Alla fine del 1800 ricomparve un suo palinsesto (Codice C) poi nuovamente scomparso per riapparire alla fine dello scorso secolo e ribattezzato da Netz e Noel nel loro libro : "Il Codice perduto di Archimede".
Sembra che Archimede non solo anticipasse, con il metodo di esaustione, il calcolo infinitesimale di Newton e Leibnitz, ma che anche anticipasse concetti della teoria degli insiemi (la corrispondenza biunivoca degli elementi e l'infinito in atto di Cantor) e, nello Stomachion, il calcolo combinatorio.
Resta da comprendere perché gli studi e gli eccezionali risultati ottenuti da Archimede ebbero qualche successo solo con gli scienziati e gli ingegneri alessandrini (Ctesibio, Erone, ecc.), ma in generale non ebbero seguito né nel mondo romano, né nel medio evo né nel rinascimento italiano (la matematica di Leonardo da Vinci era molto inferiore a quella di Archimede).
Alla fine dello scorso secolo per il collegamento tra la Calabria e la Sicilia fu proposto un progetto denominato "Il ponte di Archimede". Si trattava di tre grossi tubi (due per le auto e uno per i treni) da ancorare sul fondo del mare in modo da collegare la Calabria con la Sicilia: la soluzione sarebbe stata meno rischiosa e a minor impatto ambientale del ponte sullo stretto e meno costosa di un passaggio subalveo del tipo dell'Eurotunnel sotto la Manica.
Il canale che collega in Scozia Glasgow ad Edinburgo per superare vari dislivelli funzionava, come molti altri canali, con una serie di chiuse a scala.

Gli specchi ustori, con cui si racconta Archimede tenesse a bada la flotta romana che assediava la sua città, ebbero un revaival negli ultimi anni con le ricerche (tra i pionieri l'italiano Carlo Rubbia) sul solare termodinamico. In pratica specchi parabolici concentrano i raggi solari su tubi in cui scorrono nitrati di sodio e potassio che raggiungono la temperatura di 550° C. Attraverso degli scambiatori di calore viene generato del vapore acqueo che fa funzionare le turbine per generare elettricità.
Nel 2006 in Sardegna (Olbia) fu ritrovata una ruota dentata epicicloidale appartenente ad un ingranaggio del III secolo a.C. che faceva parte, probabilmente, di una macchina per il calcolo delle posizioni dei pianeti (astrolabio). La forma arrotondata (e non triangolare) dei denti ha fatto comprendere che ad Archimede e agli ellenisti fosse nota una matematica ritenuta, in precedenza, solo moderna. Probabilmente i copisti medioevali non riproducevano quello che non capivano e questo spiegherebbe perché tanta matematica fu reinventata solo con la rivoluzione scientifica del 1600.