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Filosofia- Schopenhauer e "L'Arte di insultare".
Letteratura Greca- Archiloco e l'invettiva.
Letteratura Latina- Giovenale e l'invettiva indignata.
Letteratura Italiana- Carducci: "Giambi ed Epodi".
Letteratura inglese- Oscar Wilde e l'insulto elegante.
Storia- Andreotti e l'ironia pungente.
Arte- Marchel Duchamp e l'arte provocatoria dei Ready-Made.
insultare, nei suoi scritti Schopenhauer non disdegna di lanciare con mordace
sarcasmo invettive, insolenze e improperi agli indirizzi più diversi.
inventor
Molto simile a Schopenhauer è l’ della ιαμβική ιδέα: Archiloco, poeta
greco del VII sec a.C. padre dell’invettiva. E’ il poeta che dalla tradizione del
culto di Demetra creò una forma di arte elevata, senza però privare il giambo
del suo carattere di arma tagliente, è il rappresentante massimo della POESIA
GIAMBICA, è il poeta che più di tutti inveisce contro chi ha comportamenti poco
morali. Prendiamo in considerazione l’ “epodo di Strasburgo”: esso si riferisce
a un amico che ha infranto un giuramento, così che il poeta si augura che
quello in un crescendo di sventure naufraghi, sia catturato dai Traci e
successivamente escluso dalla società, restando solo uno schiavo senza nome.
Il poeta si augura che il suo nemico faccia esperienza di molti mali, mentre
«mangia il pane della schiavitù». L’invettiva di Archiloco si può ravvisare anche
nell’Epodo di Colonia che può essere considerato il simbolo dell’invettiva
amorosa in cui il poeta racconta come, amareggiato per la perdita di Neobule
(la donna da lui amata), si sia consolato congiungendosi alla sorella minore
della ragazza. Nei confronti di Neobule arriva a dirle che ormai è “sfiorita,
invecchiata, matura” e arriva quasi ad offenderla dicendole “la grazia non ti
appartiene più”.
Con l’avanzare dei secoli l’invettiva si è ingentilita, mascherandosi da ironia
amara e pungente, come quella di Giovenale. Di fronte all’inarrestabile dilagare
del vizio è l’indignazione la musa del poeta e a satira il genere obbligato,
guarda la società del tempo come una tragedia di maschere grottesche, non gli
resta che l’amara soddisfazione dell’invettiva. Giovenale, tuttavia, non crede
che la sua poesia possa influire sul comportamento degli uomini, la sua satira si
limita a denunciare, a gridare la sua protesta astiosa, senza coltivare illusioni di
riscatto.
La tendenza di quest’uomo urtato e respinto da una società che mortifica e
vilipende i suoi valori è verso l’idealizzazione nostalgica del passato. Questa
indignatio
fuga dal presente sembra il solo esito cui l’ giovenaliana può
approdare, e costituisce l’implicita ammissione della sua frustrante impotenza.
Un marcato cambiamento si ha nella seconda parte dell’opera, negli ultimi due
indignatio
libri, in cui il poeta rinuncia espressamente alla violenta ripulsa dell’
e assume un atteggiamento più distaccato, riavvicinandosi a quella tradizione
diatribica della satira da cui si era drasticamente allontanato.
“castigat ridendo mores”
Questo viene ripreso da Giosuè Carducci nella
raccolta del 1882 “Giambi ed Epodi”. L'opera viene citata dalla critica come il
libro delle polemiche. Nel prologo, infatti, il poeta si propone di castigare con la
propria Musa i cattivi costumi: «Tutto che questo mondo falso adora / col verso
audace lo schiaffeggerò».
Nel libro, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la
passione del poeta e vi sono tutti i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il
desiderio di riproporre l'antica poesia polemico-satirica, come quella greca
Libro di epodi
di Archiloco e quella latina di Orazio che nel suo si ispira al poeta-
soldato.
Giambi ed Epodi
In vi è l'esaltazione dei grandi ideali di libertà e giustizia, il
disprezzo per i compromessi dell'Italia unificata, la polemica contro molti
aspetti di costume della vita italiana e contro il papato.
E come dimenticarsi delle battute andreottiane a volte velenose, a volte
bonariamente ironiche, che –come Carducci- non hanno risparmiato nessuno:
politici, magistrati, generali, uomini di Chiesa, frequentatrici di salotti: Andreotti
si è sempre divertito a gelare chi gli stava antipatico.
Tutto iniziò con un episodio in tram quando un mutilato di guerra portandosi
verso l’uscita gli pestò un piede, dal a lontano 1927 a oggi, Giulio Andreotti ha
partorito centinaia di motti di spirito e aforismi, freddure e definizioni
fulminanti: come la classicissima "il potere logora chi non ce l'ha", pronunciata
nel 1951 durante un dibattito parlamentare. Il giovane parlamentare
democristiano rispose così a un avversario di De Gasperi che chiedeva al
presidente del consiglio di farsi da parte, visto che aveva raggiunto gli
ottant'anni ed era ormai logorato dall'esercizio del potere. Per conoscere
Andreotti, dunque, vale più una sua battuta che un'intera collezione di scritti. I
"due forni" della destra e della sinistra dove la Dc doveva cuocere il pane a
secondo delle circostanze (altra invenzione di Andreotti) descrivono alla
perfezione 50 anni di storia democristiana. Andreotti ha sempre dato il meglio
di sé quando si trattava di sfoderare un'ironia corrosiva e al tempo stesso
sottile ed elegante, come quella di Oscar Wilde.
In his life Oscar Wilde wrote many aphorism that, during the time, become
famous for their frankness and for their sarcastic and witty spirit towards
everything and everyone. In these last few years there has been a rediscovery
of Oscar Wilde’s aphorisms and it is not difficult to see them written on the
shop signs, shop windows, on t-shirts and many gadgets for sale. But they
definitely had the greater spread thanks to the Internet, in fact it happens that
his sentences are used in Facebook’s links or to comunicate something with a
famous phrase.
Wilde distinguished himself for his eccentricity, his pose and his irony; he knew
best how hit in an elegant way. He never missed the opportunity to assert his
superiority: famous is the anectode when he disembarked in America at the
custom answered to the customs official who had questioned to him “Have you
anithyng to declare?” “Nothing, except my genious”. Or when he says “When
people agree with me I always feel that I must be wrong.” He attacked also the
society of that time: “american girls are as good to hide their parents as
english ladies to hide their past”; or when he says toward english society: “Oh, I
love London society! It is entirely composed now of beautiful idiots and brilliant
lunatics. Just what society should be.”
Esaminata l’ironia caratteristica di personaggi letterari e storici non bisogna
dimenticarsi degli artisti. Tutta l’arte è una presa in giro, tutta l’arte è un
insulto. Un insulto rivolto a coloro che stabiliscono le regole, alle “Accademie”,
alle convenzioni. A tal proposito troviamo nel Novecento la personalità
irriverente di Marchel Duchamp. L’artista francese viene considerato uno dei
più grandi artisti del Novecento proprio per il suo modo di fare: ha elevato
l’anormalità, intesa come rifiuto di qualsiasi norma, a pratica sia di arte sia di
vita.
La sua attività non perde mai il gusto della provocazione, e l’invenzione del
“ready-made” ne è uno degli esempi più classici. Esso significa letteralmente
“prefabbricato” e “pronto all’uso”; questa tecnica consiste nell’impiegare fuori
dal loro abituale contesto oggetti quotidiani come vere e proprie opere d’arte.
ready-made
Esempi di sono “la Ruota di Bicicletta” e “Fontana”
La prima consiste in una ruota di bicicletta impiantata su uno sgabello. La ruota
è lasciata libera di girare, ma è costretta all’immobilità, la rappresentazione del
movimento è nello stesso tempo la sua negazione. L’opera ribalta l’impianto
tradizionale delle sculture celebrative, dissacrandone il ruolo e il valore.
ready-made
Il “fontana” rappresenta il momento di maggior provocazione
dell’opera di Duchamp. L’artista mise in atto la sua provocazione in incognito:
presentò alla giuria della mostra un orinatoio firmandolo con uno pseudonimo.
La giuria non capì e sull’imbarazzo di come considerare la cosa non fece
esporre il pezzo. Duchamp difese quest’ anonimo artista su un giornale
ready- made:
Newyorkese dando anche la definizione di “Egli ha preso un
articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il
suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista-
ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto”
ready-made
Dei diversi questo rimane di certo il più provocatorio ed irridente al
mondo dell’arte. Egli si oppone alle convenzioni e alle cose già consolidate con
toni dissacratori di chi vuole provocare.
Opera che segna il punto di non ritorno: accettarla tra i capolavori d’arte
significa essere disponibili al gioco ironico del non prendersi mai sul serio.
Tornando a Schopenhauer, il filosofo afferma che “l’insulto è una calunnia
sommaria, senza che vengano forniti motivi (…) indubbiamente colui che
insulta rivela in tal modo chiaramente di non poter far valere contro l’altro nulla
di reale e di vero. In caso contrario, infatti, egli fornirebbe ciò come premessa e
farebbe tranquillamente trarre le conclusioni agli ascoltatori.” Quindi secondo il
filosofo quando si insulta non facciamo altro che insultare noi stessi e la nostra