Concetti Chiave
- Lucrezio invoca Venere come collaboratrice per ottenere grazia eterna nel suo poema e per concludere le guerre.
- Venere e Marte rappresentano rispettivamente la pace e la guerra, con Venere che cerca di ottenere pace per i Romani.
- La scrittura è descritta con termini che evocano la fatica fisica, suggerendo il lavoro intenso dietro l'opera.
- La raffigurazione di Venere e Marte è vivida e dinamica, come una scultura che prende vita.
- Lucrezio esorta Memmio ad ascoltare senza pregiudizi e ad apprendere la dottrina della verità.
Dal verso 21 inizia l'invocazione ad una Venere collaboratrice del poeta nella stesura dell’opera. Lucrezio chiede alla dea di concedere eterna grazia al suo canto e di fare in modo che finiscano le guerre; infatti Venere è simbolo di pace in contrapposizione al suo amante Marte, dio della guerra. Solo quando Venere avrà ottenuto da Marte la pace per i romani il destinatario Memmio potrà godere della lezione di sapienza offerta dal poema. Usa pangere e non scribere, che deriva da pingere, per indicare lo spingere dello stilo nella cera durante la scrittura. Conor allude alla fatica. La raffigurazione di Venere e Marte è plastica, quasi fosse la descrizione di un gruppo marmoreo in movimento. Il dio rapito dalla passione è statico davanti alla dea.
I versi dal 44 al 49 non ci sono pervenuti, o tolti dallo stesso Lucrezio, o perduti. Forse vi aveva annunciato l’argomentazione del suo poema, quindi che voleva parlare dell’essenza del cielo e delle divinità e aveva illustrato la teoria materialista. Dal verso 50 al 61 si rivolge a Memmio e lo estorta a prestare orecchio libero alla dottrina della verità, quindi ad essere sagace, sciolto da ogni preoccupazione, di pensare solo alla dottrina che presenta.