
Nella pagina seguente troverete la soluzione delle tracce di Maturità 2017 della Seconda prova di maturità di Scienze umane per il liceo delle Scienze umane.
La definizione della cultura nella società di massa
PRIMA PARTE
Il candidato, avvalendosi anche della lettura e analisi dei documenti riportati, illustri le sue considerazioni sul concetto di cultura nella società di massa e ne colga le implicazioni pedagogiche.
Che cos’è la cultura? La domanda è senza dubbio breve ed incisiva; non così la risposta, che apre un vaso di Pandora.
Volendosi discostare dalle definizioni fornite dagli “addetti ai lavori”, è innegabile che il concetto diffuso di cultura corrisponda ad una sorta di cliché più o meno univoco. Se si chiede ad un individuo che cosa sia, per lui, la cultura, molto probabilmente egli risponderà riferendosi all’insieme delle conoscenze intellettuali che possiede un individuo, degli studi svolti, di quanti e quali libri sono stati letti e, magari, della padronanza di comportamenti sociali “elevati”, quali le buone maniere. Per un cittadino occidentale, cultura è sinonimo di rispetto di valori che egli considera civili, in opposizione agli usi e ai costumi di società meno complesse o diversamente strutturate. Alla formazione di tale concezione ha concorso lo sviluppo della società di massa, all’interno della quale vi è la tendenza ad appiattire le diversità, a creare stereotipi culturali e comportamentali ai quali gli individui sono (più o meno consapevolmente) spinti ad uniformarsi. Ecco allora che la cultura è rappresentata dall’essere in possesso di un titolo di studio di alto livello, dall’aver condotto un percorso formativo ampio, dall’essersi specializzati in un determinato settore possedendo, altresì, un insieme variegato di conoscenze riguardanti anche altri ambiti. Si badi bene: qui si parla di conoscenze, non di competenze. Dunque si parla del sapere, non del saper fare. Di nozioni intellettuali, non di capacità pratiche.
Conseguenza inevitabile di tutto ciò, è il fatto che le società di massa considerano, in generale, poco colte altre società nelle quali, magari, non esistono università, oppure nelle quali è privilegiato l’apprendimento di nozioni e capacità pratiche piuttosto che intellettuali.
È interessante andare a vedere, comunque, che in ambito antropologico i miti sul concetto di cultura non hanno alcun significato. Come sostenuto da Beals e Hoijer in Introduzione all’antropologia culturale, “la cultura non è limitata a certi speciali campi di conoscenza. […] Una particolare impostazione di vita è chiaramente evidenziabile nel comportamento sia degli Eschimesi che degli aborigeni australiani o dei Navaho, e questa è altrettanto parte della cultura quanto quella degli europei o americani colti”. Non vi è dunque alcun motivo fondato per ritenere che la società di massa occidentale sia culturalmente più avanzata rispetto, per esempio, agli aborigeni: semplicemente, si tratta di società profondamente diverse tra loro, nelle quali il “che cos’è la cultura” non può che trovare risposte altrettanto differenti.
In aperto sostegno di quest’idea si schierano poi coloro che non solo si battono per il riconoscimento del valore culturale di società non di massa, ma anzi si pongono come aspri ed impietosi critici proprio nei confronti di questa società globalizzata ed “uniformante”. Essi vedono, cioè, la società occidentale come un insieme omogeneo di individui, per così dire, fatti in serie. E, visione decisamente catastrofica, concepiscono la cultura come il mezzo attraverso cui gli individui vengono plasmati secondo i dettami del modello culturale predominante. Ecco allora che un certo tipo di intellettuale, colui che per definizione si ritiene essere fornito di una buona cultura, diviene “l’ultimo superstite della preistoria, destinato ad estinguersi” (U. Eco, Apocalittici e integrati), l’ultimo rappresentante di una cultura non di massa, quanto piuttosto destinata a pochi; una cultura non uniformante, insomma.
Una visione meno drastica potrebbe essere quella di considerare le potenzialità che derivano proprio dal fatto stesso di vivere in una società “di massa”, nelle quali i mezzi di comunicazione sono ormai capillarmente diffusi, e possono offrire opportunità notevoli: venire a conoscenza con culture differenti, constatare l’esistenza di usi, costumi e sistemi di vita differenti dai nostri. Ed è a partire da questa considerazione che, a livello pedagogico, sono stati ideati sistemi educativi che prevedono l’uso di strumenti tecnologici. Si pensi, ad esempio, alla LIM, che ha quasi ovunque sostituito le lavagne tradizionali, oppure al fatto che in molte classi vi è almeno un computer con accesso a internet.
Insomma, come sempre la via più auspicabile potrebbe essere quella di mezzo: a livello scolastico si dovrebbe incentivare un uso ponderato dei mass media e, di conseguenza, educare a distinguere i comportamenti, all’apparenza tutti uguali, che si osservano in una società di massa, comparandoli con sistemi culturali diversi e distanti dai nostri, ma ugualmente rispettabili.
SECONDA PARTE
Il candidato risponda a due dei seguenti quesiti:
1. Il candidato delinei brevemente le caratteristiche e le trasformazioni dell’istituzione scolastica di fronte alla cultura di massa nel Novecento.
2. Il candidato spieghi il ruolo dell’educazione e della cultura per John Dewey.
3. Il candidato illustri due definizioni del concetto di cultura nelle scienze umane studiate.
4. Spiega illustri brevemente il rapporto tra cultura e mass media secondo Marshall McLuhan.
QUESITO NUMERO 1
Il candidato delinei brevemente le caratteristiche e le trasformazioni dell’istituzione scolastica di fronte alla cultura di massa nel Novecento.
Alla fine dell’Ottocento si è assistito a consistenti mutamenti in campo economico, sociale, culturale e politico, che hanno condotto alla nascita della cosiddetta società di massa. Le masse, in particolare in Europa e Nord America, sono diventate protagoniste sul piano politico ed economico, e ciò ha comportato una ridefinizione dei sistemi scolastici, fino a quel momento tradizionalmente appannaggio dell’élite. Si è così iniziato a concepire la scuola come un diritto di tutti, e numerosi sono stati gli interventi a favore di una scuola “mobile”, in sintonia con i mutamenti sociali, in grado di rapportarsi con la cultura di massa senza però, si badi bene, risultare asservita a quest’ultima. La scuola ha così assunto un ruolo via via più determinante nella vita collettiva, nel potenziamento della sfera sociale e politica: un’istituzione che mira a divenire quanto più dinamica possibile in relazione ai mutamenti della nostra società.
QUESITO NUMERO 2
Il candidato spieghi il ruolo dell’educazione e della cultura per John Dewey.
Il punto di partenza della riflessione pedagogica di Dewey è il concetto di esperienza, intesa, nel suo significato più ampio, come l’insieme del sapere ma anche dell’ignoranza, degli aspetti nobili dell’universo così come di quelli sfavorevoli. In questo senso, l’educazione è esperienza: deriva dai problemi che essa pone, e si trasmette con la socializzazione dell’individuo in un processo educativo nel quale il fanciullo viene fornito dei mezzi necessari ad assolvere i compiti dell’età adulta. L’educazione deve dunque essere vita, fornire all’individuo la padronanza di se stesso e dei suoi sensi come strumenti di gestione e risoluzione di problematiche. L’altro aspetto cruciale del pensiero di Dewey è poi il nesso fondamentale tra educazione e democrazia: quest’ultima è vista come la migliore forma di governo, e per realizzarla è necessario incentivare un processo educativo libero e condiviso.
QUESITO NUMERO 3
Il candidato illustri due definizioni del concetto di cultura nelle scienze umane studiate.
Tylor fu tra i primi a voler dare una definizione del concetto di cultura. Egli, nell’opera “Primitive culture”, definisce la cultura come l’insieme complesso di conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costume e abitudini acquisite dall’uomo come membro di una società. Egli, quindi, concepisce la cultura come totalità della vita sociale dell’uomo, e l’elemento innovativo sta proprio in questo: nell’includervi anche aspetti non propriamente intellettuali.
Durkheim ha invece una concezione funzionalistica della cultura: anche i riti e le usanze che non comprendiamo fino in fondo sono in qualche modo originati da esigenze di persone che interagiscono tra loro. La cultura ha così la funzione di incentivare la coesione e il consenso sociale, e stabilire un sistema di controllo che orienterà l’agire degli individui suggerendo loro le finalità concrete da perseguire. Con Durkheim inizia a diffondersi l’idea che la cultura debba aiutare gli individui ad orientare nella società.
QUESITO NUMERO 4
Il candidato illustri brevemente il rapporto tra cultura e mass media secondo Marshall McLuhan.
Alla base del pensiero di McLuhan vi è il determinismo tecnologico, vale a dire l’idea che, in una data società, la cultura e la struttura mentale delle persone siano influenzate dagli strumenti tecnologici. Egli, infatti, evidenzia come la nascita e la diffusione della stampa abbiano segnato il passaggio dalla cultura orale alla cultura alfabetica, nella quale la parola assume un significato mentale. Con riferimento a media più recenti (ad esempio la televisione) McLuhan ha poi sostenuto l’assunto secondo cui “il mezzo è il messaggio”: il contenuto della trasmissione ha in realtà un effetto relativamente limitato sulla società. Ciò che porta ad apprendere schemi culturali e una certa forma mentis è proprio la particolare struttura comunicativa di ogni medium, che attrae ed influenza gli spettatori in un particolare modo.
A cura della Dott.ssa Gloria Piedinovi