Concetti Chiave
- Virgilio's "Bucoliche" delves into pastoral themes, focusing on shepherds and rural life, diverging from heroic epics.
- The work is inspired by Theocritus' "Idylls," yet Virgilio revitalizes the pastoral setting with his unique touch and Italian landscape influences.
- The idyllic setting of the "Bucoliche" contrasts with the harsh reality of Roman civil wars, offering a utopian escape.
- The dialogue between Melibeo and Titiro in the first eclogue highlights the effects of land confiscations, symbolizing displaced people.
- Virgilio's Arcadia is an imaginative space embodying harmony with nature, representing a lost paradise amidst historical turmoil.
Bucoliche
In questi versi Virgilio riflette sulla sua prima opera di spicco “Le Bucoliche” dette anche Eclogae, dieci brevi componimenti in esametri scritti tra il 42 e il 39 a.C.
“La mia musa fu la prima a non disdegnare il verso siracusano e accettò di abitare nei boschi”. Invece di cantare l’ira di Achille o dell’uomo dall’ingegno multiforme, la musa di Virgilio, cioè la sua poesia, si immerge nelle campagne e nelle selve, in cerca di uno sfondo sereno, per i suoi personaggi, non eroi ma pastori, caprai, bovari, contadini; da qui il titolo dell’opera “bucolos” in greco significa pastore e il titolo “Bucoliche” si potrebbe tradurre con Canti di Pastori (intonano lamenti d’amore accompagnati dal flauto o dalla zampogna).
Virgilio si ispira al poeta ellenistico Teocrito di Siracusa, vissuto nella prima metà del III secolo a.C., e autore degli “Idilli” parola greca che significa quadretti.
Nelle Bucoliche, non ci si deve aspettare un luogo preciso; i pastori si esibiscono in un altrove immaginario, di prati verdeggianti, boschi ombrosi e valli ridenti. Questo luogo, però ha un nome: Arcadia; derivato dall’omonima regione greca, montuosa e abitata da pastori. E’ la terra di Pan, il dio capo, che passa il tempo a inseguire ninfe sperando in un loro abbraccio. Nel paesaggio Bucolico, si concentrano tutti gli elementi propri del locus amoenus (ricorda: luogo che ha accolto Angelica e Medoro o il rifugio di Erminia, accolta dai pastori). A questi elementi tradizionali, che ricorrono nella letteratura, Virgilio aggiunge le dolcezze dei paesaggio italico; in particolare della campagna Mantovana che gli ha dato i natali. La descrizione, infatti, si lega di malinconia, (nostalgia anni felici dell’infanzia). Per il poeta e per i suoi pastori, la natura incontaminata si presenta, dunque come uno spazio accogliente, in armonia con l’uomo, dove sognare una vita semplice, lontani dalla realtà storica.
Le Bucoliche, infatti, risalgono agli anni delle guerre civili, quando la campagna italiana, quella vera, è attraversata da eserciti in marcia che seminano morte e distruzione; quando i campi e i pascoli sono devastati e abbandonati oppure confiscati ai legittimi proprietari per ricompensare i veterani del vincitore di turno. In questo doloroso contesto storico, la campagna idealizzata delle Bucoliche assume il significato di un paradiso perduto, per evadere e meditare (un’utopia riparatoria). La poesia bucolica contrappone l’armonia dei pastori e armoniosa è anche la struttura dell’opera, dove le singole egloghe sono ordinate secondo precise corrispondenze. Eppure il dramma della storia arriva fino in paradiso.
Bucoliche, I, 1-18
Nella prima Bucolica si svolge il dialogo tra due pastori, Melibeo e Titiro. Le loro strade stanno per dividersi; il primo, vittima delle confische, è costretto a lasciare i suoi campi; l’altro, invece, è stato graziato e può continuare a vivere nei luoghi consueti.
/1/ O Titiro, tu disteso al riparo di un ampio faggio studi una melodia silvestre sull’esile flauto; noi lasciamo i territori della patria e i dolci campi, noi abbandoniamo la patria; tu, o Titiro, placido nell’ombra insegni alle selve a risuonare del nome della bella Amarilli.
A Titiro vengono associate immagini statiche e suoni dolci a evocarne la melodia; Melibeo è invece designato da verbi di movimento, deve infatti abbandonare la patria.
/2/ O Melibeo, un dio ci ha dato questa pace, infatti quello sarà sempre un dio per me; spesso un tenero agnello tratto dai nostri ovini bagnerà l’altare di quello. Quello ha permesso, come vedi, alle mie vacche di pascolare e a me stesso di suonare ciò che volessi sulla canna agreste.
/3/ Non ho certo invidia; piuttosto mi meraviglio: a tal punto, c’è scompiglio ovunque in tutta la campagna. Ecco, io stesso conduco avanti esausto le caprette; addirittura a stento, o Titiro, conduco questa. Infatti ha appena lasciato qui, tra i fitti noccioli, due gemelli, speranza del gregge, ahimè! dopo averli partoriti sulla nuda pietra. Ricordo che spesso, le querce, colpite dal fulmine (lett. toccate dal cielo), ci predicevano questa sciagura, se solo la mente non fosse stata ottenebrata. Ma, o Titiro, dicci chi è questo Dio.
Melibeo si sente estraneo alla situazione privilegiata di Titiro, deve andarsene. Qui, la tragedia delle guerre civili entra nello spazio idilliaco delle Bucoliche. La sua figura diventa rappresentazione di tutti i profughi che hanno perso le proprie terre. La sua sofferenza si riflette nella capretta che ha abbandonato i suoi cuccioli; tra uomo e natura si stabilisce un rapporto empatico.
Bucoliche, I, 46-63
/1/ Vecchio fortunato, ora i campi rimarranno tuoi e per te saranno abbastanza grandi, anche se la nuda pietra e la palude ricoprono, con il giunco fangoso, tutti i pascoli. Pascoli inconsueti non minacceranno le pecore gravide, né i pericolosi contagi del gregge vicino li danneggeranno. Vecchio fortunato, qui, tra noti fiumi e fonti sacri, coglierai l’ombrosa frescura; di qui, dal confine vicino la siepe, quella di sempre, succhiata dalle api iblee nel fiore del salice, spesso ti spingerà con un lieve sussurro ad addormentarti; di qui, sotto l’alta rupe canterà al vento il potatore, né frattanto le roche colombe, tua occupazione, né la tortora, appollaiata su un alto olmo, cesseranno di lamentarsi.
Melibeo elenca i pericoli in cui l’amico non incorrerà; rischi a cui invece andranno in contro gli sfollati. Il discorso si sposta sul futuro per preannunciare quali delizie lo attendono. L’aggettivo “Hyblaeis”, inoltre, richiama i monti Iblei della Sicilia, prospettando ancora una volta un paesaggio contaminato da spunti geografici diversi.
/2/ Prima, dunque, pascoleranno gli agili cervi nel cielo e i flutti abbandoneranno sulla spiaggia al secco i pesci o il Parto esule si abbevererà all’Arar o il germano al Tigri, percorsi i territori di entrambi, prima che il volto di quello si cancelli dal nostro cuore.
Per riaffermare la propria devozione al giovane Dio, Titiro innalza il tono, affermando che, come mai si vedranno fenomeni così assurdi, così mai si cancellerà il ricordo del giovane dio dal suo cuore.
Bucoliche, I, 63-83
/1/ Ma noi, in parte andremo via da qui tra gli Africani assetati, in parte andremo in Scizia e al fiume Oasse, turbinoso di argilla, e tra i Britanni, completamente separati dal resto del mondo.
Melibeo prefigura un elenco di luoghi ai confini del mondo; luoghi che toccano i quattro punti cardinali.
/2/ E vedendo, dopo molto tempo, la terra patria e il tetto del povero tugurio impastato di terra, il mio regno ammirerò mai dopo qualche spiga? Un empio soldato avrà questi maggesi così ben curati, un barbaro avrà queste messi? Ecco a che punto la discordia ha trascinato i miseri cittadini; per costoro noi abbiamo seminato i campi!
Melibeo rimpiange i luoghi natali; luoghi che, assumono la stessa dignità di un regno, perché donano serena pienezza alla vita di un contadino. Alla nostalgia del ricordo si unisce la tanto odiata immagine del soldato che si impossesserà delle sue terre. Questi sconvolgimenti sono prodotti dalla discordia; già condannata da Sallustio nel De Catilinae Coniuratione.
/3/ O Melibeo, innesta ora i peri, poni in ordine le viti! Andate mie caprette, un tempo gregge felice, andate. Io, disteso in un antro verde, non vi vedrò pendere da lontano da una rupe irta di cespugli spinosi; non canterò nessuna poesia; caprette, non coglierete il citiso in fiore e i salici amari, mentre io vi pascolo.
Melibeo si rivolge alle sue caprette con un’apostrofe piena di pathos; animali spettatori della sorte del proprio padrone. Si concede un ricordo bucolico: le sue pennichelle al pascolo. Questo ricordo svanisce nell’espressione “carmina nulla canan”, che sta ad indicare come l’esilio privi il pastore anche del dono della poesia.
/4/ Tuttavia, avresti potuto dormire qui con me per questa notte sopra un verde giaciglio: noi abbiamo dolci frutti, castagne morbide e abbondanza di formaggio. E già da lontano le sommità dei tetti delle fattorie fumano e più lunghe cadono le ombre dagli alti monti.
Lo sguardo dei pastori si apre sulla campagna; è uno scorcio imponente, che sembra sommergere i due personaggi annientandone l’individualità. Si coglie una nota di tristezza, perché inquadra tutto ciò che Melibeo sta per perdere, accompagnato da un sensazione di inquietudine per ciò che verrà.
b Virgilio, Bucoliche
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale delle "Bucoliche" di Virgilio?
- Come Virgilio si ispira a Teocrito nelle "Bucoliche"?
- Qual è il significato dell'Arcadia nelle "Bucoliche"?
- Qual è il contrasto tra i personaggi di Melibeo e Titiro nella prima Bucolica?
- Come viene rappresentata la natura nelle "Bucoliche"?
Il tema principale delle "Bucoliche" è la vita pastorale idealizzata, un rifugio sereno e armonioso lontano dalla realtà storica delle guerre civili, dove i pastori vivono in un'Arcadia immaginaria.
Virgilio si ispira a Teocrito prendendo spunto dagli "Idilli", ma rinnova le atmosfere agresti con la sua sensibilità, creando un'opera originale che riflette la dolcezza del paesaggio italico.
L'Arcadia rappresenta un luogo immaginario di pace e armonia, un "locus amoenus" dove la natura incontaminata offre un rifugio accogliente e sereno per i pastori, lontano dalle turbolenze storiche.
Melibeo è costretto a lasciare i suoi campi a causa delle confische, mentre Titiro, graziato, può continuare a vivere serenamente. Questo contrasto riflette la tragedia delle guerre civili e la perdita delle terre.
La natura nelle "Bucoliche" è descritta come un paesaggio idilliaco e armonioso, ricco di elementi del "locus amoenus", che offre un rifugio sereno e nostalgico, in contrasto con la realtà storica di distruzione e conflitto.