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I fratelli Tweedle
“<<E’ solo il Re Rosso che russa, vieni a
vederlo!>> esclamarono i fratelli, e
presa ciascuno una mano di Alice, la
guidarono dove il Re dormiva. <<In
questo momento sta sognando>>
disse Tweedledee (Pincopanco);
<<secondo te cosa sogna?>>. Alice
disse <<Questo non può dirlo
nessuno>>. <<Ma sogna te!>>
esclamò Tweedledee, battendo
trionfante le mani. <<E se smettesse
di sognarti, dove credi che saresti?
>> <<Dove sono ora,
naturalmente>> disse Alice.
<<Macché, tu non saresti più in difendono l’idea del
nessun posto. Tu non sei che una
specie di cosa nel suo sogno! Se quel Vescovo Berkeley, secondo
Re lì si svegliasse, tu ti spegneresti, cui ogni oggetto materiale,
proprio come una candela!>>” noi compresi, non è che
(Tweedledum e Tweedledee,
Attraverso lo specchio, capitolo IV) “una sorta di cosa” nella
mente di Dio. Discussione
molto interessante da un
punto di vista filosofico, 5
fosse appunto il non saper
ma se non fosse esposto in distinguere il sogno dalla
modo umoristico, lo realtà. Spesso sogniamo
troveremmo troppo senza il minimo sospetto di
doloroso. La storia di Alice è irrealtà: il sogno ha il suo
tutta un sogno. Non sarà un mondo, ed è spesso realistico
sogno la vita stessa? quanto l’altro. Una strana
Domanda: quando sorta di regressione all’infinito
sogniamo e, come spesso è qui conseguenza dei sogni
avviene, ne abbiamo la paralleli di Alice e del Re
vaga coscienza e cerchiamo Rosso. Alice sogna il Re, che a
di svegliarci, non diciamo e sua volta sogna Alice, la
facciamo cose che nella quale sogna il Re e così via,
vita da svegli sarebbero come due specchi l’uno di
fronte all’altro, oppure come
folli? Non possiamo allora un’assurda vignetta di Saul
definire talvolta la follia Steinberg con una signora
come l’incapacità di grassa che fa il ritratto ad una
distinguere la vita vigile da signora magra che a sua volta
quella dei dormienti? La sta facendo il ritratto alla
pazzia è infatti una signora grassa che ritrae la
costante che si ritrova in 6
signora magra, e così via.
molti dei personaggi in cui “Alice nel Paese delle
Meraviglie” termina proprio
con il motivo del sogno nel
sogno. Infatti la sorella di
Alice, sentito il fantasioso
racconto della piccola,
sogna del sogno di Alice:
chi ha sognato? Si immagini
una scena tra due
personaggi; ciascuno
afferma di stare dormendo
e di stare sognando l’altro:
sarebbe praticamente
impossibile risalire alla
verità, in quanto potrebbero
sognare
contemporaneamente
oppure essere l’uno nel 7
sogno dell’altro che lo
NELLA TANA DEL CONIGLIO (ALICE, CAPITOLO I)
“ Per un po’ la tana si prolungava come una galleria, ma a un certo
punto sprofondava all’improvviso, tanto all’improvviso che Alice non
ebbe neanche un momento per pensare a fermarsi; e si trovò a
precipitare giù per quello che pareva un pozzo profondo. O il pozzo
era assai profondo, o la sua caduta assai lenta: il fatto è che Alice
ebbe tutto il tempo, precipitando, di guardarsi intorno e di chiedersi
cos’altro le sarebbe accaduto a questo punto. Dapprima cercò di
guardare in basso e di distinguere la sua destinazione, ma era
troppo buio per vedere nulla; allora guardò le pareti del pozzo, e
notò che queste erano piene di credenze e scaffali; qua e là vide
appesi quadri e carte geografiche. Prese al passaggio un vasetto da
uno scaffale. L’etichetta diceva MARMELLATA DI ARANCE, ma con
sua grande delusione il vasetto era vuoto; Alice non volle lasciarlo
cadere, per paura di ammazzare qualcuno sotto, e fece in modo di
posarlo sopra una credenza, sempre durante la caduta. […] << Mi
domando se non finirò per attraversare la Terra da una parte
all’altra! Sarà buffo sbucare fuori fra la gente che va in giro a testa
in giù.>> ” 8
La caduta sottoterra per entrare in un mondo
incantato è stata utilizzata da molti scrittori di fantasie
per bambini. Naturalmente in una normale condizione
di caduta libera Alice non avrebbe potuto né lasciar
cadere il vasetto, poiché esso, secondo logica, sarebbe
rimasto sospeso davanti a lei, né riposizionarlo su di
uno scaff ale, in quanto lo avrebbe impedito la velocità
della caduta. In un altro romanzo (Sylvie e Bruno,
capitolo VIII) l’autore descrive la diffi coltà di prendere
il tè dentro una casa che cade o che viene
violentemente tirata verso il basso; anticipando per
qualche verso l’esperimento ideale in cui Einstein si
servì della caduta di un ascensore immaginario per
spiegare certi aspetti della teoria della relatività. Al
tempo ci si domandava spesso cosa accadrebbe a chi
cadesse in un buco che arrivasse dritto al centro della
Terra per proseguire poi fino al buco del polo opposto. 9
Molti famosi pensatori ne avevano discusso; Galileo
Dialogo dei Massimi Sistemi,
Galilei, nel aveva dato la
risposta corretta: il corpo cadrebbe con velocità
crescente ma accelerazione decrescente fi no a
raggiungere il centro della Terra (dove l’accelerazione
sarebbe nulla). Successivamente diminuirebbe la
velocità, aumentando invece la decelerazione, fi no a
raggiungere l’apertura dell’altra estremità. A questo
punto ricadrebbe nell’altro senso, oscillando avanti e
indietro per sempre; ignoriamo necessariamente a tal
proposito la resistenza dell’aria, che fi nirebbe per
arrestare il corpo al centro della Terra, e la forza
eff etto di Coriolis risultante dalla rotazione terrestre, a
meno che il buco non colleghi i due Poli. Evidente è
l’interesse di Carroll in materia, in quanto, nel capitolo
VII del romanzo sopra citato, un professore inventa un
notevole metodo per far andare i treni con la forza di
gravità come unica fonte di energia: le rotaie passano
lungo una galleria perfettamente dritta che collega
due città. Siccome il centro della galleria è più vicino 10
al centro della Terra rispetto alle due estremità, il
acquistando un impulso suffi ciente a risalire poi l’altra
parte della galleria. E’ assai curioso notare come un
treno con queste caratteristiche compirebbe il
percorso (ignorando la resistenza dell’aria e l’attrito
delle ruote) nello stesso tempo che occorrerebbe ad
un corpo per cadere attraverso un buco diretto al
centro della Terra: circa 42 minuti. Questo tempo è
costante, indipendentemente dalla lunghezza della
galleria. 11
L’Esperimento
dell’Ascensore
Immaginiamo di trovarci
all’interno di un
ascensore.
Improvvisamente, per un
guasto, l’ascensore inizia
a cadere liberamente
verso il basso e noi
cadiamo con esso.
Osserviamo che tutti i
corpi cadono con la
stessa accelerazione,
quindi tutti gli oggetti
interessati (l’ascensore,
noi stessi, un oggetto che
abbiamo appresso tipo
una cartella) si muovono
insieme. Tutti i corpi sono
partiti da fermi e
subiscono pertanto la
stessa accelerazione,
come già detto. Quindi, in
ogni istante, hanno la
medesima velocità
verticale. Così, se
apriamo la mano,
vediamo che la cartella
“fluttua” al nostro fianco.
I nostri piedi non
premono il pavimento; la
sensazione è quella di
12
non avere peso.
La Forza di
Coriolis
la rotazione terrestre
produce una forza
apparente, la forza di
Coriolis, la quale agisce
sui corpi in movimento
(effetto Coriolis). Ogni
corpo che sulla
superficie terrestre si
muove liberamente
dall’Equatore ai Poli o
viceversa, viene deviato
rispetto alla traiettoria
iniziale, verso destra o
verso sinistra, nello
stesso verso del
movimento. Un corpo
che si sposta dalla zona
equatoriale verso quella
polare subisce una
deviazione verso est,
mentre un corpo che si
sposta in direzione Poli -
Equatore subisce una
deviazione verso ovest. 13
UN TE’ DI MATTI (ALICE, CAPITOLO VII)
“C’era un tavolo apparecchiato sotto un albero davanti alla casa, e
la Lepre Marzolina e il Cappellaio vi prendevano il tè. […] Il
Cappellaio non disse altro che << Che differenza c’è fra un corvo e
uno scrittoio?>>. <<Bene, ora ci divertiamo!>> pensò Alice.
<<Credo di saper rispondere>> aggiunse forte. <<Cioè vuoi dire
che credi di poter trovare la risposta giusta?>> disse la Lepre
Marzolina. <<Precisamente>> disse Alice. […] <<Quanti ne
abbiamo oggi?>> disse il Cappellaio rivolto ad Alice. Aveva estratto
di tasca l’orologio e lo guardava scontento, scuotendolo ogni tanto e
portandoselo all’orecchio. Alice rifletté un poco e quindi disse
<<Quattro>>. <<Due giorni di differenza!>> sospirò il Cappellaio.
[…] <<Be’, hai risolto l’indovinello?>> disse il Cappellaio. <<No, mi
arrendo>> rispose Alice. <<Qual è la soluzione?>> <<Non ne ho la
minima idea>> disse il Cappellaio. <<Secondo me potreste
impiegare meglio il vostro tempo>> disse Alice <<invece di
sprecarlo con indovinelli senza risposta>>. <<Se tu conoscessi il
Tempo come lo conosco io>> disse il Cappellaio <<non ne
parleresti con tanta confidenza.>>” 14
Le espressioni “matto come un cappellaio” e “matto
come una lepre marzolina” erano molto comuni ai
tempi in cui Carroll scriveva, ed è ovviamente per
questo che creò i due personaggi. “Matto come un
cappellaio” (hatter) può essere nato dalla modifi ca del
più antico “matto come una vipera” (adder), ma
possiamo essere abbastanza certi che fi no ad
un’epoca recente i cappellai impazzissero davvero. Il
mercurio utilizzato nel trattamento del feltro (con un
procedimento oggi illegale negli Stati Uniti e in parte
dell’Europa) era frequente causa di avvelenamenti (la
“scossa del cappellaio”, che colpiva arti e organi della
vista, confondeva anche la parola; negli stadi più gravi
erano spesso presenti allucinazioni e altri sintomi
psicotici). Per quanto riguarda la Lepre, s’è pensato
che la sua “pazzia” derivasse dalla credenza popolare
secondo la quale le lepri maschio diventino frenetiche
durante la stagione degli accoppiamenti, a marzo. In
verità, alcuni scienziati britannici non sono riusciti a
confermare tale credenza, in quanto marzo non 15
risulterebbe diverso dagli altri 7 mesi del loro periodo
Si pensò dunque che la frase del filosofo olandese
Erasmo da Rotterdam “matto come una lepre di
palude” fosse stata modificata negli anni successivi:
Marsh (palude); March (marzo). Quando il disegnatore
di Alice, Tenniel, disegnò la Lepre Marzolina, mostrò
dei fili di paglia sulla sua testa, simbolo di follia sia
nell’arte sia sul palcoscenico.
Il famoso indovinello insoluto del Cappellaio Matto fu
oggetto di molte discussioni da salotto ai tempi di
Carroll. La risposta dell’autore data in una prefazione è
la seguente:
Mi è stato domandato tante volte se possa essere
concepibile una soluzione per l’indovinello del
Cappellaio, che tanto vale registrarne qui una che mi
sembra abbastanza appropriata, e cioè <<Nessuna.
Infatti entrambi producono delle note (“notes” vale
tanto “note musicali” quanto “biglietti”), benché
queste siano molto piatte (“flat” vale tanto “piatto”
quanto “bemolle”)>>. Però questa non è che una
riflessione fatta in un secondo tempo; l’Indovinello, 16
quale fu inventato in origine, non ha alcuna risposta.
Molte soluzioni sono state proposte, soprattutto da un
certo Loyd, genio dell’enigmistica americana, il quale
propose come sua miglior soluzione: nessuna, perché
le note per cui sono noti non sono notate come note
musicali (si noti l’evidentissima allitterazione).
Un’altra sua proposta fu: nessuna, perché Poe scrisse
bills
su entrambi; perché ambedue hanno (che vale sia
“becchi” che “conti”) e nascondono i loro supporti
d’acciaio (“steels” si pronuncia come “steals”, furti).
In realtà la traduzione dell’Indovinello proposta dal
testo che ho preso in considerazione non risulta fedele
al brano in lingua originale; difatti la domanda
eff ettiva che il Cappellaio pone ad Alice è «Why is a
raven like a writing-desk?» (“Perché un corvo è
come uno scrittoio?” oppure “Perché un corvo
assomiglia ad uno scrittoio?”). 17
Geometricamente parlando, due oggetti simili hanno la
stessa “forma” ma diversa dimensione.
Ora, attraverso l’utilizzo di logica e immaginazione, si
potrebbe dire che i due si assomiglino perché
accomunati dal colore nero, e, senza problemi,
sarebbe così risolto il non-senso dell’indovinello. Allo
stesso modo si potrebbe rispondere che entrambi