alan29
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Concetti Chiave

  • Nel capitolo 15 de "I Promessi Sposi", Renzo è il protagonista principale, con eventi che si svolgono all'osteria della Luna Piena e a Milano.
  • L'oste, preoccupato per i discorsi di Renzo e l'interesse delle autorità, cerca di scoprire la sua identità per evitare guai.
  • L'oste, dopo aver perquisito Renzo, si reca al palazzo di giustizia per testimoniare, ma scopre che le autorità già conoscono Renzo.
  • Renzo viene arrestato il mattino seguente da un notaio criminale e due sbirri, che lo sorprendono mentre dorme.
  • Durante l'arresto, Renzo cerca di attirare l'attenzione dei popolani e riesce a provocare un tumulto che costringe i sbirri a lasciarlo andare.

Indice

  1. Renzo e l'Osteria della Luna Piena
  2. L'Oste e le Sue Preoccupazioni
  3. Il Palazzo di Giustizia e le Grida
  4. L'Arresto di Renzo
  5. Il Notaio e la Folla
  6. La Fuga di Renzo

Renzo e l'Osteria della Luna Piena

In questo quindicesimo capitolo de “I Promessi Sposi”, Renzo ne è il protagonista principale e come luoghi principali delle vicende troviamo l’osteria della Luna Piena e la città di Milano. Osserviamo anche l’uscita di scena da parte di Renzo, che ritornerà negli ultimi capitoli del Romanzo.

L'Oste e le Sue Preoccupazioni

L’oste vede che i discorsi intrattenuti da Renzo e dagli avventori durano a lungo; quindi, si avvicina agli altri clienti pregandoli di non dare retta al giovane, mentre dice a quest’ultimo che è il momento di andare a dormire.

Renzo, riuscendo ad acquisire un po' di lucidità dall’alcool, tenta di alzarsi per raggiungere la camera e viene aiutato dall’oste a lasciare la tavola. Il giovane saluta la compagnia con gesti sconnessi e, appena arriva nella camera, vedendo il letto, manifesta in modo bizzarro il suo apprezzamento verso la locanda e verso l’oste. Questi, approfittandone della poca lucidità di Renzo, lo invita nuovamente a confessargli il suo nome per prescrivere la grida, e per fare un piacere a lui che vuole solo rispettare la legge: a questo punto il giovane si irrita, riiniziando ad invenire contro l’oste, al che quest’ultimo, per non attirare ancora l’attenzione degli avventori, si affretta a dire di star scherzando. Renzo, mostrandosi soddisfatto, cade sul letto completamente stremato. L’oste lo aiuto dopo a togliersi il farsetto, e lo “perquisisce” bene per trovare la borsa col denaro per saldare il conto, chiedendo addirittura al giovane il proprio aiuto, cosa che avviene con la pazienza da parte del locandiere. Aiuta in seguito Renzo a spogliarsi e gli rimbocca le coperte amorevolmente, augurandogli una buonanotte.

L’oste avvicina un momento il lume sul giovane addormentato, osservandolo attentamente e riflettendo in cuor suo che il giovane si è comportato con grande stupidità e che il giorno seguente ne pagherà le amare conseguenze. A quel punto si avvia ad uscire, chiudendo a chiave la porta della stanza, poi chiama la moglie ordinandogli di badare sotto all’osteria, in quanto lui sarà occupato a sbrigare una faccenda urgente. L’uomo spiega le sue preoccupazioni relative a Renzo, aggiungendo molte raccomandazioni all’ostessa riguardo il modo in cui dovrà comportarsi con gli altri avventori (quali badare che tutti saldino il conto, non contraddire nessuno e mostrare interesse per le loro ciance). Sceso in cucina con la moglie, l’oste, indossando un lungo mantello e portandosi con sé un bastone, esce dalla locanda solo dopo aver controllato ciò che stava avvenendo nel locale.

Il Palazzo di Giustizia e le Grida

Uscito in strada, l’oste rammenta fra sé la stupidità ed il comportamento del povero Renzo, accusandolo di essere un ingenuo montanaro che venendo all’osteria in presenza di uno sbirro, ha rischiato di mettere nei guai anche il locandiere stesso. L’uomo cerca di evitare una pattuglia di soldati che si aggira nelle strade, in cui sono ancora presenti gruppi di popolani chiassosi. L’oste pensa che ha voluto, sì, conoscere l’identità di Renzo, ma non certo la sua curiosità, dal momento che esistono delle gride che impongono agli osti di essere applicate e che, prevedono addirittura pene molto severe, quali ad esempio un’ammenda di trecento scudi. Al finir di questo suo soliloquio, si addentra nel palazzo di giustizia.

In questo posto è in corso un’attività frenetica, poiché gli esponenti dell’autorità pubblica cercano di prevenire eventuali disordini il giorno seguente su quanto accaduto precedentemente: si dispone quindi una sorveglianza accurata dinanzi alla casa del vicario di Provvisione, viene ordinato ai fornai di vendere il pane a buon mercato, e soprattutto si cerca di arrestare qualche popolano sospetto di essere tra i capi della sommossa, per dare l’esempio di una condanna esemplare. Il capitano della giustizia, ancora dolorante per quanto accaduto la mattina, è interessato parecchio alla questione e ha mandato in città i suoi sbirri per cercare di individuare quale caporione della rivolta. Per esempio, il sedicente Ambrogio Fusella, che va a contatto con Renzo nel momento in cui questo arringava la folla e aveva deciso di approfittarne della ingenuità del giovane per condurlo direttamente in carcere con la scusa della locanda. Il poliziotto è riuscito lo stesso a riferire il nome di Renzo, e così, quando l’oste va a rendere la sua testimonianza a un notaio criminale, questi ne sa già quanto lui. L’oste rimane tuttavia sorpreso del fatto che la giustizia ne sia già a conoscenza del suo avventore, al che il notaio lo accusa di non professare tutta la verità: egli gli rammenta che Renzo ha condotto nella sua osteria del pane rubato durante i saccheggi e che ha proferito parole ingiuriose nelle grida e nel governatore. L’oste ribatte che il suo interesse riguarda solo mandare avanti il locale e non ha il tempo di badare a tutte le chiacchere degli avventori; quindi, il notaio gli chiede altre informazioni su Renzo, al che l’uomo riferisce apertamente che il giovane sta dormendo; il magistrato allora, gli ordina di non farlo scappare, cosa che irrita molto il locandiere (che non risponde né sì, né no), e, dopo alcune raccomandazioni, l’oste può finalmente far ritorno alla sua locanda.

L'Arresto di Renzo

La mattina seguente, Renzo sta ancora dormendo profondamente, quando si sente afferrare per le braccia in modo violento, e viene svegliato da qualcuno che lo chiama con il nome di “Lorenzo Tramaglino”. Apre allora gli occhi e vede di fronte al letto il notaio criminale e, al suo fianco, due sbirri armati, che lo intimano di alzarsi. Il giovane, ancora stordito per la sbornia della sera prima, tenta di chiedere spiegazioni e invoca aiuto all’oste, ma il notaio gli ordina nuovamente di vestirsi perché dovrà essere condotto dal capitano di Giustizia. Renzo prova debolmente di discolparsi, affermando di essere un galantuomo, nel mentre che inizia a vestirsi raccogliendo i panni sparsi sul letto, e chiedendo anche di essere condotto da Ferrer; in circostanze simili, il magistrato riderebbe sulla ridicola domanda del giovane, ma si affretta invece a dire che la sua richiesta sarà esaudita. Il notaio ha visto infatti dei movimenti sospetti nelle strade, quali il radunarsi di gruppi di persone, che lasciano presagire l’intento di nuovi tumulti; perciò, il suo intento è portar via Renzo senza indurlo a far resistenza ed evitare che possa così trovare aiuto da parte dei popolani lì presenti. Per questo il notaio fa segno agli sbirri di non far incollerire Renzo, il quale si sta vestendo con lentezza per cercare di prendere tempo e raccogliere idee nella sua mente, nel frattempo che dalla strada proviene un ronzio confuso di un popolo che si affretta a radunarsi. Il giovane si dimostra pronto a spiegare la situazione al notaio, nel quale prova una certa preoccupazione, e il magistrato gli parla con fare manierato, ammettendo che se dipendesse da lui lo lascerebbe all’istante, ma la legge gli impone di condurlo al palazzo di giustizia (dove, una volta lì, le formalità saranno sbrigate e Renzo tornerà in libertà). Il giovane allora domanda se passeranno per la piazza del duomo, dove aveva preso appuntamento con altri popolani il giorno prima, e il notaio risponde che percorreranno la via più breve.

Il Notaio e la Folla

Il notaio maledice la sua sfortuna giacché, in circostanze più favorevoli, egli ne approfitterebbe dell’ingenuità del giovane per condurre Renzo ad azioni compromettenti, mentre la delicata situazione in cui si trova gli impone di agire in fretta. Egli, infatti, udisce in strada un gran chiasso, ed affacciandosi, nota un gruppo di popolani che fanno beffa delle azioni dei soldati, segno evidente che la giornata presenterà disordini. Per un attimo, il notaio tenta di lasciare Renzo con gli sbirri per andare a riferire al capitano di Giustizia i disordini in strada, ma abbandona subito l’idea per non apparire come incapace. Renzo si è finalmente vestito e, tastando il farsetto che tiene in mano, si accorge che gli è stato trafugato del denaro e soprattutto, la lettera consegnatosi da Padre Cristoforo, che subito reclama a voca alta dinanzi al notaio: questi tenta di comunicargli che riavrà tutto dopo gli eventuali chiarimenti, ma il giovane insiste e per evitare altri guai il magistrato gli restituisce tutto, al che, per finire, Renzo fa osservazioni riguardo le cattive abitudini e del fatto che gli sbirri hanno preso dai ladri. Il notaio fa cenno poi di non reagire, promettendosi che Renzo pagherà amaramente la sua insolenza.

Il giovane indossa il farsetto e il cappello, e il notaio ordina quindi a uno dei birri di precederlo per le scale, avviandosi dopo a seguirlo. Una volta arrivati in cucina, intanto che Renzo prova ingenuamente a cercare l’oste, i birri obbediscono al notaio e mettono dei “manichini” ai polsi del giovane (due cordicelle con noi che avvolgono i polsi dell’eventuale prigioniero). Renzo comincia allora a protestare col notaio, il quale si affretta ad affermare che si tratti di pura formalità e che è necessario agire in questo modo, invitando il giovane a mostrare pazienza e raccomandandogli, una volta in strada, di camminare dritto senza guardar in giro, al fine di evitare di mostrare di essere stato arrestato. Ai birri ordina invece di trattare Renzo con rispetto, dal momento che ha capito che si tratti di un giovane perbene che presto tornerà libero. Ovviamente il giovane ha chiaramente capito che il notaio teme che lui possa trovare aiuto in strada dai popolani e cercare di liberarsi, cosa per cui ignora totalmente la parole del magistrato e si promette di far tutto il contrario di quanto raccomandatogli. Terminando, l’autore aggiunge delle osservazioni ironiche sul fatto che i furbi di professione, nei momenti di fretta non sono in grado di usare tutta l’astuzia di cui sono capaci, e finiscono perciò per fare una figura ridicola e meschina.

La Fuga di Renzo

Appena i quattro escono dalla locanda, accedendo dunque sulla strada principale, Renzo inizia a voltarsi da una parte all’altra, in cerca di aiuto della folla: purtroppo non ci sono disordini in atto e molti passanti passano davanti senza rivolgere attenzione, mentre il notaio fa nuovamente presente a Renzo di non dare nell’occhio. Ad un tratto il giovane vede arrivare dei popolani che discutono di farina nascosta, di forni, di giustizia, perciò inizia a tossire in modo insistente per cercar di attirare l’attenzione: i tre si fermano e si uniscono a loro altri passanti, e il notaio dice, questa volta con fare serio, di non farsi notare, benché il giovane faccia l’esatto contrario. I birri intanto hanno dato una leggera stretta ai “manichini” e Renzo urla di dolore, riuscendo ad attirare una notevole folla che circonda il gruppo con fare minaccioso: il notaio cerca di giustificarsi ammettendo che si tratta di un ladro colto sul fatto, ma Renzo, osservando i birri impallidire, coglie al volo l’occasione gridando che sta per essere portato in prigione in quanto il giorno prima ha urlato “pane e giustizia”, cercando in tutti i modi l’aiuto dei popolani. Dapprima i poliziotti chiedono alla folla di farli passare, poi però, in vista della situazione che si stava aggravando, lasciano andare i “manichini” e cercano di allontanarsi, così come il notaio, che, siccome indossa una cappa nera, gli viene difficile passare inosservato. Cerca dunque di fingere indifferenza e sottrarsi alla calca, finché un popolano lo appella come un “corvaccio” e aizza la folla contro di lui, anche se il magistrato riesce ad evitare il linciaggio.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo dell'osteria della Luna Piena nel capitolo quindicesimo de "I Promessi Sposi"?
  2. L'osteria della Luna Piena è il luogo principale dove si svolgono le vicende di Renzo, che interagisce con l'oste e gli avventori, e dove si manifestano le sue difficoltà legate all'ubriachezza e alla legge.

  3. Come reagisce l'oste alle azioni di Renzo?
  4. L'oste è preoccupato per il comportamento di Renzo e cerca di gestire la situazione con cautela, cercando di evitare problemi legali e mantenere l'ordine nell'osteria.

  5. Quali sono le preoccupazioni del Palazzo di Giustizia riguardo a Renzo?
  6. Il Palazzo di Giustizia è impegnato a prevenire disordini e cerca di arrestare sospetti di sommossa, tra cui Renzo, per dare un esempio di condanna esemplare.

  7. In che modo Renzo viene arrestato e quali sono le sue reazioni?
  8. Renzo viene arrestato mentre dorme, svegliato da un notaio criminale e due sbirri. Nonostante sia stordito, cerca di discolparsi e chiede spiegazioni, ma viene condotto via con la forza.

  9. Come riesce Renzo a fuggire dalla custodia degli sbirri?
  10. Renzo attira l'attenzione della folla gridando e lamentandosi, provocando una reazione che costringe gli sbirri a lasciarlo andare, permettendogli di fuggire.

Domande e risposte

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