LauraMara
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Drammaturgia di Menandro

Con Menandro la commedia prende la sua struttura definitiva e canonica: è articolata in 5 atti suddivisa da intermezzi corali che non facevano parte integrante della commedia, ma erano dei pezzi lirici che potevano essere più volte riutilizzati anche per diverse commedie, semplici intermezzi. Si trova infatti la dicitura (corou) cioè significava che l'atto si fermava in quel punto e iniziava l'intermesso corale. Nel teatro del 500 avverrà una cosa simile: gli atti della Minta di Tassso erano divisi da intermezzi lirici, che erano paletti indicanti la fine di un atto e offrivano un attimo di rilassamento agli spettatori prima della ripresa dell'azione drammatica, ma erano estranei al dramma. Anche l'intreccio della commedia menandrea è caratterizzato da costanti ben precise: situazione inziale determinata dal desiderio di un personaggio, ostacolo che si pone suo desiderio del protagonista e superamento dell'ostacolo che porta alla felicitàe e al lieto fine--> struttura ternaria. Il numero degli attori rimane a tre, come fissò Sofocle. Il prologo assolve un carattere informativo come in Euripide: compare spesso un teos che spiega il prologo, teos prologizon seguito poi da un dialogo tra due personaggi.
Lo stile di Menandro: la sua lingua è diversa da quella mastino sa e ricca di aspetti paradossali che contraddistingue la commedia di Aristofane, me andrò preferisce un registro stilistico medio, ricco di colloquialismi in tono con il ceto borghese che è il vero protagonista delle commedie di Menandro. Il suo stile deve non poco ad Euripide perché da lui derivano gli strumenti linguistici per lo studio della psicologia dei personaggi dato che i sentimenti sono la vera azione del dramma. Lo stile è comunque alieno dala composita ascesa che cotttrastingueva la commedia antica, è uno stile dimesso ma abbastanza ricco di possibilità: si adatta a molte situazioni, comiche e dolorose, moti di spirito e battue comiche, a riflessioni sull'uomo e sul suo destino. È uno stile che nonostante l'inferiore invettiva verbose rispetto ad Aristofane reca l'impronta di un grande artista. L'uomo e comunque sempre al centro della commedia e della sua riflessione che si può riassumere nel verso: "che splendida cosa è l'uomo se è uomo", se l'uomo vive fino in fondo la sua umanità senza farsi accecare da cupidigia, egoismo e violenza è veramente un essere straordinario. L'umanesimo si trasmetterà a Terenzio e ingenerale al circolo degli Scipioni e nascerà il concetto di Humanitas. Menandro riprende seppure in chiave scherzosa, la riflessione sull'humanitas iniziata da Euripide.

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