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Concetti Chiave

  • Il proemio del "De brevitate vitae" di Seneca utilizza figure retoriche come anafore e metafore, bilanciando toni aulici e colloquiali.
  • Seneca contrappone la quantità del tempo alla sua qualità, utilizzando l'aforisma di Ippocrate "la vita è breve, l'arte è lunga".
  • Il linguaggio economico è impiegato per introdurre l'analogia del tempo come denaro, evidenziata attraverso l'uso del "malus domus" e "bonus custos".
  • Lo stile di Seneca, ricco di analogie e antitesi, è descritto come una rivoluzione espressiva che mette in contrasto docere e movere.
  • Seneca alterna toni sommessi e vibranti, conferendo alla sua prosa drammaticità e capacita di introspezione nell'animo umano.

De Brevitate vitae

Nell’accostarsi a Seneca il proemio del De brevitate vitae offre un esempio eloquentemente esplicativo dello stile di Seneca: anafore, ripetizioni e il ricorso a metafore tipiche come quella dello scorrere rapinoso del tempo-fiume e quella del tempo-denaro. Complesso è trovare il giusto equilibrio tra il tono aulico dato dalle figure retoriche e il registro colloquiale che comunque Seneca mantiene. Seneca nel celebre proemio si accinge a rovesciare il topos della brevità della vita e lo fa contrapponendo alla quantità del tempo la sua qualità.

Sin dall’incipit possiamo riscontrare il tono colloquiale e della predicazione propria della parola senecana che rivolgendosi al destinatario “Pauline” espone il concetto caro non solo alla “turba” e al “vulgus” ma anche ad illustri personaggi secondo il quale la vita è troppo breve rispondendo con l’aforisma del celebre medico greco Ippocrate: “la vita è breve, l’arte è lunga” operando una variazione ricorrendo al chiasmo così da far apparire con maggior intensità l’antitesi “brevem; longam”. Caro è a Seneca l’uso del linguaggio economico per poi introdurre l’analogia portante(perno) tra il tempo e il denaro che si risolvono nella figura del “malus domus” e del “bonus custos” ; notiamo nel testo come la parola senecana sia movimentata dalle molteplici risorse della retorica tra cui spiccano l’anafora martellante, l’analogia e l’antitesi che forniscono al testo di Seneca l’immagine di Harena sine calce che l’oratoria del quarantenne avvocato aveva suscitato nella mente dell’invidioso Caligola non era forse inadatta, tralasciando la negatività della valutazione, se sorgeva ad un confronto coll’architettonica concinnitas del periodare ciceroniano. Questa harena, ovvero sminuzzamento di frasi apparentemente disarticolate ha una forza di penetrare superba, emotiva e spirituale di cui l’autore è ben consapevole, l’intarsiato di sententiae è il frutto di una chiara scelta stilistica determinata da una chiara visione del fine da raggiungere ciò si rivela nella ep.38 dove scrive a Lucilio: “ Plurimum proficit sermo quia minutatim inrepit animo../”. Lo stile da sermo simplex che il filosofo predilige è tutt’altro che arido e freddo: “plus significas quam loqueris..” scrive lo stesso a Lucilio nell’ep59; questo tipo di conversazione in apparenza disadorno e misero, in realtà sapida e suggestiva, ove all’ipotassi simmetrica di Cicerone si sostituisce una paratassi più vicina al linguaggio familiare è destinata non all’austera e classicistica lingua dei magistri bensì ad incidere sulle anime. Così Seneca attira su di sé il giudizio severo di Quintiliano il quale polemizza contro il nuovo stile che in realtà cela lo scontro tra sue diverse istanze del discorso: docere e movere. L’istanza del movere, della quale è intrisa l’eloquenza di Seneca, va a contrapporsi al docere di Quintiliano e di chi come lui considera l’autore come l’unico vero “attore” del testo è per questo motivo che si parla di una rivoluzione espressiva. Lo stile aguzzo e penetrante di Seneca è immagine speculare di una prosa “problematica” attraversata da due diverse istanze che intercorrono opponendosi l’un l’altra in uno scontro intimamente antitetico che alterna i toni sommessi della meditazione interiore e quelli vibranti della predicazione che conferiscono alla parola di Seneca quella drammaticità che riesce a scandagliare gli abissi dell’animo umano e a toccare le corde più segrete del cuore.

Domande da interrogazione

  1. Qual è lo stile caratteristico di Seneca nel "De brevitate vitae"?
  2. Lo stile di Seneca nel "De brevitate vitae" è caratterizzato da anafore, ripetizioni e metafore, come quella del tempo-fiume e del tempo-denaro, bilanciando un tono aulico con un registro colloquiale.

  3. Come Seneca affronta il tema della brevità della vita?
  4. Seneca rovescia il topos della brevità della vita contrapponendo la qualità del tempo alla sua quantità, utilizzando l'aforisma di Ippocrate e introducendo l'analogia tra tempo e denaro.

  5. Qual è l'importanza del linguaggio economico nel testo di Seneca?
  6. Il linguaggio economico è centrale nel testo di Seneca, poiché introduce l'analogia tra tempo e denaro, rappresentata dalle figure del "malus domus" e del "bonus custos".

  7. In che modo lo stile di Seneca si differenzia da quello di Cicerone?
  8. Lo stile di Seneca si differenzia da quello di Cicerone per l'uso di una paratassi più vicina al linguaggio familiare, in contrasto con l'ipotassi simmetrica di Cicerone, rendendo la prosa di Seneca più penetrante ed emotiva.

  9. Qual è la critica di Quintiliano allo stile di Seneca?
  10. Quintiliano critica lo stile di Seneca per la sua rivoluzione espressiva, opponendo l'eloquenza emotiva di Seneca al suo stesso approccio didattico, vedendo in Seneca un attore del testo piuttosto che un semplice autore.

Domande e risposte