Concetti Chiave
- Orazio narra un incontro casuale con un seccatore mentre cammina lungo la via sacra, immerso nei suoi pensieri.
- Il seccatore insiste nel seguire Orazio nonostante i suoi tentativi di liberarsi, elogiando se stesso e cercando di impressionarlo.
- Orazio, esasperato, cerca aiuto da un amico, che però finge di non capire la situazione e non lo soccorre.
- Il seccatore spera di ottenere un’introduzione al mecenate Maecenas, nonostante la riluttanza di Orazio.
- Alla fine, Orazio è salvato dall’incontro fortuito tra il seccatore e un suo avversario in tribunale, che distrae il seccatore.
Orazio Quinto Flacco - Satira del seccatore: testo, traduzione e analisi
Testo e traduzione
Ibam forte via sacra, sicut meus est mos, nescio quid meditans nugarum, totus in illis: accurrit quidam notus mihi nomine tantum arreptaque manu 'quid agis, dulcissime rerum?' 'suaviter, ut nunc est,' inquam 'et cupio omnia quae vis.'Andavo per caso lungo la via sacra, come è mio costume, non so quali sciocchezze meditando, tutto (immerso) in quelle: arriva un tale a me noto solo di nome e afferratami la mano (dice) “cosa fai, il più dolce tra le cose (carissimo amico)?” “Bene, per ora”, rispondo “e desidero tutte le cose che tu vuoi (ti auguro ogni bene).”
cum adsectaretur, 'numquid vis?' occupo. at ille 'noris nos' inquit; 'docti sumus.' hic ego 'pluris hoc' inquam 'mihi eris.'
misere discedere quaerens ire modo ocius, interdum consistere, in aurem dicere nescio quid puero, cum sudor ad imos manaret talos.
Poiché mi seguiva, “vuoi qualcosa” anticipo. E costui risponde “dovresti conoscerci (plurale maiestatis)”. “Siamo dotti”. A questo punto io rispondo “mi sarai più caro per questo”.
Cercando disperatamente di staccarmene camminavo ora più in fretta, mi fermavo talvolta e dicevo nell’orecchio al servo non so che cosa, mentre il sudore mi scendeva fino ai bassi talloni.
'o te, Bolane, cerebri felicem' aiebam tacitus, cum quidlibet ille garriret, vicos, urbem laudaret. ut illi nil respondebam, 'misere cupis' inquit 'abire: iamdudum video; sed nil agis: usque tenebo; persequar hinc quo nunc iter est tibi.'
"Beato te, o Bolano, per il tuo carattere!" dicevo tra me e me, mentre lui parlava a vanvera e lodava i vicoli e la città. E poichè non gli rispondevo disse: "O misero, tu speri disperatamente di fuggire, lo vedo da un bel po', ma non concludi nulla; ti terrò fino all'ultimo, ti perseguiterò da qui fin dove andrai."
Dice il poeta: “dicevo tacitamente (fra me e me). Beato tu, o volano dalla testa calda” mentre il seccatore blaterava di qualsiasi cosa, lodava i vicoli e la città. Poiché non gli rispondere nulla, disse: “desideri miseramente di andare via, me ne sono accorto già da un pezzo, ma non puoi fare niente, ti terrò fino alla fine (fino a quando non avrò ottenuto ciò che voglio) da qui fino a dove è a te il cammino (fino a dove devi arrivare)”.
'nil opus est te circumagi: quendam volo visere non tibi notum; trans Tiberim longe cubat is prope Caesaris hortos.' 'nil habeo quod agam et non sum piger: usque sequar te.'
"Non è necessario che tu mi segua, voglio visitare un tale sconosciuto a te: lui giace malato lontano oltre il Tevere, vicino ai giardini di Cesare." "Non ho nulla da fare e non sono pigro, quindi ti seguirò."
Orazio risponde: “non è necessario che tu faccia un giro così lungo, infatti voglio visitare un tizio a te non conosciuto. Costui è a letto al di là del Tevere, vicino ai giardini di Cesare. Egli risponde: “non ho niente da fare e non sono pigro, ti seguirò fino alla fine”.
demitto auriculas, ut iniquae mentis asellus, cum gravius dorso subiit onus. incipit ille: 'si bene me novi, non Viscum pluris amicum, non Varium facies; nam quis me scribere pluris aut citius possit versus? quis membra movere mollius? invideat quod et Hermogenes, ego canto.'
interpellandi locus hic erat 'est tibi mater, cognati, quis te salvo est opus?' 'haud mihi quisquam. omnes conposui.' 'felices. nunc ego resto. confice; namque instat fatum mihi triste, Sabella quod puero cecinit divina mota anus urna: “hunc neque dira venena nec hosticus auferet ensis nec laterum dolor aut tussis nec tarda podagra: garrulus hunc quando consumet cumque: loquaces, si sapiat, vitet, simul atque adoleverit aetas."' ventum erat ad Vestae, quarta iam parte diei praeterita, et casu tum respondere vadato debebat, quod ni fecisset, perdere litem.
Abbasso le orecchie, come un'asinello dalla mente rassegnata quando sul dorso subisce un peso più grave. Ricomincia quello: "Se mi conoscessi bene, non avresti più caro ne' l'amico Visco ne' Vario, infatti chi può scrivere più versi o più velocemente di me? E chi sa danzare più dolcemente? Io canto ciò che anche Ermogene invidia."Era arrivato il momento di chiedergli: "Hai tu una madre, parenti, qualcuno a cui importa se sei salvo?". "Non ho più nessuno, li ho tutti sepolti." "Beati loro! ora resto io. Uccidimi, infatti pesa su di me un triste destino che una vecchia sabina predisse a me fanciullo, agitata l'urna delle profezie: "ne' un potente veleno,ne' una spada nemica, ne' la tisi, la tosse o la gota che arriva tardi lo rapiranno, un giorno o l'altro lo ucciderà un chiacchierone, se è intelligente, eviterà i chiacchieroni, non appena l'età sarà matura. Si era giunti al tempio di Vesta e si era già conclusa la quarta parte del giorno e per caso allora (ill seccatore) doveva rispondere in giudizio avendo prestato garanzia, se non l'avesse fatto avrebbe perso la causa.
'si me amas,' inquit 'paulum hic ades.' 'inteream, si aut valeo stare aut novi civilia iura; et propero quo scis.' 'dubius sum, quid faciam', inquit, 'tene relinquam an rem.' 'me, sodes.' 'non faciam' ille, et praecedere coepit; ego, ut contendere durum cum victore, sequor.
Il seccatore continua a seguire Orazio. Mentre stanno andando a visitare quel tizio. il seccatore dice:
“Se mi vuoi bene, assistimi un poco”. Orazio risponde “non conosco il diritto civile e mi affretto per dove sai”.
“Sono dubbioso su cosa fare, non so se seguire te e abbandonare la cosa (la causa)”.
“me ti prego,”
“non lo farò”. E cominciò a precedermi.
'Maecenas quomodo tecum?' hinc reptit. 'paucorum hominum et mentis bene sanae.' nemo dexterius fortuna est usus. haberes magnum adiutorem, posset qui ferre secundas, hunc hominem velles si tradere: dispeream, ni summosses omnis.'
“In che rapporti stai con il mecenate?”
“E di pochi uomini (ha pochi amici) e di testa fine (di mente sana). Nessuno si è servito della fortuna meglio di lui, e tu avresti un grande aiuto che potesse farti le secondi parti (che potesse farti da appoggio) se volessi presentarmi quest’uomo. Possa io morire se non li soppianteresti tutti”.
'non isto vivimus illic, quo tu rere, modo; domus hac nec purior ulla est nec magis his aliena malis; nil mi officit, inquam, ditior hic aut est quia doctior; est locus uni cuique suus.' 'magnum narras, vix credibile.' 'atqui sic habet.'
Il seccatore dice ad Orazio che se egli gli presentasse il mecenate, lui stesso diventerebbe il primo tra tutti.
“Nessuna casa è più pura né più lontana dai mali di quella di mecenate. non mi dà fastidio se c’è qualcuno più ricco o più dotto. Ognuno ha il proprio posto”.
“Tu dici una cosa grande, a stento credibile”.
“Eppure è così”.
'accendis quare cupiam magis illi proximus esse.' 'velis tantummodo: quae tua virtus, expugnabis: et est qui vinci possit eoque difficilis aditus primos habet.' 'haud mihi dero: muneribus servos corrumpam; non, hodie si exclusus fuero, desistam; tempora quaeram, occurram in triviis, deducam. nil sine magno vita labore dedit mortalibus.'
“Tu mi incuriosisci, per cui desidero essere vicino a quello”
“Basta che tu lo voglia, data la tua virtù, tu la vincerai”.
“Non verrò meno a me stesso: corromperò i servi con i soldi; se sarò escluso oggi non desisterò. La vita non ha dato niente ai mortali senza grande fatica”.
haec dum agit, ecce Fuscus Aristius occurrit, mihi carus et illum qui pulchre nosset. consistimus. 'unde venis et quo tendis?' rogat et respondet. vellere coepi et pressare manu lentissima bracchia, nutans, distorquens oculos, ut me eriperet. male salsus ridens dissimulare; meum iecur urere bilis.
Mentre avvengono queste cose, fu Squavisto, a me molto caro e caro al seccatore. Ci fermiamo
“Da dove vieni e dove vai?”
Io cominciai a tirare la toga, a toccare con la mano le braccia abbandonate, ammiccando, storcendo gli occhi, affinché mi strappasse (al seccatore). Il mio amico, spiritoso fuor di luogo, faceva finta di non capire, e il mio fegato bruciava per la bile.
'certe nescio quid secreto velle loqui te aiebas mecum.' 'memini bene, sed meliore tempore dicam; hodie tricensima sabbata: vin tu curtis Iudaeis oppedere?' 'nulla mihi' inquam 'relligio est.' 'at mi: sum paulo infirmior, unus multorum. ignosces; alias loquar.' huncine solem tam nigrum surrexe mihi! fugit inprobus ac me sub cultro linquit.
“Certamente non so che cosa dicevi di voler discutere con me in segreto. Mi ricordo bene, ma te lo dirò in un tempo migliore. Oggi è il trentesimo sabato. Vuoi tu offendere i circoncisi giudei?”
“Io non ho nessuna religione”
“Ma io si. Sono un pochettino più debole, uno dei molti. Perdonami, te lo dirò in un altro momento”.
Mai per me ci fu una giornata così nera. Se ne va il disgraziato e mi lascia sotto il coltello del seccatore.
casu venit obvius illi adversarius et 'quo tu, turpissime?' magna inclamat voce, et 'licet antestari?' ego vero oppono auriculam. rapit in ius; clamor utrimque, undique concursus. sic me servavit Apollo.
Per caso si fai incontro al seccatore l’avversario del tribunale e lo sgrida a gran voce
“Dove vai, svergognato? Puoi farmi da testimone?”
“io mostro l’orecchio (per me va bene)” Se lo porta da tutte le parti e in tribunale fece grande scalpore e così Apollo mi salvò.
Analisi del testo
forte: avverbio, per caso
via sacra: ablativo semplice, passaggio obbligato
nescio quid…: interrogativa indiretta
nugarum: genitivo partitivo
cum desectaretur: cum + congiuntivo imperfetto passivo
noris: congiuntivo perfetto, forma sincopata (noveris)
nobis: pluralis iactansae o pluralis maiestatis
pluris: genitivo di stima
celebri: ablativo di limitazione.
Gravius: comparativo assoluto
Interpellandi: gerundio
Quis: sta per quibus
Quando cumque: tmesi, taglio.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della "Satira del seccatore" di Orazio?
- Come reagisce Orazio all'incontro con il seccatore?
- Quali strategie utilizza Orazio per cercare di allontanare il seccatore?
- Qual è il ruolo di Fuscus Aristius nell'episodio?
- Come si conclude l'incontro tra Orazio e il seccatore?
Il tema principale è l'incontro casuale e fastidioso tra Orazio e un seccatore che lo segue lungo la via sacra, illustrando l'invadenza e la difficoltà di liberarsi di persone indesiderate.
Orazio cerca disperatamente di liberarsi del seccatore, accelerando il passo e cercando di distrarlo, ma il seccatore continua a seguirlo e a parlare incessantemente.
Orazio tenta di allontanare il seccatore fingendo di avere impegni altrove e cercando di coinvolgere un amico, Fuscus Aristius, per aiutarlo a liberarsi.
Fuscus Aristius, amico di Orazio, viene incontrato per caso, ma nonostante i segnali di aiuto di Orazio, finge di non capire e non lo aiuta a liberarsi del seccatore.
L'incontro si conclude quando un avversario del seccatore lo chiama in tribunale, permettendo ad Orazio di liberarsi finalmente della sua compagnia indesiderata, grazie all'intervento fortuito di Apollo.