Concetti Chiave
- Manzoni descrive l'assalto alla casa del vicario, evidenziando il caos e la disperazione della folla affamata.
- Ferrer emerge come figura centrale, capace di calmare la folla con promesse di giustizia, mentre il vicario appare pavido e inefficace.
- Il tema della folla è esplorato, con una distinzione tra i violenti e i moderati, riflettendo le tensioni sociali del Seicento.
- Il linguaggio doppio di Ferrer, che alterna italiano e spagnolo, simboleggia l'inganno del potere sulle masse.
- Renzo evolve da osservatore passivo a partecipante attivo, prefigurando il suo ruolo crescente nei successivi capitoli.
Indice
L'assalto alla casa del vicario
Dopo aver visto la folla protagonista dell’assalto ai forni, nel capitolo XIII Manzoni descrive l’assalto alla casa del vicario di provvisione, colui che è incaricato di gestire le scorte di grano del ducato: già nelle ultime righe del capitolo precedente la turba si move verso la casa del povero vicario.
I servitori si affrettano a chiudere ogni porta e finestra e l’uomo attende che il funesto rumore si affievolisca, ma sempre più persone, tra cui Renzo, si radunano in strada e cercano di irrompere nell’abitazione lanciando sassi, usando pali, scalpelli, martelli, chiodi e perfino le unghie.Il ruolo di Ferrer
I soldati guidati dal comandante del castello cercano di farsi largo tra la folla per portare aiuto al vicario, ma l’unico che riesce in questo intento è il cancelliere Ferrer, il cui arrivo suscita molte e diverse sensazioni nell’animo degli assalitori: la sua promessa di imprigionare il vicario dà sollievo soprattutto ai più moderati della massa, che non sopportano la carestia tanto quanto i delitti, come il nostro Renzo. La carrozza del cancelliere si fa largo tra la folla rassicurando i rivoltosi, ormai suoi ammiratori, e allo stesso tempo esortando il cocchiere Pedro ad andare più veloce per raggiungere finalmente quella casa e uscire dal tumulto: arrivato nella piazzetta, entra nella dimora del vicario, la cui porta è stata quasi scardinata. Una volta incontrato il poverino, i due uomini salgono sulla carrozza e mentre una parte della folla impreca, l’altra applaude ancora Ferrer e gli libera la strada: quando ormai il cancelliere è uscito dalla calca, arrivano i soldati di porta Giovia, un soccorso di Pisa, ovvero un aiuto che arriva quando è inutile. A causa del gran spavento, il vicario, uomo di poco coraggio, vuole rassegnare le sue dimissioni, ma l’autore non menziona ciò che gli accade dopo essere portato al sicuro in un castello.
La folla e il potere
In questo episodio Manzoni tratta il tema della folla e aggiunge delle ulteriori descrizioni. Nei tumulti popolari individua due categorie di uomini: coloro che, per un’inclinazione naturale alla violenza o per una convinzione folle, si adoperano affinché si compiano i più spietati delitti, vogliono prolungare il più possibile i tumulti, soffiando nel fuoco che principia a illanguidire; la presenza di questi è bilanciata dai più moderati, uomini che con pari ardore provano a far ragionare i più violenti. Traspare una tendenza ad estremizzare la propria opinione in venerazione o odio, in quanto le parole più utilizzate sono viva o moia e i componenti di ogni parte sono due anime nemiche che si contendono coloro che non hanno ancora preso posizione, combattono per entrare in quel corpaccio e farlo movere, poiché quelli sono la maggioranza delle persone presenti. L’apparizione di Ferrer dà modo ai partigiani della pace, che elogiano il suo provvedimento per abbassare il prezzo del pane, di prevalere: a questo punto emerge inevitabilmente il tema del potere, utilizzato anche in questo caso come strumento di inganno verso i più umili. Il cancelliere infatti utilizza un doppio linguaggio: lo spagnolo, utilizzato con il cocchiere Pedro (adelante, Pedro) e anche per riflessioni interne (por mi vida, que de gente!) è la lingua della verità, mentre le espressioni in italiano (vengo a far giustizia - Vengo per condurlo in prigione) hanno il solo scopo di blandire il popolo.
Critica alle scelte politiche
Ferrer dunque è il vero protagonista del capitolo, perché, a differenza del vicario, è determinante per l’esito dell’episodio. Il suo intervento è certamente dovuto alla carica che ricopre all’interno del Ducato di Milano: la meta sul prezzo del pane da lui stesso fissata in assenza del governatore don Gonzalo Fernandez lo fa apparire alla folla come un galantuomo e grazie a questa fama riesce a procedere tra gli assalitori, che hanno invece impedito l’accesso ai soldati di porta Giovia e lanciato delle pietre al capitano di giustizia. Il gran cancelliere ha le caratteristiche adatte per ingannare degli animi in collera, ma sicuramente non è altrettanto abile nelle questioni politiche: il suo provvedimento viene criticato dal Manzoni, secondo cui il mercato è in grado di regolarsi da sé. Anche la giunta nominata da don Gonzalo, impegnato nella guerra di Casale, emana un editto tanto dannoso quanto il precedente, dopo complimenti, preamboli, tergiversazioni per non opporsi alla volontà di Ferrer.
Preoccupazioni e conseguenze
Nelle ultime righe del capitolo XIII emerge anche la preoccupazione del cancelliere riguardo ciò che accadrà quando la notizia della rivolta giungerà alle più alte autorità del regno spagnolo: que dirà el rey nuestro señor?
I fornai a causa della meta sono costretti a infornare e sfornare senza posa e, dopo che il prezzo del pane viene rincarato dalla giunta, vengono persino accusati di nascondere la farina per i più ricchi e assaliti.
Descrizione del vicario e degli assalitori
Il Manzoni durante la narrazione si sofferma brevemente anche a descrivere il vicario, meschino, pavido e ansioso, che si rannicchia in soffitta e, puntando i piedi e stringendo i denti, cerca di tenere ferma la porta a causa del crescente muggito che si leva dalla strada: dopo essere stato tratto in salvo, l’uomo non vuole più impicciarsene ma solo abbandonare la sua carica. Tra gli assalitori viene descritto più approfonditamente il vecchio mal vissuto dalla canizie vituperosa, in antitesi con la vecchiaia decorosa di Ferrer, che vuole inchiodare il vicario alla sua porta. I soldati di porta Giovia compaiono nella parte iniziale e finale del capitolo e in entrambe si dimostrano superflui, poiché prima non sono riusciti ad aprire la folla e poi, quando finalmente creano una breccia in quell’accozzaglia, il loro intervento non è più necessario. Per riportare la vicenda alla storia dei promessi in vari momenti compare Renzo, in questa situazione volubile: inizialmente la proposta di sangue gli sembra allettante, in seguito prova orrore alle parole del vecchio mal vissuto, non sa dire cosa sia bene o male ma è subito a favore di Ferrer.
Trasformazione di Renzo
L’autore è critico riguardo alle scelte politiche del cancelliere ma riconosce la furbizia che adotta con il popolo, necessaria per salvare la vita di un uomo: il viso tutto umile, ridente e amoroso che spesso ha utilizzato al cospetto di Filippo IV riscuote grande successo nella folla.
Credo che in questo capitolo avvenga un’importante trasformazione in Renzo: da spettatore passivo dell’assalto ai forni incomincia ad esprimere le proprie opinioni fino ad improvvisarsi predicatore nel capitolo successivo, cosa che poi lo farà sembrare un criminale. Considerando invece la storia del secolo, la descrizione della folla e dei potenti permette ai lettori di entrare nella realtà del Seicento, che possono guardare con occhio critico le scelte di entrambe le parti. Come in tutto il romanzo, Manzoni crea dei dialoghi coinvolgenti e accattivanti tra i popolani e Ferrer, che a tratti risultano comici.
La folla nei capitoli successivi
La folla è protagonista anche nei capitoli XII e XIV, nei quali è ancora descritto il tumulto del giorno di San Martino: lo sfondo è sempre Milano, ma in ogni vicenda l’autore si focalizza su un luogo particolare (il forno delle Grucce, la casa del vicario), i protagonisti sono i rivoltosi, Ferrer o Renzo, che, essendo presente in tutti e tre i capitoli, collega le varie vicende.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo di Ferrer nell'assalto alla casa del vicario?
- Come viene descritta la folla durante l'assalto?
- Quali critiche fa Manzoni alle scelte politiche di Ferrer?
- Quali sono le preoccupazioni di Ferrer riguardo alla rivolta?
- In che modo Renzo si trasforma durante l'assalto?
Ferrer è determinante nell'episodio, riuscendo a calmare la folla promettendo di imprigionare il vicario, guadagnandosi così l'ammirazione dei rivoltosi e facilitando la fuga del vicario.
La folla è divisa in due categorie: i violenti che vogliono prolungare i tumulti e i moderati che cercano di ragionare. La presenza di Ferrer permette ai moderati di prevalere.
Manzoni critica Ferrer per il suo provvedimento sul prezzo del pane, ritenendo che il mercato si regoli da sé, e sottolinea l'inefficacia delle decisioni politiche prese senza considerare le conseguenze.
Ferrer è preoccupato per la reazione delle autorità spagnole una volta che la notizia della rivolta giungerà a loro, temendo le conseguenze politiche.
Renzo passa da spettatore passivo a esprimere le proprie opinioni, diventando un predicatore nel capitolo successivo, il che lo porterà a sembrare un criminale.