Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • Lucrezio, nel quinto libro di "De rerum natura", critica la natura per la sua ostilità verso l'uomo, paragonandolo a un naufrago alla nascita.
  • Il poeta esprime un pessimismo ante litteram simile a Leopardi, contrastando i principi epicurei e sottolineando l'indifferenza della natura verso l'uomo.
  • Lucrezio descrive come la natura favorisca gli animali, che vivono in autonomia e serenità, mentre l'uomo deve lottare per la sopravvivenza.
  • Il testo esplora le difficoltà che l'umanità affronta rispetto agli animali, come la necessità di protezione e adattamento alle condizioni ambientali.
  • La natura viene rappresentata come indifferente e crudele, promuovendo la crescita di belve e malattie che affliggono l'uomo.

Indice

  1. Libro V (versi 195-236)
  2. Lucrezio - De rerum natura
  3. Testo
  4. Paradigmi

Lucrezio - De rerum natura

Libro V (versi 195-236)

Questa parte del quinto libro è importante in quanto contiene un diretto richiamo ante litteram a Leopardi. La natura, dice Lucrezio, è ostile all’uomo, infatti lo ostacola con i fenomeni naturali.
inoltre il neonato viene sbattuto sulla terra come un naufrago, incapace di parlare e bisognoso di aiuto, e quando nasce egli non fa altro che piangere per gli anni che dovrà sopportare nella vita. Al contrario, gli animali, sono in grado di autoregolarsi e di vivere tranquillamente. Questo passo è di un pessimismo leopardiano (ante litteram) ed è in contrasto con i principi della filosofia epicurea. Lucrezio, soggiogato dal fascino della natura, critica non soltanto l’indifferenza, ma anche la stolta superbia dell’uomo (richiamo alla ginestra). Il sorriso della natura, benigna per gli animali, è negato all’uomo, visto come un errore della natura.

Testo

Quod [si] (introduce un’interrogativa indiretta) iam rerum ignorem primordia quae sint,
hoc (ha valore prolettico) tamen ex ipsis caeli rationibus ausim (crasi)
confirmare aliisque ex rebus reddere multis,
nequaquam nobis divinitus esse paratam
naturam rerum: tanta stat (sta per est) praedita culpa.
(Nella parte precedente il poeta tenta di dimostrare che il mondo è stato creato per caso)
Che, se pure ignorassi quali siano i principi costituitivi delle cose, questo tuttavia dagli stessi comportamenti del cielo oserei affermare e dimostrare in base a molti altri elementi, che la natura non è stata affatto creata a nostro vantaggio per volere divino, di tanto male essa è ricolma.

Principio quantum (terrae) caeli tegit impetus ingens,
inde avidam partem montes silvaeque ferarum
possedere (forma contratta: sta per possederunt), tenent rupes vastaeque paludes
et mare, quod late terrarum distinet oras.
Inde (sta per eius) duas porro (avverbio) prope partis fervidus ardor
adsiduusque geli casus mortalibus aufert.
Per prima cosa, di quanto (spazio) la vasta distesa del cielo ricopre, di ciò grande parte (la) occuparono (occupano) i monti e le selve in cui stanno le fiere (letteralmente delle fiere) (o) la dominano le rupi, le vaste paludi e il mare, che separa con ampi spazi le rive delle terre.
Di questo, poi, circa due terzi il torrido calore e l’incessante caduta della neve lo sottrae ai mortali.

Quod superest (crasi) arvi, tamen id natura sua vi (complemento di mezzo)
sentibus obducat (protasi), ni vis humana resistat (periodo ipotetico del secondo tipo)
vitai causa valido consueta bidenti
ingemere et terram pressis proscindere aratris.
Ciò che rimane del terreno coltivabile, tuttavia la natura, con la sua forza, lo ricoprirebbe di rovi se non si opponesse lo sforzo umano, avvezzo per il bisogno della vita a faticare sul forte bidente e a scindere la terra spingendo l’aratro (letteralmente spinto l’aratro).

Si non fecundas vertentes vomere glebas
terraique solum subigentes cimus (congiuntivo) ad ortus (sostantivo).
Sponte sua nequeant liquidas existere in auras.
Et tamen interdum magno quaesita labore
cum iam per terras frondent (proposizione temporale) atque omnia florent,
aut nimiis torret fervoribus aetherius sol
aut subiti peremunt imbris gelidaeque pruinae
flabraque ventorum violento turbine vexant.
Se noi, rivoltando le zolle feconde con il vomere e dissodando il suolo della terra non costringessimo i frutti alla nascita, spontaneamente non potrebbero germogliare nelle limpide aure. E tuttavia talvolta (i frutti) ottenuti con grande fatica, quando già tutti per terra mettono le foglie e fioriscono, o l’infuocato sole li brucia con eccessive onde di calore, o le improvvise piogge e le gelide brine li annientano e le raffiche dei venti li sconvolgono con un violento turbine.

praeterea genus horriferum natura ferarum
humanae genti infestum terraque marique
cur alit atque auget? Cur anni tempora morbos
adportant? Quare mors inmatura vagatur?
Inoltre, perché la natura nutre e fa crescere sulla terra e sul mare l’orribile stirpe delle belve, nemica al genere umano? Perché le stagioni dell’anno portano malattie? Per quale motivo si aggira (intorno a noi) la morte prematura?

Tum porro puer, ut saevis proiectus ab undis
navita, nudus humi iacet infans indigus (regge l’ablativo, si tratta di un costrutto raro) omni (collegato con auxilio)
vitali (sta per ad vitam) auxilio, cum primum in luminis oras
nixibus (complemento di modo) ex alvo matris natura profudit,
vagituque locum lugubri complet, ut aequumst (crasi, sta per ecum est)
cui tantum in vita restet transire malorum (genitivo partitivo retto da tantum).
Inoltre, poi, il fanciullo, come un naufrago gettato dalle onde crudeli, giace nudo sulla terra incapace di parlare, bisognoso di ogni aiuto per la vita, non appena la natura lo gettò dal grembo della madre con sforzo sulle spiagge della luce, riempie il luogo di un disperato lamento, come è giusto per colui al quale rimane tanto male da passare nella vita.

At variae crescunt pecudes armenta feraeque
nec crepitacillis opus est (costruzione impersonale di opus est), infatti repitacillis è un ablativo) nec cuiquam adhibendast (crasi, perifrastica passiva)
almae nutricis blanda atque infracta loquella
nec varias quaerunt vestes pro tempore caeli,
denique non armis opus est (costruzione impersonale di opus est sempre con ablativo), non moenibus altis,
qui (sta per quibus) sua tutentur, quando (introduce una proposizione causale) omnibus omnia large
tellus ipsa parit naturaque daedala rerum.
Ma crescono vari animali, gli armenti e le fiere, né hanno bisogno di sonagli per bambini né qualcuno deve usare il linguaggio dolce e interrotto dell’alma nutrice, né (gli animali) cercano vestiti diversi secondo la stagione del cielo, infine non hanno bisogno di armi né di alte mura con cui proteggere i propri beni, dal momento che a tutti la terra stessa offre tutto in abbondanza e (anche) la natura, artefice delle cose.

Paradigmi

Ignoro-as-avi-atum-are
Audeo-es-ausus sum-ausum-ere
Confirmo-as-avi-atum-are
Reddo-is-reddidi-redditum-ere
Paro-as-avi-atum-are
Sto-as-avi-atum-are
Tego-is-texi-tectum-ere
Possideo-es-possedi-possessum-ere
Teneo-es-tenui-tentum-ere
Distineo-es-distinui-distentum-ere
Aufero-fers-abstuli-ablatum-ferre
Supersum-es-superfui-esse
Obduco-is-obduxi-obductum-ere
Resisto-is-restiti-ere
Consuesco-is-consuevi-consuetum-ere
Ingemo-is-ere
Proscindo-is-proscidi-proscissum-ere
Premo-is-pressi-pressum-ere
Verto-is-verti-versum-ere
Subigo-is-subegi-subactum-ere
Cio-is-civi-citum-ire
Nequeo-is-nequii-nequitum-ire
Existo-is-exstiti-ere
Quaero-is-quaesii-quaesitum-ere
Frondeo-es-frondui-ere
Floreo-es-florui-ere
Torreo-es-torrui-tostum-ere
Peremo-is-peremi-peremptum-ere
Vexo-as-avi-atum-are
Alo-is-alui-altum-ere
Augeo-es-auxi-auctum-ere
Adporto-as-avi-atum-are
Vagor-is-vagatus sum-ari
Proicio-is-proieci-proiectum-ere
Iaceo-es-iacui-ere
Profundo-is-profudi-profusum-ere
Compleo-es-complevi-completum-ere
Resto-as-restiti-are
Transeo-is-transii-transitum-ire
Cresco-is-crevi-cretum-ere
Adhibeo-es-adhibui-adhibitum-ere
Infringo-is-infregi-infractum-ere
Quaero-is-quaesii-quaesitum-ere
Tutor-aris-tutatus sum-ari
Pario-is-peperi-partum-ere.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale del passo del quinto libro di Lucrezio?
  2. Il tema principale è il pessimismo leopardiano ante litteram, dove Lucrezio descrive la natura come ostile all'uomo, contrastando con i principi epicurei.

  3. Come viene descritto il neonato nel testo di Lucrezio?
  4. Il neonato è paragonato a un naufrago, incapace di parlare e bisognoso di aiuto, piangendo per le difficoltà che dovrà affrontare nella vita.

  5. In che modo Lucrezio critica l'uomo rispetto alla natura?
  6. Lucrezio critica l'indifferenza e la superbia dell'uomo, sottolineando come la natura sia benigna per gli animali ma ostile all'uomo, considerato un errore della natura.

  7. Quali difficoltà devono affrontare gli uomini secondo Lucrezio?
  8. Gli uomini devono affrontare fenomeni naturali avversi, come il torrido calore, le improvvise piogge, le malattie e la morte prematura.

  9. Come si differenziano gli animali dagli uomini nel testo di Lucrezio?
  10. Gli animali sono in grado di autoregolarsi e vivere tranquillamente senza bisogno di protezioni o aiuti esterni, a differenza degli uomini che necessitano di strumenti e difese.

Domande e risposte