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Sintesi

Percorso Bioetica tra sacralità e qualità della vita, tesina



italiano : Oriana Fallaci, lettera ad un bambino mai nato. leopardi, canto notturno di un pastore errante dell'asia
filosofia: la controversia sull'aborto, margaret sanger e judith thomson
scienze: fecondazione assistita
inglese : frenkestain
Estratto del documento

Bioetica Tra Sacralità E Qualità Della Vita

Nel nostro tempo si sta assistendo a una vera e propria <<rivoluzione

medico-biologica>> che, sulla base degli sviluppi della medicina e

delle più avanzate ricerche di genetica e di biologia, sta mettendo in

discussione la tradizionale concezione della vita.

La bioetica è la disciplina filosofica che esamina le questioni legate alle

scelte che le istituzioni e che gli individui possono oggi compiere in

merito agli aspetti più critici della vita,quali trapianti,inseminazione

artificiale e aborto.

Il pensiero femminista ha contribuito in maniera significativa ad

alimentare il dibattito bioetico in particolare per quanto riguarda

aborto e fecondazione assistita.

L'aborto è una piaga sociale fin dalla notte dei tempi fin dall'antichità

e

ci si è posto il problema della vita intrauterina e del rispetto che si

deve eventualmente attribuirle. Nell'antichissimo codice etico che va

sotto il nome di <<Giuramento di Ippocrate >> si trova ad esempio,

un divieto per i medici di somministrare farmaci abortivi. In Tommaso

d'Aquino, in epoca medievale, troviamo il problema di quando l'anima

immortale si unisca al corpo del feto nel ventre materno. Si tratta della

questione dell'animazione, che secondo i filosofi medievali poteva

essere o immediata, o ritardata e collocata in una fase di sviluppo del

feto più avanzata rispetto al concepimento iniziale.

Del resto nell'antichità, anche nelle fasi immediatamente successive

alla nascita, la vita umana non godeva di una protezione morale

assoluta. Si pensi alla pratica dell'infanticidio per i neonati deformi.

Solo nel Novecento si è diffusa la tesi che lo Stato debba garantire alle

donne ritrovano in questa situazione di poter decidere,da sole, se

interrompere la gravidanza generando cosi un conflitto fra l'ipotetico

diritto alla vita dell'embrione e l'effettivo diritto all'autonomia di una

persona adulta (la donna).

A privilegiare i diritti dell'embrione vi sono la bioetica della sacralità

della vita e la posizione rigida del cattolicesimo ,per cui l'aborto è

sempre vietato. Questa Posizione

era condivisa da Giovanni Paolo II che accusava le democrazie odierne

di cadere in contraddizione poiché pur difendendo i diritti umani, essi

arrivano a trasformare in un diritto quello che invece è un vero e

proprio delitto alla vita.

i laici rispondono attraverso la bioetica della qualità della vita,

affermando che l'aborto è un diritto legittimo e che esso, almeno nei

primi mesi di vita, non può essere ritenuto un omicidio, in quanto

l'embrione non può essere considerato un persona.

A favore dei laici vi sono ad esempio Margaret Sanger e Judith

Thomson, le quali furono anche le punte più avanzate della rivoluzione

femminile.

Judith Thomson nel suo saggio << Una difesa dell'aborto >>, pur

ammettendo, per ragioni dialettiche, il diritto dell'embrione alla vita, si

sforza di mostrare il diritto della donna all'autonomia attraverso la sua

<<parabola>> laica:

La Thomson ci chiede di ipotizzare che una mattina ci ritroviamo

distese accanto ad un violinista, molto famoso, privo di coscienza e che

la società dei musicofili ci abbia rapito e che il sistema circolatorio sia

stato legato al nostro, poiché era molto malato, senza consultarci e che

la sua vita adesso dipende da noi ma tra nove mesi potrà essere

staccato senza problemi. Ella paragona il violinista all'embrione. Se

fosse vera la tesi cattolica, la donna dovrebbe rimanere collegata

all'embrione incondizionatamente , salvaguardandone il diritto alla

vita. Viceversa, in un ottica laica, la donna può decidere, per qualche

motivata ragione, di scollegarsi al violinista salvaguardando il proprio

diritto di libertà al proprio corpo. In termini filosofici-bioetici, il diritto

alla vita dell'embrione non può prevalere sul diritto all'autonomia della

decisione della donna. Ciò è molto chiaro in di violenza sessuale o nei

casi in cui la gravidanza mette a rischio la vita di entrambi.

La Sanger voleva liberare la donna da quella che chiamava <<la

schiavitù della riproduzione >>. Secondo lei la donna deve poter

possedere il suo corpo e la sua sessualità, godere della libertà del

corpo, dei diritti e controllare la sua vita. La Sanger afferma che

nessuna donna può ritenersi libera fino a quando non potrà scegliere

autonomamente se vuole -o meno- essere madre e che non ci potrà

essere nessuna razza libera se sarà figlia di madri schiave.

La soluzione per gli antiabortisti è il <<principio di precauzione>> per

la quale nel caso dell'incertezza sulla natura personale del concepito,

sarebbe più corretto non abortire, ossia comportarsi come se

l'embrione fosse effettivamente una persona, questo agli occhi dei laici

risulta poco convincente poichè pretende di costringere coloro che non

ritengono teoricamente che l'embrione sia persona a comportarsi

praticamente come se lo fosse.

Nella letteratura italiana contemporanea troviamo Oriana Fallaci con

<<Lettera ad un bambino mai nato>>, un libro che in poche pagine

racchiude l'essenza del genere umano, in particolare il fondamento

stesso di essere donna, di negare o dare la vita.

Della protagonista non conosciamo né il nome né i tratti. Una donna

qualsiasi che rimane incinta. Il titolo immediatamente chiarisce che il

bambino non verrà mai alla luce. La colpevole è la madre o un caso

puramente casuale? La domanda non avrà mai una risposta ma

l'incalzante flusso emotivo raggiunge l'apice nel momento

dell'immaginario processo che vede imputata la madre per l'assassinio

del figlio, causato da un eccessivo egoismo e disprezzo della vita, in cui

è il bambino stesso a parlare alla madre. La domanda cardine è :

nascere è meglio di non nascere? Il bambino durante il processo

afferma che la madre ''lo abbia ucciso senza ucciderlo''. Ovvero,

nessuno chiede di nascere poiché laggiù non c'è né volontà né scelta,

lei lo aveva convito che scappare dal nulla è una gioia e che il brutto è

non esserci stato ma dopo iniziarono a crescere i dubbi e le incertezze

e la madre affidò al bambino la decisione di venire o meno al mondo.

Non appena il bambino comprese che la madre aveva rinunciato alla

vita e vi abitava solo per farlo nasce, lui prese la decisione definitiva :

se la vita è un tormento, perché approdarci? La risposta è che la vita è

un'attesa della morte.

Il bambino attribuisce alla madre la responsabilità di averlo portato al

suicidio. Un essere anche non nato non può formulare pensieri cosi

pessimistici.

A circa 200 anni prima della Fallaci possiamo ricollegare la domanda :

Perchè mettere al mondo un figlio? Perchè abbia fame o freddo, perché

venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato in guerra? Con

pensiero di Leopardi nel ''Canto notturno di un pastore errante

dall'Asia''.

Con questo canto l’autore, introducendo come modello la figura del

pastore vagabondo,

considera la crudele infelicità cui tutti gli esseri viventi, sono destinati.

Il protagonista della lirica è un umile pastore, che sotto la volta stellata

che ricopre la deserta steppa asiatica, si rivolge desideroso di risposte,

alla luna che diventa con l’uomo protagonista del testo. La luna è

considerata come una sorta di oracolo onnisciente che nella sua quiete

conserva tutte le risposte agli enigmi esistenziali del pastore che non

verranno mai rivelate. Scegliendo la caratteristica semplicità del

pastore, Leopardi vuole dimostrare come gli interrogativi che assillano

l’uomo siano comuni a tutta l’umanità, dai colti ai più ignoranti. Nei

continui interrogativi rivolti alla luna si intravede la fioca luce della

speranza che nasce dalla possibilità che la luna abbia le risposte

necessarie a dare senso alla dolorosa esistenza umana. Le aspettative

vengono subito schiacciate dall’eccessiva quiete che pervade

l’ambiente, sinonimo dell’implacabile dubbio che caratterizza la

rassegnazione del pastore rispetto all’inevitabile tragicità del destino

umano.

Dai versi emerge chiara la negativa percezione della vita del pastore,

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