Anteprima
Vedrai una selezione di 1 pagina su 5
Catullo, Gaio Valerio - Carmina Pag. 1
1 su 5
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Estratto del documento

…=omoteleuto …=allitterazione

1-Endecasillabi faleci-nugae A chi posso donare questo nuovo piacevole libretto

cui dono lepidum novum libellum or’ora levigato dalla ruvida pomice?

arida modo pumice expolitum? A te Cornelio: infatti eri solito ritenere

Corneli tibi namque tu solebas che le mie sciocchezze valessero qualcosa,

meas esse aliquid putare nugas (iperbato) già allora quando osasti, unico tra gli italici,

iam tum cum ausus es unus Italorum spiegare ogni periodo con 3 libri dotti, per Giove,

omne aevum tribus explicare cartis (enj.) ed elaborati.

doctis Iuppiter et laboriosis. Perciò, abbi questo libretto qualunque sia la sua

Quare habe tibi quidquid hoc libelli lunghezza e il suo valore.

qualecumque quidem , patrona virgo, E questo, o musa, rimanga per sempre per i secoli a

plus uno maneat perenne saeclo. venire.

Il Carme è dedicato a C. Nepote che lo ha sempre sostenuto. Catullo utilizza un metro greco,

caratterizzato da un intervallo di sillabe brevi. Il Carme manifesta gli ideali dei poeti neoterici: la

piacevolezza, la sapienza e il lavoro.1vv. “Cui dono”: domanda retorica, non c’è il congiuntivo.

“Libellum”: diminutivo di libretto, tipico di Catullo. “Novum/Lepidum”: nuovo perché esprime

una novità letteraria e piacevole. 2vv. “Arida pomice”: come la pomice rende liscia la carta, così

il libro è reso con estrema cura da Catullo. 4vv. “nugas”: sciocchezze, considerate da C. Nepote.

Nepote è nato circa nel 100 a.C. nella Gallia Cisalpina; l’opera a cui si riferisce Catullo sono i

Chronica, ampia storia universale dove è possibile che Cornelio lodasse Catullo. 9vv. “patrona

virgo”: richiamo alla musa per far perdurare l’opera nel tempo e non per tovare ispirazione.

2-Endecasillabi faleci-nugae Passero, delizia della mia donna,

Passer, deliciae meae puellae, con il quale suole giocare e tenerlo in grembo,

quicum (polip.) ludere, quem in sinu tenere, a cui dare la punta del dito quando la cerca

cui primum digitum dare appetenti e di cui suole provocare le pungenti beccate,

(iperbato) solet incitare morsus,

et acres quando al mio splendido amore

cum desiderio (metonimia) meo nitenti va di fare qualche gioco piacevole,

carum nescio quid libet iocare e (trovare) un piccolo conforto al suo dolore,

et solaciolum sui doloris credo, affinché così si plachi il suo grave ardore.

credo, ut tum gravis acquiescet ardor: Con te potessi anch’io, come lei scherzare

tecum ludere sicut ipsa possem e alleviare i tristi affanni dell'animo.

et tristes animi levare curas!

Catullo si rivolge al passero con cui Lesbia suole svagarsi quando è afflitta dallo sconforto per la

lontananza di Catullo. Il poeta vorrebbe condividere questi giochi per dare sollievo al suo animo

angosciato. Esprime l’intensità del sentimento amoroso e il desiderio di intimità del poeta.

1vv. “quicum”: arcaico, unione di quem+cui, due casi dello stesso pronome, quindi poliptoto.

“Passer”: il passero è un uccello sacro a Venere, un dono prediletto dagli amanti. “Puella”: nella

poesia erotica per indicare la donna amata. 5vv. “desiderio”: dativo retto da liber; è una

metonimia per indicare la persona amata. 1-6vv. Descrizione dei giochi di Lesbia con il passero.

7-8vv. riflessione sul dolore di Lesbia. 9-10vv. Riflessione sul suo dolore dovuto dal tormento

dell’amore.

5-Endecasillabi faleci-Nugae Godiamoci la vita mia Lesbia, e amiamoci

vivamus, mea Lesbia, atque amemus, e non teniamo in alcun conto

rumoresque senum severiorum le critiche dei vecchi più severi.

omnes unius aestimemus assis. I giorni possono tramontare e rinascere:

soles occidere et redire possunt : noi, non appena è tramontata la nostra breve vita,

nobis, cum semel occidit brevis lux, dobbiamo dormire un'unica notte senza fine.

nox (antitesi) est perpetua una dormienda. Dammi 1000 baci poi 100

poi di nuovo 1000 poi ancora altri 100,

da mi basia mille, deinde centum. poi ancora altri 1000, poi altri 100,

dein mille altera, dein secunda centum. poi quando ne avremo accumulati molte migliaia

deinde usque altera mille, deinde centum, li confonderemo per non sapere la somma

dein cum milia multa fecerimus, o perché nessun maligno possa gettarci il

conturbabimus illa, ne sciamus, malocchio,

aut ne quis malus invidere (carme 7) possit, sapendo che è cosi grande il numero dei nostri

cum tantum sciat esse basiorum. baci.

E’ un invito a Lesbia e a se stesso ad abbandonarsi alle gioie dell’attimo fuggente,

all’amore in aperta ribellione alla morale dei vecchi brontoloni. Ma il pensiero della morte

balena inatteso: essa ci attende inesorabile come una legge naturale. Per esorcizzare il

presagio della morte l’invito all’amore si fa ancora più pressante. L’idea si fa strada in un

irrazionale timore del malocchio. 1vv.“vivamus, amemus”: congiuntivi con valore

esortativo. 5-6vv. Lux-nox in antitesi, metonimia di vita e morte. 1-3vv. Prima parte che

invita a cogliere l’attimo, in antitesi con la seconda parte, 4-6vv., che parla della morte,

anch’essa in antitesi, con la terza parte, 7-13vv. che parla dell’amore.

7-Endecasillabi faleci-Nugae Tu mi domandi,Lesbia, quanti tuoi baci,

quaeris quot mihi basiationes (meton.) potrebbero bastarmi.

tuae, Lesbia, sint satis superque. Tanti,quanto è grande il numero dei granelli

quam magnus numerus Libyssae harenae della sabbia africana che giace in Cirene, ricca

lasarpiciferis iacet Cyrenis, di silfio, tra l'oracolo torrido di Giove

oraclum Iovis inter aestuosi (ipallage) e il sacro sepolcro dell’antico Batto, o quanto

et Batti veteris sacrum sepulcrum, numerose sono le stelle che nei silenzi

aut quam sidera multa, cum tacet nox, della notte vedono i furtivi amori degli uomini.

furtivos hominum vident amores, che tu lo baci con tanto numerosi baci basta e

tam te basia multa basiare (fig. etimol.) avanza a Catullo folle d'amore, che né i curiosi

vesano satis et super Catullo est, possano contarli, nè possano gettare il

quae nec pernumerare curiosi malocchio.

possint nec mala fascinare lingua.

Catullo finge di rispondere a una domanda di Lesbia che vorrebbe sapere quanti baci egli

chiede per saziare la sua fame d’amore. Il poeta risponde con 2 similitudini, promettendo di

difendere il loro amore dal malocchio degli invidiosi, tema già trattato nel Carme 5. Cirene

è citata in quanto è la città di Callimaco, erudito ellenistico maestro dei poeti novi. Nel testo

l’autore contempera le immagini dotte con una nota popolaresca. 1vv.“basationes”:di

origine popolare, significa l’atto di baciare ma può intendere anche, con una metonimia, il

bacio stesso. 2vv.“sint satis super”: espressione lingua comune rende l’intimità dei due

amanti e ricompare al vv. 10. 4vv. “lasarpiciferis”: termine erudito, pianta da cui si estrae

succo medicinale, silfio. 5vv.“aestuosi”: ipallage, l’aggettivo va riferito a Iovis non

oraculum. 6vv. “Batti”: mitico fondatore di Cirene da cui diceva di discendere Callimaco.

8vv. “furtivos”: amore inteso come furto in quanto segreto custodito nel foedus degi amanti.

9vv. “basia basiare”:figura etimologica. 10vv. “mala lingua”: malocchio che secondo la

superstizione poteva essere esercitato attraverso lo sguardo o con una formula magica.

12vv. “fascinare”: malocchio, dall’idea superstiziosa che la felicità crei invidia e da questa i

tentativi di portare male; nel carme 5 era stata usata l’espressione “invidiare”.

Povero Catullo, smetti di vaneggiare

8-Trimetri giambici ipponattei o coliambi-Nugae E ciò che vedi perduto consideralo perduto.

Miser Catulle, desinas ineptire, Brillarono un tempo per te giorni luminosi,

et quod vides perisse perditum ducas. quando solevi accorrere dove la donna voleva,

fulsere quondam candidi tibi soles, (vv. 8+met) amata da noi quanto nessun’altra mai lo sarà.

cum ventitabas quo puella ducebat Là allora avvenivano quei molti giochi d’amore

amata nobis quantum amabitur nulla. Che tu volevi e lei non ricusava,

Ibi illa multa cum iocosa fiebant, brillarono davvero per te giorni luminosi.

quae tu volebas nec puella nolebat, (litote)

fulsere vere candidi tibi soles. (vv. 3) Ora ella non vuole più: anche tu, benché incapace

nunc iam illa non volt:tu quoque,impotens,noli, di dominarti. Non volere e non inseguire lei che

nec quae fugit sectare, nec miser vive,(imp. Neg.) fugge e non vivere da infelice, ma resisti con

sed obstinata mente perfer, obdura.(anafora 19) animo fermo, tieni duro.

(poliptoto) Addio, amore mio. Ormai Catullo tiene duro

Vale, puella. iam Catullus obdurat,

nec te requiret nec rogabit inuitam; E non ri cercherà né ti vorrà, se tu non lo vuoi

at tu dolebis cum rogaberis nulla. più:

Scelesta, vae te, quae tibi manet vita? ma tu te ne dorrai quando non sarai cercata:

quis nunc te adibit? cui videberis bella? sciagurata, guai a te! Quale vita ti aspetta?

quem nunc amabis? cuius esse diceris? (anafora) Chi ora verrà da te? A chi sembrerai bella?

quem basiabis? cui labella mordebis? Chi ora amerai? Di chi si dirà che sei l’amante?

At tu, Catulle, desinatus obdura. (anafora 11vv) Chi bacerai? A chi morderai le labbra?

Ma tu, Catullo, tieni duro con fermezza!

In questo carme impostato sul monologo il poeta parla alla sua donna fingendo di parlare a

se stesso; il carme è caratterizzato dalla schiettezza dello sfogo poetico. Questa lirica non è

improvvisata ma è caratterizzata da una complessa struttura. I temi trattati sono l’amore per

Lesbia, il ricordo dei momenti passati con lei, la delusione del distacco, il proposito di

resistere all’amore. Il carme ha struttura anulare, si chiude ritornando sul motivo iniziale. Il

carme si divide il 2 parti: nella prima (1-11) Catullo con il monologo esorta se stesso alla

rassegnazione e nella seconda (12-18) Catullo esprime la rabbia per l’addio con

imprecazioni e domande retoriche per far soffrire maggiormente Lesbia. 1vv. “Miser

Catulle”: apostrofe a se stesso. “ineptire”: forma colloquiale. 3vv. “Fulsere”: ripetuto nel

verso 8 scandisce il passare del tempo, corrisponde a fulserunt e inizia la cornice per i verbi

di ricordo che vanno dal 4-8vv. “soles”:metonimia per dies, ripetuto nel 8vv. 4-6vv.

“cum…quo…ibi…tum”: chiasmo. 7vv. “nec nolebat”: litote, negazione della negazione.

8vv. “soles”: chiusura cornice verbi di ricordo. 10vv. “Fugit”: topos erotico

dell’inseguimento della donna. 15vv. “Scelesta”: colpa commessa in ambito sacrale,

attribuisce al tradimento di Lesbia un carattere sacrilego. 18vv. “Basiabis..labiella”: termini

colloquiali con significato erotico.

13-Endecasillabi faleci-Nugae

Cenabis bene, mi Fabulle apud me Cenerai bene mio Fabullo, da me

paucis, si tibi di favent diebus, tra pochi giorni, se gli dei ti sono favorevoli,

si tecum attuleris bonam atque magnam(ap) se avrai portato con te una buona e ricca cena

cenam, non sine candida puella. (enjamb.) non senza una splendida ragazza e vino

et vino et sale et omnibus cachinnis. (ono) e sale e tutti gli scherzi.

haec si, inquam, attuleris venuste noster, Se avrai portato queste cose, amico mio

cenabis bene; nam tui Catulli cenerai bene; infatti il borsellino

plenus sacculus est aranearum. del tuo Catullo è pieno di ragnatele,

sed contra accipies meros amores ma in cambio riceverai puro affetto e

seu quid suavius elegantiusve est: tutto ciò che vi è di più soave e più elegante:

nam unguentum dabo quod meae puellae infatti ti darò un profumo che alla mia

donarunt Veneres Cupidinesque. fanciulla donarono le veneri e gli amori.

quod tu cum olfacies, deos rogabis, Quando tu lo annuserai pregherai gli dei

totum ut te faciant, Fabulle, nasum. (iperb.) ,o Fabullo, che ti facciano diventare tutto naso.

Dettagli
Publisher
5 pagine
1058 download