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Storia: l'olocausto e la seconda guerra mondiale (Anna Frank)
Scienze: la genetica (Josef Mengele)
Inglese: child labour
Francese: les droits des enfants
Storia dell'arte: il realismo (Vasilij Perov)
Tecnica: giovani e lavoro
Geografia: gli Stati Uniti (NY la sede dell' UNICEF)
I BAMBINI DURANTE L’OLOCAUSTO
“Olocausto” è un termine di origine greca che significa “sacrificio tramite il fuoco”. I Nazisti, che
raggiunsero il potere in Germania nel gennaio del 1933, erano convinti che il popolo tedesco fosse
una “razza superiore” e che gli Ebrei, ritenuti invece “inferiori”, rappresentassero un entità estranea
e un pericolo per l’omogeneità razziale della popolazione germanica.
Nel 1933, la popolazione ebraica in Europa era costituita da circa nove milioni di persone. La
maggior parte viveva in quelle nazioni che, durante la Seconda Guerra Mondiale, sarebbero state
occupate dalla Germania Nazista, o ne avrebbero, in diverse forme, subito l’influenza. Inizialmente,
vale a dire sino allo scoppio della guerra, apparentemente l'obiettivo principale del nazismo e di
Hitler consistette nel rendere il Reich libero dagli ebrei. Il sistema prescelto per "ripulire" la
Germania dagli ebrei fu, in questa prima fase, costringerli ad emigrare. Rendendo loro intollerabili
le condizioni di vita attraverso una legislazione sempre più oppressiva.
Ma riuscire a far emigrare tutti qugli ebrei era impossibile. A ogni espansione della Germania
nazista il numero degli ebrei cresceva e le nazioni estere non furono in grado o non vollero
assorbire l'ondata di emigrazione ebraica proveniente dal Reich. La soluzione "emigrazione" alla
vigilia della guerra appariva sostanzialmente fallita. Nacque allora l'idea di ampliare il concetto
stesso di deportazione trasferendo forzatamente in un luogo distante gli ebrei tedeschi. Il luogo
venne individuato nell'isola di Madagascar. All'epoca il Madagascar era una colonia francese e per
rendere possibile il piano, occorreva sottoscrivere un accordo diplomatico. Nonostante i numerosi
colloqui non si raggiunse alcun risultato positivo. Con la sconfitta della Francia questa ipotesi tornò
in auge. La resistenza della Gran Bretagna tuttavia impediva la realizzazione del progetto. Hitler
cominciò a pensare ad altre possibili soluzioni.
In piena guerra il problema si aggravò ulteriormente. L'invasione del Belgio, dell'Olanda, della
Francia, della Danimarca e Norvegia fece aumentare ulteriormente il numero degli ebrei caduti
nelle mani del nazismo. L'obiettivo prioritario, rendere libera la Germania si allargò a dismisura: si
trattava ora di rendere libera l'intera Europa.
La soluzione non poteva più essere quella di far emigrare gli ebrei all'estero. Si fece così strada
un'altra soluzione: deportare gli ebrei europei all'Est concentrandoli nei territori polacchi occupati.
Creare in Polonia dei grandi ghetti apparve la soluzione più appropriata. Tuttavia sin dall'inizio ci si
scontrava con un altro pilastro dell'ideologia nazista: lo "spazio vitale" che la Germania doveva
guadagnarsi ad Est. I territori conquistati dovevano, infatti, essere destinati ai tedeschi che
avrebbero dovuto insediarvisi. Il concentramento nei ghetti della Polonia non poteva dunque
rappresentare la "soluzione finale" del problema ebraico ma una "soluzione transitoria" in attesa
della fine della guerra dopo la quale si sarebbe dovuta trovare una soluzione alternativa.
Mentre si affermava la soluzione della "ghettizzazione" la Germania stava preparando i piani di
invasione dell'Unione Sovietica. Si fece strada un'ipotesi alternativa: eliminare fisicamente gli ebrei
dell'Unione Sovietica con nuclei di sterminio mobili appositamente creati.La soluzione di
sterminare sul posto gli ebrei rappresentò un "salto di qualità" nel progetto di eliminare il giudaismo
europeo. Le fucilazioni compiute ad Oriente erano inimmaginabili ad Occidente. Occorreva studiare
un altro metodo. Ed è di fronte a questi problemi che si fece strada la "soluzione finale"
cioe' l'annientamento fisico degli ebrei in campi di concentramento predisposti a Oriente.
I bambini furono ovviamente tra i più esposti alle violenze dell'Olocausto. In tutto, si calcola che
almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro
fiancheggiatori.
Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie: 1) i bambini venivano uccisi
immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio; 2) potevano venir uccisi subito dopo la
nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano; 3) i bambini nati nei ghetti e
nei campi potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano; 4) i bambini maggiori
di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici; 5) infine, vi
furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani.
Nei ghetti, i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell'esposizione alle intemperie, in
quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate. Le autorità tedesche rimanevano
indifferenti di fronte a queste morti in massa perché consideravano la maggior parte dei ragazzini
che viveva nei ghetti come elementi improduttivi e quindi come "inutili bocche da sfamare".
Siccome i bambini erano troppo piccoli per potere essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità
tedesche in genere li selezionavano per primi - insieme agli anziani, ai malati e ai disabili - per
essere deportati nei centri di sterminio, o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse
comuni.
Allo stesso modo, al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau e agli altri centri di sterminio, le autorità
dei campi destinavano la maggior parte dei più piccoli direttamente alle camere a gas. Le SS e le
forze di polizia in Polonia e nell'Unione Sovietica occupata fucilarono migliaia di bambini, dopo
averli allineati lungo il bordo delle fosse comuni scavate appositamente.
Nonostante la loro estrema vulnerabilità, molti bambini trovarono il modo di sopravvivere
all'Olocausto: ad esempio, alcuni di loro contrabbandarono il cibo all'interno dei ghetti, dopo aver
portato fuori di nascosto beni personali da poter scambiare. Altri, appartenenti ai movimenti
giovanili, parteciparono alle attività della Resistenza clandestina. Molti altri ancora riuscirono a
fuggire con i propri genitori, o con dei parenti - e alcune volte anche da soli - e a rifugiarsi nei
campi per famiglie creati dai partigiani ebrei.
Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente
"Trasferimento dei Bambini" (Kindertransport); un’operazione che - dalla Germania e dai territori
occupati dai tedeschi - portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori.
In tutta Europa, inoltre, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di
Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie.
Dopo la resa della Germania nazista, che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale, i profughi e i
rifugiati cominciarono a cercare in tutta Europa i bambini dispersi. Migliaia di orfani si trovavano a
quel punto nei campi profughi, mentre molti bambini ebrei sopravvissuti erano fuggiti dall'Europa
dell'Est, unendosi all'esodo di massa (Brihah) verso le zone occidentali della Germania occupata, e
dirigendosi poi verso Yishuv (la zona d'insediamento ebraico in Palestina). Grazie alla Youth Aliyah
(Immigrazione Giovanile), a migliaia emigrarono nello Yishuv e poi nello Stato di Israele, dopo la
sua costituzione nel 1948. ANNA FRANK
Più di un milione di bambini e adolescenti ebrei morirono durante l'Olocausto: Anna Frank fu una
di loro. Anna era nata a Francoforte, in Germania, il 12 giugno 1929, da Otto e Edith Frank i quali
le avevano dato il nome di Annelies Marie Frank.
Durante i primi cinque anni di vita, Anna visse con i suoi genitori e con la sorella maggiore,
Margot, in un appartamento alla periferia di Francoforte. Dopo la presa del potere da parte dei
Nazisti nel 1933, Otto Frank fuggì ad Amsterdam, in Olanda, dove aveva dei contatti di lavoro. Il
resto della famiglila lo seguì qualche tempo dopo e Anna fu in effetti l'ultima a trasferirsi, nel
febbraio 1934, dopo aver vissuto per un certo periodo con i nonni, ad Aachen.
La Germania occupò Amsterdam nel maggio del 1940 e nel luglio del 1942 le autorità tedesche e i
loro collaboratori olandesi cominciarono a rastrellare gli Ebrei in tutto il paese, concentrandoli poi a
Westerbork, un campo di transito vicino alla città olandese di Assen, non molto lontano dal confine
con la Germania. Da Westerbork, i Tedeschi deportarono poi gli Ebrei nei campi di sterminio di
Auschwitz-Birkenau e di Sobibor, che si trovavano nella Polonia occupata.
Verso la metà di luglio, Anna e la sua famiglia decisero di nascondersi in un appartamento segreto,
dove si sarebbero poi rifugiati anche altri quattro Ebrei olandesi: Hermann, Auguste e Peter van
Pels, e Fritz Pfeffer. Per due anni vissero tutti insieme in quell'appartamento, che era stato ricavato
dietro l'ufficio dell'azienda di famiglia, al 263 di Prinsengracht e al quale Anna si riferisce nel suo
diario appunto come all'Alloggio Segreto. Gli amici e i colleghi di Otto Frank - Johannes Kleiman,
Victor Kugler, Jan Gies, and Miep Gies - prima li aiutarono a preparare il nascondiglio, poi
continuarono regolarmente a portare loro cibo e vestiario, rischiando la propria vita nel caso fossero
stati scoperti. Il 4 agosto 1944 la Gestapo (la Polizia Segreta di Stato tedesca) trovò il nascondiglio,
dopo essere stata informata da una soffiata anonima.
Quello stesso giorno, agenti della Gestapo, insieme al sergente delle SS Karl Silberbauer e a due
collaboratori della polizia olandese, arrestarono i Frank. L'8 agosto, la Gestapo dispose il loro
trasferimento a Westerbork. Un mese più tardi, nel settembre del 1944, le SS e le autorità di polizia
caricarono i Frank e gli altri quattro occupanti dell'appartamento su un treno diretto da Westerbork
ad Auschwitz, il complesso di campi di concentramento all'interno della Polonia occupata. Anna e
la sorella Margot vennero selezionate per i lavori forzati, grazie alla loro giovane età, e trasferite
alla fine di ottobre del 1944 a Bergen-Belsen, vicino alla città di Celle, nel nord della Germania.
Entrambe le sorelle morirono di tifo nel marzo del 1945, poche settimane prima che, il 15 aprilele
truppe inglesi liberassero Bergen-Belsen. Gli ufficiali delle SS selezionarono per i lavori forzati
anche i genitori di Anna: la madre Edith morì ad Auschwitz all'inizio di gennaio del 1945. Solo il
padre Otto sopravvisse alla guerra e venne liberato dalle forze sovietiche il 27 gennaio 1945, mentre
si trovava ancora ad Auschwitz.
Durante il periodo in cui rimase nascosta, Anna tenne un diario nel quale riportò le sue paure, le sue
speranze e le sue esperienze di adolescente. Ritrovato nell'appartamento segreto dopo l'arresto della
famiglia, il diario venne conservato per Anna da Miep Gies, una delle persone che avevano aiutato i
Frank a nascondersi. Il diario venne pubblicato dopo la guerra e tradotto in diverse lingue; esso
viene tuttora usato in migliaia di scuole medie e scuole superiori in tutta Europa, così come in
NordAmerica e in America Latina. Anna Frank è diventata il simbolo di tutte le promesse e le
speranze che andarono perdute con la morte dei bambini e dei ragazzi trucidati durante l'Olocausto.
GLI ESPERIMENTI DEI NAZISTI SUI BAMBINI
Gli scienziati nazisti per anni hanno cerctno di stabilire che la cosiddetta "razza ebraica" è non solo
"degenerata" ma portatrice di "degenerazione" per la "razza ariana".
Tra questi scienziati il più conosciuto e rispettato e' il professor Freiherr Otmar von Verschuer.
Si tratta del rampollo di una nobile famiglia dell'aristocrazia tedesca, esperto nella genetica e
appassionato ricercatore nel campo della biologia dei gemelli.
Nel 1942 Verschuer divenne il direttore del Dipartimento di Antropologia a Berlino e conobbe Josef
Mengele che divenne il suo assistente.
Allo scoppio della guerra il professore ed il suo assistente si divisero. Verschuer continuò i suoi
studi e Mengele partì per il fronte.
Qui nell'estate del 1942 venne leggermente ferito e - giudicato inabile al servizio - fu spedito a
Berlino.