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Sintesi
Scienze: La struttura dell'encefalo e basi neurali della sinestesia
Fisica: Onde sonore e Luminose; Onde stazionarie e lastre di Ernst Chladni
Matematica: Le simmetrie (collegamento con fisica)
Arte: L'astrattismo; Vasilij Kandinskij, l'artista sinesteta.
Filosofia: L'arte come "un risuonar di colori" secondo la filosofia di Hegel
Storia: Progetto MK-ULTRA, sinestesia per vincere la guerra fredda
English Literature: The romantic age; Samuel Taylor Coleridge
Letteratura italiana: Sinestesia e Simbolo in Pascoli
Letteratura latina: Plinio il Giovane - alle fonti del Clitumno.
Estratto del documento

Numerosi studi sono stati condotti nel campo delle neuroscienze nel corso di tutto il novecento, seguendo

l’esempio di Richard E. Cytowic, nel tentativo di ricostruire le basi neurologiche del fenomeno.

È stato dimostrato da numerose ricerche che la sinestesia è frutto di una mutazione genetica che provoca

un’attivazione incrociata tra aree adiacenti del cervello. Tale attivazione incrociata è molto probabilmente

dovuta a una mancanza di quella potatura delle connessioni tra regioni cerebrali che avviene normalmente

nei primi mesi di vita.

Gli studi che hanno raggiunto i risultati più interessanti riguardano la sinestesia grafema-parola/colore. Di

seguito, si propone una selezione di due studi, rispettivamente di Nunn et al. (2002) e di Hubbard e

Ramachandran (2005), che forniscono delle ottime risposte alle domande che gli scienziati si sono posti

circa il fenomeno della sinestesia parola-colore e di quella grafema-colore.

Esperimenti di Nunn et al, 2002

Lo studio di Nunn et al è volto ad individuare le basi neurali della sinestesia parola-colore ed è stato

realizzato nel 2002 da studiosi (Nunn et al.) appartenenti a prestigiose università inglesi (Londra, Cambridge

e Manchester). Il tentativo che si propone questo studio è di individuare, attraverso neuro-immagini ottenute

tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), le zone cerebrali che si attivano quando l’esperienza

sinestetica è in corso.

Questi studiosi partono dall’ipotesi che, se l’esperienza sinestetica del colore è effettivamente simile alla

percezione reale del colore, durante la risonanza magnetica funzionale (fMRI) si dovrebbero attivare le aree

cerebrali specializzate nella percezione visiva dei colori (il “centro del colore umano” V4).

Per i non addetti ai lavori, la fMRI è una risonanza magnetica che permette lo studio funzionale del cervello.

Gli esperimenti realizzati da Nunn et al. sono tre:

• Esperimento 1: vengono comparati i campi di attivazione cerebrale osservati in soggetti sinestetici

all’ascolto di parole con quelli osservati in soggetti non sinestetici sottoposti alla visione diretta dei

sottoposti

colori (quadri di Mondrian a colori e in bianco e nero).

• Esperimento 2: vengono comparati i campi di attivazione cerebrale osservati in soggetti sinestetici

sottoposti all’ascolto di parole con quelli osservati sempre in soggetti sinestetici, ma in risposta alla visione

diretta dei colori (quadri di Mondrian a colori e in bianco e nero).

• Esperimento 3: vengono comparati i campi di attivazione cerebrale osservati in soggetti sinestetici

sottoposti all’ascolto di parole con quelli osservati in soggetti non sinestetici allenati ad associare

determinate parole con determinati colori.

I risultati dell’esperimento 1 confermano che soggetti sinestetici sottoposti all’ascolto di parole come anche i

soggetti non sinestetici sottoposti ad osservazione diretta dei quadri a colori di Mondrian, hanno riportato

l’attivazione del complesso V4 (il centro per il colore) ma per i primi tale attivazione è risultata limitata

all’emisfero sinistro. Malgrado la lateralizzazione sinistra, i soggetti sinestetici non hanno riportato

percezioni di colori confinate al campo visivo destro. Sempre in questo primo esperimento non è stata

visuale primaria (l’area V1 e V2) nei soggetti sinestetici, in

individuata alcuna attivazione della corteccia

contrasto con quanto avviene nella condizione normale , e questo suggerirebbe che il cervello è capace di

generare percetti visuali consci senza il contributo della corteccia visuale primaria.

Nell’esperimento 2, durante la visione diretta dei colori, i soggetti sinestetici non hanno mostrato alcuna

attivazione del complesso del colore, suggerendo che l’abitudine all’attivazione di questa zona durante la

l’abbia resa incapace ad elaborare colori percepiti normalmente.

percezione sinestetica dei colori

Infine, durante l’ultimo esperimento i soggetti non sinestetici, sollecitati all’associazione parola-colore, non

hanno mostrato alcuna attivazione del complesso V4 del colore, malgrado l’allenamento all’associazione

sinestetica cui erano stati sottoposti dagli studiosi. 5

In conclusione, lo studio sostiene che c’è una specializzazione nel cervello dei soggetti sinestetici con una

sinestesia parola-colore rispetto a quello dei soggetti non sinestetici e che tale specializzazione prenderebbe

le sembianze di una lateralizzazione sinistra (dovuta ad una mutazione genetica) che connette il linguaggio

ascoltato alle aree V4/V8 (Nunn et al., 2002).

Esperimenti di Hubbard e Ramachandran, 2005

Gli esperimenti eseguiti da Hubbard e Ramachandran riguardano, invece, la sinestesia grafema-colore. Su

uno sfondo nero vengono posti tanti “5” ed un unico “2” e i numeri vengono scritti in un carattere

tipografico che ne rende difficile la distinzione.

I soggetti, sinestetici e non, vengono sollecitati a individuare il “2”. Il risultato ottenuto è che, quando i colori

sinestetici suscitati dai due grafemi sono diversi, la ricognizione del grafema bersaglio da parte dei soggetti

sinestetici è efficientissima poiché il “2” essendo percepito in un altro colore, si stacca spontaneamente dal

fondo. Quando invece i colori suscitati sono simili, ai soggetti sinestetici occorre un po’ più di tempo.

Malgrado ciò, l’efficienza dimostrata dai soggetti sinestetici è di gran lunga superiore a quella mostrata da

soggetti non sinestetici.

Anche gli esperimenti condotti da Hubbard e Ramachandran mostrano che la sinestesia grafema-colore

(come la sinestesia parola-colore) è dovuta ad una connessione tra aree cerebrali adiacenti che provoca la

loro attivazione simultanea. Quello che aggiungono Hubbard e Ramachandran (2005), rispetto a Nunn et al.

(2002), è una motivazione per tale connessione tra aree cerebrali.

Alla nascita, le varie parti del nostro cervello mostrano delle connessioni rese possibili dal fatto che le aree

cerebrali non sono ancora specializzate. Durante i primi quattro mesi di vita si verifica nel neonato una

potatura di tali connessioni ed una specializzazione delle regioni cerebrali. La sinestesia, stando ad Hubbard

e Ramachandran, potrebbe essere riconducibile ad una mutazione genetica che provoca il fallimento di tale

potatura e la persistenza in fase adulta di nessi tra aree cerebrali.

Conclusioni

In conclusione si può dire che la sinestesia grafema-parola/colore è una condizione ereditaria in cui lo

stimolo grafema o lo stimolo parola producono un’involontaria percezione visiva, quella del colore.

In base agli studi di Nunn et al. (2002) e di Hubbard e Ramachandran (2005) possiamo asserire che:

 è prodotta dall’attivazione del complesso V4 (il centro del

La sinestesia grafema-parola/colore

colore) durante la visione di un grafema e/o la visione/ascolto di una parola (Nunn et al, 2002;

Hubbard e Ramachandran, 2005).

 Alla base di tale attivazione c’è una connessione tra aree cerebrali adiacenti (Nunn et al., 2002;

Hubbard e Ramachandran, 2005; e.g. aree del linguaggio e area V4 nella sinestesia parola-

colore).

 Tale connessione potrebbe essere dovuta al parziale fallimento della potatura dei nessi tra aree

cerebrali che normalmente avviene nei primi quattro mesi di vita (Hubbard e Ramachandran,

2005). 6

 L’attivazione dell’area V4 può avvenire in alcuni soggetti sinestetici anche senza il contributo

della corteccia visuale primaria (Nunn et al., 2002).

 L’esperienza della sinestesia parola-colore non può essere riprodotta in soggetti non sinestetici,

neanche tramite allenamento (Nunn et al., 2002).

 Una maggiore attivazione dell’area V4 implica migliori risultati comportamentali (Hubbard e

Ramachandran, 2005).

 In base all’intensità della percezione del colore si distinguono due tipologie di soggetti sinestetici

(sinestesia grafema-colore): i lower synesthete e gli higher synestete (Hubbard e Ramachandran,

2005).

Onde luminose e onde sonore

Già dal 1704 connessioni di tipo matematico fra suoni e

colori erano state riportate da Newton, il quale nei suoi

studi sull’ottica correlò le note musicali ai colori, attraverso

una analogia diretta tra i fenomeni acustici e quelli ottici,

proponendo una stretta corrispondenza tra i sette colori

dello spettro del visibile e le sette note della scala musicale.

Ad un aumento delle frequenze di oscillazione della luce

nello spettro cromatico fece corrispondere un aumento

delle frequenze di oscillazione del suono nella scala

diatonica maggiore. Fu proprio Newton infatti a dividere lo

spettro in sette diversi

colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto

La scelta di sette colori non poggiava su basi scientifiche,

ma filosofiche, in particolare sulla teoria sofistica della

connessione tra colori, note musicali (sette), pianeti (allora

erano ritenuti essere sette) e giorni della settimana (sempre

sette).

Le onde dello spettro visibile e la dispersione ottica

In fisica lo spettro visibile è quella parte dello spettro elettromagnetico che cade tra il rosso e il violetto

includendo tutti i colori percepibili dall'occhio umano che danno vita dunque al fenomeno della luce.

Uno dei primi scienziati a studiare sistematicamente i fenomeni luminosi fu Newton. Egli riteneva che la

luce fosse costituita da corpuscoli molto piccoli e veloci. Fu Young, invece, a dimostrare la natura

ondulatoria della luce, tramite un esperimento che permetteva di osservare l’interferenza di due raggi

luminosi.

Le diverse colorazioni della luce sono tutte onde elettromagnetiche che differiscono soltanto per la frequenza

e quindi per la lunghezza d’onda. Dato che tutte le onde elettromagnetiche nel vuoto hanno la stessa velocità

c = 3.0 x 10^8 m/s, f e λ sono legate dalla relazione c = f λ. Perciò all’aumentare della frequenza di un’onda

elettromagnetica, la sua lunghezza d’onda diminuisce. Le onde luminose, così come le altre onde

elettromagnetiche, non hanno bisogno di un mezzo per propagarsi: se la luce si propaga nel vuoto la sua

velocità v coincide con c, se invece si propaga in un mezzo che ha indice di rifrazione n, la velocità di

propagazione è data da v = c/n. Poiché n è sempre maggiore di 1, v sarà sempre minore di c.

La lunghezza d'onda della luce visibile nell'aria va indicativamente dai 380 ai 760 nm; le lunghezze d'onda

corrispondenti in altri mezzi, come l'acqua, diminuiscono proporzionalmente all'indice di rifrazione. In

termini di frequenze, lo spettro visibile varia tra i 400 e i 790 terahertz.

I primi studi sullo spettro visibile furono condotti da Isaac Newton nei suoi trattati intitolati "Opticks".

In essi vengono descritte le leggi dell'ottica geometrica, i fenomeni della riflessione e della rifrazione; vi si

afferma anche che a ciascun colore corrisponde un diverso indice di rifrazione e che la luce bianca del Sole

può essere scomposta, mediante prismi, nei sette colori dello spettro visibile.

Newton per primo usò il termine spettro, in una stampa del 1671, dove descriveva i suoi esperimenti sulla

dispersione ottica di un raggio di luce bianca che attraversa un prisma di vetro. Egli osservò che quando il

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raggio di luce colpisce la superficie del prisma con un certo angolo, una parte del raggio viene riflessa,

mentre la parte restante attraversa il prisma e ne esce scomposta in bande colorate. Inoltre, si accorse per

primo che cambiando la direzione dei raggi colorati con una lente, in modo che essi convergano in un

secondo prisma, si riottiene la luce bianca. Isolando, invece, un raggio colorato e facendolo passare per un

prisma esso rimane invariato. Grazie ai suoi esperimenti Newton concluse che la luce bianca è una miscela di

tante lunghezze d’onda e che in seguito alla rifrazione essa risulta separata in tanti diversi colori poiché i

colori differenti si propagano in direzioni diverse. Questo accade perchè minore è la lunghezza d’onda,

maggiore è l’indice di rifrazione. Ciò significa che la luce violetta, con la sua piccola lunghezza d’onda e il

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