_antoniobernardo
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In questo articolo noi cercheremo di presentare, con lo scopo di offrire al lettore qualche spunto di riflessione critica, alcuni aspetti riguardanti l'impostazione euclidea della geometria, con particolare riferimento alla prima parte degli Elementi di Euclide.

In this paper we shall try to present some considerations concerning the first part of euclidean Elements.

1. Premessa

Verso la fine del quarto secolo a. C. si ebbe in Grecia ad opera di Euclide, con i suoi Elementi, il periodo pi significativo ed esaltante del processo di razionalizzazione della Geometria che era iniziato circa tre secoli prima con Talete, che pare abbia tratto stimoli e spunti significativi nel corso di alcuni suoi viaggi in Egitto.

Sulle orme del primo grande maestro della matematica greca si era poi incamminato Pitagora, che di Talete forse fu allievo. E a proposito della Matematica del periodo ellenistico lo Struik a pagina 53 di ci ricorda: "La matematica contribu a trovare l'ordine nel caos, a disporre le idee in catene logiche, a trovare principi fondamentali. Era la pi razionale di tutte le scienze".
Prima di Euclide altri matematici greci avevano scritto degli Elementi, termine con cui di solito si intitolavano i trattati assiomatici ellenistici. Tra questi va annoverato Ippocrate di Chio; ma sono da ricordare anche Leone di Atene e Teudio di Magnesia (si veda [Pr], pp. 71 e seguenti). Purtroppo, come noto, di quel fulgido periodo della matematica non possediamo una documentazione diretta e le notizie attualmente in nostro possesso risalgono a Proclo, il quale (cfr. [M], p. 3, nota (5)) attinse informazioni - forse in via indiretta - da Eudemo di Rodi (4 sec. a. C.).
Dello stesso Euclide si sa ben poco. E Frajese nella sua Introduzione in [E1] dice a p. 9, forse un po' paradossalmente: "Euclide, questo sconosciuto! [] Ci che di Euclide pu dirsi strettamente legato alla sua opera maggiore, gli Elementi." Tuttavia, nonostante la posizione un po' estrema di Frajese, qualche notizia filtrata nel corso dei secoli.
Con ogni probabilit Euclide visse ad Alessandria sotto Tolomeo I (circa 300 a. C.), successore di Alessandro Magno in uno dei tre regni in cui l'immenso dominio macedone era stato smembrato dopo la morte del suo grande imperatore. Egli diede un notevole contributo alla diffusione della matematica in tutto il mondo allora conosciuto, suscitando un notevole interesse, nonostante le difficolt che la disciplina presentava. E pare che proprio a Tolomeo - che gli chiedeva se ci fosse una via pi breve per lo studio della geometria - Euclide abbia detto (si veda [Ht], p. 354) che non esisteva una via regia alla geometria.
Cos come Ippocrate di Chio non da confondere col medico suo omonimo, anche il nostro Euclide non deve essere confuso col filosofo Euclide di Megara, vissuto alcune decine di anni prima. Come ci informa Thomas Heat in [Ht] (p. 355), dove si possono attingere altre notizie sul grande matematico greco, la confusione tra i due Euclide fu molto diffusa nel Medio Evo. La prima traccia di questo inconveniente comparve in uno scritto di Valerio Massimo, vissuto al tempo di Tiberio.

2. Gli Elementi

L'eccelsa opera di Euclide stata per lungo tempo considerata un modello di perfezione e i suoi Elementi per molti secoli hanno forse costituito, dopo la Bibbia, il libro pi letto, analizzato e sviscerato. Comunque va tenuto presente che Euclide con ogni probabilit ha attinto copiosamente a quanto molti studiosi avevano gi prodotto prima di lui. Frajese in [E1] a p. 9 ci ricorda: "[] gli Elementi di Euclide costituiscono il punto di arrivo di un periodo di elaborazione trisecolare della matematica, (che) [] si suol chiamare periodo della geometria pre-euclidea [];Ma gli Elementi di Euclide rappresentano anche un punto di partenza; successori immediati di Euclide sono i sommi matematici Archimede e Apollonio []."; e a p. 10 aggiunge: "[] quest'opera riassume, utilizza, coordina, sistema l'opera dei matematici predecessori, offrendone una validissima sintesi, che al tempo stesso analitica nella vastit della sua intelaiatura". Inoltre Federico Enriques a p. 2 di [En] dice in proposito: "L'opera [] non pu ritenersi costruzione originale di Euclide, ma appare riduzione in un trattato organico di ci che il genio greco ha costruito nei tre secoli precedenti."
Gli Elementi di Euclide sono suddivisi in tredici libri e iniziano con ventitr Definizioni che hanno lo scopo di delineare gli "oggetti", gli enti geometrici che saranno presi in considerazione nel corso della trattazione. Dopo le Definizioni vengono cinque postulati. Tra questi molto famoso il quinto, dalla cui negazione hanno avuto origine le Geometrie non euclidee; invece, se si prescinde da questo postulato, allora si ha la cosiddetta Geometria assoluta.
Ai cinque postulati fanno immediatamente seguito le cosiddette Nozioni Comuni (si veda [E1] pp. 58 e 73, [He] pp. 5 e 6, nonch [Sz]) e le prime fondamentali proposizioni con cui inizia la teoria vera e propria, nel corso della quale si incontrano altre definizioni.
Nel prosieguo di questo intervento le parti riportate in neretto non sono altro che la parte iniziale del primo Libro degli Elementi di Euclide, cos come la si ricava da [E1], fino alle Nozioni Comuni incluse.
A un'attenta lettura degli Elementi secondo i canoni interpretativi moderni si avvertono alcune incongruenze ed ingenuit, comprensibili per quel periodo. Certo ai tempi di Euclide era ancora molto lontano quel salto di qualit che avremmo avuto soltanto dopo pi di duemila anni, quando la matematica del XIX secolo avrebbe affinato i suoi strumenti di indagine critica. Poi nel XX secolo quegli strumenti si sarebbero affinati ancor pi, raggiungendo un tale grado di perfezione (compatibilmente con la naturale predisposizione umana all'errore) che difficile capire quali altri miglioramenti potranno essere conseguiti.
I limiti dell'impostazione euclidea non sfuggirono a Hilbert, che forse per questo sent l'esigenza di una rifondazione della geometria, che egli realizz nel suo famoso Grundlagen der Geometrie (si veda [H] e

).
Da Euclide a Hilbert c' stato un lungo percorso di circa 2200 anni durante il quale la matematica assurta al ruolo di regina delle scienze. Questo periodo stato illuminato da molti astri di prima grandezza nel firmamento della nostra disciplina, che ci hanno regalato risultati fondamentali nell'ambito della matematica e delle scienze esatte.

3. Le Definizioni, i Postulati e le Nozioni comuni negli Elementi

Per due punti distinti passa una e una sola retta. Questa proposizione generalmente viene considerata da molti testi scolastici come il primo postulato della geometria euclidea. Ma al riguardo c' un equivoco di fondo, poich negli Elementi di Euclide con il termine "rette" di fatto si intendono i nostri segmenti. E Silvio Maracchia, in accordo con diversi altri studiosi, nella nota "(48)" riportata a p. 23 di [M] scrive: "[] per Euclide la retta non data nella sua infinit attuale, ma solo in quella potenziale di segmento prolungabile quanto si vuole." Inoltre, a proposito del significato da dare negli Elementi all'espressione "linea retta" (o, semplicemente, "retta") Attilio Frajese nella parte finale della nota "3" a pi di pagina 66 di [E1] scrive: "Va infine osservato che la linea considerata come terminata, cio avente estremi: qui e costantemente (salvo rarissima eccezione) negli Elementi."
Per le eccezioni di cui parla Frajese potrebbero essere pi apparenti, "potenziali", che non effettive. La prima la troviamo nella Proposizione 12 del primo Libro degli Elementi; essa viene enunciata cos (si veda [E1], p. 93): Ad una data retta illimitata, da un punto dato ad essa esterno, condurre una linea retta perpendicolare. Ebbene ci pare di poter presumere che nella suddetta proposizione il termine "illimitata" venga usato nel senso di "opportunamente prolungata". La seconda eccezione la si ritrova a p. 111 di [E1] nella costruzione che Euclide ci propone relativamente alla sua Proposizione 22, ove sembra comparire la nozione di semiretta. Infatti l troviamo scritto: Si assuma una retta DE terminata in D ed illimitata dalla parte di E []. In realt in quella costruzione ci che serve un ben individuabile prolungamento di un segmento DF ivi considerato. Tuttavia, il fatto che nel Postulato II che vedremo in seguito si usi l'espressione "retta terminata" indurrebbe a pensare che per Euclide possano esistere anche rette non terminate (cio, illimitate), corrispondenti in qualche modo alle rette considerate attualmente da noi. Nel contempo la mancanza della specificazione "terminata" nel Postulato I riportato pi sotto pu far presumere che in quel contesto - in presenza della locuzione "condurre [] da [] ad", che di per s lascia intendere limitatezza - la precisazione sia ritenuta inutile da Euclide. Ed egli assume questo tipo di atteggiamento anche in altre situazioni in cui evita precisazioni superflue. Ad esempio in [E1], pp. 79 e 80, nella Proposizione 2 (Applicare ad un punto una data retta uguale ad una retta data) e nella Proposizione 3 (Date due rette disuguali []), dove l'uguaglianza e la disuguaglianza chiamate in causa si riferiscono chiaramente a segmenti. Naturalmente, i discorsi fatti sulla "illimitatezza potenziale" delle rette considerate da Euclide vanno estesi anche ai piani.
Ed ecco le 23 definizioni con cui iniziano gli Elementi di Euclide. A proposito degli enti geometrici considerati nelle Definizioni crediamo sia opportuno riportare quanto Frajese - in accordo con altri studiosi - dice in [E1] a p. 48: "[] si tratta (per Euclide, n. d. r.) di descriverli, affinch possano essere facilmente riconosciuti attraverso una soddisfacente nomenclatura. Quegli enti geometrici, cio, esistono gi: la definizione ha per Euclide soltanto il senso di individuarli."

I. Punto ci che non ha parti.
II. Linea lunghezza senza larghezza.
III. Estremi di una linea sono punti.
IV. Linea retta quella che giace ugualmente rispetto ai punti su di essa (cio, ai suoi punti).

Nella nota "4" di p. 66 di [E1] Frajese considera oscura, giustamente, la Definizione IV; e lo stesso Maccioni - che insieme a Frajese ha curato l'edizione di [E1], occupandosi anche della traduzione degli Elementi in italiano - nel commento denotato con "a" collocato nella stessa pagina cerca di fornirci una spiegazione sul piano filologico, svolgendo una sottile analisi della formulazione in lingua greca della definizione, per anche lui costretto ad arrendersi di fronte all'"oscurit" del testo.
Al giorno d'oggi non si d alcuna definizione particolare di punto o di retta. Infatti per punti si intendono gli elementi di un dato insieme non vuoto S. Si d quindi la nozione di spazio geometrico, intendendo con tale locuzione lo stesso insieme S munito di certi suoi sottinsiemi chiamati blocchi. Ad esempio, si possono considerare come blocchi le rette, oppure i piani dello spazio della nostra intuizione. I blocchi a loro volta sono formalmente detti rette proprio quando sono dotati di propriet particolarmente evocative rispetto alle rette intese intuitivamente.
Tuttavia doveroso far presente che anche la precedente posizione andrebbe meglio precisata, poich potrebbe portare a situazioni poco soddisfacenti. Ad esempio, dati tre "oggetti" a, b e c e considerato l'insieme S i cui elementi sono a, b, c, {a} e {a, b} - che quindi svolgono il ruolo di punti - se si assumono come blocchi i sottinsiemi di S dati da {a, b}, {a, c} e {b, c}, si ha l'inconveniente che {a, b} nello stesso tempo un punto ed un blocco. Perci per poter parlare di insieme di punti forse si dovrebbe fare in modo che inconvenienti di questo tipo siano evitati.
Ora proseguiamo con la presentazione delle Definizioni euclidee.

V. Superficie ci che ha soltanto lunghezza e larghezza.
VI. Estremi di una superficie sono linee.
VII. Superficie piana quella che giace ugualmente rispetto alle rette di essa (cio, alle sue rette).

Come R. Trudeau sottolinea a p. 46 di [T], le Definizioni V, VI e VII sono l'analogo in due dimensioni delle precedenti Definizioni I, II e III. Inoltre il Trudeau in alcune delle prime sette Definizioni vede pi il tentativo di delineare dei concetti (termini) primitivi, che non delle definizioni vere e proprie (cfr. [T], p. 45).
Per Euclide, verosimilmente, le rette/segmenti debbono godere delle usuali propriet elementari, anche se egli non le esprime tramite assiomi. Ad esempio, le rette AC e CA coincidono; e se due rette distinte AC e AD sono prolungamenti distinti di una stessa retta AB, allora esse sono una prolungamento dell'altra. Ed ancora, dato un punto C su di una retta AB, allora i due segmenti AC e CB hanno in comune il solo estremo C; inoltre, i punti di AB sono esattamente quelli di AC e/o quelli di CB.

VIII. Angolo piano l'inclinazione reciproca di due linee su un piano, le quali si incontrino fra loro e non giacciano in linea retta.
IX. Quando le linee che comprendono l'angolo sono rette, l'angolo si chiama rettilineo.
X. Quando una retta innalzata su una [altra] retta forma gli angoli adiacenti uguali fra loro, ciascuno dei due angoli uguali retto, e la retta innalzata si chiama perpendicolare a quella su cui innalzata.

Notiamo che per gli angoli "adiacenti" Euclide non d alcuna definizione; ma si capisce che qui egli adopera il significato usuale per noi. Per altre volte - ad esempio, nella Proposizione 14 del Libro I (si veda [E1], p. 97) - "adiacenti" sta per il nostro "consecutivi".
Sulla Definizione X si molto discusso, anche contestando ad Euclide di non aver precisato cosa intendesse per angoli uguali. Un discorso analogo ha riguardato anche l'uguaglianza tra segmenti; dimenticando che per Euclide il concetto di uguaglianza non poteva essere che quello legato al cosiddetto trasporto rigido; ci anche in accordo col significato concreto che, non solo allora, si attribuiva alla geometria. Il che confermato dalle dimostrazioni di alcune delle prime proposizioni degli Elementi. Del resto il trasporto rigido di segmenti e di angoli - idealmente svolto tramite strumenti materiali quali il goniometro (anche senza tacche) e l'asta rigida, con la convenzione che essa possa identificarsi con un "lato" del goniometro - ha sempre costituito un ottimo surrogato e una notevole semplificazione di assiomi che solo da qualche decennio il mondo della matematica si dato (si veda [H], p. 12 e sgg.). Comunque, per completezza di informazione, va detto che Euclide fa ricorso al trasporto rigido solo in rare occasioni, anche se gi nelle dimostrazioni della Proposizione 4 e della Proposizione 8 del Libro I (da noi conosciute come primo e terzo criterio di uguaglianza per i triangoli).

XI. Angolo ottuso quello maggiore di un retto.
XII. Angolo acuto quello minore di un retto.
XIII. Termine ci che estremo di qualche cosa.

Si sottolinea la genericit della Definizione XIII, che sembra pi una convenzione di linguaggio relativa alla parola "termine".

XIV. Figura ci che compreso da uno o pi termini.
XV. Cerchio una figura piana compresa da un'unica linea tale che tutte le rette, le quali cadano sulla linea a partire da un punto fra quelli che giacciono internamente alla figura, sono uguali fra loro.
XVI. Quel punto si chiama centro del cerchio.

Notiamo che, allo stato attuale, un cerchio potrebbe avere pi centri.

XVII. Diametro del cerchio una retta condotta per il centro e terminata da ambedue le parti dalla circonferenza del cerchio, la quale retta taglia anche il cerchio per met.
XVIII. Semicerchio la figura compresa dal diametro e dalla circonferenza da esso tagliata. E centro del semicerchio quello stesso che anche centro del cerchio.
XIX. Figure rettilinee sono quelle comprese da rette, vale a dire: figure trilatere quelle comprese da tre rette (sono i triangoli; n. d. r.), quadrilatere quelle comprese da quattro, e multilatere quelle comprese da pi di quattro rette.
XX. Delle figure trilatere, triangolo equilatero quello che ha i tre lati uguali, isoscele quello che ha soltanto due lati uguali, e scaleno quello che ha i tre lati disuguali.

A differenza dell'uso odierno, nelle Definizioni XX e XXII che seguono i termini sono dati con un significato esclusivo; cio, un triangolo isoscele non mai equilatero, un rettangolo non mai un quadrato, ecc.

XXI. Infine, delle figure trilatere, triangolo rettangolo quello che ha un angolo retto, ottusangolo quello che ha un angolo ottuso, ed acutangolo quello che ha i tre angoli acuti.
XXII. Delle figure quadrilatere, quadrato quella che insieme equilatera ed ha gli angoli retti, rettangolo quella che ha gli angoli retti, ma non equilatera, rombo quella che equilatera, ma non ha gli angoli retti, romboide quella che ha i lati e gli angoli opposti uguali fra loro, ma non equilatera n ha gli angoli retti. E le figure quadrilatere oltre a queste si chiamino trapezi.
XXIII. Parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolungate illimitatamente dall'una e dall'altra parte, non si incontrano da nessuna delle due parti.

Ora diamo i primi due Postulati di Euclide, che ci permetteranno di inquadrare meglio la nozione euclidea di retta. Seguiranno gli altri tre Postulati, cos come sono riportati in [E1] a p. 71, perch si possa fare una prima e immediata valutazione dell'impostazione euclidea. Per un maggior approfondimento si consiglia di consultare anche [M] (p. 22 e sgg).

I Risulti postulato: che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto.
II E che una retta terminata si possa prolungare continuamente in linea retta.

Facciamo presente che nel Postulato I deve intendersi come naturalmente sottintesa anche l'unicit della "retta (terminata)" ivi considerata. In proposito si riporta qui di seguito la "traduzione" di tale postulato fatta dal Trudeau in [T] (p. 55, Postulato 1): "Da un punto qualsiasi possibile condurre ad ogni altro punto una e una sola retta." E il Trudeau, aggiungendo la locuzione "una sola", esplicita quanto con ogni probabilit era ovvio per Euclide, il cui punto di partenza negli Elementi - come in parte stato gi detto - di tipo intuitivo, anche se l'impostazione ipotetico-deduttiva che egli d tende a svincolarsi il pi possibile dagli aspetti intuitivi. Ci in qualche modo confermato anche dall'enunciato del successivo quinto postulato, nel quale si intravede la nozione di semipiano ( quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti), che tuttavia non rientra nelle definizioni gi date.
Per ragioni di completezza informativa, facciamo presente che alcuni autori fanno risalire l'unicit del segmento che congiunge due punti alla successiva proposizione IX (da molti considerata come un'ulteriore Nozione Comune, ma che non riportata da tutti i testi). Tuttavia, ci non inficia la nostra precedente posizione, dal momento che questa difficilmente una Nozione attribuibile ad Euclide (si veda [M], p. 25).

IX. Due linee rette non racchiudono uno spazio.

Ed ecco gli altri tre postulati.

III. E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro ed ogni distanza.
IV. E che tutti gli angoli retti siano eguali fra loro.
V. E che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa parte minori di due retti, le due rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti.

Gli assiomi III e V, per come sono enunciati, si riferiscono implicitamente ad un piano. Ci non sempre messo in evidenza dagli esegeti euclidei. Il Trudeau lo fa con il Postulato V, che a p. 57 di [T] enuncia per rette che giacciono su di un piano. Notiamo anche che il Postulato III, preso alla lettera, risulta banale. Infatti, dato un centro B e una distanza d - o meglio, un secondo punto C - la propriet di essere un punto F avente distanza d da B (o meglio, di determinare un segmento BF uguale a BC) ben definita in ogni piano (e nello spazio), onde essa individua completamente la classe di punti che costituiscono il "supporto" del cerchio di cui al Postulato III. Perci a noi sembra che nel Postulato III Euclide volesse ravvisare piuttosto quel tipo di continuit secondo cui in un piano un cerchio che abbia il suo centro in B proprio come ce lo immaginiamo: esso lascia la sua "traccia" su ogni segmento "sufficientemente lungo" che abbia un estremo in B. Cosa questa a cui Hilbert ha dedicato il suo Assioma III 1 (si veda [H], p.12 ). Questa nostra interpretazione sembra essere confermata da come Euclide a volte usa le circonferenze. Ad esempio, nella dimostrazione della Proposizione 2 del Libro I degli Elementi (si veda [H], p. 79) egli considera un segmento BF al solo scopo di considerarne l'intersezione con un cerchio avente centro in B.
A proposito del Postulato IV il Trudeau a p. 55 di [T] tenta di darne un giustificazione cos: "Sebbene [] gli angoli retti si presentano a coppie, ci non ci costringe a credere che due angoli retti situati in una parte del piano siano uguali ad altri due posti altrove." Tuttavia questa posizione ci trova in disaccordo. Infatti, coerentemente con quanto detto a proposito del trasporto rigido, si vede subito che, dati due angoli adiacenti

[math]\theta[/math]
e
[math]\phi[/math]
, nonch due angoli adiacenti
[math]\theta'[/math]
e
[math]\phi'[/math]
, le ipotesi di adiacenza fanno s che con un trasporto rigido si possa trasferire (eventualmente in modo parziale) un lato AB di
[math]\phi[/math]
su di un lato A'B' di
[math]\phi'[/math]
in modo tale che B si sovrapponga a B' e il lato BC di
[math]\theta[/math]
che allineato con AB si trasferisca sul lato B'C' che allineato con A'B'. Di conseguenza
[math]\theta[/math]
minore di
[math]\theta'[/math]
se e solo se
[math]\phi[/math]
maggiore di
[math]\phi'[/math]
. Ci comporta come immediato corollario il fatto che due angoli retti - anche non adiacenti - debbano essere uguali. Il che rende superfluo il Postulato IV.

Ora diamo le Nozioni Comuni. Anche esse non sono state tutte scritte da Euclide. Nel corso dei secoli gli studiosi sono stati abbastanza concordi nell'attribuire al grande matematico alessandrino le tre Nozioni seguenti:

I. Cose che sono uguali ad una stessa sono uguali anche fra loro.
II. E se cose uguali sono addizionate a cose uguali, le totalit sono uguali.
III. E se da cose uguali sono sottratte cose uguali, i resti sono uguali.

A proposito delle precedenti Nozioni a nostro modesto avviso esse sono da intendersi non tanto come propriet di carattere generale - il che le renderebbe estremamente vaghe - ma piuttosto come una convenzione sull'uso del termine "uguale". Infatti - dando per scontato che una cosa, un oggetto, un elemento debba dirsi eguale a se stesso - facile verificare che un "legame" (o meglio, una relazione binaria) tra coppie di oggetti di un certo aggregato (di un insieme), che sia espresso dalla locuzione " eguale a ", per il quale valga la I, gode anche della propriet simmetrica e di quella transitiva; perci quella relazione un'equivalenza. Inoltre la II e la III conferiscono ad elementi equivalenti un carattere di "intercambiabilit" rispetto alle operazioni a cui essi vengono sottoposti. Cosa questa che oggid fa usare, invece del termine "equivalenti", i termini "eguali" oppure "congruenti".
Nei riguardi delle altre Nozioni Comuni sempre esistita discordanza di vedute sulla paternit delle due Nozioni denotate con VII e VIII che sono riportate qui sotto. E Maccioni nella nota a riportata a p. 73 di [E1] scrive: "[] Proclo [] critica l'indebita pretesa di Erone di Alessandria - il massimo ingegnere e professore di ingegneria alessandrino - di riconoscerne come autentiche solo le prime tre."

IV. E se cose uguali sono addizionate a cose disuguali, le totalit sono disuguali.
V. E doppi di una stessa cosa sono uguali tra loro.
VI. E met di una stessa cosa sono uguali tra loro.
VII. E cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali.
VIII. Ed il tutto maggiore della parte.

Si fa presente che alcuni studiosi considerano le Nozioni IV, V e VI, nonch la proposizione IX esposta precedentemente, di epoca successiva rispetto a Euclide (anche se esse sono adoperate dal grande maestro alessandrino). Tra di loro da annoverare I. L. Heiberg, a cui dovuto un importante testo critico su Euclide (si veda [He]).
A nostro avviso tale posizione ampiamente condivisibile. Infatti la Nozione V chiaramente un caso particolare della II, invece la IV una conseguenza immediata di II e III (purch si considerino addizione e sottrazione - nella loro accezione pi generale, non solo numerica - come operazioni che sono l'una l'inversa dell'altra), perci probabile che Euclide abbia considerato superfluo riportarle esplicitamente. D'altro canto se egli avesse effettivamente inserito la VI, allora avrebbe coerentemente inserito anche una Nozione Comune che prendesse in considerazione i "terzi" di una stessa cosa, una che prendesse in considerazione i "quarti", ecc. Anzi, ci sembra di poter addirittura accettare la posizione di Erone, piuttosto che quella di Proclo; dal momento che la Nozione VII banale, mentre la VIII - forse la pi famosa - pi una convenzione di linguaggio che non una nozione vera e propria. In definitiva, sembra che nella VIII si voglia dire che quando si considera una parte di una "totalit", allora della prima si dice che minore della totalit a cui si riferisce. Una precisazione, quella, con la quale forse si voluto mettere un freno alle tante dispute accese soprattutto da parte dei sofisti. Infatti, anche quando due segmenti hanno lunghezze diverse, essi individuano insiemi di punti che hanno la stessa cardinalit, cosa ben nota ai matematici ellenici; ciononostante, se il primo dei due segmenti un prolungamento dell'altro, allora nel contesto degli Elementi il secondo - in forza della Nozione Comune VIII - da dirsi minore del primo, pur avendo essi la stessa cardinalit.
E in quella precisazione ci piace intravvedere un tentativo di metter freno a un atteggiamento tipico - allora come ora - della comunicazione umana, spesso caratterizzata dal "cos se vi pare", dal "qui lo dico e qui lo nego". Euclide, o chi per lui, sembra voler dare un senso inequivocabile alle sue parole. E in fondo si tratta di un atteggiamento tipico del matematico, che se diventasse - con un'opportuna educazione alla nostra disciplina - patrimonio comune dell'umanit, forse renderebbe meno problematici i rapporti umani.

Bibliografia

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Struik D. J. (1981) Matematica: un profilo storico, Bologna, il Mulino.

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[T] Trudeau R. (1991) La rivoluzione non euclidea, Torino, Bollati Boringhieri.

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