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Introduzione Abitare il colore e India, tesina
«Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. E’ sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a starne lontani. Ma così è l’amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato. In India si pensano altri pensieri.» Tiziano Terzani
Nella mia tesin di maturità ho deciso di descrivere l'India. Ho sempre pensato che ogni paese fosse caratterizzato da un colore: penso alla Cina e vedo il rosso, alla Grecia e vedo il blu. E poi penso all’India. Non vi è altro luogo dove è sufficiente guardarsi intorno per vedere moltitudini di colori in continuo movimento che si rincorrono in perfetta armonia, dove il colore rappresenti tanto, dove sia così essenziale nella vita di un popolo dalla nascita alla morte, al punto di diventare un linguaggio vero e proprio.
Dove, il loro pensiero, la loro filosofia di vita ricorda tanto l’aforisma
dell’ “originale” maestro di saggezza e di felicità Omar Falworth, il quale scrisse:
“Ruba tutti i colori del mondo e dipingi la tela della tua vita eliminando il grigio delle paure e delle ansie. Abbandona i tuoi vecchi abiti mentali e vestiti di allegria.” E vestiti di allegria. Entra nella loro vita, nel loro spirito e scoprirai ciò che di grande c’è. “Svestirai” pace, serenità e voglia di vita. E li sentirai, li vedrai come rosso, arancione, giallo, verde, blu; un arco che formerà quell’arcobaleno: il passaggio sicuro per un mondo dove sarà facile ritrovare trasparenza e calma.
Collegamenti
Abitare il colore e India, tesina
Storia:
Il colonialismo europeo / l'indipendenza dell'India
.Inglese:
Mahatma Gandhi
.Italiano:
Guido Gozzano / Verso la cuna del mondo
.Storia del costume:
La moda tradizionale indiana
.Tecnologia tessile:
Tintura con prodotti naturali
.Marketing:
L'outsourcing
.Istituto di Istruzione Secondaria Superiore
“Egidio Lanoce” di Maglie
Manuela Greco
V AA
Anno scolastico
2014/2015 Quale immagine vi evoco pronunciando la parola “India”?
Il fascino delle donne, dallo sguardo profondo, nei loro sari?
Le cerimonie colorate? La cucina speziata e misteriosa?
Il Buddhismo? Le coreografie di Bollywood?
Cosa sapete dell’India d’oggi?
Cosa sapete della sua storia?
INDICE
Introduzione pag.1
1. IL COLONIALISMO EUROPEO pag.2
1.1 L’INDIPENDENZA DELL’INDIA pag.4
2. MAHATMA GANDHI pag.7
3. GUIDO GOZZANO pag.8
3.1 VERSO LA CUNA DEL MONDO :
LETTERE DALL'INDIA pag.8
4. IL FASCINO DELLA MODA TRADIZIONALE
INDIANA pag.11
4.1 IL COSTUME MASCHILE pag.11
4.2 IL COSTUME FEMMINILE pag.12
5. TINTURA CON PRODOTTI NATURALI pag.14
6. LA GLOBALIZZAZIONE E L’INFLUSSO
DELL’INDIA pag.16
Introduzione
«Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. E’ sporca, è povera, è
infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante, corrotta, impietosa e
indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a
starne lontani. Ma così è l’amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato. In India si
pensano altri pensieri.» Tiziano Terzani
Ho sempre pensato che ogni paese fosse caratterizzato da un colore: penso alla Cina
e vedo il rosso, alla Grecia e vedo il blu.
E poi penso all’India. Non vi è altro luogo dove è sufficiente guardarsi intorno per
vedere moltitudini di colori in continuo movimento che si rincorrono in perfetta
armonia, dove il colore rappresenti tanto, dove sia così essenziale nella vita di un
popolo dalla nascita alla morte, al punto di diventare un linguaggio vero e proprio.
Dove, il loro pensiero, la loro filosofia di vita ricorda tanto l’aforisma
dell’ “originale” maestro di saggezza e di felicità Omar Falworth, il quale scrisse:
“Ruba tutti i colori del mondo e dipingi la tela della tua vita eliminando il grigio
delle paure e delle ansie. Abbandona i tuoi vecchi abiti mentali e vestiti di allegria.”
E vestiti di allegria.
Entra nella loro vita, nel loro spirito e scoprirai ciò che di grande c’è. 1
“Svestirai” pace, serenità e voglia di vita. E li sentirai, li vedrai come rosso,
arancione, giallo, verde, blu; un arco che formerà quell’arcobaleno: il passaggio
sicuro per un mondo
dove sarà facile
ritrovare trasparenza e
calma. 1. IL
COLONIALISMO
EUROPEO
Dopo il 1880 gli stati europei, sull’esempio di quanto già avevano fatto Inghilterra e
Francia, piantarono le loro bandiere in ogni parte del mondo (Africa, Asia, Oceania),
dando vita a un nuovo colonialismo.
Al contrario del precedente, quest’ultimo è caratterizzato dal fatto che prima
interviene lo stato europeo a conquistare militarmente la colonia e poi gli industriali e
i commercianti di questo stato sfruttano le materie prime della colonia e vi vendono i
loro prodotti.
Le cause fondamentali dello sviluppo coloniale europeo nel XIX secolo furono tre:
1. Lo spirito imperialista: gli stati europei, animati da un forte spirito di
conquista, non potendo allargare i propri territori nel vecchio continente si
espansero in Africa e in Asia; 2
2. Lo sviluppo economico europeo: le industrie, anche quelle in via di sviluppo,
avevano bisogno di materie prime (carbone, petrolio, cotone, ecc.) che sia nel
continente asiatico, che in quello africano erano molto abbondanti.
Inoltre le industrie man mano sfornavano sempre più prodotti che non
riuscivano a essere assorbiti dai mercati interni. Le colonie quindi servivano
per l’acquisto dei prodotti e per allargare i profitti delle ditte europee;
3. Il forte aumento della popolazione: il popolo europeo dopo la metà del ‘800
era aumentato
moltissimo. Era
quindi sempre
più difficile per
chi costituiva la
manodopera
trovare possibilità di lavoro e materie prime sufficienti, tanto che molti
emigrarono nelle colonie per avviare lì una nuova attività.
Tutte queste cause diedero origine a un nuovo colonialismo.
Nella maggior parte dei casi questo processo fu esasperato e aggressivo perché
dominato solo dalla sete di ricchezza e di potere dei coloni.
Avvenne, infatti, una spartizione del mondo, spesso con conflitti armati, tra i grandi e
potenti stati europei.
Alcune nazioni, su tutte l’Inghilterra, imposero alle loro colonie anche la propria
cultura e il proprio modo di vita. 3
Questa situazione diede origine alla
formazione di nuovi ceti borghesi "indigeni"
che più tardi, come in India avrebbero preso
nelle proprie mani il governo del loro paese,
e quindi l’indipendenza.
L'India fu l'orgoglio dell'Impero britannico,
un subcontinente che per più di 150 anni fu un vasto mercato per i prodotti britannici
e un inesauribile fornitore di materie prime, a vantaggio del potente sistema
commerciale e industriale della madre patria.
Il primo passo verso la trasformazione in colonia fu l’approvazione, nel 1784,
dell’Indian Act, che concedeva ai governatori generali della Compagnia Inglese delle
Indie Orientali la facoltà di agire in nome del governo di Londra.
Sotto il controllo di tale compagnia restò l'India fino al 1858, anno in cui, con lo
scioglimento della Compagnia, l'India divenne a tutti gli effetti colonia britannica.
1.1 L’INDIPENDENZA DELL’INDIA
Verso la fine del 1600 l’India precipitò nel caos politico, segnato dal declino
dell’autorità centrale, che portò alla sua divisione in un’infinità di stati.
La mancanza di unità fra i diversi stati indiani favorì l’affermarsi del dominio
britannico sull’intero subcontinente e sulle regioni confinanti; non mancarono tuttavia
episodi di resistenza. Sotto il governo britannico l’amministrazione dell’India fu
4
riorganizzata e furono attuate importanti riforme. Il governo britannico ereditò
tuttavia l’insofferenza nei confronti del dominio coloniale e un crescente sentimento
nazionalistico.
All’inizio del XX secolo, l’India fu attraversata da un crescente fermento sociale e
politico. L’élite intellettuale indiana introdusse alcuni aspetti di pensiero europeo e il
nazionalismo indiano cominciò a rappresentare una minaccia per i britannici. In
seguito sorsero diverse associazioni anticolonialiste e nazionaliste, tra cui il
Congresso Nazionale Indiano.
Dopo la Prima Guerra Mondiale la lotta politica si intensificò. In risposta, il
Parlamento britannico approvò
delle leggi che sospesero i diritti
civili e introdussero la legge
marziale in alcune zone,
provocando ulteriori disordini.
In quest’epoca Gandhi, un riformatore induista, conosciuto come Mahatma, invitò il
popolo indiano a rispondere alla repressione britannica con la resistenza passiva.
Per le autorità britanniche, quelle intraprese da Gandhi erano attività rivoluzionarie e
il leader indiano fu più volte incarcerato.
L’ondata di nazionalismo raggiunse l’apice nel 1930, in seguito al rifiuto britannico
di concedere all’India lo status di dominion.
Gandhi avviò una lunga marcia del sale e fu arrestato di nuovo; in tutta l’India
vennero compiute azioni simili con un impatto simbolico molto profondo. 5
Un anno dopo, il governo concordò una tregua con Gandhi, rilasciato alcuni mesi
prima.
Nel frattempo la Lega musulmana, temendo un futuro dominio degli induisti, aveva
richiesto dei privilegi speciali all’interno dell’eventuale
dominion. Ci fu una grave controversia, che sfociò in
scontri tra induisti e musulmani.
Nel 1935 il Parlamento britannico approvò il
Governement of India Act (Legge sul governo
dell’India), che istituiva organi legislativi autonomi
nell’India britannica e prevedeva la protezione della minoranza musulmana.
Seguendo Gandhi, il popolo approvò queste misure, ma molti membri del Congresso
indiano continuavano a richiedere la completa indipendenza del paese.
Nel 1946 i negoziati avviati dai britannici per raggiungere un accordo con i leader
indiani, fallirono. Si intensificarono, così, gli scontri tra indiani e musulmani.
Nel 1947 in una situazione prossima alla guerra civile i britannici annunciarono il
ritiro del proprio paese dall’India.
Fu suggerita al governo britannico la suddivisione dell’India, come unico mezzo per
evitare la catastrofe; fu presentato un disegno di legge al Parlamento che lo approvò
rapidamente.
In base all’Indian Indipendence Act, l’Unione Indiana e il Pakistan furono istituiti
come stati indipendenti all’interno del Commonwealth, con il diritto di ritirarsi da
esso. 6
L’India scelse di rimanerne membro.
2. MAHATMA GANDHI
Mohandas Gandhi, known as "Mahatma"
was born in 1869 in India. He lived in
South Africa for twenty years, where he
fought for the civil rights of Asian
immigrants and local African people.
Gandhi was sent to prison for his struggles against apartheid.
When World War I broke, he went back to India and promoted many campaigns of
civil disobedience to force the British to
leave his country.
One of the most famous nonviolent
campaigns become known as the "Salt
March".
After his discharge from prison, Mahatma
Gandhi began a series of hunger strikes to
convince the British government to grant more rights to the Indian people.
He went to London to press for independence of India and in 1945, Britain gave
independence to India and formed two new independent states : India and Pakistan.
India was predominantly Hindu while Pakistan was Muslims. This was called
7
"partition". Gandhi was opposed to this partition and he fasted in an attempt to stop
the violence, but was murdered by a Hindu extremist in 1948.
3. GUIDO GOZZANO
Guido Gozzano nacque a Torino nel 1883 e
qui morì nel 1916.
Sebbene iscritto alla Facoltà di Legge,
preferì frequentare i corsi di letteratura,
tenuti allora da Arturo Graf − il quale, oltre
che nelle regolari lezioni riservate agli
studenti, era impegnato anche in pubbliche
conferenze nelle aule universitarie. In
quegli anni diventò uno dei più importanti
esponenti della Società della Cultura.
Ritenuto l’iniziatore della poesia
crepuscolare (con altri poeti come Sergio Corazzini), è conosciuto soprattutto per la
raccolta “I colloqui” (1911).
Nel 1907 gli venne diagnosticata una forte lesione polmonare, sintomo di una tisi
inguaribile che lo portò alla morte.
3.1 VERSO LA CUNA DEL MONDO : LETTERE DALL'INDIA
Guido Gozzano si ammala, ha qualche disturbo causato dalla tisi che si ritrova in
molti artisti dal Settecento ai primi del Novecento. I suoi più cari amici e i dottori
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decidono che deve curarsi, prendere una pausa e cambiare aria. Lo spediscono in un
posto che così salubre non è, tra umidità e
caldo afoso, ma lui è affascinato da tutte
quelle parole orientali, dai ghirigori sui
palazzi, dalla cultura profonda dell’Asia.
Parte per l’India. Ci sono ancora gli
inglesi, è una colonia, il suo viso bianco fa
un certo effetto e l’anglomania, come la
chiama lo stesso poeta, è quasi un
malanno. Indiani che sembrano
inglesi ovunque.
Si diverte, inizialmente, girovaga per il
Colle del Malabar, si lascia rapire dal
macabro e brutale rito funerario alle Torri del Silenzio (i cadaveri dei Parsi più ricchi
vengono lasciati appesi a gabbie dove gli avvoltoi li divorano), fa molte domande, è
curioso.
Questa terra lo lascia spesso a bocca aperta, altre volte lo sconforta. Come a Natale,
quando immagina la neve in Italia e le lenticchie, mentre invece è a Ceylon, immerso
nelle palme, con le scimmiette che entrano dalla finestra e la servitù che prepara
frutta. Si domanda molte cose, ma una in particolare: questa terra mi piace? Mi
affascina? Questa India è quella che ho letto nei romanzi?
Ed è dal capitolo 3, Goa: la Dourada, che inserisce brani di altri poeti e storie non sue
9
per raccontare ciò che vede. Sono in parte lettere di un poeta che parla di poesia,
questo “Verso la cuna del mondo”, pubblicato dai Fratelli Treves nel 1917; ma è
anche un testo di viaggio, un diario, una raccolta di appunti, una serie di articoli di
giornale (apparsi dal 1914 al 1916 su La Stampa e altri quotidiani).
Gozzano vede nell’India qualcosa che, in fondo, non esiste: ha in mente immagini
che ha letto sui libri e usanze che conosce dall’Italia, non perché le ha vissute