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Latino - La decadenza dell’oratoria nell’età imperiale: Quintiliano e l’Institutio Oratoria.
Storia - La propaganda fascista.
Italiano- La parola secondo Montale.
Filosofia- “Cattiva maestra televisione” di Karl Popp
Scienze- Il linguaggio e la sua origine: Area di Broca e di Wernicke.
indicando eventuali vie di fuga.
In ultima analisi, in anni più vicini a noi, c’è stata l’affermazione della televisione,
che ha trovato modi che assimilano la propaganda politica alla pubblicità e tendono
a catturare l’assenso dei consumatori e in particolare quello dei bambini. Infatti,il
filosofo ed epistemologo, Karl Popper, in una sua intervista, ha criticato la
televisione, colpevole di sedurre giovani menti e trascinarle alla violenza.
I. La retorica, come arte della persuasione e
la nascita dell’oratoria in Grecia.
n una cultura, come quella greca, la cui trasmissione fu affidata per secoli
all’oralità, la capacità di parlare in pubblico, di persuadere un uditorio e di
far prevalere la propria posizione su quella dell’avversario ebbe un ruolo
cruciale. Già i poemi
omerici danno rilievo ai
discorsi tenuti nelle
adunanze dei soldati e
nei consigli dei capi
militari ed infatti, il
valore di un eroe
omerico si esprimeva
altrettanto bene in
battaglia quanto in assemblea. L’assemblea omerica non è la sede dove
dibattono i sapienti o si ricerca una verità, ma lo scopo di chi prende la parola è
quello di far prevalere il proprio punto di vista e la propria personalità,
annientando l’avversario con ogni mezzo dialettico possibile. La stessa struttura
alimenta l’atteggiamento competitivo dell’oratore: questi si misura con i propri
pari in modo libero e talora anche violento. Il confronto-scontro verbale è un
elemento ricorrente nei testi letterari greci a partire dall’epica alla
drammaturgia tragica, nella quale gli agoni di parole tra personaggi sono
fondamentali. Questo carattere pubblico e quasi “teatrale” dell’oratoria arcaica
s’innesta sulle forme di una cultura orale: quella greca, che fu la città della
parola per eccellenza, nella quale ogni cittadino aveva la possibilità di
partecipare attivamente alla vita pubblica ed era chiamato a rispondere delle
proprie azioni davanti la comunità. Fu proprio durante la prima metà del secolo
V a.C. che l’eloquenza divenne oggetto di riflessione e nacque così una vera e
propria tecnica della persuasione, che gli oratori dovevano imparare a
conoscere prima di misurarsi con un uditorio: questa prese il nome di retorica.
Essa si andò organizzando sotto la spinta di necessità sociali e politiche, vive
soprattutto nelle città democratiche dove la tecnica del convincimento era
ormai strumento essenziale nella lotta politica: si trattava, infatti, di ottenere il
voto di masse di persone, in assemblee o tribunali, improvvisando discorsi e
confutando avversari.
E’, appunto, in base agli ambiti del dibattito pubblico che si sviluppa l’oratoria
antica, distinta da Aristotele in tre generi: deliberativo o politico, epidittico e
giudiziario. 3
Oratoria deliberativa. Secondo la definizione di Aristotele, dell’oratoria
deliberativa fanno parte i discorsi di esortazione e dissuasione, di argomento
politico o morale, pronunciati in riunioni private o in pubblico. Nella prassi
dell’oratoria ateniese il genere deliberativo si sviluppò particolarmente in ambito
politico, negli spazi offerti al dibattito pubblico dalle istituzioni democratiche.
Quella ateniese, da un lato, fu una democrazia diretta, assembleare, che
pólis,
coinvolgeva tutti i cittadini nel governo della in cui anche i più umili pote-
vano sentirsi partecipi delle decisioni politiche, ma dall’altro, tuttavia, si profilò
ben presto il predominio di personalità dominanti, capaci di orientare e
influenzare le opinioni e i voti dell’assemblea popolare proprio per mezzo della
loro eloquenza. La capacità di parlare in pubblico e di persuadere un vasto udi-
torio fu infatti la ragione dell’ampio successo ottenuto da uomini politici di spicco,
che furono in primo luogo grandi oratori. Per le sue abilità persuasive e per la sua
eloquenza fu noto, primo tra tutti, Pericle, abile politico che per quasi trent’anni
nel corso del V secolo a.C. indirizzò la vita pubblica ateniese, guidando la città al
vertice della sua grandezza politica, artistica e culturale, ma portandola anche
verso il disastroso conflitto contro Sparta, da lui fortemente voluto. Purtroppo,
proprio per il carattere pragmatico delle orazioni politiche, destinate ad una sola
esecuzione orale, dei suoi discorsi ci è pervenuta testimonianza solo nella
rielaborazione letteraria che ne fece lo storico Tucidide, che ben conosceva lo
stile oratorio di Pericle per averlo potuto udire di persona. Dopo la morte di
Pericle (429 a.C.), e con il dilagare dell’insegnamento sofistico, la politica sempre
rhétores,
più divenne appannaggio dei oratori di professione, che facevano leva
ekklesía
sulla loro eloquenza per allargare il proprio consenso presso un’
facilmente manipolabile e spesso alla mercé di demagoghi corrotti e assetati di
potere. Nel IV secolo a.C., la tendenza alla professionalizzazione della politica si
rhétores
approfondì, portando i a giocare un ruolo di primo piano nell’assemblea:
i più grandi oratori del secolo, Demostene e il suo rivale Eschine lasciarono un
pólis,
segno decisivo nella gestione politica della ricoprendo anche cariche
istituzionali di rilievo.
L’oratoria epidittica. Il genere epidittico ha per oggetto la lode o il biasimo.
epidéiknymi
Come suggerisce l’etimologia del termine, dal verbo che significa
“illustrare, dimostrare”, lo scopo dei discorsi epidittici è quello di mettere in luce
o confutare la virtù e l’eccellenza di un personaggio, reale o appartenente
all’immaginario mitico. L’oratoria epidittica comprende diversi tipi di discorsi
corrispondenti alle varie forme dell’elogio:
panegirico,
– il in origine orazione celebrativa destinata a feste solenni, quali i
giochi olimpici o le altre grandi feste panelleniche.
l’encomio,
– canto in lode di uomini, originariamente eseguito in versi nei
banchetti e in occasione di vittorie agonali. Come forma di esercitazione retorica
in prosa su temi e personaggi del mito, fiorì specialmente ad opera di Gorgia e
Isocrate.
l’epitafio,
– elogio funebre, discorso celebrativo in onore di persone defunte.
Nel IV secolo a.C., principalmente nell’opera di Isocrate, l’oratoria epidittica fu
strumento per la divulgazione di concetti filosofici e di ideali politici di ampio
respiro. 4
L’oratoria giudiziaria. La fioritura dell’oratoria civile ateniese tra il V e il IV
secolo a.C. non si diede solo nelle sedi del confronto politico, ma anche e
soprattutto nei tribunali popolari, teatro di azioni legali di varia natura e spazio
d’elezione della grande oratoria giudiziaria. Appartengono al genere giudiziario i
discorsi di accusa e di difesa tenuti nell’ambito delle controversie processuali,
relativi ad azioni delittuose. Poiché la pratica del genere giudiziario non
richiedeva solo capacità persuasive, ma anche una buona conoscenza della
dottrina giuridica e degli strumenti legali, si affermò ben presto in quest’ambito
logografi.
una categoria professionale di esperti di diritto, detti Costoro si
incaricavano, dietro compenso, di scrivere orazioni di accusa o di difesa per conto
di terzi, che ne avrebbero poi memorizzato il testo per pronunciarlo in tribunale:
nel diritto ateniese, infatti, l’iniziativa di intentare un’azione legale e la
responsabilità della difesa spettavano ai singoli cittadini, che erano tenuti a farsi
portavoci in prima persona della propria causa in tribunale. Pur non godendo di
grandi onori per il suo carattere utilitaristico, la remunerativa professione del
logografo fu esercitata ad Atene dai più grandi oratori, quali, in primo luogo, Lisia,
Demostene e Isocrate. Le orazioni giudiziarie potevano vertere su cause di natura
privata o pubblica: nel primo caso si trattava di temi relativi alla tutela
dell’individuo, della proprietà e della famiglia, nel secondo, di tutti gli atti
considerati nocivi per lo Stato e attinenti alla salvaguardia della costituzione e
dell’ordinamento vigente. Proprio perché destinati ai dibattimenti in tribunale e
quindi sottoposti alle specifiche esigenze della procedura processuale, i discorsi
giudiziari erano ripartiti secondo una struttura piuttosto rigida, che prevedeva
proemio,
quattro parti fondamentali: il che consisteva nella presentazione
narrazione,
dell’oggetto della causa per informare l’uditorio; la in cui i fatti erano
esposti nel dettaglio e inseriti nella cornice in cui si erano svolti;
l’argomentazione, che dava spazio alla discussione propriamente giuridica delle
perorazione,
prove e all’interrogatorio dei testimoni; la la parte finale
dell’orazione, in cui si cercava il coinvolgimento emotivo della giuria, per
ottenerne il voto favorevole. Il principale organo giuridico ateniese era il tribunale
dell’Eliea, istituito da Solone e composto di seimila giudici estratti a sorte tra i
cittadini di età superiore ai trent’anni, senza distinzione di classe e di censo, che
Eliea
non avessero debiti verso il tesoro pubblico. L’ si riuniva di volta in volta in
sezioni separate, dette dicasteri, i cui giudici e casi di competenza venivano
estratti a sorte il giorno stesso. Come si è già accennato, parte lesa e accusati, al
processo, dovevano parlare in prima persona, a meno che non rientrassero nella
categoria degli “incapaci”, che includeva donne, minori, schiavi e stranieri,
rappresentati legalmente da un cittadino di diritto.
E’ con Lisia si inaugura il periodo alto dell’oratoria ateniese. Influenzato dalla
sofistica ed esperto di tecnica giuridica, questo autore fece scuola presso gli
antichi, che ne ammirarono non solo la perizia compositiva, ma anche la purezza
linguistica, l’eleganza e la vivacità espressiva. Nato ad Atene da padre siracusano
attorno alla metà del V secolo a.C., Lisia passò parte della sua giovinezza a Turii,
in Magna Grecia, ove perfezionò la sua formazione retorica. Tornato ad Atene,
subì nel 404 a.C. un violento attacco da parte del regime oligarchico dei Trenta
che, con un fragile pretesto politico, requisì il suo patrimonio di famiglia,
costituito dalla fiorente fabbrica di scudi ereditata dal padre, e mise a morte il
5
fratello Polemarco. È a questo drammatico episodio che si riferisce l’orazione
Contro Eratostene, uno dei Trenta Tiranni, che Lisia, tornato in patria nel 403 con
la restaurazione democratica, accusò di aver provocato la morte del fratello.
Nonostante l’abbattimento del regime oligarchico, l’oratore, che ad Atene era un
meteco, un forestiero che godeva della residenza e di pochi altri diritti, non poté
riprendere possesso dei beni di famiglia e, per vivere, fu costretto a esercitare
l’attività di logografo sino al 380 a.C., data a cui risale l’ultima notizia che
possediamo su di lui. Delle trenta orazioni che ci sono giunte per intero, la
maggior parte sono state scritte su commissione per i processi di altri. Nei
discorsi giudiziari composti nella sua attività di logografo, Lisia dispiega una
notevole abilità nel ricalcare i toni e la personalità dei suoi clienti delineandone
un ritratto vivido e credibile, capace di cattivare la simpatia dei giudici: è la
etopéa,
cosiddetta la qualità principale dell’arte di Lisia, duttile e variegata,
capace di adattarsi a una molteplicità di voci e tipi umani. Così è ad esempio
Per l’invalido
nell’orazione scritta per un bizzarro soggetto di bassa cultura e
condizione sociale che difende il proprio diritto a non vedersi revocare “l’obolo”,
un sussidio giornaliero dispensato ai portatori di infermità fisica. Mirabile per
l’efficacia narrativa e l’acuta rappresentazione dei personaggi è anche il discorso
Per l’uccisione di Eratostene composto in difesa di un marito offeso nell’onore,
che espone in tribunale le ragioni per cui ha ucciso l’amante della moglie. Lisia
Olimpico,
compose anche orazioni appartenenti al genere epidittico, come l’
panegirico scritto in occasione delle Olimpiadi del 388, che costituisce un
accorato appello a tutti i Greci alla fratellanza e all’odio comune verso la
tirannide, in particolare quella di Dionisio I di Siracusa. La tradizione attribuisce a