Concetti Chiave
- Lucrezio, figura enigmatica della letteratura latina, visse durante le guerre civili ma evitò di includere eventi storici nelle sue opere, dedicandosi completamente alla filosofia epicurea.
- Nonostante la sua opera "De rerum natura" non abbia subito una revisione finale, rappresenta una sintesi dettagliata della filosofia epicurea, esplorando temi di fisica, anima, e fenomeni naturali.
- Lucrezio seguiva i principi epicurei che miravano a liberare l'umanità dalle paure, promovendo un'esistenza serena e felice, definita atarassia, attraverso la comprensione della natura e dell'universo.
- L'epicureismo, sebbene inizialmente accolto con diffidenza a Roma, divenne popolare tra l'aristocrazia, pur restando una filosofia controversa a causa delle sue critiche alle credenze religiose tradizionali.
- Il poema di Lucrezio conclude con un parallelo tra la creazione della vita e la distruzione tramite la peste di Atene, riflettendo il ciclo perpetuo di creazione e distruzione della natura.
Lucrezio
Lucrezio è per noi poco più di un’ombra e, forse, la figura più misteriosa di tutta la letteratura latina. Egli visse durante la terribile epoca delle guerre civili; eppure, quasi nulla di questi eventi tragici è stato riportato nelle sue opere. L’unico accenno che egli fa alla sua realtà storica si trova nella sua opera, il De rerum natura, dove parla di “ un’epoca ingiusta per la sua patria.”.
Lucrezio, seguendo i principi dell’epicureismo, che predicava un’esistenza appartata, si isolò totalmente dalla realtà del suo tempo per dedicarsi interamente alla filosofia, la sola via, a suo parere, mediante la quale tutta l’umanità può accedere alla totale conoscenza della natura.
Roma infatti è praticamente assente dai suoi versi; a parte alcuni accenni ai grandi personaggi del passato, come Scipione, gli unici riferimenti sono rivolti all’uso romano di coprirsi il capo mentre si prega e a pochissimi altri dettagli della cultura romana.
Come Lucrezio tace su Roma, così Roma tace sullo stesso Lucrezio. Infatti abbiamo pochissime informazioni su di lui: sappiamo che il suo praenomen era Tito e che il cognomen era Caro. Inoltre, l’unico riferimento dei contemporanei si trova in una lettera di Cicerone al fratello Quinto, in cui il primo esaltava un poema di Lucrezio. Allora il poeta era morto da poco.
Altre notizie si ricavano dal Chronicon di San Girolamo, il quale riferisce che Tito Lucrezio nacque nel 94 a.C, anche se la data di nascita dovrebbe essere spostata a poco prima. San Girolamo afferma che Lucrezio impazzì per un filtro d’amore somministratogli e, dopo aver scritto i suoi versi nei pochi momenti di lucidità, morì suicida. I suoi poemi finirono nelle mani di Cicerone, che li fece pubblicare.
La sua, insomma, fu una vita tragica e segreta; i più mettono in dubbio le informazioni riportate da Girolamo, ed è in effetti strano che una fine così tragica sia sfuggita all’attenzione di Roma. Per qualcun altro invece, non vi è alcun motivo di dubitare delle affermazioni di Girolamo. È più probabile che Girolamo, o le sue fonti, intendessero sminuire il seguace di una filosofia giudicata negativamente dal cristianesimo.
C’è poi anche chi ha creduto di individuare alcuni indizi della malattia mentale dell’autore in alcuni tratti delle sue opere.
Come ho già accennato prima, la vita schiva e misteriosa di Lucrezio venne illuminata da una grande passione: la filosofia epicurea, di cui egli divenne il cantore latino per eccellenza.
Quando infatti i Romani cominciarono a cercare maestri in Grecia, vi furono anche alcuni filosofi epicurei che aprirono delle scuole a Roma. Furono però accolti con diffidenza, a cause delle critiche sulle forme religiosi tradizionali, e suscitarono dunque sdegno.
Nonostante tutto, l’epicureismo fu infine accettato all’interno della società romana e si potrebbe anche dire che fosse diventata la ‘filosofia di moda’ presso l’ambiente dell’aristocrazia. Nessun grande personaggio di Roma praticò pubblicamente l’epicureismo, però, molti di loro, protessero molti filosofi epicurei.
Ma che cosa è “questa filosofia di moda?”
L’epicureismo – e dunque anche Lucrezio – si proponeva di liberare gli uomini dalle paure, aprendo nuovi orizzonti mentali. Quanto meno, questo era il dono che Epicuro voleva fare all’umanità intera. Per divulgare le idee di Epicuro, Lucrezio compose un poema in sei libri, per un totale di 7415 esametri, il De rerum natura (La natura delle cose ), che costituisce anche la più ampia sintesi della filosofia epicurea a noi pervenuta.
Il De rerum natura venne scritto da Lucrezio negli ultimi anni della sua vita e, malgrado l'opera non abbia avuto una revisione finale a causa della morte dell’autore, illustra una struttura sistematica, organizzato com’è in tre coppie di libri, ciascuna dedicata ad un diverso aspetto dell’epicureismo, che adesso andremo a vedere.
L’opera inizia con un meraviglioso inno alla dea Venere, che rappresenta la forza della natura generatrice, e si chiude con la descrizione di un drammatico episodio, la peste di Atene: Lucrezio canta la glorificazione della vita e l’inevitabilità della morte, in un ciclo che eternamente si rinnova.
La prima coppia di libri ( I e II) è dedicata alla fisica, in cui si discute dell’organizzazione della materia nell’universo, ovvero gli atomi, dal greco atomos “indivisibile”.
Per Lucrezio materia e spazio non hanno limiti, sono infiniti, idea che, per certi aspetti, anticipa la teoria di Einstein; gli atomi si compongono e si disgregano in un ciclo infinito, secondo un principio di deviazione spontanea che Lucrezio chiama clinamen. In questo modo, l’universo risulta un grande organismo vivente che si ordina da solo.
Come diceva Epicuro, il tutto e il nulla finiscono per confondersi in un gioco infinito in cui l’uomo può solo accettare le grandi leggi a cui ogni cosa è sottoposta. Dentro l’infinito universo esiste infatti un ente microscopico, l’essere umano, che può essere, oltre ad un provvisorio aggregato di atomi, padrone di raggiungere l’unico bene indispensabile, ovvero la felicità.
L’unica felicità che possiamo conseguire è l’atarassia, il non farsi turbare, dalle passioni e dalle paura.
La seconda coppia di ilbri (III e IV) tratta dell’essere umano e ciò che lo caratterizza e lo rende unico, ovvero l’anima. L’anima però non è immortale, poiché, essendo anche essa fatta di atomi si disgrega e si ricompone in forme nuove.
Ne consegue che temere la morte e le punizioni dell’oltretomba è pura follia, come pure voler prolungare la vita all’infinito immaginando un aldilà. La vita quindi è solo qui e ora.
Nel IV libro, Lucrezio illustra il processo della conoscenza; dai corpi si staccano sottilissime membrane costituite da atomi, chiamate simulacra, che, conservando le sembianze dei corpi da cui si sono staccate, raggiungono gli organi di senso. In questa maniera, Lucrezio spiega come gli esseri viventi riescano a comprendere ciò che ci circonda.
Nell’ultima coppia di libri ( V e VI ) si tratta dell’origine del mondo in cui viviamo, dei fenomeni naturali e dell’evoluzione dell’umanità. Tutto ciò avviene in un contesto neutro: gli dei infatti esistono di certo, ma non si preoccupano del mondo, non l’hanno creato né tanto meno l’hanno fatto per l’uomo. Essi vivono in uno spazio siderale, chiamato intermundia, indifferenti a tutto e autosufficienti.
Secondo questa dottrina, che come tutte le altre si basa sul pensiero epicureo, l’uomo non è al centro, ma una semplice creatura come tutte le altre. “ Noi uomini” diceva Platone “siamo come rane che gracidano attorno ad uno stagno”.
Sulla terra un giorno ebbe inizio la vita e Lucrezio ebbe un’altra straordinaria intuizione, che anticipa qualche aspetto delle idee di Darwin. Alcune specie, come afferma il poeta in alcuni versi di fondamentale importanza, si adattarono all’ambiente, i leoni con la forza, le volpi con l’astuzia etc.. ; altre invece si estinsero, sovrastati dai più forti.
Segue un quadro antropologico sulle origini del genere umano e sullo sviluppo della civiltà; la vita delle primitive società umane, sotto la spinta delle necessità materiali e, talvolta, del caso.
Il libro VI infine è del tutto dedicato ai fenomeni naturali e si chiude con il drammatico episodio della peste ad Atene. Il fatto che Lucrezio termini il suo poema in questa maniera e che lo faccia tessendo una sorta di legame con l’inizio è molto suggestivo: “tutto si crea, tutto si distrugge. Venere fa nascere la vita, una pestilenza la distrugge.”
Questa è l’esemplificazione di quello che un grande e accanito lettore di Lucrezio, Ugo Foscolo, avrebbe chiamato “ la forza operosa.”: l’uomo infatti si sforza di creare le sue città e le sue leggi, eppure ci sarà sempre qualcosa di imponderabile, che sfugge cioè al controllo umano, si manifesta e devasta tutto.
La natura è intervenuta creando la vita e, in quanto padrona assoluta di tutto, interviene per distruggerla.
Domande da interrogazione
- Chi era Lucrezio e quale era il suo contesto storico?
- Qual è il contributo principale di Lucrezio alla filosofia epicurea?
- Quali sono i temi principali trattati nel "De rerum natura"?
- Come viene rappresentata la natura nel poema di Lucrezio?
- Qual è la visione di Lucrezio sugli dei e il loro ruolo nel mondo?
Lucrezio è considerato una figura misteriosa della letteratura latina, vissuto durante le guerre civili romane. Nonostante il contesto storico tumultuoso, le sue opere non riportano quasi nulla di questi eventi.
Lucrezio ha contribuito alla filosofia epicurea attraverso il suo poema "De rerum natura", che è una sintesi della filosofia epicurea e mira a liberare l'umanità dalle paure, promuovendo la conoscenza della natura.
Il "De rerum natura" tratta temi come la fisica degli atomi, la natura dell'anima, la conoscenza sensoriale, l'origine del mondo e l'evoluzione dell'umanità, concludendo con la descrizione della peste di Atene.
La natura è rappresentata come una forza generatrice e distruttrice, con Venere che simboleggia la nascita della vita e la peste che rappresenta la sua distruzione, in un ciclo eterno di creazione e distruzione.
Lucrezio sostiene che gli dei esistono ma sono indifferenti al mondo umano, vivendo in uno spazio chiamato intermundia, senza preoccuparsi della creazione o del destino dell'umanità.