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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: Armonia celeste e dodecafonia

Autore: Luca Di gregorio

Descrizione: nella mia tesina ho analizzato le cause che determinarono la nascita della dodecafonia e soprattutto la giustificazione che schönberg, il suo massimo esponente, dette per essersi dedicato ad una musica così poco apprezzata. ho rintracciato poi le si

Materie trattate: greco,italiano,fisica,biologia,storia

Area: umanistica

Sommario: INTRODUZIONE Per il mio percorso personale ho voluto dedicarmi a quella che è la mia grande passione: la musica. Più nello specifico mi sono interessato alla dodecafonia e a cercare di capire il PERCHÉ oggi questa musica viene solamente accennata nella programmazione delle grandi stagioni sinfoniche e perché non è particolarmente amata dal pubblico. La conclusione a cui sono giunto tramite debite ricerche è che il nostro giudizio su una qualsiasi partitura ascoltata non dipende solo da fattori puramente estetici, ma anche da fattori fisici e biologici. LA DODECAFONIA Purtroppo la grande musica del "900 è poco conosciuta, pertanto ritengo opportuno spiegare cosa sia la dodecafonia senza limitarmi a semplici e banali definizioni, ma avvalendomi di un'incontro con essa. Il punto di partenza di tutta la musica fino ad oggi composta è l'armonia. Tralasciando complesse e lunghe discussioni inerenti l'armonia, per quel che interessa al fine della mia trattazione, è bene sapere che da sempre la composizione di una qualsiasi partitura impone che tra le note che la costituiscono si instaurino determinate relazioni facendo sì che alcuni suoni prevalgano su altri, in una sorta di ordine gerarchico. Determinanti in un brano ad esempio sono la tonica (la nota che dà  il nome alla tonalità  del pezzo stesso), il terzo grado ed il quinto grado (rispettivamente la terza e la quinta nota dopo la tonica). Supponiamo ad esempio che il brano sia in do maggiore (= tonica); il terzo grado è mi ed il quinto è sol. Il complesso di regole armoniche che si sono stratificate nel corso del tempo hanno portato ad elaborare risultati di questo tipo: Mozart, sonata 330 in do maggiore [1773] come possiamo notare in questi due semplici righi, il grande genio di Mozart ci consente di cogliere le leggi dell'armonia; guardate come si susseguono infatti con frequenza le note poco fa elencate, soprattutto nel basso. La dodecafonia rifiuta tutto questo, rifiuta queste regole compositive per adottarne una sola: la composizione deve evolversi sia in senso orizzontale (melodia) che in senso verticale (armonia) evitando che un suono sia ripetuto prima che gli altri 11 non siano suonati. Su la prima successione, che prede il nome di serie, prende corpo tutto il pezzo tramite debite variazioni. Il risultato che si ha è questo Schönberg, walzer op.25 [1923]

Estratto del documento

Schönberg, walzer op.25 [1923]

con relativo ascolto dei due righi riportati

Come potete notare i numeri che ho utilizzato per riconoscere con semplicità le note non si

ripetono prima che siano stati usati fino a 12.

Il risultato che si ottiene è, esteticamente parlando, poco gradevole. Inutile dire che la dodecafonia

destò numerose critiche quando fece la sua comparsa. Sebbene già dalla fine dell’800 venivano

sempre più usate le dissonanze (si pensi a Wagner), i fruitori di musica non erano pronti ad un

cambiamento così radicale, addirittura la critica salutò la dodecafonia come pagine nate da un

patto con il Diavolo. Tanto più che nel periodo della seconda guerra mondiale essa venne proibita

sia da Hitler (la definiva un’arte corrotta, ricordiamo poi che Schönberg era ebreo) che da Stalin

nei loro regimi autoritari. Fu solo a partire dagli anni ’50 che si ebbe il boom della musica

dodecafonica.

Resosi conto della fragilità della sua creatura, tanto da affermare

“La musica dodecafonica può resistere ad una critica così poco come la fede stessa e come

qualsiasi altra credenza” [Arnold Schönberg]

Schönberg ritenne opportuno trovare una giustificazione che legittimasse il suo lavoro. Di qui egli

affermò che la musica non è una produzione umana, ma che essa esiste a prescindere dal fatto

che vi sia un essere umano capace di suonarla o ascoltarla. Secondo il compositore esiste infatti un

mondo metafisico, fatto soprattutto di concetti matematici, in cui tutti i fattori in esso implicati

emettono dei suoni. Questi suoni hanno fra loro determinate relazioni che vanno oltre il senso

estetico dell’uomo, dando luogo quindi ad un’armonia incondizionata e libera.

La capacità (ed il coraggio) del compositore sta nel ricevere dal Supremo Comandante (Dio)

questa musica, evitare di applicarvi i canoni della tradizione, e riportarla agli altri nel mondo reale.

Schönberg era infatti solito affermare:

“Io sono solo il megafono di quest’idea”

Il compositore così assume quasi il ruolo di un vate, che riporta agli altri quello che solo a lui viene

rivelato, e quale migliore protezione offrire alla dodecafonia se non definirla come qualcosa di

preesistemnte e legittimata da Dio?

“Ciò che viene denigrato ci viene dettato, non potete accusare noi delle responsabilità dell’Altro”

[Anton Webern]

- 3 -

Tale teoria trova il suo antecedente nella teoria dell’Armonia Celeste dei Pitagorici.

ARMONIA CELESTE DEI PITAGORICI [greco]

Innanzitutto è bene ricordare che i Pitagorici, corrente filosofica sviluppatasi nella seconda metà

del VI secolo a.C., furono i primi a dedicarsi in maniera razionale al problema cosmologico. Se oggi

cosmo lo dobbiamo a Pitagora, il primo che usò questo termine per indicare l’ordine e

si parla di cosmo = armonia universale.

l’eleganza dell’universo, contrapposto al disordine ed alla casualità 

I Pitagorici inoltre furono i primi a sostenere che i pianeti avessero una forma sferica e ad

ipotizzare un sistema eliocentrico, anche se al centro dell’universo non vi è il Sole ma l’Hestia, il

fuoco centrale che fa brillare lo stesso Helios di luce riflessa.

L’ordine dell’universo è dato da relazioni matematiche che danno forma al creato, accompagnate

da armonie musicali in qualche modo ad esse corrispondenti. La ricerca di queste corrispondenze

tra musica ed astronomia è stata oggetto di indagine filosofica da Pitagora fino a Keplero e forse

anche allo stesso Newton.

A tal proposito Pitagora elaborò la teoria dell’armonia delle sfere celesti, successivamente arricchita

dai suoi discepoli e dallo stesso Platone.

Il sistema dei Pitagorici, o Italici secondo la definizione aristotelica, è riassumibile nella descrizione

di Filolao (V secolo a.C., contemporaneo di Socrate, fu il pitagorico che mise per iscritto le

concezioni della scuola, fino ad allora considerate segrete).

Ogni pianeta ruota in senso antiorario attorno al

fuoco centrale, situato al centro dell’universo. Lo

stesso vale per la Terra, la Luna ed il Sole. Le stelle

fisse si trovano tutte su un'unica sfera, la più esterna

e la più pura. La Terra gira tenendo sempre il lato da

noi abitato rivolto in direzione opposta al fuoco

centrale, ed è per questo motivo che esso si nega

alla nostra vista. L’Antiterra è introdotta per dare

un’ulteriore giustificazione del fatto che dalla Terra

non è mai possibile vedere il fuoco centrale (va

notato che nel sistema Pitagorico la Terra si muove

per la prima volta nella storia dell’astronomia). La

Terra gira molto più velocemente del Sole e della

Luna, ed è per questo che una volta al giorno li

sorpassa con l’effetto visivo di una loro nascita a Est

ed un tramonto a Ovest. All’obiezione che con un

simile modello le dimensioni del Sole e della Luna

dovrebbero variare di molto durante il giorno (grandi

quando sono allo Zenit e piccoli all’alba e al tramonto) i Pitagorici rispondono prendendo per

l’orbita terrestre un diametro assai piccolo rispetto alle distanze Terra-Sole e Terra-Luna (che

starebbero tra loro nel rapporto di 9:1).

A questo punto Filolao fa un improvviso balzo nella speculazione più astratta. Affermando che

“tutte le cose avvengono per necessità ed armonia”, sostiene che, come sassi che sfrecciano

attraverso l’aria, i corpi celesti emettono un suono, ciascuno il proprio, secondo le prescrizioni

dell’armonia classica. Il moto circolare implica armonia: l’universo produce un canto soave basato

sul moto ritmicamente ed armonicamente coordinato dei sette corpi celesti dove il suono sarebbe

prodotto per effetto dell’attrito contro il mezzo nel quale navigano, aria, fuoco o etere. Il suono

avrebbe un’altezza proporzionata alla velocità del corpo, la quale a sua volta crescerebbe

direttamente con la sua distanza dal fuoco centrale. E, ciò che più conta, i rapporti fra le altezze

dei suoni sarebbero sempre tali da sortire accordi musicali ed armoniosi.

- 4 -

Perché allora nessuno sente questi suoni? Per assuefazione, avendoli uditi fin dalla nascita.

Pitagora era il solo che riusciva a distinguerli dagli altri suoni: Aristotele obietterà che corpi così

grandi farebbero un rumore così assordante da romperci i timpani.

Ma in che modo gli intervalli della scala musicale corrispondono ai singoli raggi delle sfere

planetarie? Qui la mente può lasciarsi andare alle più libere fantasie, visto che i dati astronomici

del tempo erano alquanto vaghi (ma anche dopo che Aristarco di Samo, matematico ed astronomo

greco che visse fra il 310 ed il 230 a.C., avrà misurato la distanza Terra-Luna e Terra-Sole, si

continuerà a parlare di queste faccende in maniera del tutto avulsa dalle conoscenze scientifiche).

Varie furono le ipotesi avanzate dai Pitagorici, tanto varie quanto palesemente fantasiose, ma la

bellezza che suscita questa teoria fa perdonare stravaganze secondo cui tra la Terra ed il Sole vi

siano Venere e Mercurio, ipotesi opposta a ciò che empiricamente si vedeva osservando il cielo.

Il successo della teoria pitagorica è testimoniato dalla sua ripresa nei secoli successivi, in cui si

cercò di capire quale fosse la vera relazione tra l’universo e la musica. Sta di fatto che la grande

verità lasciata dai Pitagorici è che i suoni esistono fra loro in rapporti matematici. La teoria delle

Sfere Celesti venne condivisa da moltissimi intellettuali, fra i quali troviamo anche Dante.

SFERE CELESTI E MUSICA NELLA DIVINA COMMEDIA [italiano]

E’ ben noto che Dante fosse un aristotelico, ma per quanto riguarda la teorie delle Sfere Celesti era

un Platonico in quanto, come il filosofo idealista, amava la visione pitagorica. Presumibilmente

Somnium Scipionis di Cicerone. In mezzo alla perfezione

Dante conobbe tale teoria attraverso il

della sua opera non poteva mancare un seppur fugace riferimento alla teoria pitagorica:

“Così fui sanza lagrime e sospiri “Quando la rota che tu sempiterni “Diverse voci fanno dolci note;

anzi ‘l cantar di quei che notan sempre desiderato, a sé mi fece atteso così diversi scanni in nostra vita

dietro a le note de li etterni giri” con l’armonia che temperi e discerni, rendon dolce armonia tra queste rote.”

parvemi tanto allor del cielo acceso

[Purgatorio, XXX 91-93] [Paradiso, VI 124-126]

de la fiamma del sol, che pioggia o fiume

lago non fece alcun tanto disteso.”

[Paradiso, I 76-81]

la rota

Quando i cieli [ ] che tu fai girare in

Così rimasi senza poter piangere e Diverse voci producono dolce armonia; /

eterno / perché essi desiderano così diversi gradi di beatitudine nella vita

sospirare / prima che cantassero gli desiderato

ricongiungersi a te [ ] /

quei

] che intonano il canto celeste / producono una dolce armonia in

angeli [ attrassero la mia attenzione / con questi cieli

sempre / accordandosi alle armonie l’armonia che tu regoli e distingui, / mi

dietro a le note ] dei cieli che girano in

[ parve allora una così grande parte del

eterno cielo illuminata / dalla luce del sole, che

né pioggia né fiume / formarono mai un

lago così vasto Convivio De

e

Il legame che vi è fra Dante e la musica è fortissimo. Nelle due opere dottrinali (

vulgari Eloquentia ) la musica veniva presa in considerazione nella misura in cui la poesia ne deriva

Divina Commedia invece è l’espressione immediata del

dei principi strutturali ed estetici. Nella

principio universale dell’amore e manifestazione autentica dell’uomo.

Paradiso: espressione di amore perfetto

• Purgatorio: espressione di amore imperfetto ma tendente alla perfezione che aspetta nel

• paradiso - 5 -

Inferno: rappresenta la negazione estrema dell’amore (caratterizzata non a caso da

• dissonanza)

Arnaldo Bonaventura (Livorno 1862 – Firenze 1952), fu un violinista e letterato italiano che si

occupò di approfondire come si manifesta la musica nella poesia. In questi suoi studi si interessò

Divina Commedia

. A mio avviso, per quanto suggestiva possa essere, è fuori luogo

anche della

l’associazione che il Bonaventura fa tra l’opera dantesca ed una sinfonia. Desta stupore

l’associazione che viene fatta pensando alle tre cantiche come ai tre movimenti di una sinfonia, al

primo canto come ad un preludio in cui vengono esposti i motivi centrali e che le tre cantiche

finiscono tutte con il termine “stelle”, quasi come una tonica. Non dimentichiamoci però che la

Sinfonia inizia a prendere corpo solamente in un momento successivo a Dante e che quindi il

grande poeta fiorentino non può essersi ispirato a qualcosa che ai suoi tempi era ancora priva di

una forma concreta.

Più realistica è l’analisi che viene condotta sull’importanza che progressivamente viene attribuita

alla musica. Essa infatti nel purgatorio ha la funzione di alleviare le sofferenze e l’attesa delle

anime purganti e prelude alla perfetta armonia di cui potranno godere nella beatitudine celeste.

Sembra quasi che la presenza della musica sia proprio ciò che più distingue le regioni del

purgatorio da quelle dell’inferno Ahi quanto son diverse quelle foci

da l’infernali! Ché quivi per canti

s’entra, e là giù per lamenti feroci.

[Purgatorio, 112-114 ]

XII

La musica del Purgatorio inoltre è più comprensibile ed umana, al contrario di quella celestiale del

umano ingegno .

paradiso, difficilmente comprensibile e spiegabile dall’

La difficoltà del canto stesso del poeta è progressivamente crescente, basti pensare:

Inferno: Dante invoca l’aiuto delle Muse, figlie di Giove ed Armonia, per trattare della

• materia della prima cantica "colei che ha bella voce"), musa della

Purgatorio: Dante invoca Calliope (in Greco

• Καλλιόπη

grande poesia epica e del bel cantare

Paradiso: Dante invoca Apollo, colui che sconfisse Marsia, il dio per eccellenza dell’arte e

• della musica Divina Commedia è la luce, concreta e più alta

Sappiamo che elemento determinante nella

manifestazione di Dio. Tuttavia in alcuni passi è possibile notare come la musica sovrasti

addirittura la luce. Ad esempio quando Dante sale al cielo del Sole con Beatrice, egli osserva

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