ci si sentiva quindi non più rassicurati dalle

mura dell’ “agorà” ma cittadini di un mondo che apparteneva a tutti e a nessuno.

L’uomo divenne sì cosmopolita ma con la tendenza a chiudersi in sé stesso per

cercare quella quiete (asuchia-Teocrito) e quella serenità che prima possedeva. Ad

indicare la strada verso la serenità e la quiete furono perciò le filosofie che più che

assicurare la felicità cercarono di rendere l’uomo sereno e NON TURBATO, indifferente

ai colpi di “tyche”, che potesse bastare a sé stesso (autarches) e potesse ubbidire a sé

stesso per non farsi comandare da altri (adespotes). Si tendeva quindi a fuggire dalla

realtà perché l’unica via d’uscita era dedicarsi completamente al proprio io.

E’ sufficiente perciò isolarsi, interrogarsi senza l’aiuto di nessuno che ci aiuti a trovare

noi stessi? Probabilmente l’alienazione e la meditazione non sono gli unici metodi

adatti all’autoconoscenza e al superamento di sé. E se qualcuno direttamente o

indirettamente, fosse in grado di sbloccare ciò che ci impedisce una piena

affermazione della nostra essenza e personalità? Lo stesso Prometeo che è già

consapevole della sua colpa morale conseguente al dono fatto ai mortali, viene

esortato e aiutato da Oceano affinché conosca sé stesso e si superi cambiando il suo

atteggiamento nei confronti di Zeus in uno nuovo.

E’ questa la situazione dell’eroe che osò sfidare gli dei e che conosce il suo futuro,

fungendo perciò da oracolo alla disperata Io che vaga tormentata dall’assillo in

attesa del termine delle sue pene. Fondamentale è infatti la figura di Prometeo per la

fanciulla sventurata : sarà la sua profezia a permettergli di guardarsi dentro e capire

cosa sarà della sua vita.

E’ quindi possibile essere sostenuti e avviati nel processo dell’autoconoscenza da chi

è più vicino a noi e da chi con noi vive le nostre stesse situazioni e si rispecchia nei

nostri tormenti, da chi come direbbe Schopenhauer ci “compatisce” e di conseguenza

ci ama. E’ l’amore infatti il sentimento che più ci aiuta a stare in pace con noi stessi.

Italiano

Nella letteratura italiana dei primi anni del Novecento emerge senza dubbio la figura di

Luigi Pirandello. Nasce a Girgenti nel 1867 e diventerà un vero e proprio scrittore-

filosofo. La sua filosofia sulla quale modella il suo stile e la sua poetica hanno come

oggetto d’analisi l’uomo e la sua vita, l’essere umano come conoscitore del suo essere,

questa volta con conseguenze esclusivamente negative. Il pensiero Pirandelliano si

basa perciò su quello che viene chiamato “vitalismo” che considera la realtà tutta un

flusso continuo e dinamico in cui ciò che si ferma, prende una forma in qualche modo

individuale comincia a morire. Questo perciò lo porta ad avere una nuova concezione

dell’uomo nel mondo, in quanto lo considera “limitato” in quanto tende a fissarsi un

forma individuale da sé , senza accorgersi che è in realtà soltanto un illusione ed una

vera e propria “maschera” sotto la quale non c’è nient’altro che un fluire indistinto e

incoerente di stati in perenne trasformazione. Da ciò scaturisce il fatto che la

conoscenza di sé non è sempre e comunque qualcosa di positivo: nel caso dei

personaggi delle novelle,dei romanzi,delle opere teatrali pirandelliane tendono a

rifugiarsi in sentimenti di smarrimento e dolore in primo luogo si accorgono di non

essere nessuno r provano angoscia e dolore; in secondo luogo ciò che più li segna è

l’essere fissati dagli altri in forme in cui non si possono conoscere.

Da qui nasce il relativismo gnoseologico di Pirandello: la conoscenza della nostra

essenza non è permessa, ma compromessa qualora coloro che ci circondano fanno

disparate analisi su ciò che pensano potremmo essere. Non riusciamo penetrare in noi

stessi e vediamo la nostra vita “da fuori” e come dice il protagonista de “La carriola”,

chiunque veda la sua vita e la riesca ad analizzare è segno che non la vive ma la

trascina e ne subisce gli eventi.

“Chi vive, quando vive, non si vede: vive... Se uno può vedere la

propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina.

Come una cosa morta, la trascina. Perché ogni forma è una morte.”

In realtà in pochi ne sono a conoscenza: molti si affannano per raggiungere uno stato

una forma e quando l’hanno raggiunta credono di aver conquistato la loro vita, ma

iniziano invece a morire e sgretolarsi. Nel caso della novella citata il protagonista si

vede già morto e si accorge di non aver mai vissuto davvero,vede la forma che gli altri

gli hanno assegnato e vede che in questa forma una sua vita vera e propria non c’è mai

stata.

L’unica via di relativa salvezza dalla piena conoscenza della propria vita che perciò

Pirandello tende a dare ai suoi “eroi” è la fuga nell’irrazionale o nella follia che è lo

strumento per eccellenza di denuncia dell’illusoria realtà umana.

La follia è protagonista di svariate produzioni dell’autore siciliano. Con particolare

attenzione alle novelle quelle emblematiche sono: “il treno ha fischiato” e “Enrico IV”.

Trattata in due maniere differenti nelle prima non si parla di vera e propria follia ma di

un atteggiamento definito “naturalissimo” dal narratore conseguente alla situazione

familiare dell’impiegato Bellucca totalmente stordito della realtà di cui fa parte. Il

fischio del treno ha un preciso significato: rappresenta il risveglio del protagonista che è

così portato ad un radicale cambiamento della sua vita, ritrovando la libertà e il gusto di

vivere.

“Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d'un tratto

la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro

scoperchiato s'era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del

mondo che gli si spalancava enorme tutt'intorno. S'era tenuto

istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era

corso col pensiero dietro a quel treno che s'allontanava nella notte.

C'era, ah! c'era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi

tormenti, c'era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel

treno s'avviava... Firenze, Bologna, Torino, Venezia... tante città, in

cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte

sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva! La

vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui!”

Nell’ “ Enrico IV” il protagonista, ovvero un giovane aristocratico che durante una festa

in costume,nei panni dell’imperatore di Germania, per un’improvvisa impennata del

cavallo batte la testa e impazzisce. Per dodici anni vive nella fissazione di essere

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