Concetti Chiave
- Nel capitolo 14, Renzo attira l'attenzione di un poliziotto dopo aver arringato la folla in tumulto, conducendolo all'osteria della Luna Piena dove si ubriaca.
- Renzo critica i soprusi dei signori milanesi, suggerendo di rivolgersi a Ferrer per ottenere giustizia, ma attira sospetti e si mette nei guai.
- Durante una discussione all'osteria, Renzo, sotto l'effetto dell'alcol, rivela la sua identità al poliziotto travestito, che lo accompagna con l'intento di arrestarlo.
- La critica di Renzo alle leggi e alle gride viene accolta con ilarità dagli avventori, mentre il poliziotto cerca di ottenere informazioni su di lui.
- Renzo diventa oggetto di scherno per gli avventori mentre l'alcol lo confonde ulteriormente, ma fortunatamente non menziona mai Lucia.
Indice
Renzo e la folla in tumulto
Nel capitolo quattordici de “I Promessi Sposi”, la trama, ambientata l’11 novembre 1628, vede Renzo che arringa con un discorso la folla in tumulto, riuscendo, a sua sfortuna, ad attirare l’attenzione di un poliziotto, il che lo conduce all’osteria della Luna Piena, dove il giovane si ubriaca finendo per rivelare la propria identità.
Ritornando alle ultime righe del capitolo scorso, la folla in tumulto inizia a disperdersi e molti fanno anche ritorno alle proprie case, mentre un gruppo di facinorosi più violenti, avanzati dall’insoddisfazione verso la rivolta senza spargimento di sangue, si trattiene nei pressi della casa del vicario di Provvisione per riuscire ancora a fare qualcosa, nonostante alcuni soldati spagnoli prendano posizioni in quelle zone facendo finta di nulla.
Intorno, le strade sono ancora piene di popolani che si formano spontaneamente e che sembrano tutti avere qualcosa da dire: alcuni sono contenti dell’esito della giornata, lodando il comportamento di Ferrer, mentre altri osservano come il gran cancelliere si sia preso gioco dei rivoltosi ed al vicario non accadrà nulla. Nel frattempo, il sole sta tramontando ed i popolani iniziano ad allontanarsi.Renzo e il discorso sul pane
Renzo, frattanto, si allontana dalla calca ed inizia a sentire il bisogno di sfamarsi e riposare, ancora agitato per le molte emozioni durante la giornata. È in cerca di un’osteria dove alloggiare, dal momento che è troppo tardi per far ritorno in convento, quando si imbatte in un gruppetto di popolani intenti a discutere, e, ancora eccitato da ciò che ha visto in precedenza, decide di partecipare anche lui alla conversazione dicendo la sua opinione.
Comincia allora a dire che, secondo lui, la faccenda del pane non è la sola che meriti l’attenzione del popolo, giacché ci sono anche dei tiranni che opprimono la povera gente ed esercitano contro di essi autentici soprusi: egli è infatti certo che a Milano esistano dei signori prepotenti, ed una voce glielo conferma prontamente. Renzo aggiunge che le gride sono stampate in bella evidenza, ma non vengono applicate e non viene nemmeno fatta giustizia ai poveri, in quanto c’è una “lega di birboni” che si proteggono l’uno con l’altro. Il giovane propone addirittura di recarsi tutti il giorno dopo da Ferrer per fargli sapere come stanno realmente le cose ed invocare il suo aiuto, perché si è dimostrato un galantuomo. A questo punto rammenta la sua triste esperienza dal dottor Azzecca-Garbugli, dove ha visto con i suoi occhi una grida firmata proprio da Ferrer in persona e che riguardava proprio un caso simile al suo, dove purtroppo non ha potuto ottenere soddisfazione. Il gran cancelliere non potrà di certo andare in giro in carrozza ad arrestare tutti i birboni, ma almeno potrà discuterne con i giudici ed i podestà per applicare la legge e dare la giusta punizione a chi sgarra, con l’aiuto dei popolani se vorranno darsi da fare. L’uditorio ha ascoltato con interesse le sue parole e molti alla fine si complimentano pure, nonostante ci siano alcuni che disapprovano.
L'incontro con il poliziotto
Renzo chiede a qualcuno della folla di indicargli un’osteria al quale trovare alloggio, al che, uno che attentamente ha ascoltato il suo discorso senza dir nulla, si fa avanti pronto a consigliarli ed accompagnarlo in una locanda. Il giovane accetta volentieri e dopo aver stretto molte mani di sconosciuti, si incammina con l’estraneo che altro non è che un poliziotto travestito, con l’intento di condurlo al palazzo di giustizia. L’uomo finge infatti di discorrere alla buona col giovane, domandandogli da dove viene e osservando che al suo paese deve aver subito molte angherie, al che Renzo afferma solo di venire dal territorio di Lecco.
L'osteria della Luna Piena
Il giovane, che non intende camminare molto, appena vede un’insegna di osteria con il simbolo della Luna Piena, decide di accostarvi ed entrare: nonostante i continui richiami da parte dell’uomo che intende condurlo altrove, Renzo non sente ragioni e si addentra nel locale, seguito dal poliziotto che non intende lasciarlo. L’uomo guida quindi Renzo all’interno dell’osteria, entrando in un ampio locale dove c’è una lunga tavola con piatti, fiaschi, carte e dadi dappertutto, nel quale molti sono intenti a giocare ad e bere, causando un gran chiasso.
L’oste, accanto al camino, si alza allora e si avvicina ad i nuovi arrivati, riconosce subito il poliziotto che gli capita sempre tra i piedi quando non lo vorrebbe affatto, è convito che Renzo sia un altro sbirro o una sua preda. Chiede quindi ai due cosa vogliono e il giovane ordina un fiasco di vino, che si accinge subito a bere dinanzi il poliziotto appena l’oste lo porta. Ordina poi dello stufato, e l’oste dichiara di non poter servirgli del pane, al che Renzo tira fuori l’ultima delle pagnotte trovate vicino alla croce S. Dionigi, mostrandola agli avventori e dicendo a voce alta che si tratta del pane della Provvidenza. Renzo afferma nuovamente di aver ricevuto quel pane gratis, ma si affretta a precisare di averlo trovato e non rubato, mettendosi anche pronto a pagarlo al proprietario qualora lo incontrasse. Spiega poi al poliziotto che ha davvero trovato quel pane, che inizia subito a mangiarlo con del vino, nel mentre che lo sbirro conferma all’oste che il giovane ha l’intenzione di passare quella notte nella locanda. L’oste si avvicina con un foglio in mano chiedendo a Renzo nome, cognome e città di provenienza, così come raccomanda agli osti di dare ricovero al forestiero nella loro locanda.
Il giovane però non intende dire all’oste il proprio nome, e così, bevendo un altro bicchiere di vino, impreca contro le gride e leggi scritte: l’oste va quindi a prendere un esemplare della grida di cui gli ha parlato e gliela mostra al giovane, che nonostante continua a dire frasi irriguardose. Renzo aggiunge poi che quella grida non è di certo in grado di aiutarlo ad avere giustizia, e perciò non intende confessare le sue informazioni se non sia un frate. L’oste, che non sa come comportarsi, chiede aiuto allo sbirro, il quale gli suggerisce di non insistere, ormai che Renzo ha attirato l’attenzione di tutti gli avventori. Si allontana allora con il fiasco vuoto consegnato dal giovane, imprecando tra sé e sé l’ingenuità di quel giovane finito nelle mani della giustizia, che sta peggiorando senza nemmeno rendersene conto. Renzo ritorna a predicare contro l’abitudine dei potenti di usare sempre la parola scritta, suscitando la battuta di un avventore, e nel frattempo tutti ridono quando il giovane osserva che chi ha parlato (riferendosi all’oste) è un poeta, cioè un cervello balzano, che usa la parola scritta come inganno per esercitare soprusi contro i più deboli.
Renzo e l'ubriachezza
Il poliziotto si trattiene ancora in compagnia del giovane, ricominciando ad un tratto di proposito il discorso del pane a buon mercato, affermando di avere un progetto grazie al quale sarebbe possibile assecondare il prezzo del pane. Renzo ascolta attentamente, anche se la sua mente è annebbiata dall’alcool, e dice che si dovrebbe imporre un prezzo massimo che vada bene per tutti, badando a distribuire al pane a seconda delle necessità. Per far sì di ciò, bisognerebbe dare a ciascuno un biglietto con scritto nome, professione e numero di persone da sfamare, in modo da poter comprare pane in proporzione. Lo sbirro, a tal punto, chiede a Renzo cosa ci sarebbe scritto sul suo di biglietto, al che giovane, ingenuamente e preso dall’alcool, dice di chiamarsi Lorenzo Tramaglino, non ancora sposato e senza figli. L’uomo sembra allora soddisfatto e si affretta ad allontanarsi dicendo che la sua famiglia lo stia aspettando.
Il giovane tenta invano di trattenere il poliziotto e fargli bere un altro bicchiere, ma l’uomo si libera di lui e si accinge ad uscire in strada. Renzo fissa il bicchiere che ha riempito, e dopo aver esclamato delle frasi sconclusionate, lo svuota d’un fiato. Qui l’autore afferma che sarà necessario un grande amore per la verità a proseguire nel racconto in cui il protagonista non farà di certo un grande figura, anche se va ricordato che Renzo non è avvezzo a bere, e che quei pochi bicchieri sono stati sufficienti a dargli alla testa. Il giovane tenta ancora di parlare al suo uditorio, ma alcool lo annebbia totalmente e formulare delle frasi diventa per lui sempre più difficile, abbandonandosi poi ad un discorso confuso, in cui accusa l’oste di avergli voluto estorcere il nome per scriverlo sul foglio, ricordando che sono i popolani a venire nella sua locanda, non certo i signori come Ferrer. Renzo rievoca, in modo sempre più confuso, gli eventi della giornata, accennandosi volutamente ricordando il suono delle campane nella “notte degli imbrogli”. Così facendo, diventa lo zimbello degli avventori, che fanno a gara a prenderlo in giro e stuzzicandolo con domande canzonatorie. Per buona sorte, osserva l’autore, Renzo non fa mai il nome di Lucia, in quanto sarebbe un peccato vederlo diventare oggetto di burla da parte di tutti.
Domande da interrogazione
- Qual è il contesto storico e l'ambientazione del capitolo quattordici de "I Promessi Sposi"?
- Qual è il tema principale del discorso di Renzo alla folla?
- Come Renzo finisce per rivelare la sua identità?
- Qual è il ruolo del poliziotto travestito nella vicenda?
- Come viene descritto lo stato di ubriachezza di Renzo e le sue conseguenze?
Il capitolo è ambientato l'11 novembre 1628, durante un tumulto popolare a Milano, dove Renzo si trova coinvolto in una rivolta contro le ingiustizie sociali.
Renzo parla delle ingiustizie sociali, criticando i tiranni che opprimono il popolo e la mancanza di applicazione delle leggi, proponendo di rivolgersi a Ferrer per ottenere giustizia.
Renzo, ubriaco, rivela ingenuamente il suo nome al poliziotto travestito, Lorenzo Tramaglino, mentre discute di un sistema per regolare il prezzo del pane.
Il poliziotto travestito inganna Renzo facendogli credere di essere un amico, ma in realtà lo conduce verso il palazzo di giustizia.
Renzo, non abituato a bere, si ubriaca rapidamente, diventando confuso e incoerente nei discorsi, attirando l'attenzione e le prese in giro degli avventori dell'osteria.