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Introduzione Censura, tesina
La seguente tesina di maturità tratta del tema della censura. La tesina abbraccia anche i seguenti argomenti nella varie discipline scolastiche: la Primavera democratica cinese in Storia; Newspeak, Doublespeak in Inglese; La teoria freudiana della rimozione in Filosofia; Cyber censura, progetto Big Mama e Great Firewall of China in Informatica.
Collegamenti
Censura, tesina
Storia - la Primavera democratica cinese ( censura politica, militare)
Inglese - Newspeak, Doublespeak (censura linguistica e manipolazione delle masse)
Filosofia - La teoria freudiana della rimozione (censura psichica, involontaria)
Informatica - Cyber censura, progetto Big Mama e Great Firewall of China. Accompagnato da un breve video-simulazione.
“Big Mama” is watching you!
L’arte della censura.
Lin ZhangXiao Classe 5^A, liceo scientifico tradizionale
Anno scolastico 2013/2014
Indice
Motivazione e introduzione………………………………………………………………………2
STORIA: la protesta di piazza Tienanmen.
1. L’evoluzione della protesta: dal lutto al massacro......………………………4
2. Conseguenze: la censura e il valore della Storia……………………………..10
INGLESE: linguistic censorship.
1. Newspeak, a form of mind control…………………………………………………13
2. Doublethink-reality control…………………………………………………………….14
FILOSOFIA: la censura nella psicoanalisi.
1. Premesse………………………………………………………………………………………..16
2. La teoria freudiana: forze, resistenze, rimozione e oblio………………..17
CYBER CENSURA (Big Mama).………………………………………………………………….19
Bibliografia e sitografia……………………………………………………………………………22
Mappa concettuale ..………………………………………………………………………………23
PAGINA 1
Motivazione e introduzione «L’uomo è nato libero, ma ovunque è in catene.»
(J.J. Rousseau, Il contratto sociale)
1
La prima volta che ho sentito parlare degli eventi di Piazza Tienanmen è stata in quinta elementare, a
scuola. Non a casa. Ricordo bene di aver aspettato il suono dell’ultima campanella con quell’ansia,
quell’impazienza mista a quella eccitazione e a quel particolare entusiasmo proprio dei bambini, che
non appena scoprono qualcosa di nuovo, già si immaginano la soddisfazione dipinta sul volto dei propri
genitori. Per me era lo stesso. In realtà non ricordavo nemmeno ciò che la maestra aveva spiegato, se
non qualche data, un paio di numeri, il nome di qualche generale o ministro coinvolto. Eppure ero
fermamente convinta di aver scoperto qualcosa di “sensazionale”, qualcosa sulla Cina di cui perfino i
miei genitori fossero all’oscuro. Pensavo che mi sarebbe bastato sventolare davanti ai loro occhi quella
famosa foto sfocata, presente sul libro di scuola, la foto del “rivoltoso sconosciuto” che da solo, quasi
impassibile, si pone di fronte a un’intera fila di carri armati, ma di cui non potevo assolutamente
comprendere il significato.
Quella foto è diventata il simbolo stesso di una lotta disperata, portata avanti da un’intera generazione,
che rivendicava il rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo (il diritto alla vita, all’autodeterminazione,
alla sicurezza, la libertà individuale di espressione e di associazione), l’uguaglianza sociale,
l’introduzione del pluripartitismo e una svolta politica in senso democratico. Quella è “La Foto”, che,
nonostante la durissima censura da parte del governo, fa ancora parlare di sé, ricordando alle
generazioni future quanto di più prezioso potrebbero mai ereditare da uno dei capitoli più bui della
storia cinese.
Ancora oggi ricordo l’espressione allibita di mio padre: gli occhi lucidi, lo sguardo fisso nel vuoto,
assente, come se quei pochi secondi fossero bastati a riportare alla memoria tutta la rassegnazione, la
frustrazione, il dolore, il rancore e soprattutto la paura di quegli anni.
La Primavera Democratica Cinese, i movimenti studenteschi e operai, gli scioperi della fame e il
massacro avvenuto tra il 3 e il 4 Giugno del 1989 sono diventati dei tabù. Allo stesso modo anche i
concetti di libertà, di democrazia, di uguaglianza sociale e giuridica sono diventato dei tabù. La politica
è un tabù. Non c’è da sorprendersi se nessuno ne parla mai. Perfino ora, a quasi 7500 km di distanza e
a quasi 25 anni dagli eventi di piazza Tienanmen, non ne parliamo mai, neppure a casa.
Il problema è che non si tratta di una mera questione politica. Infatti il secolo scorso, che è stato il
secolo delle contraddizioni, dei regimi totalitari e del trionfo della democrazia, della crisi dei valori
tradizionali e della società di massa, non ha semplicemente celebrato la grandezza dell’ingegno umano,
ma anche la straordinaria facilità con cui la mente umana può essere controllata e manipolata. Del resto
1 Si è preferita la grafia Tienanmen (anziché Tiananmen), in quanto, oltre a rispecchiare la corretta pronuncia, è quella
comunemente utilizzata sui quotidiani. PAGINA 2
esistono diversi tipi di censura, dalla censura repressiva e a quella preventiva, dalla censura politica e
militare alla censura artistica o scientifica, fino alla censura di tipo religioso e morale. Tuttavia non
potranno mai essere delle forme perfette di censura, perché imposte dall’esterno.
Probabilmente esistono altre forme di censura, molto più raffinate, pericolose e, in un certo senso,
irreversibili, che se scoperte, sperimentate e correttamente applicate potrebbero indurre una censura
volontaria, sia sul singolo individuo che su larga scala. Inoltre, potrebbero risultare maggiormente
efficaci, quanto più saranno in grado di operare in maniera graduale e di penetrare negli strati più
profondi e nascosti dell’inconscio umano.
Sarà proprio su queste possibili forme di censura che mi soffermerò maggiormente: dal caso particolare
di censura politica messa in atto dal governo cinese a partire dagli anni ‘90, alla manipolazione delle
masse e alla censura linguistica, analizzata da G. Orwell in chiave ironica e fantascientifica nel suo
romanzo distopico 1984, la Rimozione (o censura psichica) operata dall’inconscio e ipotizzata per la
prima volta da Freud, fino al progetto “Great Firewall of China”, esempio di cyber censura, definito
come il più sofisticato sforzo in atto nel mondo per controllare le informazioni di quasi un quarto della
popolazione globale.
Del resto tutt’ora, nonostante l’enorme progresso sia in ambito tecnico-scientifico che in ambito socio-
economico, la censura sembra rimanere una delle arti più antiche, raffinate e affascinanti, talmente
radicata nell’uomo, da apparire quasi indispensabile. PAGINA 3
Storia
La protesta di piazza Tienanmen.
1. L’evoluzione della protesta.
Il 4 Giugno non è stata una semplice protesta studentesca o uno dei numerosi movimento operai
destinati ad esaurirsi con un nulla di fatto, ma è stato il culmine di una delle più influenti, durevoli e
drammatiche dimostrazioni per le libertà democratiche di sempre, soprattutto per la Cina.
Nel giro di qualche mese, la protesta si era diffusa a macchia d’olio, raggiungendo quasi tutte le più
grandi città, coinvolgendo università e istituti tecnici, fabbriche, uffici e zone rurali. Si era allargata a
tutti i media, a tal punto da ottenere il consenso di quasi cento milioni di persone, che in una forma o
nell’altra, parteciparono attivamente per promuovere i nuovi ideali. A differenza del movimento del
’68, questo era un movimento autonomo, spontaneo e disordinato. Forse perché era innanzitutto uno
sorta di valvola di sfogo dell’insoddisfazione popolare e della rabbia nei confronti della corruzione della
classe dirigente. Eppure era destinato fin da subito a fallire, segnando la vittoria della “dittatura
ideologica” e l’inizio di quello che sarebbe stato ricordato come uno dei periodi più bui della storia
contemporanea cinese. Tuttavia le cause del suo fallimento non devono essere ricercate solamente
nelle evidenti divisioni tra i dimostranti (in particolar modo tra intellettuali e operai) e nella mancanza
di un’organizzazione o di un programma comune, ma anche nella debolezza della corrente riformista ai
vertici del Partito, guidata da Zhao Ziyang, che mirava ad allentare il controllo politico in modo tale da
favorire la crescita economica e, al tempo stesso, a introdurre un sistema più consultativo, attraverso
la quale continuare a mantenere l’autorità. Oltre a ciò, è importante sottolineare quanto fu accanita la
PAGINA 4
lotta che gli studenti e il regime ingaggiarono per guadagnarsi il sostegno dell’opinione pubblica e
quanto fu più alto il prezzo che il governo dovette pagare per sopprimere la rivolta, proprio a causa
dell’enorme consenso dei civili.
Per comprendere le complesse dinamiche che stanno dietro all’evoluzione della protesta, che
contraddistinsero la Primavera Democratica cinese, sarà conveniente suddividerla in cinque momenti
salienti: il lutto, la sfida, la tregua, il conflitto e infine il massacro.
Il lutto.
Il fatto che gli studenti non
avessero alcuna intenzione di
mettere in discussione
l’autorità centrale di un
regime che sapevano essere
estremamente pericoloso è
più che evidente, dal
momento che la protesta
degli studenti ebbe inizio per
commemorare la morte
improvvisa del leader
moderato Hu Yaobang
(scomparso il 15 Aprile), manifestare il crescente malcontento generale, a causa dell’aumento
dell’inflazione e la sfiducia nella classe dirigente, sempre più corrotta, e chiedere al Partito di
prendere finalmente una posizione ufficiale per quanto riguardava il progetto riformistico a lungo
termine. La situazione iniziò però a degenerare in seguito al rifiuto da parte dei rappresentanti del
Governo di ricevere nella sala dell’Assemblea del popolo la delegazione studentesca, che iniziava a
rappresentare ai loro occhi un pericolo paragonabile alla Rivoluzione Culturale, dando così origine ad
una vasta protesta, a cui parteciparono migliaia di studenti, proprio in occasione del funerale di Hu
Yaobang (22 Aprile), chiedendo invano di incontrare apertamente il Primo Ministro Li Peng.
La sfida.
A causa di queste prime manifestazioni, si venne a creare una forte spazzatura all’interno del Partito
Comunista tra gli sostenitori di Zhao Ziyang e gli sostenitori Li Peng. Il primo, a cui spettava risolvere la
situazione (in qualità di segretario generale), era convinto della necessità di accogliere la richiesta di
dialogo da parte dei manifestanti e pertanto assunse sin da subito una posizione moderata. Mentre Li
Peng, sostenitore di una linea più dura, ottenuto anche l’appoggio del Presidente Deng Xiaoping, accusò
ufficialmente i manifestanti di complottare contro lo Stato e il coinvolgimento delle potenze occidentali,
con il famoso editoriale del 26 Aprile, pubblicato sul Quotidiano del Popolo. L’accusa suscitò
immediatamente lo sdegno di studenti e intellettuali (quasi 50 mila), che scesero a protestare a fianco
PAGINA 5
di operai, contadini, civili e persino membri delle forze dell’ordine, tra le strade di Pechino ignorando le
minacce di repressione da parte delle autorità.
Particolarmente significativo fu il movimento
del 4 Maggio, durante la quale quasi un
milione di manifestanti (provenienti da
cinquantuno università, tra cui anche quelle
delle lontane regioni di Canton, Shezhen,
Hainan e Hong Kong) occuparono Piazza
Tienanmen, con tamburi, striscioni e slogan
per mantenere alto l’entusiasmo. Uno dei
rappresentanti lesse la Dichiarazione del 4
Maggio, con cui ribadivano ancora una volta di
sentirsi in continuità con il movimento
patriottico studentesco iniziato settant’anni
prima, il 4 Maggio 1919. I studenti facevano appello al governo affinché attuasse la Quinta
modernizzazione, ovvero sia una riforma socio-politica in senso liberale, che avrebbe dovuto garantire
libertà costituzionali, democrazia e il pluralismo dei partiti, i diritti inalienabili dell’uomo, la libertà di
stampa, di associazione e di riunione, la legalità e una maggiore trasparenza nell’amministrazione
pubblica.
La tregua e il confronto.
Per qualche giorno la situazione sembrò stabilizzarsi: grazie ai tentativi di Zhao di consolidare all’interno
dei vertici del Partito il consenso attorno alla linea conciliatoria verso i studenti. Si riuscì anche
raggiungere un accordo con Deng Xiaoping, disposto a prendere in considerazione qualunque
soluzione, purché gli studenti lasciassero lo piazza prima della visita
ufficiale del presidente russo Gorbaciov: evento simbolico che