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Introduzione Libertà - Percorso
Arte - Delacroix, "La Libertà che Guida il Popolo"; Surrealismo, Man Ray.
Francese - Victor Hugo, "Les Miserables", estratto.
Inglese - George Orwell, "Animal Farm", estratto.
Filosofia - Marx; Freud.
Storia - Stalin e Lenin durante la Rivoluzione Russa.
Italiano - Italo Svevo, "La Coscienza di Zeno".
Di seguito, una discussione tra Marius e gli Amici dell’ABC, il gruppo di studenti
rivoluzionari di cui ci parla Hugo.
“[…] Comment une phrase survient-elle dans le dialogue? d'où vient qu'elle se
souligne tout à coup d'elle-même dans l'attention de ceux qui l'entendent? Nous
venons de le dire, nul n'en sait rien. Au milieu du brouhaha, Bossuet termina tout à
coup une apostrophe quelconque à Combeferre par cette date.
—18 juin 1815: Waterloo.
À ce nom, Waterloo, Marius, accoudé près d'un verre d'eau sur une table, ôta son
poignet de dessous son menton, et commença à regarder fixement l'auditoire.
(Parbleu,
—Pardieu, s'écria Courfeyrac à cette époque, tombait en désuétude), ce
chiffre 18 est étrange, et me frappe. C'est le nombre fatal de Bonaparte. Mettez Louis
devant et Brumaire derrière, vous avez toute la destinée de l'homme, avec cette
particularité expressive que le commencement y est talonné par la fin.
Enjolras, jusque-là muet, rompit le silence, et adressa à Courfeyrac cette parole:
—Tu veux dire le crime par l'expiation.
crime,
Ce mot, dépassait la mesure de ce que pouvait accepter Marius, déjà très ému
par la brusque évocation de Waterloo.
Il se leva, il marcha lentement vers la carte de France étalée sur le mur et au bas de
laquelle on voyait une île dans un compartiment séparé, il posa son doigt sur ce
compartiment, et dit:
—La Corse. Une petite île qui a fait la France bien grande.
Ce fut le souffle d'air glacé. Tous s'interrompirent. On sentit que quelque chose allait
commencer. […] Enjolras, dont l'œil bleu n'était attaché sur personne et semblait
considérer le vide, répondit sans regarder Marius:
—La France n'a besoin d'aucune Corse pour être grande. La France est grande parce
Quia nominor leo.
qu'elle est la France.
Marius n'éprouva nulle velléité de reculer; il se tourna vers Enjolras, et sa voix éclata
avec une vibration qui venait du tressaillement des entrailles:
—À Dieu ne plaise que je diminue la France! mais ce n'est point la diminuer que de lui
amalgamer Napoléon. Ah çà, parlons donc. Je suis nouveau venu parmi vous, mais je
vous avoue que vous m'étonnez. Où en sommes-nous? qui sommes-nous? qui êtes-
vous? qui suis-je? Expliquons-nous sur l'empereur. […] Où mettez-vous donc votre
enthousiasme? et qu'est-ce que vous en faites? qui admirez-vous si vous n'admirez
pas l'empereur? et que vous faut-il de plus? Si vous ne voulez pas de ce grand
homme-là, de quels grands hommes voudrez-vous? Il avait tout. Il était complet. Il
avait dans son cerveau le cube des facultés humaines. […] Il voyait tout, il savait tout;
[…] la grande Armée et la vieille garde, et c'était l'archange de la guerre!
Tous se taisaient, et Enjolras baissait la tête. Le silence fait toujours un peu l'effet de
l'acquiescement ou d'une sorte de mise au pied du mur. Marius, presque sans
reprendre haleine, continua avec un surcroît d'enthousiasme:
—Soyons justes, mes amis! être l'empire d'un tel empereur, quelle splendide destinée
pour un peuple, lorsque ce peuple est la France et qu'il ajoute son génie au génie de
cet homme! […] Cela est sublime; et qu'y a-t-il de plus grand?
—Être libre, dit Combeferre.
Marius à son tour baissa la tête. Ce mot simple et froid avait traversé comme une
lame d'acier son effusion épique, et il la sentait s'évanouir en lui. […] La salle s'était
vidée. Enjolras, resté seul avec Marius, le regardait gravement. Marius cependant,
ayant un peu rallié ses idées, ne se tenait pas pour battu; il y avait en lui un reste de
bouillonnement qui allait sans doute se traduire en syllogismes déployés contre
Enjolras, quand tout à coup on entendit quelqu'un qui chantait dans l'escalier en s'en
allant. C'était Combeferre, et voici ce qu'il chantait:
Si César m'avait donné
La gloire et la guerre,
Et qu'il me fallût quitter
L'amour de ma mère
Je dirais au grand César:
Reprends ton sceptre et ton char,
J'aime mieux ma mère, ô gué!
J'aime mieux ma mère.
L'accent tendre et farouche dont Combeferre le chantait donnait à ce couplet une
sorte de grandeur étrange. Marius, pensif et l'œil au plafond, répéta presque
machinalement: Ma mère?...
En ce moment, il sentit sur son épaule la main d'Enjolras.
—Citoyen, lui dit Enjolras, ma mère, c'est la République.”
Tome III, Livre VI, Chapitre V: ‘Élargissement de l'horizon’ (Victor Hugo, Les Misérables)
In questo capitolo possiamo osservare l’opposizione tra il pensiero imperialista di
Marius che, sentendosi colpevole di non aver assistito il padre morente, difende a
spada tratta le sue convinzioni, facendole erroneamente sue. Combeferre, uno degli
studenti, riesce a smontare il suo intero discorso con un’affermazione semplice e
concisa: cosa c’è di meglio di essere parte di un grande e invincibile impero, cosa c’è
Essere liberi,
di meglio dell’essere comandati da un grande e invincibile uomo? ecco
cosa è meglio.
Questo gruppo studentesco in particolare, ma come esso anche tutti gli altri presenti
nella Parigi del 1830, può essere considerato un precursore dell’attuale socialismo: la
loro lotta è volta a ritrovare gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità persi poco
dopo la Rivoluzione Francese, la loro motivazione è evidente; unire il popolo per creare
Citoyens, le dix-
un futuro migliore. Enjolras, il leader di questa organizzazione, dirà: “
neuvième siècle est grand, mais le vingtième sera heureux .”.
Purtroppo, come noi abitanti del mondo moderno sappiamo fin troppo bene, Enjolras
aveva torto: del ventesimo secolo sono protagoniste le Grandi Guerre, i regimi
totalitari, i genocidi, gli stermini, le armi nucleari; lo sconforto dato dal mancato
raggiungimento della libertà ci porta a pensare che si possa trattare di uno dei tanti
romanzi distopici che hanno avuto tanto successo nel succitato periodo.
Beasts of England! Beasts of Ireland!
Beasts of land and sea and skies!
Hear the hoofbeats of tomorrow!
See the golden future rise!
How does the life of an animal pass?
In endless drudgery.
What's the first lesson an animal learns?
To endure its slavery.
How does the life of an animal end?
In cruel butchery.
Beasts of England! Beasts of Ireland!
Beasts of land and sea and skies!
Hear the hoofbeats of tomorrow!
See the golden future rise!
Now the day of beasts is coming,
Tyrant man shall lose his throne
And the shining fields of England
Shall be trod by beasts alone.
Pull the rings from out your noses
Tear the saddle from your back!
Bit and spur must rust forever,
Cruel whips no more shall crack.
Beasts of England, seize the prizes,
Wheat and barley, oats and hay,
Clover, beans and mangel wurzel
Shall be ours upon that day.
Questa canzone è tratta da “Animal Farm”, di George Orwell. I versi sono tramandati
dal Vecchio Maggiore, che interpreta secondo Orwell il personaggio di Marx, e
guardano a un futuro più roseo per tutti gli animali schiavi del padrone della fattoria,
ovvero lo zar. Essa riassume molto bene il sentimento comune del ventesimo secolo: si
combatte ancora per la libertà sociale, ma è una libertà apparente, corrotta e che non
riesce a durare più di tanto. Sotto i consigli della controparte di Stalin, Napoleone, e la
sua conseguente dittatura, gli animali si ritrovano a vivere in condizioni quasi più dure
di quelle da cui si erano liberati all’inizio.
Beniamino, l’asino che viene identificato come allegoria alla persona di Orwell, viene
descritto come scettico indeciso, che non vuole prendere nessuna fazione perché non
crede alle promesse dei maiali dittatori di ottenere più cibo, o di dover lavorare di
meno con la costruzione di un fantomatico mulino a vento. Sostiene che,
cambiamento o non cambiamento, la vita non potrà che continuare ad andare avanti
come al solito, cioè male. Visto l’entusiasmo del resto della fattoria, Beniamino sembra
solo un eterno cinico, ma non ha ragione a pensare che sia sperando che non
sperando in una libertà sociale la disillusione possa fare anche peggio?
L’opinione di Beniamino è affine a quella di Orwell, che credeva fermamente negli
ideali del pensiero marxista e che aveva seguito gli avvenimenti in Russia con
crescente entusiasmo, fino al crollo del socialismo e l’instaurazione della dittatura
ai porci
stalinista che andava a buttare tutte le convinzioni socialiste dell’epoca.
Secondo Marx, infatti, ciò che serve per ristabilire la libertà è una nuova economia
comunista, ovvero una dittatura del proletariato unito e dominante per distruggere lo
stato borghese, seguita poi da una fase socialista che deve assicurare che ognuno
lavori a seconda dei propri bisogni e delle proprie capacità; questa economia ideale
era impedita da borghesi e capitalisti che convergevano su se stessi la forza lavoro del
proletariato, rendendolo schiavo di un’industrializzazione a cui Marx era contrario,
sostenendo fortemente un ritorno all’artigianato e alla soddisfazione individuale di ciò
che è stato prodotto. Egli infatti, prima di chiamare il popolo alla rivoluzione, descrive
perfettamente la situazione dell’operaio con queste parole:
“Il Lavoratore si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare,
nel bere, nel generare, tutt'al più nell'avere una casa, nella sua cura corporale etc.,
mentre nelle sue funzioni umane si sente solo più una bestia. Il bestiale diventa
l'umano e l'umano il bestiale. Il mangiare, il bere, il generare etc., sono in effetti
anche schiette funzioni umane, ma sono bestiali nell'astrazione che le separa dal
restante cerchio dell'umana attività e ne fa degli scopi ultimi e unici.” (Karl Marx,
“Manoscritti economici-filosofici”, 1844)
L’uomo-bestia, quindi, è colui il quale non avendo altra scelta che premere sempre il
solito pulsante, ripetutamente e senza trarne nessun profitto economico o creativo,
può sentirsi uomo soltanto espletando le funzioni di bisogno che ha, e che lo
avvicinano molto di più ad un animale privo di raziocinio che ad un essere umano in
grado di pensare, riflettere e, soprattutto, creare. Questo crea nell’operaio un senso di
alienazione dal suo lavoro, che si manifesta in molti modi: rispetto al prodotto della
sua attività che non possiede; rispetto alla sua attività perché lavora per qualcun altro;
rispetto al suo prossimo, perché il suddetto “prossimo” non può che essere o un
capitalista sfruttatore o il resto dell’umanità che potrebbe rubargli il posto; rispetto al
capitale, che gli è estraneo nonostante sia egli stesso a crearlo; infine, rispetto alla sua
essenza, che lo vorrebbe lavoratore “libero e creativo”, quando come abbiamo già
visto riesce ad essere libero e creativo solo quando è bestia.
Nonostante questi ideali siano giusti, appare evidente la scarsa possibilità di vederli
realizzati nella società industrializzata in cui vivevano le persone di allora e in cui
viviamo tutt’ora anche noi: Marx sperava che l’applicazione del suo pensiero tramite
una rivoluzione avrebbe portato ad un futuro migliore per tutti, per creare una società
basata sull’uguaglianza e sulla libertà, quando invece l’unione di tanti fattori, tra cui la
forte ricerca di potere che è insita in ogni essere umano e la corruzione che
l’accompagna a braccetto, ha portato l’URSS a un disagio economico e sociale
disastroso.
In principio, queste rivolte cercavano solo di attutire il malcontento scatenato dalle
crisi finanziarie, sociali e politiche avvenute durante la prima Guerra Mondiale; Lenin,
uno dei leader del proletariato, sostiene le sue Tesi di Aprile che chiedono soltanto la
pace, la terra ai contadini e il potere completamente nelle mani dei Soviet, le
organizzazioni rappresentative locali; tutto questo, per far fronte alla carestia e
all’inflazione causate dalle ripetute sconfitte contro l’Europa e alla seguente guerra
civile.
Lenin guidò la Russia attraverso lo sfacelo, cercando di farle trovare la libertà: in parte
ci riuscì, rialzandone la situazione economica anche grazie alla statalizzazione di