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Greco: Marco Aurelio (il Prometeo incatenato)
Italiano: Luigi Pirandello
Storia: l'animo risorgimentale
Latino: Seneca
ripiegavano le loro teorie sul proprio io o sulle “leggi del cuore”. In realtà Hegel tende
ad analizzare attraverso un processo esclusivamente dialettico, triadico e circolare la
realizzazione dell’assoluto nella realtà, considerando ,alla base di tutto, la crisi del
finito e la sua necessaria risoluzione nell’infinito. I tre momenti dell’assoluto sono
quindi: idea-natura-spirito. Il ciclo ha come fase iniziale la tesi in cui l’idea pura esiste
in sé stessa a prescindere dalla sua realizzazione nella Natura e nello Spirito. Il
momento della tesi è un momento definito ASTRATTO o INTELLETTUALE in quanto di
ferma alle determinazioni rigide e isolate della realtà considerando per intelletto, un
modo di pensare statico e astratto. La seconda fase è l’antitesi (filosofia della natura)
in cui si presenta l’alienazione dell’idea nelle realtà spazio-temporali del mondo.
Viene considerato un momento NEGATIVO RAZIONALE in quanto nega le
determinazioni astratte dell’intelletto, mettendole in rapporto con le determinazioni
opposte. La filosofia Hegeliana si basa proprio su questo passaggio: la lotta tra tesi
antitesi è necessaria affinché l’idea si realizzi come Assoluto. Già Spinoza aveva
omnis determinatio est negatio
anticipato considerando il processo dialettico
necessario all’autodeterminazione e affermando quindi la teoria di Hegel secondo
la quale grazie a questa negazione della negazione stessa vi è una riaffermazione
AUFHEBUNG
vera e propria detta che esprime al meglio l’idea di un “superamento”
che è, al tempo stesso un togliere (conseguentemente alla dialettica) e un
conservare(antitesi della lotta,negazione della negazione). Anche nel filosofo di
Stuttgart quindi l’affermazione di sé è fondamentale, con l’unica differenza però che
conoscenza e superamento avvengono immediatamente l’uno dopo l’altro in quanto
parte dello stesso momento dialettico. L’aspetto più particolare e interessante di
questa filosofia è sicuramente la conservazione della lotta iniziale tra tesi e antitesi
che nella vita umana rispecchia il contrasto tra passato e futuro al principio del
processo auto conoscitivo.
Non c’è un metodo preciso o un particolare atteggiamento d assumere nei riguardi
del mondo: secondo Nietzsche la piena conoscenza della propria identità segna il
passaggio dall’uomo all’oltre –uomo. Ma come è possibile avere piena padronanza di
ciò che si è? E’ necessario secondo il filosofo di Lipsia rompere completamente con il
passato. Ciò che porta l’uomo alla piena affermazione di sé è ,secondo Nietzsche, il
coraggio, è l’atto di assoluta temerarietà di rompere con ciò che ci ha formati e
guardare alla vita come un continuo non-senso e viverla con uno spirito libero e
“inventarla aldilà del bene e del male”.Nel momento in cui la rottura è avvenuta
l’uomo non deve far altro che obbedire a sé stesso per non farsi comandare e
plasmare dalla realtà , non essere quindi schiavo di essa. Alla base del superamento
umano Nietzsche pone la volontà di potenza che si identifica con la vita stessa che
come scrive in “Così parlò Zarathustra” “Vedi” mi disse” io sono quella che sempre
deve superare sé stessa”.E’ perciò un continuo superamento di sé possibile solo
tramite l’accettazione dell’ “eterno ritorno” e del “divenire”. Per il filosofo è un atto
eroico possibile unicamente una volta distaccatisi dai valori- menzogne.
Greco
La conoscenza si sé stessi è un pensiero, un obiettivo fisso di chi vuole e desidera
vivere al meglio. Nell’età imperiale greca compare un autentico romano che con i
suoi aforismi,pensieri scritti “eis auton” si concentra , conseguentemente al suo
incarico, su un’ analisi approfondita della vita dell’uomo esponendo concetti quali:
“per essere felici è necessario bastare a sé stessi, è necessario comprendere di quale
essere che governa il mondo si sia emanazione” denunciando la trasformazione
continua del mondo e degli oggetti esterni e concentrandosi sul valore della vita che
aumenta in relazione alla quantità di metriotes e razionalità presenti in noi. Ci parla
di un animo puro e sereno che solo può superare la realtà e avvicinarsi alla liberta
esclusivamente nella solitudine e nell’alienazione.
“E’ ormai tempo che tu finalmente capisca di quale universo sei
parte, di quale essere che governa il mondo sei emanazione,e che
hai un limite di tempo prestabilito che svanirà, se tu non lo utilizzi
per la tua serenità, e anche tu svanirai , e non ti sarà più possibile
approfittarne un’altra volta.”
“Osserva quindi come hai iniziato, e qualunque cosa tu faccia, falla
così, con la volontà di essere buono nel senso specifico in cui
s’intende che un uomo è buono. Osserva questa regola in ogni tua
azione.”
Di certo il pensiero dell’imperatore si rifà alla filosofia stoica che vede in Marco Aurelio,
Epitteto, Seneca i maggiori esponenti. Lo stoicismo si diffonde ad Atene insieme a:
epicureismo, cinismo e scetticismo. La diffusione di queste particolari correnti è
dovuta al crollo delle “poleis” e alla conseguente sensazione da parte dell’uomo di
dispersione e disagio. Il problema principale fu il fatto che mancando le vere e proprie
comunità greche che fino ad allora avevano rassicurato l’uomo, cosmopolitismo e
individualismo coincisero perfettamente. Ci si sentiva quindi non più rassicurati dalle
mura dell’ “agorà” ma cittadini di un mondo che apparteneva a tutti e a nessuno.
L’uomo divenne sì cosmopolita ma con la tendenza a chiudersi in sé stesso per
cercare quella quiete (asuchia-Teocrito) e quella serenità che prima possedeva. Ad
indicare la strada verso la serenità e la quiete furono perciò le filosofie che più che
assicurare la felicità cercarono di rendere l’uomo sereno e NON TURBATO, indifferente
ai colpi di “tyche”, che potesse bastare a sé stesso (autarches) e potesse ubbidire a sé
stesso per non farsi comandare da altri (adespotes). Si tendeva quindi a fuggire dalla
realtà perché l’unica via d’uscita era dedicarsi completamente al proprio io.
E’ sufficiente perciò isolarsi, interrogarsi senza l’aiuto di nessuno che ci aiuti a trovare
noi stessi? Probabilmente l’alienazione e la meditazione non sono gli unici metodi
adatti all’autoconoscenza e al superamento di sé. E se qualcuno direttamente o
indirettamente, fosse in grado di sbloccare ciò che ci impedisce una piena
affermazione della nostra essenza e personalità? Lo stesso Prometeo che è già
consapevole della sua colpa morale conseguente al dono fatto ai mortali, viene
esortato e aiutato da Oceano affinché conosca sé stesso e si superi cambiando il suo
atteggiamento nei confronti di Zeus in uno nuovo.
E’ questa la situazione dell’eroe che osò sfidare gli dei e che conosce il suo futuro,
fungendo perciò da oracolo alla disperata Io che vaga tormentata dall’assillo in
attesa del termine delle sue pene. Fondamentale è infatti la figura di Prometeo per la
fanciulla sventurata : sarà la sua profezia a permettergli di guardarsi dentro e capire
cosa sarà della sua vita.
E’ quindi possibile essere sostenuti e avviati nel processo dell’autoconoscenza da chi
è più vicino a noi e da chi con noi vive le nostre stesse situazioni e si rispecchia nei
nostri tormenti, da chi come direbbe Schopenhauer ci “compatisce” e di conseguenza
ci ama. E’ l’amore infatti il sentimento che più ci aiuta a stare in pace con noi stessi.
Italiano
Nella letteratura italiana dei primi anni del Novecento emerge senza dubbio la figura di
Luigi Pirandello. Nasce a Girgenti nel 1867 e diventerà un vero e proprio scrittore-
filosofo. La sua filosofia sulla quale modella il suo stile e la sua poetica hanno come
oggetto d’analisi l’uomo e la sua vita, l’essere umano come conoscitore del suo essere,
questa volta con conseguenze esclusivamente negative. Il pensiero Pirandelliano si
basa perciò su quello che viene chiamato “vitalismo” che considera la realtà tutta un
flusso continuo e dinamico in cui ciò che si ferma, prende una forma in qualche modo
individuale comincia a morire. Questo perciò lo porta ad avere una nuova concezione
dell’uomo nel mondo, in quanto lo considera “limitato” in quanto tende a fissarsi un
forma individuale da sé , senza accorgersi che è in realtà soltanto un illusione ed una
vera e propria “maschera” sotto la quale non c’è nient’altro che un fluire indistinto e
incoerente di stati in perenne trasformazione. Da ciò scaturisce il fatto che la
conoscenza di sé non è sempre e comunque qualcosa di positivo: nel caso dei
personaggi delle novelle,dei romanzi,delle opere teatrali pirandelliane tendono a
rifugiarsi in sentimenti di smarrimento e dolore in primo luogo si accorgono di non
essere nessuno r provano angoscia e dolore; in secondo luogo ciò che più li segna è
l’essere fissati dagli altri in forme in cui non si possono conoscere.
Da qui nasce il relativismo gnoseologico di Pirandello: la conoscenza della nostra
essenza non è permessa, ma compromessa qualora coloro che ci circondano fanno
disparate analisi su ciò che pensano potremmo essere. Non riusciamo penetrare in noi
stessi e vediamo la nostra vita “da fuori” e come dice il protagonista de “La carriola”,
chiunque veda la sua vita e la riesca ad analizzare è segno che non la vive ma la
trascina e ne subisce gli eventi.
“Chi vive, quando vive, non si vede: vive... Se uno può vedere la
propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina.
Come una cosa morta, la trascina. Perché ogni forma è una morte.”
In realtà in pochi ne sono a conoscenza: molti si affannano per raggiungere uno stato
una forma e quando l’hanno raggiunta credono di aver conquistato la loro vita, ma
iniziano invece a morire e sgretolarsi. Nel caso della novella citata il protagonista si
vede già morto e si accorge di non aver mai vissuto davvero,vede la forma che gli altri
gli hanno assegnato e vede che in questa forma una sua vita vera e propria non c’è mai
stata.
L’unica via di relativa salvezza dalla piena conoscenza della propria vita che perciò
Pirandello tende a dare ai suoi “eroi” è la fuga nell’irrazionale o nella follia che è lo
strumento per eccellenza di denuncia dell’illusoria realtà umana.
La follia è protagonista di svariate produzioni dell’autore siciliano. Con particolare
attenzione alle novelle quelle emblematiche sono: “il treno ha fischiato” e “Enrico IV”.
Trattata in due maniere differenti nelle prima non si parla di vera e propria follia ma di
un atteggiamento definito “naturalissimo” dal narratore conseguente alla situazione
familiare dell’impiegato Bellucca totalmente stordito della realtà di cui fa parte. Il
fischio del treno ha un preciso significato: rappresenta il risveglio del protagonista che è
così portato ad un radicale cambiamento della sua vita, ritrovando la libertà e il gusto di
vivere.
“Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d'un tratto
la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro
scoperchiato s'era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del
mondo che gli si spalancava enorme tutt'intorno. S'era tenuto
istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era
corso col pensiero dietro a quel treno che s'allontanava nella notte.
C'era, ah! c'era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi
tormenti, c'era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel
treno s'avviava... Firenze, Bologna, Torino, Venezia... tante città, in
cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte
sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che vi si viveva! La
vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui!”
Nell’ “ Enrico IV” il protagonista, ovvero un giovane aristocratico che durante una festa
in costume,nei panni dell’imperatore di Germania, per un’improvvisa impennata del
cavallo batte la testa e impazzisce. Per dodici anni vive nella fissazione di essere