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Perché
Gaber..? Giorgio Gaber è stato un artista a
tutto tondo
(cantautore,commediografo,
regista teatrale,attore teatrale e
cinematografico italiano) che ha
vissuto in un’Italia scombussolata
dagli eventi (il 68, l’Italia
dell’incertezza politica, del
compromesso storico e di
Tangentopoli). Egli si scaglia
contro tutto e contro tutti,
criticando aspramente nei suoi
lavori e nelle sue opere la
disastrosa società nella quale
vive. In particolare attacca la
classe politica del suo tempo: è disgustato dalla loro
corruzione, dalla loro manie di potere e dalla loro “schifosa
ambiguità” (in riferimento ai socialisti). Ma emerge anche il
suo lato sofferente nei confronti di una società che ormai
ha perso ogni genere di valore. Gaber riuscì, quindi, ad
andare contro corrente, criticando a 360 gradi tutto ciò che
stava distruggendo il suo amato, ed allo stesso tempo
disgustoso, paese.
Detto ciò, risulta tristemente evidente che a distanza di
più di trent’anni dalle opere di Gaber, la società italiana
non sia ancora cambiata; le sue canzoni, i suoi spettacoli, il
suo teatro hanno sempre un sottofondo di attualità.
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Con il suo spirito critico ho collegato alcune materie ed
argomenti che presentano la medesima caratteristica, quali
arte, inglese, italiano, mentre storia, filosofia, latino,
geografia e fisica le ho collegate con alcune delle più belle
canzoni del suo repertorio. 2
ARTE:
DADAISMO
Esattamente come lo spirito di
Gaber, il Dadaismo è una
corrente artistica rivoluzionaria
poiché si fondava sulla critica e
sul disgusto nei confronti delle
usanze passate. Sviluppatosi tra
il 1916 e il 1920, secondo i
dadaisti stessi, il dadaismo non
era arte, era anti-arte Per ogni cosa che l'arte sosteneva,
.
Dada rappresentava l'opposto: se l'arte prestava
attenzione all'estetica, Dada ignorava l'estetica. Inoltre la
parola Dada, che identificò il movimento, non significava
assolutamente nulla. Già in ciò vi è una prima caratteristica
del movimento: quella di rifiutare ogni atteggiamento
razionalistico. Un notevole contributo dato alla definizione
di una nuova estetica sono i «ready-made». Il termine
indica opere realizzate con oggetti reali, non prodotti con
finalità estetiche e presentati come opere d’arte. In pratica
essi sono un’invenzione di Marcel Duchamp, il quale
inventa anche il termine per definirli, che in italiano
significa approssimativamente «già fatti». Con i «ready-
made» si ruppe il concetto per cui l’arte era il prodotto di
un'attività manuale coltivata e ben finalizzata: opera d’arte
poteva essere qualsiasi cosa. Abolendo qualsiasi significato
o valore alla manualità dell’artista, l’artista, non è più colui
che sa fare cose con le proprie mani, ma colui che sa
proporre nuovi significati alle cose, anche per quelle già
esistenti. 3
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ITALIANO: GABRIELE
D’ANNUNZIO
Gabriele D'Annunzio, (1863 – 1938), è stato uno
scrittore, poeta, drammaturgo, aviatore, militare, politico,
patriota e giornalista italiano, simbolo del Decadentismo
italiano.
Egli vive in un periodo oscuro e di vero e proprio
cambiamento per l’Italia, nasce nell’epoca della crisi dei
valori e delle certezze, vive l’incubo di un Italia borghese
intesa all’utile alla moneta, una società grezza, arida, rude
e concreta che ha bisogno di certezze, ricerca nuove
condizioni di vita, ricerca altri stimoli. Con la sua magnifica
prosa e la sua affascinante poesia non solo conquista le più
ambite donne d’Italia ma arriva a infervorare gli animi,
incantare i cuori e ammaliare gran parte della società del
tempo. Bisogna dire che il fenomeno Dannunziano è potuto
esistere proprio perché allocato in quel determinato
periodo storico in cui la società
attenta solo a cose frivole e
materiali aveva bisogno di una
sorta di “spiritualizzazione” e di
una ventata di novità; fu
soprattutto il regime fascista ad
utilizzare la figura del poeta
guerriero come strumento
propagandistico. Per il regime
D’Annunzio rappresentava una
figura preziosissima ma
pericolosissima, preziosa per la
capacità di sedurre col verso e
pericolosa per l’estrema
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incoerenza. D’Annunzio era un artista, la cui passione ed il
bisogno di protagonismo sfociavano talvolta in episodi
eclatanti ed auto propagandisti. Egli, infatti, non ebbe mai
pudore nel rendere pubbliche le proprie esperienze, anzi le
sfruttava per salire nuovamente alla ribalta, incurante della
pericolosità e del tempo che passava.
INGLESE: CHARLES DICKENS
CHARLES DICKENS Charles Dickens is an english writer
born in 1812 in Portsmouth. He had an unhappy childhood,
since his father went in prison for debt. These day of
suffering were to inspire much of the content of his novels.
He is considered the greatest victorian writer because his
works best reflects the complexity, excitement and
disharmonies of the age. His novels were influenced by the
Bible, fairy tales, fables, nursery rhymes. London was the
setting of most of his novels; he
knew and described it in realistic
details. Dickens rejects the
principles on which an industrial
society is based: money and
individualism. He was aware of
the spiritual and material
corruption under the impact of
industrialism, so he is critical
toward his society. In his mature
works Dickens succeeded in
drawing popular attention to
public abuses, evils and wrongs
by juxtaposing terrible descriptions of London misery and
crimes. Dickens describes characters, habits and language
of the middle and lower classes in modern London. He was
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always on the side of the poor, the outcast, and also the
working class. Children are often the most important
characters in Dickens’s novels. Children are the moral
teachers, models of the way people ought to behave
towards one another. Dickens’s task was never to induce
revolution, but to get the common intelligence of the
country to alleviate undeniable sufferings.
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STORIA: ALDO MORO, “UN
POLITICANTE QUALUNQUE”
Aldo Romeo Luigi Moro (1916 –1978) è stato un politico, cinque
volte Presidente del Consiglio dei ministri e segretario politico della
Democrazia Cristiana. Fu rapito il 16 marzo 1978 e ucciso il 9
maggio successivo da alcuni terroristi delle Brigate Rosse. Moro
concepì l'esigenza di dar vita a governi di "solidarietà nazionale",
con una base parlamentare più ampia comprendente anche il PCI.
Ciò rese Moro oggetto di aspre contestazioni: i critici lo accusarono
di volersi rendere artefice di un “compromesso storico” in quanto
prevedeva una collaborazione di governo con il Partito Comunista di
Enrico Berlinguer, che ancora faceva parte della sfera d'influenza
sovietica.
IO SE FOSSI DIO (1981)
“a Dio i martiri non gli hanno mai fatto cambiare giudizio” qui
:
arriviamo alla parte più dura della canzone. Anche se le Brigate
Rosse e i terroristi hanno commesso dei crimini uccidendo politici e
uomini delle istituzioni, io non cambio il mio giudizio su quei politici
e su quegli uomini. Li criticavo quando erano vivi e voglio
continuare a farlo ora che sono morti.
“un politicante qualunque, se gli ha sparato un brigatista,
diventa "l'unico statista”: quando un politico muore assassinato,
compagni di partito e perfino avversari corrono a elogiarlo, a dire
che era un grande "uomo di stato",forse “l'unico statista".Il
riferimento è ferocemente rivolto ad Aldo Moro, il capo della
Democrazia Cristiana, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978 (meno di
due anni prima di questa canzone). Dopo la sua morte tutti i politici
italiani, non solo i democristiani, hanno parlato di lui come del più
grande politico italiano dal dopoguerra ai giorni nostri. Gaber
ricorda a tutti però che finché Moro era vivo era considerato in ben
altro modo dai suoi avversari e in particolare dall'estrema sinistra.
Era considerato un "politicante", un politico da due soldi,
opportunista e pericoloso.
“Aldo Moro” Gaber arriva a fare nome e cognome della persona di
:
cui parla. Oggi, forse, si sente solo in parte la violenza di questo
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attacco. Ma nel 1980, a due anni dalla morte di Moro, sentire queste
parole contro chi era da tutti considerato un "martire", era davvero
scioccante.
“resta ancora quella faccia che era”: l'attacco viene ripetuto
ancora più forte e perfino più personale: la faccia di Moro non mi
piaceva prima e non mi piace ora, dice Gaber, consapevole che
queste parole possono perfino mandarlo in galera.
FILOSOFIA: MARX E
IL COMUNISMO
QUALCUNO ERA
COMUNISTA : “Qualcuno era
comunista perché voleva statalizzare tutto”
Marx, nato nel 1818 e morto nel 1883,
è il padre fondatore del Comunismo,
ideatore delle dottrine socialiste che
hanno attraversato la storia mondiale nel bene quanto nel
male. Per Marx le contraddizioni della società capitalistica
sono la base oggettiva della rivoluzione proletaria. Il
proletariato ha una dimensione storica universale: abolisce
la società di classe e quindi la rivoluzione proletaria
abolisce ogni forma di proprietà privata dei mezzi di
produzione ed apre una nuova fase nella storia del mondo.
La rivoluzione per Marx implica in qualche modo la
violenza; nella sua opera è presente l’idea che fosse
necessaria una violenza limitata per abolire quella violenza
più grande che si realizza giorno per giorno nella società di
classe. Marx si distingueva dagli anarchici perché riteneva
che il proletariato ,pur togliendo il potere alla borghesia ,
non doveva inizialmente eliminare lo stato; il proletariato
doveva impadronirsi della macchina statale borghese
(socialismo) in modo tale che lo Stato divenisse l’unico
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