terridance
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Indice

  1. Struttura dell’ode
  2. Esempio di callida iunctur
  3. Metafora marina

Struttura dell’ode

L’ode presenta una struttura bipartita e una studiata disposizione tematica: nelle prime due strofe la gioia e la passione del giovane innamorato si contrappongono alla delusione e al dolore che lo attendono; nella terza e quarta strofa la condizione dell’amante inesperto in mezzo alla tempesta è in opposizione all’equilibrata sicurezza del poeta. Tra le strofe esterne c’è corrispondenza, in quanto entrambe descrivono immagini serene: la prima l’incontro d’amore in un’atmosfera di raffinato erotismo, la quarta il ringraziamento del poeta al dio Nettuno per lo scampato naufragio. Esse sono in contrapposizione con le strofe interne, che presentano il disinganno amoroso.

Esempio di callida iunctur

Il personaggio di Pirra viene descritto attraverso un ossimoro, simplex munditis (v. 5), splendido esempio di callida iunctura, che accosta all’idea della “semplicità” e della “naturalezza” quella di un trucco elaborato e di una studiata acconciatura, suggerendo quindi l’immagine di un’arte capace di produrre, nel complesso, l’impressione di una bellezza naturale, non artefatta. È una di quelle espressioni che costituiscono un’autentica sfida per il traduttore, costretto o a cambiare la struttura sintattica e di conseguenza l’immagine (ad esempio Ramous: “con grazia misurata”) o a tentare di mantenere la medesima struttura con esiti comunque riduttivi (cfr. ad esempio Pascoli: “semplice nell’abbigliamento”; Beck: “bella di semplice eleganza”).

Metafora marina

Il nesso allitterante aspera … aequora dei vv. 6-7 introduce la metafora del mare, motivo topico della poesia erotica greca e latina con cui vengono rappresentate la volubilità e l’incostanza femminili, già attestato in Semonide di Amorgo, un poeta giambico greco del VII secolo a.C.: «come il mare spesso è tranquillo, non fa danni, è grande gioia per i marinai nel tempo estivo; ma spesso si infuria, si agita con onde che rimbombano cupe» (fr. 7 West, vv. 37-40; trad. A. Aloni). Nell’ode di Orazio però non c’è un esplicito paragone della donna con il mare: la metafora si inserisce nella trama poetica senza alcuna indicazione precisa; uniche spie linguistiche sono “la superficie piatta del mare resa tempestosa da venti neri” (vv. 6-8) e “la brezza ingannatrice” (vv. 11-12). In fondo, tutta questa analisi fa vedere come Orazio giochi tantissimo con immagini diverse per far capire quanto l’amore possa essere dolce e bello, ma allo stesso tempo anche tremendo e pieno di imprevisti. E secondo me è proprio questo contrasto che rende l’ode così affascinante: da una parte c’è la figura di Pirra, così curata nella sua “semplice” bellezza, e dall’altra il mare in tempesta che rappresenta tutto quello che l’amore può far provare a chi non è ancora abbastanza esperto. Alla fine Orazio si sente quasi salvo, come uno che è scampato a un naufragio, e ringrazia anche per questo, mentre il giovane innamorato è ancora lì nel pieno della burrasca. Mi sembra un modo elegante, ma anche un po’ ironico, per dire che certe tempeste del cuore le devi proprio passare per capire chi hai davanti e quanto sei disposto a rischiare.

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