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Queste brevi note traggono spunto da un lavoro di ricerca in fase di realizzazione nell’ambito delle
attività dell’Unità Locale di Ricerca in Didattica della Matematica dell’Università di Parma; vogliono es-
sere una sorta di manifesto di intenti per la identificazione di snodi concettuali relativi all’uso del lin-
guaggio naturale e formalizzato nella pratica didattica
Nella comunicazione in Matematica la formalizzazione è una pratica assai diffusa e l’interrogarsi sul-
le sue ragioni ed il suo sviluppo nell’ambito della comunicazione scientifica è una ricerca di pretto sa-
pore storico ed epistemologico. Alla parola Epistemologia immediatamente si associa una riflessione
ed un’indagine sui massimi sistemi, che faccia rientrare lo studio e le argomentazioni presentati in un
quadro teorico ampio, sovente fondato su una matrice filosofica.
Nel nostro lavoro di ricerca noi avanziamo una proposta più restrittiva, quella di una Epistemologia
in piccolo, o forse meglio di una Logica applicata, di cui parla Speranza,1997; con essa ci proponiamo
di mostrare “localmente” come scelte o prassi didattiche diffuse spesso nascondano la decisione di far
rientrare punti delicati della Matematica e della sua comunicazione nell’ambito di categorie quali “ov-
vio”, “sottintendibile”, “superfluo”. La proposta ha un’immediata ricaduta didattica, dato che, ad esem-
pio, l’”ovvio” per l’insegnante o l’autore di un testo può essere origine di ostacoli didattici per lo stu-
dente. E’ infatti convinzione diffusa - più di quanto si pensi - ritenere che una frase comunichi un fatto
disciplinare o descriva un ente disciplinare nelle loro caratteristiche, in modo ben determinato solo
perché sono ben chiare alla mente di chi la usa tutta una serie di condizioni atte ad individuare il fatto
o l'ente nella sua univocità. Purtroppo non sempre ad un chiaro pensiero corrisponde una comunica-
zione chiara di tale pensiero e la discrasia si accentua nel momento in cui per la comunicazione è ne-
scritte1,
cessario servirsi solo di frasi così come accade per i messaggi che si possono trovare in un
(*) Indirizzo degli autori: Alba Iacomella: Centro di Formazione Scientifica, Maglie (Le); Angiola Letizia:
Dipartimento di Matematica dell'Università di Lecce; Carlo Marchini: Dipartimento di Matematica del-
l'Università di Parma.
1 L'uso di messaggi solo scritti ha una sua motivazione culturale ed epistemologica su cui val la
pena di soffermarsi. In uno dei testi antichi più famosi, gli Elementi di Euclide, il messaggio scritto di
per sé non è sufficiente e viene integrato dal disegno per ottenere comprensibilità. Il ricorso alla figura
come topos culturale, si pratica addirittura anche quando di figure non vi è traccia, come nel sillogismo
aristotelico (cf. Mugnai, 1990). Questo uso dell'immagine si protrae fino al XIX secolo. Un mutamento
di rotta è dato da K.G. Von Staudt con Geometrie der Lage, testo pubblicato nel 1847, in cui non è
presente alcuna figura. In questa direzione si muovono anche due opere fondamentali per la cultura
del secolo XX, il testo di B.L. van der Waerden, Moderne Algebra del 1931/32 e la enciclopedia di N.
Bourbaki, Eléments de Mathématique, la cui pubblicazione è iniziata nel 1939, entrambi assai parchi
Convegno Nazionale “L’insegnamento della matematica nel quadro delle riforme” 46
Santa Cesarea (LE) 28 set. 2 ott. 2003
Linguaggio dell’insegnamento e linguaggio A. IACOMELLA - A. LETIZIA - C. MARCHINI
dell’apprendimento: due mondi a confronto in ambito matematico
disciplinare2:
libro di testo o in proposte di certe prove di verifica ciò, malgrado che da parte
dell’insegnante sia da ricercare chiarezza di emissione, condizione importante per fare in modo che il
1983)3.
messaggio giunga il meno disturbato possibile al ricevente (cfr. Arzarello,
Paradossalmente è proprio in ambito matematico che più si evidenzia una non sufficiente atten-
zione alle problematiche alle quali ci stiamo riferendo; basti pensare che per comunicare un fatto o
esplicitare il significato di un termine, in ambito matematico si usano, in ultima analisi, testi scritti (teo-
remi, definizioni..) in cui, oltre a simboli e termini, si fa largo uso di parole come «fra», «due», «con»,
«un», «sia», «siano», «sia dato», «dove»…, ma anche a parole come «diciamo», «chiamiamo», «di-
mostriamo», «proviamo»…, parole per il cui significato vi è un tacito rinvio all’uso comune nel quale
peraltro non sempre si ritrovano i significati con cui tali parole vengono usate in ambiti matematici. Si
finisce così con l’utilizzare una sorta di linguaggio ibrido, un italiano per la Matematica, cui ci piace ri-
ferirci dicendo “Italmat”, che risulta spesso sincopato grazie al vezzo generalizzato di lasciare
all’interpretazione del lettore sottintesi di varia natura. Però, fra i pericoli che possono minare un per-
corso didattico e in cui può incappare uno studente, non sono pochi quelli la cui causa può ritrovarsi
proprio nell’uso diffuso di un tal tipo di linguaggio di cui noi in un certo senso misureremo la distanza
da quello che risponda ad esigenza di essenzialità non ambigua (cfr. Iacomella, Letizia, Marchini,
1997).4
di figure. L'impostazione bourbakista-strutturalista è quella che oggi influenza il maggior numero di
manuali per l'Università e quindi ha conseguenze dirette e indirette sull'insegnamento. Per dare una
rappresentazione grafica di alcuni contenuti matematici, si sono ripresi diagrammi che Eulero aveva
utilizzato per rappresentare i sillogismi, utilizzati poi da Gergonne e da Venn, sempre per finalità logi-
che. 2 A nostro avviso e al di là di altri fattori che si potrebbero certamente considerare, nella diffu-
sione sempre più massiccia di una tale convinzione gioca un ruolo importante tutta la forza
dell’odierno vissuto quotidiano nel cui ambito le molteplici, moderne ed interagenti tecniche di comuni-
cazione (trasmissioni di immagini insieme a messaggi scritti, integrazione con messaggi telefonici di
messaggi inviati per fax, ecc.) fanno sì che il “sottinteso”, anche nel messaggio scritto, sia il più delle
volte effettivamente esplicato mediante l'interazione di linguaggi diversi.
3 Va comunque sottolineato che alla luce dei risultati limitativi della Logica matematica del seco-
lo XX, ci sono fatti che risultano incomunicabili, o meglio inesprimibili col linguaggio d'uso ed anche
con linguaggi più raffinati.
4Chiarezza intesa soprattutto come perfetto adeguamento del messaggio scritto al fatto o ente
matematico che si intende descrivere col messaggio. Naturalmente pensare ad un tal tipo di chiarezza
nasconde in particolare una precisa presa di posizione di sapore filosofico nei riguardi del problema
degli universali e della dialettica intensione-estensione. Il privilegio, oggi comunemente accordato agli
aspetti estensionali comporta un atteggiamento ben preciso che fa tradurre certe proposizioni in cui il
soggetto è un universale (in senso filosofico) utilizzando il quantificatore logico-linguistico universale.
Così l'affermazione «Il lupo ulula» viene "tradotta" in «Ogni lupo ulula» che si presta, volendo, ad una
più immediata trascrizione simbolica. Comunque sempre particolare attenzione va riservata all'uso
dell'articolo determinativo: esso si presta ad analisi raffinate, si veda ad esempio Russell, 1905; ad
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Linguaggio dell’insegnamento e linguaggio A. IACOMELLA - A. LETIZIA - C. MARCHINI
dell’apprendimento: due mondi a confronto in ambito matematico
Queste sono insidie su cui in genere non si pone sufficiente attenzione didattica e della cui
valenza un docente capace di guardare ai propri allievi può rendersi conto quando, nei casi di falli-
mento, la reazione dell’allievo è del tipo “ non avevo visto giusto” , “dovevo vedere così e non co-
sì”,….Tali espressioni denunciano come lo studente riferisca l’insuccesso non ad un oggettivo ostaco-
lo frapposto tra lui e la comprensione ma ad una sorta di autoinganno, cosa che alla lunga si risolve
in una esperienza frustrante e demolitrice dell’ autostima. Le implicazioni negative di tutto ciò sul piano
cognitivo diventano particolarmente pesanti man mano che si va verso livelli scolastici alti e si mettono
in campo risultati matematici per la cui comunicazione è d’obbligo un linguaggio sempre più formaliz-
zato. Sicuramente la formalizzazione è un passo indispensabile per la gestione di questioni matemati-
che permettendo, per la sua stessa natura, una verifica della correttezza delle scritture ed una forma
di economia del pensiero; anche perché la “traduzione" di idee o concezioni intuitive spesso avviene
formalizzando aspetti diversi, come messo bene in luce da Mac Lane, 1986. Ma la padronanza del li-
vello formale richiede che lo studente abbia già operato per , nel senso di Sfard, 1991. Se
REIFICAZIONE
questo stadio di apprendimento non si è realizzato, il linguaggio formale può essere al più appreso a
memoria, una sorta di catechismo, non intervenendo così fattivamente nella costruzione della cono-
scenza cf. Vygotskij, 1992. Allo stesso autore ci si può ricondurre, come suggerito da Boero Boero,
Garuti, Pedemonte, Robotti, 2001, per evidenziare come l’attitudine alla formalizzazione possa assu-
mere quell’aspetto sistematico proprio dei concetti scientifici.
Noi guarderemo alla formalizzazione come a momento didattico e strumento di comunicazio-
ne, e cercheremo di far emergere il carattere di scientificità della nostra proposta di analisi della co-
municazione5 mostrando fra l’altro come le parti più frequentemente sottintese o malamente esplicita-
te in certe frasi scritte sono quelle che permettono di descrivere in modo preciso proprio alcune di
quelle questioni disciplinari, fra le più delicate, che nascono come risultati di certe operazioni mentali.
Le idee esposte sono il filo conduttore del nostro lavoro di ricerca che guarda in particolare al
momento didattico che ci piace chiamare pre-dimostrativo e al momento didattico che diremo definito-
rio; così, fra l’altro, si potrà valutare come non sia pensabile concentrare tutti gli sforzi didattici sul
momento dimostrativo, che può instaurarsi solo se preceduto dalla conquista di ciò che si vuol