Il romanzo greco
Questo tipo di letteratura, definita d’evasione, nell’antichità veniva generalmente ignorata poiché ritenuta una semplice forma di intrattenimento e non di cultura. Per questo è sorto l’uso di definire i testi appartenenti a tale categoria come “romanzi” sebbene questa sia un’affermazione anacronistica. I romanzi greci infatti presentano scarsa varietà di temi, strutture e contenuti.
Il filo condutture principale è sempre quello della vicenda convenzionale in cui due giovani innamorati sono costretti a separarsi e dopo aver affrontato numerose peripezie possono finalmente ricongiungersi in un lieto fine. Il romanzo greco si ispira e trae la sua origine dai racconti di viaggi come l’Odissea o le Argonautiche e dai temi ricorrenti della commedia nuova. In questi scritti emergono infatti le aspirazioni di una società in crisi, in cerca di evasione e di un fittizio appagamento.
Achille Tazio
Autore attivo sul finire del II secolo d.C. scrisse Le Avventure di Leucippe e Clitofonte in cui è lui stesso a narrare in prima persona la storia, grazie a un’originale tecnica a incastro. Egli infatti narra di come, ammirando un quadro che raffigurava il rapimento di Europa da parte di Zeus, gli si fosse avvicinato un giovane che affermava di aver patito anch’esso innumerevoli sventure a causa dell’amore. Su richiesta dello scrittore il giovane si presenta come Clitofonte e inizia la narrazione della sua storia in prima persona. Come da tradizione i due giovani innamorati sono costretti a fuggire ma durante la fuga per mare fanno naufragio e rimangono separati. Inizia il racconto di una doppia serie di avventure e peripezie che i due amanti sono costretti ad affrontare fino al loro felice ricongiungimento. Pur attenendosi alle convenzioni tematiche del romanzo, quest’opera presenta grande originalità e innovazione. Particolare è infatti la tecnica narrativa e lo schema a incastro che introduce il racconto; sono numerose anche le digressioni che lasciano in disparte il racconto centrale per soffermarsi sull’analisi di miti, aneddoti, sogni, descrizioni artistiche e naturalistiche secondo il gusto dell’epoca. Queste parentesi nel racconto sono ben equilibrate come anche lo stile nel suo complesso risulta chiaro e scorrevole. La lingua usata è una mescolanza di volgarismi ed elementi tipici della koinè.
Longo Sofista
Sono poche le informazioni su questo autore ma è talmente evidente l’influsso formale della sofistica nella sua opera da avergli fornito il nome di sofista. La sua attività è databile tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C. Il suo romanzo, intitolato Storia pastorale di Dafni e Cloe, riprende la tradizione bucolica e racconta la storia di due pastori di Lesbo che crescono nelle rispettive famiglie, due trovatelli, ovvero Dafni e Cloe. I due crescono insieme e divenuti adolescenti scoprono una tenera attrazione spontanea e reciproca. Un pastore poi spiega loro cosa sia l’amore. La situazione però si complica quando la famiglia di Cloe decide che la ragazza debba sposarsi con un uomo benestante, non povero come Dafni. Il giovane però aiutato dalle ninfe trova un tesoro, diventando così molto ricco e scopre di essere il figlio di una nobile famiglia. Anche Cloe risulta essere di nobili natali quindi le due famiglie si accordano per il matrimonio tra i due innamorati che decidono di stabilirsi nella campagna dove avevano trascorso insieme l’infanzia. Il romanzo si svolge in un appassionato elogio nostalgico della vita agreste, serena e tranquilla in confronto a quella cittadina. Qui l’elemento avventuroso è ridotto al minimo, mentre vengono esaltate le descrizioni dei personaggi in cui cresce la consapevolezza, a tratti drammatica, dell’amore. La natura è lo sfondo dominante di tutto il racconto, presentata in termini idillici della tradizione bucolica – in particolare teocritea. Come nella commedia nuova è fondamentale per il lieto fine il riconoscimento finale. L’estrema semplicità apparente del racconto nasconde tuttavia una grande ricerca interiore e la finezza psicologica con cui è descritto il progredire dell’amore e la sua scoperta.
Eliodoro
Il romanzo di Eliodoro, intitolato Storie etiopiche di Teagene e Cariclea, narra la storia di Cariclea figlia dei sovrani dell’Etiopia ma bianca di pelle, poiché la madre durante la gestazione era solita ammirare un quadro di Andromeda. Questa allora, temendo i sospetti e l’ira del marito, fa esporre la neonata. Cariclea viene cresciuta a Delfi nel tempio di Apollo. Lì durante dei giochi si innamora dell’atleta Teagene, discendente di Achille. I due innamorati partono per una terra lontana, dove l’oracolo ha predetto che avrebbero trovato grande felicità. Ma durante il viaggio devono affrontare numerose peripezie tra cui un attacco dei pirati e di un fuorilegge. Purtroppo, i due vengono fatti prigionieri e quindi condotti in Etiopia, dove il re vuole sacrificarli per propiziare l’esito di una guerra. Alla fine, il riconoscimento della fanciulla come figlia dei sovrani risparmia loro il sacrificio e i due giovani riescono finalmente a sposarsi. La trama è molto complessa e ricca di particolari dettagliati. La narrazione è caratterizzata dalla tecnica di retrospezione per cui il romanzo ha inizio quando la storia si trova già nel pieno dello sviluppo e l’antefatto viene svelato successivamente, seguendo il modello dell’Odissea. A differenza degli altri romanzieri non è il caso a governare le vite degli uomini, secondo Eliodoro infatti è la giustizia divina che muove le azioni umane.