Concetti Chiave
- Il Carme LXXXV di Catullo esprime la complessità dei sentimenti di odio e amore, descritti come sensazioni pure attraverso una struttura verbale intensa.
- La poesia è composta da un distico elegiaco, con otto verbi che creano un chiasmo complesso, simboleggiando il tormento interiore del poeta.
- Il termine "excrucior" enfatizza il dolore estremo di Catullo, paragonandolo alla crocifissione, una pena riservata agli schiavi nell'antica Roma.
- Le traduzioni del carme variano, cercando di mantenere l'espressività e la metrica originale, come quelle di Giovanni Pascoli e Salvatore Quasimodo.
- Catullo trae ispirazione da esperienze personali e riferimenti culturali, come la lirica ellenistica e la lirica greca arcaica.
Odi et amo, Carme LXXXV
Con questo carme inizia ad addensarsi qualche ombra. È forse l’epigramma più celebre di tutto il Liber. È un solo distico elegiaco, quindi una coppia di versi di cui il primo è un esametro e il secondo un pentametro.
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Traduzione:
Non si può stabilire quale sia l’interpretazione più giusta. È possibile che in questo testo Catullo stia iniziando a prendere coscienza della duplice natura di Lesbia oppure dei tormenti d’amore che lei gli causa. Così scaturisce in lui un sentimento di odio e amore che viene descritto come una capacità: Catullo dice di essere in grado di amare e odiare allo stesso tempo.
In questo distico, sono presenti ben otto verbi (odi, amo, faciam, requiris, nescio, fieri, sentio, excrucior), non vi sono nomi né sostantivi. Notiamo soltanto la presenza di un pronome (id), il resto sono verbi o avverbi. Ciò significa che si tratta di una poesia di sensazioni, perché queste sono espresse dai verbi. Esse sono assolute, non attenuate né esaltate da un aggettivo: sensazioni pure. Queste sensazioni sono tutte riferite ad una persona, che è il soggetto, “io”.
(v.1) Odi → è un verbo difettivo da odi, odisse; manca di alcune forme, in modo particolare manca del sistema del presente, quindi si usa il perfetto con valore di presente.
(v.1) requiris → presente indicativo da requiro, che significa chiedere con insistenza, domandare varie volte. Alcuni filologi hanno detto che questo verbo fosse certamente riferito a Lesbia; in realtà è possibile che sia riferito a Lesbia, ma anche ad un amico che è stato vicino a Catullo nel momento della sua sofferenza, oppure potrebbe essere una sorta di dialogo del poeta con sé stesso, col suo cuore. Non si può chiaramente stabilire con certezza quale sia la risposta a questo dubbio.
L’inizio del verso 2 è sicuramente una sorta di risposta a questa domanda (Tu mi chiedi come sia possibile? Non lo so, ma sento che questo avviene)
(v.2) fieri → infinito di fio, anche usato come il passivo di facio (v.1, faciam, v.2 fieri). Cosa determina questa sensazione di amare ed odiare allo stesso tempo? Excrucior, il verbo tecnico della condanna a morte, della crocifissione. Questo verbo presenta un suono aspro e duro, prolungato e faticoso. La croce esisteva a Roma in età precristiana (periodo storico in cui visse Catullo), soltanto come condanna riservata agli schiavi. Quindi quando dicedi sentirsi in croce, intende dire che si sente ridotto al supplizio più infame, la pena più crudele di tutte, quella riservata agli schiavi.
Inoltre, la costruzione con otto verbi, è caratterizzata da una struttura chiastica molto complessa:
- Odi, amo, faciam → rappresentano un anticlimax o un climax discendente (odiare, amare, fare).
- Requiris, nescio → verbi di raccordo, servono per raccordare le due parti.
- Fieri, sentio, excrucior → climax ascendente.
Chiasmo: climax discendente + verbo di raccordo, verbo di raccordo + climax ascendente.
In questo testo, in sostanza, Catullo dice chiaramente di non essere padrone dei propri sentimenti, cioè dice che l’uomo non ha quell’anima razionale in grado di padroneggiare sempre tutte le situazioni.
Catullo non trae dal nulla questi elementi basati su sentimenti opposti, parte ovviamente dalle sue esperienze biografiche, ma esse si giovano delle ricchezze dei riferimenti culturali di Catullo:
- lirica ellenistica;
- lirica greca arcaica (Anacreonte, p.366).
Proprio per la sua fama, il carme 85 è stato tradotto numerose volte, da autorevoli poeti e non, oltre che da importanti latinisti. La difficoltà nella traduzione di questo carme è comune alla traduzione anche di altri testi poetici, a causa della forte espressività nella lingua latina e anche dell'importanza metrica.
Traduzione invece rispettosa della metrica catulliana è quella di Giovanni Pascoli, poeta e critico letterario italiano del fine Ottocento:
"L'odio e l'adoro. Perché ciò faccia, se forse mi chiedi, / io, nol so: ben so tutta pena che n'ho"
Salvatore Quasimodo, poeta italiano vissuto nella prima metà del ‘900, tenta invece di dare una traduzione più letterale e moderna rispetto a quella di Pascoli:
"Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; / non so, ma è proprio così e mi tormento"
Più recentemente, Francesco Della Corte (filologo e latinista italiano morto nel 1991) ha tradotto il distico ripristinando il significato etimologico del verbo excrucior:
"Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. / Non so, ma sento che questo mi accade: qui è la mia croce"
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale del Carme LXXXV di Catullo?
- Come viene strutturato il distico elegiaco nel Carme LXXXV?
- Qual è il significato del verbo "excrucior" nel contesto del carme?
- Quali sono le difficoltà nella traduzione del Carme LXXXV?
- Quali sono alcune delle interpretazioni delle traduzioni del Carme LXXXV?
Il tema principale è il conflitto interiore tra amore e odio, espresso attraverso un distico elegiaco che riflette la complessità dei sentimenti umani.
Il distico è composto da un esametro e un pentametro, con una struttura chiastica complessa che include un climax discendente e ascendente.
"Excrucior" indica un tormento intenso, paragonato alla crocifissione, simbolizzando il dolore estremo causato dal conflitto tra amore e odio.
Le difficoltà risiedono nella forte espressività della lingua latina e nell'importanza metrica, che rendono complessa una traduzione fedele.
Giovanni Pascoli ha offerto una traduzione rispettosa della metrica, mentre Salvatore Quasimodo ha cercato una versione più moderna e letterale, e Francesco Della Corte ha ripristinato il significato etimologico di "excrucior".