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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: Anna politkovskaja: il potere delle parole

Autore: Vanessa Stefanini

Descrizione: approfondimento sull'omicidio della giornalista russa anna politkovskaja, sulla storia della cecenia e i fatti salienti delle due guerre.

Materie trattate: storia, italiano

Area: umanistica

Sommario: "A volte la gente paga con la propria vita per dire ad alta voce quello che pensa". Queste sono le parole profetiche pronunciate dalla giornalista Anna Politkovskaja che ha pagato con il prezzo più alto la sua ricerca di verità . 1. Biografia Anna Politkovskaja nasce a New York il 30 agosto 1958, figlia di due diplomatici sovietici di nazionalità  ucraina di stanza presso l'ONU. L'ambiente familiare e lo status di diplomatici dei suoi le consentono alcuni privilegi, tra cui l'accesso a materiale e a pubblicazioni proibiti in patria. Studia giornalismo all'Università  di Mosca, dove si laurea nel 1980 con una tesi sulla poetessa Marina Cvetaeva, le cui opere all'epoca non circolavano con facilità . La sua carriera inizia nel 1982 al giornale moscovita "Izvestija" che lascerà  nel 1992, lavora poi in diverse redazioni (tra cui importante è la permanenza dal 1994 al 1999 come cronista e responsabile della sezione "eventi eccezionali" dell'Obščaja Gazeta) fino ad approdare nel 1999 alla "Novaja Gazeta". Fin da subito è inviata in zone di guerra, si reca in Cecenia una quarantina di volte a partire dal luglio di quell'anno, sostenendo le famiglie delle vittime civili, visitando ospedali e campi profughi, intervistando sia militari russi che ceceni. Per il suo impegno viene spesso minacciata di morte, è odiata dalle autorità  locali e dal governo russo (questo è dovuto anche al fatto che nel periodo in cui lavora per la Novaja Gazeta pubblica alcuni libri fortemente critici su Vladimir Putin, sulla conduzione della guerra in Cecenia, Daghestan e Inguscezia), ostacolata nel suo lavoro dalle une e dall'altro, tenuta a distanza dai militari. Le prime minacce risalgono al 2001, dopo la pubblicazione di un articolo che ricostruiva le vicende relative alla sparizione dello studente ceceno Zelinchan Murdalov ad opera dell'OMON (i corpi speciali della polizia russa), la giornalista è costretta a fuggire a Vienna dopo aver ricevuto numerose e-mail minatorie attribuite a Sergei Lapin, l'ufficiale dell'OMON che aveva condotto direttamente l'arresto del giovane. Il ragazzo, aveva scoperto la Politkovskaja, era stato arrestato dalla squadra di OMON comandata da Lapin, portato in una caserma alla periferia di Grozny e lì in cella torturato a morte (picchiato alla testa con bastoni, sottoposto a ellettroshock e ad orrende sevizie). Il giorno dopo il corpo senza vita del ragazzo era stato portato fuori città  anche se il cadavere non è mai stato ritrovato.

Estratto del documento

Anna Politkovskaja: il potere delle parole

ceceni: il suo nome è spesso apparso tra i “negoziatori privilegiati” dalla guerriglia; altrettanto

clamorosa è la sua “assenza forzata” nei giorni di Beslan. Nel settembre 2004 mentre si sta

recando verso la cittadina dell'Ossezia del Nord, durante la crisi degli ostaggi, viene

improvvisamente colpita da un malore e perde conoscenza. L'aereo è costretto a tornare

indietro per permettere un suo immediato ricovero, si suppone un tentativo di avvelenamento,

ma la dinamica non verrà mai chiarita del tutto (l'infermiera che l'assiste afferma che i test che

hanno fatto all'aeroporto sono stati distrutti per “ordini dall'alto”). Poco prima le autorità le

avevano impedito per due volte di salire a bordo di un aereo diretto a Beslan. La giornalista

teme per la sua stessa vita, ma soprattutto per quella di chi intervista, più volte infatti afferma

che non è la sola ad essere in pericolo. Dice di sentirsi una reietta, questo è il risultato

principale del suo lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all'estero dei suoi libri

sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno.

A Mosca non la invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la

partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di

avere delle simpatie per lei. Nonostante ciò i più alti funzionari accettano d'incontrarla quando

sta scrivendo un articolo o sta conducendo un'indagine, ma lo fanno di nascosto, sono felici di

parlare con lei. Le danno informazioni, chiedono il suo parere e le raccontano cosa succede ai

vertici ma tutto questo sempre di nascosto.

La “Novaja Gazeta”

Il primo numero di questo giornale portato alla ribalta dall'assassinio di Anna Politkovskaja

esce il 1 aprile 1993 (l'obiettivo che si prefiggeva era quello di una totale ed incondizionata

indipendenza), ed è fondato da alcuni componenti che avevano deciso di abbandonare la loro

precedente testata di appartenenza (il giornale “Konsonol'skaja Pravda”). La Novaja Gazeta,

sostenuta tra gli altri da Michail Sergeevič Gorbačëv (che oggi è uno dei suoi azionisti più

attivi) si riproponeva di essere un giornale onesto, indipendente e che si occupasse di tutta la

Russia. Oggi il giornale ha una tiratura di 550.000 copie, esce tre volte alla settimana, con due

edizioni diverse a San Pietroburgo e a Mosca. Lo staff si è sempre opposto con fervore e

convinzione e soprattutto con onestà al mutismo auspicato in molte occasioni dal Cremlino,

soprattutto da quando con l'ascesa di Putin la libertà di opinione è diventata un'illusione.

Ma tutto ciò a che prezzo? Il bollettino della loro guerra d’informazione riporta ben cinque

vittime dal 2000, fra giornalisti e collaboratori, tutti uccisi per inchieste o opinioni scomode.

Il soffocamento di tante voci ha indotto il caporedattore Muratov a proporre più di una volta

la chiusura della testata, anche dopo che due redattori sono stati minacciati per inchieste sul

Caucaso settentrionale e sull’uccisione della Politkovskaja, ma la redazione si è sempre

rifiutata.

Tra le inchieste del giornale si possono ricordare quella sull’occupazione del teatro Dubrovka,

sullo stupro e l’assassinio di El’za Kungaeva, sulla presa della scuola di Beslan, sul rapimento

di Zelinchan Murdalov da parte di Sergei Lapin, sulla fucilazione di civili ceceni da parte del

capitano del GRU (servizio di intelligence delle forze armate russe) Eduard Vl’nan. Molte di

queste inchieste sono state firmate dalla Politkovskaja; si può dire che lei fosse una delle voci

più scomode del più scomodo giornale russo.

Stefanini Vanessa – 5^ E 3

Anna Politkovskaja: il potere delle parole

2. Cecenia

Ufficialmente parte integrante della Federazione Russa, la Cecenia, si estende sulle pendici

settentrionali della catena montuosa del Caucaso. Confina a sud con la Georgia, a est e a nord

con la regione russa del Daghestan, a nord-ovest con la regione di Stavropol e a ovest con la

regione dell’Inguscezia.

E’ ricca di petrolio, i suoi giacimenti sono concentrati nel distretto della capitale Grozny e

producono circa 4 mila tonnellate di petrolio al giorno (sono notevoli anche i giacimenti di

gas naturale). Ma più che per le sue risorse la Cecenia è importante, dal punto di vista di

Mosca, perché sul suo territorio passano due strategici oleodotti russi che portano il greggio e

il gas del Mar Caspio al terminal di Novorossijsk sul Mar Nero. Non controllare la Cecenia

significherebbe per la Russia perdere il controllo sul commercio petrolifero. Non meno

importante è il fatto che per la Cecenia passano anche linee stradali e ferroviarie che

costituiscono il principale asse di comunicazione commerciale est-ovest attraverso le regioni

caucasiche della Federazione Russa.

La Cecenia non è ostile alla Russia solo per una questione di interessi geopolitici legati allo

sfruttamento del petrolio. I ceceni, popolo di religione islamica sunnita, si sono opposti alla

colonizzazione dei Russi fin dal XVII secolo. Parte dell’impero russo fin dal 1859, subito

dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, la Cecenia conosce un breve periodo di indipendenza

con la creazione della “Repubblica delle montagne”, ma l’armata rossa viene subito inviata a

schiacciare i secessionisti, che oppongono resistenza fino al 1921, quando, la Cecenia –

Inguscezia viene annessa all’URSS. Durante la seconda guerra mondiale furono deportati dal

Governo centrale sovietico in Siberia e Kazakistan circa 600 mila ceceni, con l’accusa di aver

collaborato con l’invasore tedesco. Quasi 200 mila muoiono durante il trasporto nei vagoni-

bestiame; i sopravvissuti, privati dei diritti civili e politici,vengono imprigionati nei gulag Ai

.

Stefanini Vanessa – 5^ E 4

Anna Politkovskaja: il potere delle parole

sopravvissuti fu concesso di ritornare in patria solo nel 1957. Dopo il collasso dell’Unione

Sovietica nacque in Cecenia un movimento indipendentista che entrò in conflitto con la

Russia, non disposta a riconoscere la secessione del Paese.

Nel 1990, durante le riforme di Gorbačëv del sistema sovietico, il Soviet Supremo adotta due

leggi. Queste legislazioni contenevano un numero di articoli che cambiavano di fatto

radicalmente lo stato delle "Repubbliche autonome" e delle "Repubbliche dell'Unione" che

erano ancora soggetti federali e membri dell'URSS. Di fatto sia le Repubbliche autonome che

quelle dell’Unione condividevano gli stessi diritti e, cosa importante, in particolare il diritto di

richiamarsi alla "libera auto-determinazione dei popoli", (ovvero il principio che sancisce il

diritto di un popolo sottoposto a dominazione straniera ad ottenere l’indipendenza, associarsi

ad un altro Stato o comunque a poter scegliere il proprio regime politico). La Georgia,

l'Ucraina e gli Stati baltici erano allora ancora "Repubbliche autonome" che, come ben noto,

si richiamarono a tale diritto.

Con la caduta del muro di Berlino, inizia un processo di disgregazione dell’Unione Sovietica;

i diversi territori dell’Unione proclamano la loro indipendenza e l’autonomia dal Governo

centrale di Mosca.

Il 25 novembre del 1990, in un regolare referendum, i ceceni decidono con una schiacciante

maggioranza dell’85%, che la Repubblica debba diventare indipendente. Dzokar Dudayev, il

primo presidente ceceno, dichiara 24 ore dopo la secessione. Questi referendum e

dichiarazioni d'indipendenza erano perfettamente legali e legittimi sia secondo le leggi

sovietiche che quelle internazionali. Il 27 novembre viene proclamata la separazione della

Cecenia dall'Unione Sovietica, con una "dichiarazione di indipendenza e sovranità" ratificata

all'unanimità dal Parlamento della Repubblica Cecena.

Intanto a Mosca il 19 agosto 1990 si era assistito al fallimentare tentativo di colpo di stato che

aveva però portato ai vertici del potere Boris Eltsin. A tutte le quindici Repubbliche

dell'Unione venne riconosciuta l'autoproclamata indipendenza, ma non lo stesso avvenne per

la Cecenia-Inguscezia. Quando nel 1991 si dissolve l’Unione Sovietica, malgrado la

Repubblica Cecena esistesse già da più di un anno come Stato sovrano e riconosciuto dal

sistema legale dell’URSS, a differenza delle altre entità, non le venne poi più riconosciuto

questo “diritto alla libera autodeterminazione”. Il 13 marzo 1993 viene firmato il trattato che

stabilisce la nascita della Repubblica Federale Russa. La Cecenia rifiuta l’appartenenza alla

Federazione Russa e decide di non firmare il trattato. Il 2 aprile 1993 il presidente Dudayev

scioglie il Parlamento, accentrando tutto il potere nelle sue mani. Si cerca di promuovere un

referendum per dare ai ceceni la possibilità di esprimersi sul “potere unico” del presidente, ma

Dudayev stronca sul nascere questo tentativo con l'intervento dei carri armati. Nei mesi

seguenti la tensione in Cecenia cresce notevolmente, con un'escalation di violenza tra le forze

fedeli al presidente e quelle contrarie al suo potere. Da Mosca iniziano ad arrivare i primi

segni di insofferenza. Nel settembre 1994 la situazione peggiora, poiché le compagnie

petrolifere occidentali firmano con il Governo dell'Azerbaigian un contratto storico per lo

sfruttamento del petrolio del Mar Caspio. Questo accordo prevede la costruzione di oleodotti

che trasportano il petrolio caspico dalle coste azere (Baku) ai mercati occidentali lungo due

vie: verso il porto di Supsa, sulla costa georgiana del Mar Nero, e verso quello di Ceyhan,

sulla costa turca del Mediterraneo. Per non venire tagliata fuori dalla commercializzazione del

petrolio caspico, la Russia decide di correre ai ripari costruendo un suo oleodotto che parta da

Baku e, dirigendo verso nord attraverso il Deghestan e la Cecenia, arrivi fino al porto russo di

Novorossijsk, sul Mar Nero. Il 9 dicembre 1994 il presidente Boris Eltsin autorizza un

intervento armato contro la Cecenia, rea ufficialmente di ribellione, in realtà perché

rappresenta un crocevia importante per l’esportazione del petrolio e dei gas naturali, nonché

Stefanini Vanessa – 5^ E 5

Anna Politkovskaja: il potere delle parole

per il transito di merci dall’est all’ovest. In dicembre i carri armati della Federazione Russa

iniziano la loro avanzata verso Grozny. Nel gennaio 1995 l'esercito russo entra nella capitale

conquistando il palazzo presidenziale. La città viene brutalmente devastata, con migliaia di

vittime tra la popolazione civile. A maggio i vertici militari russi dichiarano di aver

conquistato le città principali e 2/3 del territorio ceceno. Nonostante ciò nei mesi successivi

inizia una delle più grandi sconfitte nella storia militare della Russia. I bombardamenti su

Grozny e sulle altre città fanno strage di civili, vittime anche di esecuzioni di massa e

violenze e abusi di ogni genere. Oltre 100 mila ceceni rimangono uccisi. La resistenza mette

in forte difficoltà le truppe russe inviate da Boris Eltsin, che registrano fortissime perdite.

Nell'aprile 1996 il presidente ceceno Dudayev viene ucciso da un missile russo, ma pochi

mesi dopo le truppe cecene comandate dal generale Aslan Maskhadov riconquistano Grozny

costringendo i russi alla resa e a un'umiliante ritirata.

In questo scenario si muove Anna Politkovskaja come corrispondente dal fronte, i suoi

articoli, a differenza di quelli dei suoi colleghi, non si limitano ai classici bollettini di guerra,

alle dichiarazioni sulle azioni militari adottate dalle vari fazioni in lotta, ma descrivono ciò

che avviene alla popolazione civile, coinvolta suo malgrado nel conflitto. Nei suoi reportage

descrive soprattutto le violenze perpetrate dall’esercito russo nei confronti della popolazione,

in violazione a tutte le norme internazionali sui diritti dell’uomo. Chiaramente questo suo

agire non è visto di buon occhio dal Cremlino, al quale crea imbarazzo a livello

internazionale.

Il 27 agosto 1996 avviene la firma dell'accordo che pone fine al primo sanguinoso conflitto tra

la Cecenia e la Federazione Russa. Il 27 gennaio 1997 Maskhadov viene eletto presidente

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