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strumenti a fiato e simbolo della musica che si accompagna alla possessione rituale e
alla sfrenatezza orgiastica.
Una simile contrapposizione può essere pure messa in relazione con il dualismo che
scindeva la religiosità greca: da una parte troviamo, infatti, la religione “olimpica”, che
poneva una netta e invalicabile separazione tra gli dei, “gli immortali”, e gli uomini, “i
mortali”; ad essa erano associati i “razionali” strumenti a corde. Dall’altra parte,
connesso all’aulós, troviamo il culto dionisiaco, il quale ammetteva invece la possibilità
per l’uomo di un contatto intimo col divino e il cosmico.
Nella musica, questa stratificazione di concezioni diverse coinvolgeva, oltre i due
strumenti citati, anche altri fattori.
I greci basavano infatti il loro sistema musicale sulle cosiddette harmoníai,
caratterizzate ciascuna dal nome di un’antica popolazione ellenica: harmonia dorica,
frigia, lidia, ionica, eolia, e così via. Non è chiaro però cosa si intendesse con il termine
harmonia: sicuramente ad ognuna di esse corrispondeva una determinata scala
musicale, ma probabilmente ogni harmonia comprendeva anche tutto l’insieme degli
elementi (ritmi, melodie tradizionali, modi di esecuzione) che costituivano il carattere
primordiale e distintivo della musica dei dori (popolazioni indoeuropea stabilitasi nel
Peloponneso), dei frigi, dei lidi (popolazioni indoeuropee stanziatesi nell’Asia Minore) e
degli altri popoli.
Era opinione comunemente accettata che ogni harmonia causasse un ethos, cioè un
particolare effetto sull’animo e sul corpo umano. L’harmonia dorica, ad esempio, quella
più strettamente legata alla lyra, era considerata la più grave e la più virile, e
determinava nell’animo compostezza e moderazione; l’harmonia frigia, al contrario,
inseparabile dal dionisiaco aulós, suscitava un ethos entusiastico ed emozioni sfrenate.
Anche per questa credenza abbiamo un aneddoto. Alcuni giovani ubriachi, eccitati dal
suono frigio dell’aulós, volevano abbattere la porta della casa di una ragazza per
violentarla. Il filosofo Pitagora, che era presente, non sapendo come fare per fermarli,
si rivolse allo strumentista pregandolo di suonare nel modo dorico. Immediatamente gli
assalitori si risvegliarono dall’ebbrezza e, pentiti, si allontanarono.
Alla musica veniva attribuito un potentissimo effetto non solo sull’animo ma anche sul
corpo. Abbiamo infatti esempi di guarigioni rese possibili grazie al diverso uso delle
harmoníai.
Nel mondo greco c’era una profonda diffidenza nei confronti della musica pratica: fin
dall’età di Pitagora ( VI secolo), era considerata come vera musica solo la musica
puramente teorica, cioè la scienza acustica, in quanto fondata sul principio razionale
per eccellenza: il numero. I filosofi pitagorici, infatti, ritenevano che il moto degli astri
fosse regolato armonicamente da proporzioni numeriche (la cosiddetta “armonia delle
sfere”, ovvero delle orbite stellari e planetarie); poiché anche gli intervalli musicali
erano determinati da simili rapporti matematici, la potenza del numero coordinava in un
unico insieme astri e musica. Di qui il celebre mito platonico di Er, un caduto in guerra
che, resuscitato, narrò ciò che egli aveva veduto nell’aldilà: su ognuna delle otto sfere
celesti, fatte ruotare dal fuso di Ananke (il Destino immutabile), una Sirena emetteva il
proprio suono particolare; le otto note cantate dalle otto Sirene generavano una
suprema armonia.
Anche il rapporto tra anima e corpo umano veniva considerato intessuto dal numero e
dall’armonia. La musica udibile, quella generata da voci umane e strumenti, non
sarebbe altro, quindi, che un pallido e imperfetto riflesso dell’armonia cosmica.
Per arrivare al concetto di “armonia” così come lo intendiamo noi oggi, dobbiamo però
aspettare ben 21 secoli.
Infatti l’armonia che noi conosciamo come teoria e pratica della formazione e della
concatenazione degli accordi musicali si è sviluppata a partire dal sec. XV con la
codificazione dell'accordo (la combinazione di tre o più suoni diversi e simultanei),
seguita all'individuazione degli intervalli fra i suoni (spazi che separano il suono più
grave da quello più acuto) e alla misurazione del tono all'interno della scala musicale.
L’armonia, tuttavia, non riguarda solo l’ambito musicale, bensì è riscontrabile anche in
campo artistico e letterario, e per affrontare tale tema, ho preso in considerazione una
poesia di Oscar Wilde In The Gold Room - A Harmony (da Poems)
Her ivory hands on the ivory keys
Strayed in a fitful fantasy,
Like the silver gleam when the poplar trees
Rustle their pale-leaves listlessly,
Or the drifting foam of a restless sea
When the waves show their teeth in the flying breeze.
Her gold hair fell on the wall of gold
Like the delicate gossamer tangles spun
On the burnished disk of the marigold,
Or the sunflower turning to meet the sun
When the gloom of the dark blue night is done,
And the spear of the lily is aureoled.
And her sweet red lips on these lips of mine
Burned like the ruby fire set
In the swinging lamp of a crimson shrine,
Or the bleeding wounds of the pomegranate,
Or the heart of the lotus drenched and wet
With the spilt-out blood of the rose-red wine.
Nella Stanza d’Oro – Un’Armonia
Le sue mani d'avorio sulle chiavi d'avorio
smarrita in una capricciosa fantasia
Come il bagliore d' argento quando gli alberi di pioppo
frusciano svogliatamente le loro pallide foglie,
O la schiuma che va alla deriva di un mare senza riposo
Quando le onde mostrano i loro denti nella brezza fugace.
I suoi capelli d'oro si posano sul muro d'oro
Come i grovigli sottilissimi e delicati che girano
sul piatto brunito della calendola,
o i girasoli che si girano per incontrare il sole
Quando l'oscurità della notte blu e scura è fatta,
E la lancia del giglio è circondato dall'aureola.
E le sue labbra dolci e rosse su queste mie labbra
Bruciate come il fuoco vermiglio posto
nell'oscillante lampada di un sacrario di cremisi,
O le sanguinanti ferite della melagrana,
O il cuore del loto fradicio e bagnato
Con il sangue strappato del vino rosa-rosso.
In questa poesia l’armonia sta nella musicalità ricercata
che si accorda con la leggerezza. La poesia altro non è
che la descrizione, più o meno veritiera di un quadro di
James Whistler (Harmony in Yellow and Gold), colui che
porterà l’estetismo in Inghilterra dall’America.
th
Oscar Wilde is born in Dublin the 16 October 1854. He
became a disciple of Walter Pater, the theorist of
aestheticism in England, accepting the theory of “Art for Art’s
Sake”. After graduating in Oxford, he settled in London and
became a fashionable dandy for his extraordinary wit and
his foppish way of dressing.
In 1881 he edited Poems. In the late 1880s Wilde published
The Canterville Ghost, Lord Arthur Savile’s Crime, The
Happy Prince and Other Tales, and in 1891 The Picture Of
Dorian Gray, his first and only novel. In the 1890s he
produced a series of plays: Lady Windermere’s Fan, A
Woman Of No Importance, An Ideal Husband’, The
Importance Of Being Earnest, and his masterpiece Salomé.
In 1891 he met a young and handsome man, Lord
Alfred Douglas, with whom Wilde had a homosexual
relationship. Homosexuality was considered a
crime, so Wilde was convicted of homosexual
practices and subsequently sentenced to two-year
hard labour. While in prison he wrote De Profundis,
an autobiographical letter where he condemn Alfred
Douglas for abandoning him. He also wrote The
Ballad of Reading Goal.
When he was released from prison, he lived in
France he lived under an assumed name as an
outcast in poverty. He died of meningitis in Paris in
1900.
Wilde lived his life like a work of art. He believed
that only “Art as a cult of Beauty” could prevent the
murder of the soul. He wrote only to please himself.
Since life was meant for pleasure, and pleasure was
an indulgence in the beautiful, beautiful clothes,
beautiful talks, delicious food and handsome boys, were Wilde’s main interests. He
rejected didacticism that had characterised the Victorian novel. th
The Aesthetic Movement developed in the last decades of the 19 century. Originating
in France with Gautier, it reflected his need to redefine the role of art. He was the first
to define “Art for Art’s Sake”.
This doctrine was imported in England by Whistler, an American painter. Walter Pater,
instead, is regarded as the theorist of the Aesthetic Movement in England. He rejected
religious faith and said that art was the only means to stop time. Life should be lived in
the spirit of art, namely “as work of art”. The task of the artist was to feel sensations,