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Collegamenti Concetto di felicità, percorso
Storia- Ruggenti anni 20.
Italiano-Eugenio Montale "Felicità raggiunta".
Filosofia-Nietzsche e Freud.
Latino-Seneca e il "De vita beata".
Inglese-William Wordsworth con "Daffodils".
Ho scelto di approfondire questo tema perché tutti almeno una volta nella vita ci siamo interessati alla
questione, chiedendoci se l'uomo possa raggiungere la felicità, e quindi se sia stato mai felice e soprattutto
come questo stato d'animo sia stato concepito nel tempo: se come un'aspirazione ascetica, se come la ricerca
di una dimensione edonistica, oppure se vissuto come la nostalgia di un eden lontano. L'etimologia fa derivare
il termine felicità dal latino felicitas, la cui radice "fe-" indica abbondanza, ricchezza, prosperità. In questo senso
la felicità potrebbe essere considerata lo stato d'animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.
Definire la felicità però è tutt'altro che facile, anzi direi impossibile dal momento che le visioni variano a seconda
delle persone, delle situazioni, delle concezioni della vita, tanto che si è potuto dire che ogni individuo la sua
idea di felicità. Oggi o più in generale nei tempi moderni la felicità è diventata un'esigenza sia globale che
nella
individuale, per questo un valore esplicitamente sancito in alcune costituzioni e in particolare
Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America. Scritta dalla cosiddetta Commissione dei Cinque,
composta da Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman,
questa fu approvata il 4 luglio 1776. In essa, tredici colonie britanniche della costa atlantica nordamericana
dichiararono la propria indipendenza dall'Impero britannico, esponendovi le motivazioni che le avevano
indotte a questo atto. Il testo dice: "Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli
uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono
la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini
governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di
governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo
fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la
sua Sicurezza e la sua Felicità." Il diritto alla felicità intesa come "pieno sviluppo della persona umana" è
sancito anche dall'articolo 3 della Costituzione Italiana entrata in vigore il 1º gennaio 1948. Anche in questo
articolo quindi è responsabilità dello Stato garantire la tutela della dignità della persona in ogni suo aspetto e
dunque garantire la sua felicità.
Nell'immaginario collettivo americano si ricordano come epoca felice gli anni Venti o per meglio dire i
ruggenti anni Venti. Con questa denominazione si indica generalmente il periodo compreso tra la fine del
primo conflitto mondiale e la grande crisi del 1929. Il cinema, la musica jazz e alcuni nuovi tipi di ballo
divennero i simboli evidenti di questo periodo, quasi di trattasse di una festa perenne, cui tutti gli abitanti
dell'America erano invitati. Una più attenta analisi della realtà americana obbliga però a sfumare
notevolmente l'immagine convenzionale degli anni ruggenti, che furono anche un periodo di brutale
intolleranza, di xenofobia e di ostilità verso ogni forma di diversità. Basti pensare al Ku Klux Klan setta
segreta a forte impronta nazionalista, ricostituitasi nel 1915, fu ostile alle minoranze nere ed ebraiche e a tutti
gli immigrati che minacciavano la purezza dei "veri americani". Ci furono eventi eclatanti di accanimento
xenofobo e antisindacale, come il caso di due operai anarchici italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti,
accusati nel 1920 di omicidio a scopo di rapina sulla base di prove inconsistenti e condannati a morte. Il
medesimo clima morale determinò anche la decisione di varare il cosiddetto proibizionismo, cioè il divieto di
fabbricazione, importazione e vendita di alcolici. Il provvedimento però non determinò un miglioramento dei
costumi degli americani, al contrario segnò la crescita del contrabbando gestito dalla criminalità organizzata (
si diffuse il gangsterismo di cui Al Capone fu il maggior rappresentante). Negli anni Venti, l'America era lo
Stato capitalista più potente al mondo. L'indiscriminato liberismo economico dei presidenti repubblicani
(Harding, Coolidge, Hoover) favorì l'aumento dei profitti industriali e la formazione di grandi fortune. Mentre
gli agricoltori si impoverirono progressivamente, prosperò notevolmente l'industria grazie all'incremento della
produzione, all'espandersi dei consumi e al miglioramento dei processi di produzione. Era il trionfo del
sistema tayloristico-fordista, che attraverso l'uso della catena di montaggio permetteva la produzione di un
numero sempre maggiore di manufatti e di conseguenza maggiori possibilità per i cittadini di acquistarli.
L'incremento riguardò in primo luogo l'industria automobilistica, la cui crescita trainò i settori
collegati( metallurgico, petrolifero, edilizia). La società americana sembrava divenire sempre più opulenta:
arricchirsi per spendere era la parola d'ordine dei cittadini. Il consumismo si diffondeva ormai tra le diverse
classi sociali.
ITALIANO
"Felicità raggiunta" è un componimento scritto da Eugenio Montale probabilmente nel 1924, contenuto nella
raccolta Ossi di Seppia. Presenta due strofe di cinque versi a rima alternata. Fa eccezione il verso tre con il
verso uno, attraverso la parola "vacilla" in assonanza con la precedente "cammina" (entrambe terminano con
le vocali "i" e "a"). I versi sono tutti endecasillabi, tranne il verso due che è un settenario; il verso sei, che è
un novenario; e il verso otto che è composto da un endecasillabo e un quinario.
La felicità, in questo caso, non è intesa come ideale o sognata, ma viene descritta come effettivamente entra
nella vita dell'uomo: questo concetto è espresso dallo stesso participio passato "raggiunta", e presenta un
valore fortemente connotativo e preciso. L'immagine immediatamente successiva, tuttavia, smentisce questa
prima certezza: "si cammina | per te sul fil di lama". Interessante è il modo con cui Montale riesce a
esprimere metricamente l’idea di fragilità della felicità, utilizzando un settenario, al posto dell’endecasillabo, e
vocaboli monosillabici, tranne due bisillabici. Questi espedienti velocizzano il verso, riuscendo così a
comunicare la transitorietà e la fragilità della felicità. Questa è paragonata a un breve barlume di luce che
velocemente scompare, ma anche a una fragile lastra di ghiaccio che, toccata da un piede, si spezza. Si
può, quindi, comprendere come la felicità appaia al poeta come un sentimento dalla doppia incertezza: da
una parte svanisce da sé inevitabilmente, dall’altra l’uomo stesso è responsabile della scomparsa di questa.
Nei versi finali viene espressa questa idea del poeta: l’ultima immagine del bambino che ha perso il pallone
diventa analogia dell’improvvisa perdita della felicità. Questo sentimento si rivela, quindi, come del tutto
provvisorio, sul quale le nostre azioni non hanno alcuna possibilità reale di controllo: esso è, piuttosto,
un'illuminazione, un'epifania. Si tratta più di un dono improvviso indipendente dalla volontà e dalle azioni
dell’uomo.
FILOSOFIA
Il pensiero di Nietzsche riguardo il tema della felicità è piuttosto complesso. Infatti esso va ricercato all'interno
dell'intera produzione del filosofo che non si è espresso mai esplicitamente in materia. Uno spunto importante
di riflessione sul tema deriva dal primo capitolo della terza considerazione inattuale in cui Nietzsche identifica la
felicità nella capacità di sentire in modo non storico l'attimo, il momento in cui si prova la felicità stessa. Egli
dice: " Chi non sa mettersi a sedere sulla soglia dell'attimo dimenticando tutte le cose passate, chi non è
capace di star ritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria, non saprà mai che cosa sia
la felicità, e ancor peggio, non farà mai alcunché che renda felici gli altri.." Ogni organismo vivente ha perciò
bisogno non solo di luce, ma anche di oscurità e quindi per agire ci vuole l'oblio. Questo invito a dare un senso
ad ogni istante della vita si ritrova anche nella concezione circolare della storia contrapposta invece a quella
lineare dell'idealismo e del cristianesimo.
Per Nietzsche inoltre il concetto di felicità inteso come gioia di vivere appartiene a una delle due facce dello
apollineo.L’atteggiamento dionisiaco
spirito dionisiaco presente in ognuno di noi ma oppresso da quello
corrisponde all’esaltazione entusiastica della vita in ogni attimo, realizzando in tal modo 'la felicità del
circolo'.
Nietzsche, in tal modo, ripropone una concezione pre-cristiana del mondo, presente nella Grecia
presocratica e nelle più antiche civiltà indiane, la quale presuppone una visione ciclica del tempo, in
opposizione a quella rettilinea del pensiero cristiano, in cui ognuno momento ha senso solo in funzione degli
altri. La dottrina cristiana ha come conseguenza la mancanza di felicità, poiché nessun momento vissuto ha
in se stesso una pienezza autosufficiente di significato.
Il tipo di uomo capace di vivere come se tutto dovesse ritornare può essere solo un oltre-uomo in
grado di vivere la vita come un gioco creativo e appagante. Così vissero i Greci prima di Socrate e di
Platone, che combatterono lo spirito dionisiaco, avviando il popolo greco verso la decadenza. Dioniso è il
simbolo dell’affermazione integrale della vita, che trasforma il dolore in gioia, respingendo come indegni
dell’uomo tutti i valori fondati sulla rinunzia e tutte le virtù che mortificano l’energia vitale. Alla morale
cristiana, considerata la morale degli schiavi, perché improntata ai valori anti-vitali dell’abnegazione,
dell’obbedienza e del sacrificio, contrappone la morale del superuomo, che si stacca dal gregge per
assaporare l’essenza più vera della vita, privilegiando il corpo sullo spirito e anteponendo l’orgoglio all’umiltà,
la sessualità alla castità. Se gli istinti e le passioni non si scaricano all’esterno, afferma N., si rivolgono
all’interno, creando l’uomo tormentato proprio della religione cristiana, che vive tutto come peccato e senso
di colpa. Egli sostiene che é ancora possibile recuperare il dionisiaco, farlo rinascere. Responsabile di questo
sarà l'oltreuomo che smantellando le antiche certezze si farà creatore di valori nuovi. Si assisterà a una
trasvalutazione dei valori, che porterà la morale dei forti a prevalere su quella dei deboli. L'uomo dirà no alla
morale del risentimento che reprimendo gli istinti non ha fatto altro che rivolgere l'uomo contro se stesso,
rendendolo infelice. Il disagio della civiltà”
Riguardo questo tema risulta interessante anche la posizione di Freud nel libro
pubblicato in due parti, nel 1929 e nel 1930,
Egli riconosce nella felicità lo scopo e l'intenzione della vita dell'uomo. Essa può derivare solo dal
soddisfacimento dei desideri e delle pulsioni. Quest'ultime aggiunge però sono nell'individuo fondamentalmente
distruttive.La società nasce per garantire sicurezza, ordine e pulizia a chi ne fa parte, ma gli
egocentriche e
imperativi che essa impone al singolo sono spesso in contrasto con la soddisfazione dei bisogni individuali. Il
disagio del vivere nella società è dunque determinato dal contrasto perenne tra felicità individuale e moralità
pubblica. Viene qui riproposta la teoria delle pulsioni di vita e di morte, già introdotte nel libro Al di là del
principio del piacere (1920). Eros (Amore) spinge alla soddisfazione del piacere, mentre Thanatos (Morte)
spinge verso l’auto-distruzione, verso l’annichilamento degli altri e di sé stessi. La civiltà, per intrinseche
necessità di ordine, porta a soffocare l’Eros, attraverso la sublimazione (incanalandolo cioè su condotte che
portano a risultati socialmente accettabili, come ad esempio la famiglia), ma insufficienti a soddisfare i