Secondo una definizione tradizionale, Erodoto fu “il padre della storia” (nato ad Alicarnasso, sulle coste dell’Asia Minore, attorno al 484 a.c.), al quale risale anche la più antica definizione della parola “storia” (historie, che vuol dire 'ricerca'). Egli scrive infatti all’inizio della sua opera: >. Ma uno può anche chiedersi in che cosa consiste la ricerca di Erodoto?
Nelle sue Storie in nove libri Erodoto descrisse non le vicende di un singolo stato o di un singolo periodo storico, ma offrì il resoconto dei viaggi che lo avevano condotto in ogni angolo del mondo, e dei costumi dei popoli che aveva visitato: Egiziani, Persiani, Sciti, Babilonesi. A differenza delle cronache egizie o mesopotamiche che raccontano in modo soggettivo le imprese dei re e dei faraoni, a differenza della Bibbia che narra le vicende di un popolo, a differenza anche degli storici greci e latini successivi che identificheranno la storia con gli eventi politici, Erodoto ha dunque una visione più ampia della storia e di ciò che vale la pena “ricercare”. Egli giunge sino ai confini del mondo per constatare ciò che accadde nelle regioni più diverse e descrive non solo le “cose” che accadono (guerre, battaglie, fatti politici), ma in primo luogo la geografia, il paesaggio, le abitudini dei popoli, i loro racconti, le tradizioni, i miti, le credenze religiose ecc. Quello di Erodoto è dunque un viaggio attraverso le culture e le civiltà più diverse: perciò egli fu non solo il primo degli storici, ma anche il primo degli antropologi o etnografi, ovvero “descrittori di popoli”.
A Erodoto gli storici successivi (e prima di tutti Tucidide) hanno rimproverato di dare credito alle “superstizioni” (leggende, racconti fantastici, tradizioni orali e mitologiche) senza vagliare o verificare attentamente le sue origini. Proprio questo invece rappresenta, da un certo punto di vista, la modernità: in quanto egli concepisce la storia come il prodotto di un’intera civiltà con tutte le sue tradizioni e credenze, anche discutibili.