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Storia: la globalizzazione;
Matematica: gli integrali;
Sistemi: sistemi di controllo a tempo continuo, i disturbi;
Elettronica: il sistema di acquisizione dati;
Telecomunicazioni: modulazione ASK;
TDP: sensori e trasduttori;
Economia industriale: organizzazione aziendale;
Inglese: antenne.
L' uomo e la comunicazione un binomio indivisibile
La necessità di comunicare è una caratteristica propria dell’uomo, perché noi siamo, come
qualche studioso ci ha definiti, “animali sociali”. E’ sin dall’età della pietra che l’uomo ha
cercato l’approccio con i suoi simili e, prima con gesti poi con parole, così è nata la
comunicazione. Da quel momento il sistema comunicativo è stato migliorato sempre di più:
dapprima i simboli nelle caverne, le lettere, poi i libri con l’invenzione della stampa che ha
consentito ad alcuni di diffondere le loro idee a più persone; successivamente l’invenzione
del telegrafo e del telefono; la radio e la televisione; fino a giungere ai nostri giorni con
l’avvento di Internet, questa rete multimediale che collega persone distanti migliaia di
chilometri e permette loro anche di vedersi. Sicuramente i modi di comunicare sono
cambiati molto e cambieranno ancora; ma la voglia degli uomini di comunicare sarà sempre
la stessa e non si esaurirà mai. Noi viviamo nell’era della comunicazione ed ora più che mai
il comunicare è diventato un bisogno al quale non si può rinunciare, anche grazie al
progresso tecnologico. Ma questa voglia di comunicare migliorerà la nostra vita sociale o ci
renderà schiavi delle nuove tecnologie? Sicuramente i nuovi mezzi di comunicazione come
la televisione ed il computer sono stati di vitale importanza per l’umanità, ci hanno
permesso di realizzare un sogno: quello di trasmettere a distanza i suoni e le parole. Di certo
ci potrebbero essere delle conseguenze negative, ma tutto dipende da noi, dall’uso che
facciamo: la televisione può provocare dipendenza, può rendere l’uomo un animale vedente
e non più pensante, ma sta proprio all’uomo decidere se diventarne schiavo o meno. Non
bisogna dimenticare che l’uomo possiede la forza di volontà che è più forte di ogni altro
istinto; ed è proprio la volontà l’unica in grado di controllare le passioni umane. E’ chiaro,
quindi, che il progresso conta sulla nostra capacità di porre un limite al consumo di
tecnologia. Pertanto, anziché osservare solamente gli aspetti negativi del progresso nel
campo della comunicazione come spesso accade, bisogna analizzare soprattutto quelli
positivi. Persone costrette dai casi della vita a vivere lontane, grazie al telefono prima ed al
computer oggi, possono comunicare tra di loro come se si trovassero nella stessa stanza; gli
anziani, spesso costretti a trascorrere da soli gran parte delle ore giornaliere, trovano nella
televisione un mezzo per trascorrere il tempo in maniera divertente; e poi non bisogna
sottovalutare il ruolo informativo e culturale della televisione; i bambini ed i ragazzi
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possono trovare in Internet e nel computer una fonte inesauribile di informazioni su ciò che
avviene nel mondo e rendersi così partecipi della vita del pianeta e comprendere meglio gli
avvenimenti che lo riguardano. Se poi tutto ciò costituisce un ostacolo alla vita sociale
dell’individuo, il problema va ricercato nella persona e non nel televisore o nel computer.
Senza dubbio la comunicazione pura e semplice, fatta di parole e gesti, non deve mancare
assolutamente, ma non per questo bisogna condannare lo sviluppo tecnologico.
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ITALIANO
Il Neorealismo
Innovazione Liguistica
Italo Calvino
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Il neorealismo
Il pensiero del secondo Novecento si trova ad affrontare una quantità di problemi nuovi,che
tendono a farlo "esplodere" in svariate direzioni.Nel momento della sua massima espansione
economica, il mondo occidentale è attraversato da inquietudini che rimettono in discussione
le basi della sua cultura: questo accade nella discussione sulla società di massa, condotta per
lo più da punti di vista di tipo catastrofico, intrecciata a quella sugli effetti dei nuovi media
elettronici, che non solo trasformano le abitudini di vita,ma investono alla radice le relazioni
tra l'uomo, il mondo, la conoscenza.
Attacchi radicali alla civiltà occidentale nascono al suo stesso interno a proposito della
minaccia di catastrofe nucleare, delle responsabilità del colonialismo, del dominio maschile
su cui questa civiltà si è costruita. In una situazione così instabile, l' atteggiamento
prevalente nei confronti dei grandi problemi della conoscenza è relativistico e problematico,
anche nella filosofia delle scienze della natura; da questa tendenza si distingue
l'orientamento strutturalista, a lungo prevalente nelle scienze umane, che si ispira all'ideale
di una conoscenza esatta e oggettiva.L'insieme delle trasformazioni sociali e culturali che
hanno investito il mondo intero è tale che porta molti pensatori a ritenere che siamo entrati
in una nuova epoca della storia umana, che in mancanza di meglio viene definita
"postmoderna". L'esistenzialismo
Un'influenza rilevante in Italia,nell'immediato dopoguerra, ha avuto l'esistenzialismo, che
aveva il suo fondamento nella filosofia di Martin Heidegger (1889-1976) e di Karl Jaspers
(1893-1969). Era un pensiero che, in opposizione alle costruzioni metafisiche della filosofia
occidentale, quali il sistema dell'idealismo hegeliano, concentrava la sua attenzione sul
singolo nel suo esistere svincolato da un "essere" che gli potesse conferire un senso e un
fondamento.Ne derivava l'angoscia dinanzi all'assurdo e alla mancanza di significato
dell'esistenza, che si risolveva nella prospettiva di uno <<scacco>> definitivo.In Italia ebbe
particolare risonanza l'interpretazione delle tematiche esistenzialiste di Jean-Paul Sartre e
Albert Camus, i quali della conoscienza dell'assurdo ricavavano l'esigenza dell'impegno
politico come unico modo per dare un senso all'esistenza, attraverso la libera scelta
umana.L'ideologia dell'impegno poteva così conciliarsi con il clima dominante, trovando un
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punto d'incontro con le istanze allora egemoniche del marxismo.
Lo strutturalismo
Agli anni sessanta risale anche la diffusione dello strutturalismo,verificatasi prima in
Francia ed estesasi, subito dopo in Italia.Lo strutturalismo è essenzialmente un metodo di
indagine che è stato applicato a diverse discipline; ma, come ogni metodo, presuppone
anche una determinata visione del mondo. I suoi fondamenti sono costituiti dalla linguistica
strutturale elaborata dal ginevrino Ferdinand de Saussure (1857-1913), il cui Corso di
linguistica generale uscì postumo nel 1916. La novità metodologica da lui introdotta
consisteva nel fatto che la lingua non era più studiata nella sua evoluzione storica, in senso
cioè diacronico, ma come un insieme sincronico di unità base (i fonemi, i lessemi, i
sintagmi), che vengono a comporre tra loro un sistema di rapporti funzionali.Con questi
presupposti vennero poi indagati altri fenomeni umani, oltre alla lingua: ad esempio le
strutture sociali, le culture, i miti. Al fondo dei vari fenomeni umani lo strutturalismo vedeva
così delle strutture invarianti, indipendenti dal divenire storico, ma anche dalla
consapevolezza, dalla volontà dalle scelte programmatiche dell'uomo, del soggetto. Lo
strutturalismo proponeva cioè una visione del mondo antistoricistica ed antiumanistica:
secondo le sue concezioni, non è l'uomo che crea storicamente il suo mondo, ma l'uomo è
"agito" da strutture profonde che non può controllare, è oggetto, non soggetto.Influenze
strutturalistiche raggiunsero anche la psicoanalisi con Jacques Lacan (1901-1981), secondo
il quale l'inconscio è strutturato come il linguaggio. La critica strutturalistica non
considerava,quindi, il testo nella sua genesi storica, ma prescindendo da ogni contesto
esterno, si limitava a ricostruire l'organizzazione dei rapporti interni fra le unità costitutive,
ai loro vari livelli, fonico, morfologico, lessicale, sintattico, retorico.
La semiologia
Dai fondamenti teorici dello strutturalismo si è poi sviluppata una teroria generale dei segni,
la semiologia o, come i suoi esponenti hanno più recentemente preferito chiamarla,
semiotica. Originae è la semiotica proposta dalla Scuola di Tartu (Estonia) ad opera di Jurij
Lotman e Boris Uspenskij, che studiano sopratutto i modelli spaziali in cui si esprimono le
culture, attraverso le opposizioni interno-esterno alto-basso. In Italia il teorico di maggior
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rilievo è Umberto Eco (1975) che ha sistemato la disciplina in un Trattato di semiotica
generale. All'ambito di semiotica letteraria appartiene la narratologia, che è
prospettivamente una semiotica del testo narrativo.
Ermeneutica e decostruzionismo
Se il marxismo e lo strutturalismo hanno costituito il clima dominante nella cultura italiana
fino agli anni Settanta, dagli anni Ottanta l'orizzonte comune del dialogo ulturale è stato
offerto dall'ermeneutica. Si tratta di una corrente filosofica che trae origine di Martin
Heidegger ed ha trovato il suo massimo esponente in un allievo di questi, Hans George
Gadamer (1900-2002), autore del fondamentale Verità e metodo. Mentre marxismo e
strutturalismo erano aumunati, sia pur in forme diverse, dalla onvinzione cheil processo
conoscitivo fosse la ricerca di strutture di signifiato insite nell'oggetto stesso, e ritenevano
possibile la loro messa in luce definitiva attraverso l'esattezza dei processi scientifici,
l'ermeneutica pone l'acento sul momento soggettivo del conoscere, sull'interpretazione. La
mente di chi conosce non è nella condizione della tabula rasa, ma è occupata da
presupposizioni, <<pre-omprensioni>>, <<pre-giudizi>>, cioè da ipotesi preliminari
sull'oggetto. Questa situazione però, secondo le prospettive ermeneutiche, lungi dal portare
ad un relativismo anarchico, ad un soggetivismo del tutto arbitrario, obbliga l'interprete ad
assumere coscienza dei suoi pregiudizi, a metterli costantemente alla prova e a orreggerli a
ontatto con l'oggetto attraverso un serrato e ripetuto confronto con esso. Come ha sritto
Sergio Moravia, si crea <<un movimento di reciproca e progressiva sintonizzazione,
correzione e approfondimento comprensivo tra soggetto e oggetto>>. Non solo, ma
possiamo accingerci all'interpretazione di un oggetto solo tenendo conto della serie di
interpretazioni già date su di esso, degli <<effetti>> da esso prodotti. Questo principio
ermeneutico ha trovato un terreno di sviluppo nella critia letteraria, nella <<teoria della
ricezione>>. L'ermeneutia esclude così un sapere totale, definitivo: il nostro sapere, secondo
tale teoria, rimane sempre parziale, storiamente limitato ed aperto.
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Il postmodermo
Un altro tema largamento dibattuto in questi anni è quello del postmoderno, un concetto che
è stato assunto come definizione generale della nostra età. In esso è implicita l'idea che è
finita un'epoca, quella della modernità appunto: una fase storica caratterizzata dalla
dinamicità, dal progresso, dalla trasformazione incessante. Principio cardine della modernità
era che tale processo fosse coerente e indirizzato unitariamente a fini individuabili. La realtà
postmoderna delle società postindustriali è caratterizzata, invece, dalla frantumazione, dalla
complessità incoerente, non dominabile intellettualmente e non ordinabile (un caos però non
vissuto tragicamente dal soggetto, con sofferenza e smarrimento, bensì ludiamente, con
un'accettazione divertita e soddisfatta). Se lo strumento logico elaborato dalla modernità per
pensare il divenire storico era la dialettica, cioè il continuo processo di una tesi, di una sua
negazione nell'antitesi e del suo superamento in una sintesi, he a sua volta diviene una tesi
di un nuovo ciclo, ora si nega la dialettica e la si sostituisce con il concetto di differenza.
Impossibile è quindi la produzione del nuovo: ciò, nel campo della letteratura, delle arti, del
teatro, del cinema, provoca la rinuncia alla ricerca di soluzioni indedite e induce alla
ripetizione del già noto, a riprendere semplicemente gli stili del passata combinandoli e
contaminandoli tra loro, a costruire testi e opere mediante assemblaggi di citazioni, a
riscrivere il già scritto. Il postmoderno si pone quindi in antitesi rispetto all'avenguardia
(intesa in senso generale) implica infatti che vi sia un senso e una direzione della storia,